12

Il libro di bordo non diede altre indicazioni utili. A quanto sembrava, il capitano del Victory non aveva mai pensato che la vita stesse modificandosi, su Pyrrus, ma aveva creduto semplicemente alla scoperta di nuovi animali pericolosi. L’ultima annotazione diceva:

«Il capitano Kurkowski è morto oggi, per avvelenamento da puntura d’insetto. Tutti lo compiangono».

— Dobbiamo mostrare questo libro a Kerk — disse Jason. C’è qualche mezzo di trasporto, o si deve andare a piedi?

— A piedi, naturalmente — rispose Meta.

— Prenditi il libro, allora. Con 2G è molto difficile fare il gentiluomo e portare il pacco.

Erano appena entrati nell’ufficio di Kerk, quando un urlo stridulo uscì dallo schermo del videofono. Jason impiegò un attimo per rendersi conto che si trattava di un segnale. Kerk si precipitò alla porta, correndo verso la strada. Tutti, in ufficio l’imitavano. Meta sembrò perplessa; si voltò verso la porta poi guardò Jason.

— È l’allarme di settore — spiegò. — Si è aperta una breccia nella difesa perimetrale. Tutti devono accorrere.

— Va’ pure, allora. Non preoccuparti per me.

Fu come premere un grilletto. Meta aveva impugnato la pistola, ed era già fuori prima che lui avesse finito di parlare. Fece per seguirla, quando fu trattenuto da un appello del videofono.

— Tutte le stazioni perimetrali mandino il venticinque per cento degli effettivi alla zona 12.

Doveva trattarsi di una situazione grave; gli appelli si susseguivano.

— … abbandonare il primo piano, le bombe all’acido non bastano.

— Se resistiamo, saremo tagliati fuori; chiediamo rinforzi.

— NO, MERV… È INUTILE!

— Il napalm è quasi finito. Ordini?

— Il camion è ancora là, portalo al magazzino, troverai chi ti sostituirà…

Soltanto le due ultime frasi avevano un significato. Venendo da Kerk, Jason aveva notato i cartelli indicatori: i due piani inferiori dell’edificio in cui si trovava erano stipati di rifornimenti. Toccava a lui entrare in azione, adesso.

Quando arrivò al livello stradale, un turbocarro s’era appena fermato davanti alla piattaforma di carico. Due coloni rotolavano all’aperto bidoni di napalm. Jason non osò intromettersi. Scoperse che poteva aiutare, sistemando i bidoni sull’autocarro; i due coloni accettarono quell’aiuto in silenzio.

Era una fatica tremenda, spostare i pesanti cilindri di metallo, con 2G.

Dopo qualche minuto, Jason lavorava immerso in una nebbia rossastra. Si accorse che tutto era finito soltanto quando il veicolo partì di scatto, gettandolo sul pavimento del cassone. Rimase lì steso, ansimante. Quando arrivarono alla breccia nelle difese perimetrali, aveva ricuperato la vista, ma ansava ancora.

Era una scena caotica. Le pistole sparavano, vampate altissime ardevano, e uomini e donne correvano da tutte le parti. I bidoni di napalm furono scaricati senza il suo aiuto, e il turbocarro ripartì. Jason si appoggiò al muro di un edificio semidistrutto, e cercò di orientarsi. Sembrava che ci fosse un gran numero di animali di piccola taglia; ne uccise due che l’attaccavano.

Un colono, pallido per il dolore, si avvicinò barcollando. Il braccio destro, gocciolante di sangue, gli penzolava inerte al fianco. Impugnava la pistola con la sinistra; Jason credette che cercasse l’aiuto di un medico.

Nulla di più sbagliato.

Stringendo la pistola fra i denti, il colono afferrò un bidone di napalm con la mano valida, rovesciandolo. Poi, impugnando di nuovo la pistola, cominciò a farlo rotolare a calci. Non rinunciava al combattimento.

Jason accorse, e si piegò sul bidone. — Ci penso io — esclamò. — Tu puoi coprirci tutti e due con la pistola.

L’uomo si asciugò il sangue e il sudore, e parve riconoscere Jason. — Avanti. Posso ancora sparare. Due mezzi uomini… forse assieme combineremo qualche cosa.

Un’esplosione aveva scavato un cratere nella strada. Due coloni, sul fondo, lavoravano ad approfondirla a colpi di vanga. Pareva assurdo.

Proprio mentre Jason e il ferito si avvicinavano, gli altri due uscirono dalla buca con un salto, e cominciarono a spararvi dentro. Il primo si voltò: era una ragazza di appena dieci anni.

— Dio sia lodato! — ansimò. — Hanno trovato il napalm. Un mostro sta uscendo di qui verso la zona 13… L’abbiamo appena scoperto! — Parlando, fece ruotare il bidone, lo aperse, e cominciò a versare nella buca il gelido contenuto. Quando la metà era già uscita gorgogliando, vi gettò addirittura il bidone. L’altro colono accese un fiammifero, e glielo buttò dietro.

— Indietro, svelti! — gridò. — Il caldo non gli garba!

Il napalm si accese, e lingue di fumo denso si alzarono al cielo. Il terreno tremò sotto i piedi di Jason. Un mostro indistinto, lungo e nero, si mosse nel cuore delle fiamme, poi si inarcò, altissimo. Era enorme, con un diametro di almeno due metri; sembrava interminabile. Le vampe non l’arrestavano, l’infastidivano soltanto.

Jason si fece un’idea della sua lunghezza, quando la strada si aperse in un crepaccio per cinquanta metri da ogni parte della buca. Sparò con la pistola, come gli altri. Non che i proiettili avessero molta efficacia… Altri coloni arrivavano di corsa, armati in modo disparato; soltanto i lanciafiamme e le bombe a mano sembravano ottenere qualcosa.

— Ritirarsi… indietro, indietro!

Jason si voltò, e riconobbe Kerk, che era arrivato con alcuni autocarri carichi di materiale. La sua voce provocò nei coloni una reazione immediata. Scomparvero in un attimo.

Parve a Jason di essere nudo, lì solo al centro della strada. Con lui era rimasto appena il colono ferito. Barcollò verso Jason, agitando il braccio valido. Non capì cosa diceva. Kerk gridava altri ordini, da un autocarro.

Jason si mise a correre.

Era tardi. Da ogni parte, il terreno si fendeva, aprendosi, mentre il corpo del mostro, arcuandosi, ne emergeva. Un anello grigiastro gli bloccò la fuga.

Per un attimo che gli parve un’eternità, Jason rimase impietrito. Tutto sembrava immobile. Il mostro lo sovrastava; il corpo era ruvido e segnato di cicatrici, come corteccia. Una infinità di pseudopodi ne erano proiettati in tutte le direzioni, e si torcevano pallidi, come serpi. Il mostro era un vegetale e si muoveva come un animale, scricchiolando, fendendosi.

Quello era il peggio. Nel suo «corpo» si produssero aperture che vomitarono un’orda di piccoli animali. Jason udì le loro strida, acute eppure confuse, come lontane. Vide le mandibole contornate di zanne. Una specie di paralisi lo teneva inchiodato, immobile. Kerk gli gridava qualcosa; i coloni sparavano contro il mostro.

A un tratto, si sentì spinto in avanti, da un colpo di spalla. Il ferito era ancora lì, e cercava di portare Jason in salvo. Con la pistola stretta fra i denti, trascinava Jason con il braccio sano. Verso il mostro. Gli altri coloni smisero di sparare. Avevano compreso il suo progetto.

Il corpo arcuato del mostro lasciava uno spazio libero, come un ponte. Il colono ferito si piantò a gambe larghe, e tese i muscoli. Con la mano che gli rimaneva sollevò Jason da terra, e lo lanciò oltre quell’arco vivente. Gli pseudopodi che si torcevano gli sfiorarono il volto; poi fu in salvo, e cadde rotolando a terra. Il suo salvatore lo seguì con un balzo.

Era tardi. Il colono avrebbe potuto salvarsi, se non avesse pensato, prima, a Jason. Il mostro aveva avvertito un movimento, quando Jason aveva sfiorato gli pseudopodi. Si lasciò cadere di colpo, e schiacciò il ferito sotto il suo peso. L’uomo scomparve; aveva premuto il grilletto della pistola, e l’arma continuò a sparare per qualche attimo dopo la sua morte.

Jason si allontanò strisciando. Alcuni animali corsero verso di lui, ma furono uccisi. Lui non se ne rese conto. Poi alcune mani lo afferrarono, tirandolo avanti. Kerk urlava, infuriato. Jason si sentì buttare sul cassone di un autocarro. Era ancora cosciente, ma non riusciva a muoversi. Fra un attimo, la stanchezza sarebbe scomparsa, e avrebbe potuto sedersi di nuovo… Ecco, era appena un po’ stanco…

In quel momento svenne.

Загрузка...