Le giornate di vita nella scuola, tagliata fuori dalla vita esterna, diventarono settimane. Jason si inorgogliva, quasi della sua capacità di affrontare la morte. Era riuscito a riconoscere tutte le piante e gli animali contenuti nella prima sala, e lo promossero a un’altra, in cui gli animali gli si lanciavano contro a velocità ridotta. Con la pistola, riusciva ad abbatterli sempre. Anche le lezioni giornaliere cominciavano ad annoiarlo.
La gravità doppia lo infastidiva ancora, ma i muscoli si sforzavano di adattarvisi. Al termine delle lezioni del mattino, non si lasciava più cadere esausto in letto.
Quando infine Jason riuscì a padroneggiare tutti gli aggeggi che gli abitanti di Pyrrus usavano per restar vivi, era ormai stato promosso a una macchina allenatrice che soltanto per un pelo di capello era diversa dalla realtà. La differenza era semplicemente qualitativa. I veleni degli insetti provocavano un gonfiore e molta sofferenza, invece della morte istantanea.
Gli animali potevano provocare contusioni e ferite, ma non dilaniavano la vittima. Si poteva arrivare ben vicini alla morte, con quell’allenatrice ma si restava vivi, ecco tutto.
Jason si spostava per quella giungla immensa e caotica con gli altri ragazzi di cinque anni. La loro serietà era un po’ umoristica, anche se triste.
Badavano a sopravvivere innanzi tutto.
Alcuni ragazzi terminarono l’addestramento, e furono sostituiti da nuovi arrivati. Infine, Jason si accorse che tutti i suoi compagni del primo gruppo erano scomparsi. Quel giorno stesso, fece di tutto per incontrarsi con il capo del centro di addestramento.
— Brucco — gli domandò: — Per quanto tempo avete intenzione di tenermi in questa specie di asilo infantile?
— Nessuno vi ci trattiene — ribatté Brucco. — Ci resterete fin quando non vi sarete qualificato per la vita esterna.
— Sarebbe a dire «mai», ho idea. Riesco a smontare e rimontare con gli occhi bendati tutti i vostri maledetti aggeggi. Con la pistola, sparo benissimo. Potrei scrivere un libro sulla flora e la fauna di Pyrrus, e sull’«Arte della sopravvivenza»…
Brucco cercò di rispondere in modo evasivo, ma senza riuscirvi. — Sì, ma… sapete, non siete nato qui, e…
— Su coraggio — ribatté Jason — un uomo come voi non dovrebbe mentire! Sarò sempre un po’ lento con 2G, è logico; e avrò sempre qualche handicap ereditario. Ma il problema è: migliorerò, con altro addestramento, oppure ho già raggiunto il culmine della mia evoluzione?
Brucco sudava. — Con il passare del tempo, migliorerete; forse…
— Ditemi sì o no!
— No.
— È così, eh! Non migliorerò, ma mi tenete qui… Non è un caso! Dunque qualcuno ve l’ha ordinato! È stato Kerk?
— L’ha fatto soltanto nel vostro interesse — spiegò Brucco.
— Non parliamone. Ma non sono venuto a Pyrrus per divertirmi a sparare ai robots con i vostri bambini. Dunque, vi prego di accompagnarmi all’uscita. O c’è una cerimonia? Discorsi, distribuzione di distintivi…
— Niente del genere — scattò Brucco. — Non capisco come abbiate sempre voglia di scherzare. C’è soltanto un ultimo lavoretto nella camera di sopravvivenza parziale. È in contatto con l’esterno… anzi, ne è una parte; ma le forme di vita più letali ne sono escluse. Ogni tanto, però, qualcuna riesce a entrare.
— Quando ci andrò? — chiese Jason.
— Domani mattina. Fatevi una buona dormita. Ne avrete bisogno.
Ma una piccola cerimonia ci fu. Quando il mattino dopo Jason entrò nell’ufficio di Brucco, l’altro buttò sul tavolo una pesante cartucciera.
— Questi non sono proiettili a salve — spiegò. — Sono certo che vi serviranno. Da ora in poi, terrete la pistola sempre carica.
Andarono a un robusto portello di camera stagna. Mentre Brucco l’apriva, un ragazzo di otto anni si avvicinò zoppicando. Aveva una gamba fasciata.
— Vi presento Grif — disse Brucco. — Starà con voi, dovunque andiate, da ora in avanti.
Jason guardò il ragazzo, che gli arrivava appena al petto.
— Grif ha avuto una discussione con un uccello sega — proseguì Brucco — e per un po’ non potrà lavorare molto. Avete ammesso voi stesso che non riuscirete mai a essere come uno di noi; dunque dovreste essere contento di avere un po’ di protezione.
Jason e il ragazzo entrarono nella camera stagna, e Brucco chiuse il portello dietro di loro. Subito dopo, il portello esterno si aperse automaticamente. Aveva dischiuso soltanto uno spiraglio, quando la pistola di Grif sparò due volte. Poi, uscirono alla superficie di Pyrrus, passando sul cadavere di un animale. Un fatto molto significativo, pensò Jason. Lo irritava riflettere che non soltanto non aveva pensato di fare attenzione a qualcosa che potesse entrare, ma che addirittura non gli riusciva a riconoscere il mostro dai suoi resti carbonizzati. Si guardò attorno con attenzione, sperando di essere il primo a sparare, la prossima volta.
Ma rimase deluso. Gli animali che si imbattevano in loro erano sempre scorti in anticipo dal ragazzo. Dopo un’ora, Jason era tanto nervoso che ridusse in cenere un vegetale velenoso. Ma Grif non aveva peli sulla lingua.
— Quella pianta era lontana — sentenziò. — È stato sciocco, sciupare munizioni inutilmente.
La giornata trascorse senza incidenti. Jason finì per annoiarsi, malgrado l’imprevisto rappresentato da numerosi temporali che lo bagnarono sino alle ossa; Grif non era certo un buon conversatore, e non rispose alle allusioni di Jason. Il giorno dopo, fu identico; il terzo giorno, infine, comparve Brucco.
— Non mi garba, dirlo, ma sono convinto che non potrete mai essere più pronto di adesso. Ricordatevi di cambiare tutti i giorni i filtri alle narici…
Controllate sempre le condizioni degli stivali e dell’abito… Il pacchetto di pronto soccorso è rinnovato una volta la settimana.
— Devo anche soffiarmi il naso e mettere le soprascarpe… Nient’altro? — ribatté Jason.
Brucco fece per rispondere qualcosa, ma cambiò idea. — Niente che ormai non dovreste sapere… State in guardia. Buona fortuna. — Fece seguire a quelle parole una stretta di mano del tutto inaspettata. Appena il sangue ebbe ripreso a circolare nelle dita di Jason, lui e Grif uscirono all’aperto.