Svegliarono Kingsley tre ore dopo.
«Scusa se ti sveglio, Chris, ma è accaduta una cosa importante,» disse Harry Leicester. Quando vide che Kingsley era abbastanza sveglio continuò:
«C’è una chiamata da Londra per Parkinson.»
«A quanto pare non perdono tempo.»
«Non possiamo lasciarli comunicare, vero? È un rischio troppo grosso.»
Kingsley tacque per qualche minuto, poi si decise.
«Credo che dobbiamo correrlo questo rischio, Harry. Però gli staremo vicini mentre parla, per esser certi che non faccia trapelare nulla. Il fatto è questo. Non dubito che la longa manus di Washington possa arrivare fino a Nortonstowe, ma nemmeno credo che il nostro governo sia disposto a farsi dare ordini sul suo territorio. Partiamo con un certo vantaggio: la comprensione della nostra gente. Se invece impediamo a Parkinson di rispondere, questo vantaggio è perduto. Andiamo da lui.»
Quando ebbero svegliato Parkinson e gli ebbero detto della chiamata, Kingsley fece:
«Guardi, Parkinson, le voglio parlar chiaro. Finora abbiamo giocato pulito. È vero che le abbiamo posto un sacco di condizioni venendo qua, e abbiamo voluto che fossero rispettate. Ma in cambio abbiamo dato ai vostri tutto l’aiuto possibile. È anche vero che qualche volta ci siamo sbagliati, ma ora è fin troppo chiara la ragione dei nostri errori. Gli americani hanno creato qualcosa di simile a Nortonstowe, ma lo hanno condotto alla maniera dei politici, non degli scienziati. Infatti lì hanno avuto minori informazioni che da Nortonstowe. Lei sa benissimo che, senza le nostre informazioni, la mortalità in questi ultimi mesi sarebbe stata molto più alta.»
«Dove volete arrivare, Kingsley?»
«Le voglio dimostrare che abbiamo giocato pulito, anche se a volte può esser parso il contrario. Abbiamo giocato pulito al punto di rivelare la natura vera della Nuvola, e di lasciar passare le notizie che da essa ci sono giunte. Insisto però a dire che non bisogna perdere tempo prezioso per le comunicazioni. Non possiamo attenderci che la Nuvola continui a chiacchierare all’infinito, e non sono disposto a sprecare il tempo che ci resta in chiacchiere politiche. Ci sono ancora molte cose che dobbiamo apprendere. Inoltre i politici hanno cominciato con le conferenze di Ginevra e con gli ordini del giorno, e non so come si comporterà la Nuvola. Non credo che voglia sprecar tempo a chiacchierare con questi idioti.»
«Mi lusinga la grande opinione che lei ha dei politici, ma, daccapo, non vedo dove vuole arrivare.»
«Voglio arrivare a questo. La chiamano da Londra, e vogliamo esserci anche noi quando risponderà. Se lei dice anche una sola parola per negare che ci sia un accordo tra noi e la Nuvola, le giuro che le rompo la testa con questa chiave inglese. Avanti, mettiamoci in contatto.»
Si scoprì subito che Kingsley non aveva visto bene. Il Primo ministro voleva sapere una cosa sola da Parkinson: se, a suo avviso, la Nuvola poteva davvero cancellare un continente dalla faccia della Terra. Parkinson non ebbe difficoltà alcuna a rispondere. In tutta sincerità e senza esitare, rispose che a suo avviso la Nuvola poteva far questo. Il Primo ministro parve soddisfatto e dopo qualche altra battuta staccò.
«Stranissimo,» fece Leicester a Kingsley dopo che Parkinson fu tornato a letto
«Hanno letto troppo Clausewitz,» continuò. «Si preoccupano solo della potenza di fuoco.»
«Sì, a quanto pare non hanno mai pensato che una persona possa avere in mano un’arma tremenda e tuttavia rifiutarsi di usarla.»
«Soprattutto in un caso simile.»
«Cosa vuol dire, Harry?»
«Be’, non è un luogo comune che qualsiasi intelligenza non umana debba essere cattiva?»
«È vero, ora che ci penso, il 99 per cento dei libri che parlano di intelligenze non umane le considerano assolutamente crudeli. Questo fatto lo avevo sempre spiegato pensando che è difficile inventare un personaggio cattivo che sia interamente convincente; ma forse c’è un motivo più profondo.»
«Ecco, la gente ha sempre paura delle cose che non comprende, e non credo che i politici abbiano capito molto di quel che sta succedendo. Ritengo tuttavia che essi ci considerino in buoni rapporti con il vecchio Joe, non ti pare?»
«A meno che non abbiano pensato a un patto col diavolo.»
Dopo la minaccia di Kingsley, e dopo che Londra ebbe confermato la forza potenziale distruttiva della Nuvola, per prima cosa il governo degli Stati Uniti ordinò la costruzione di un trasmettitore e di un ricevitore da un centimetro sul modello di quello di Nortonstowe. (Il modello lo avevano grazie alle informazioni concesse prima da Nortonstowe. L’abilità tecnica degli americani era così evoluta che in pochissimo tempo il lavoro fu pronto. Tuttavia la Nuvola non rispose alle trasmissioni americane, nè riuscirono a intercettare i messaggi che la Nuvola indirizzava a Nortonstowe. Ciò accadde per due motivi. Non riuscirono a intercettare per una grave difficoltà tecnica. Una volta stabilito fra la Nuvola e Nortonstowe un sistema normale di comunicazione, non c’era più bisogno di trasmettere ad altissima velocità, com’era avvenuto nel periodo in cui la Nuvola stava imparando la lingua e la scienza dell’uomo. Ciò permise di ridurre la fascia di trasmissione; dal punto di vista della Nuvola era un vantaggio, perchè in tal modo diminuiva la possibilità che interferissero i messaggi di altri abitatori della Galassia. La fascia di trasmissione era così ristretta e così basso il potenziale impiegato, che gli americani non riuscirono a scoprire la lunghezza d’onda giusta per intercettare. Più semplice fu la ragione per cui la Nuvola non rispose alle trasmissioni americane. La Nuvola non avrebbe risposto se, all’inizio di ogni messaggio, non fosse stato trasmesso l’opportuno segnale in cifra; il governo degli Stati Uniti non aveva la cifra.
Non riuscendo a stabilire la comunicazione, gli americani fecero altri progetti che per Nortonstowe furono una vera calamità. Ne ebbero notizia per mezzo di Parkinson. Un pomeriggio Parkinson piombò nell’ufficio di Kingsley.
«Ma perchè ci sono tanti stupidi al mondo?» esclamò con voce infuriata.
«Ah, finalmente ha visto la luce,» rispose Kingsley.
«E fra gli stupidi c’è anche lei, Kingsley. Siamo in un bel pasticcio ora, grazie alla sua imbecillità, combinata con la cretineria di Washington e di Mosca.»
«Guardi, Parkinson, prenda un caffè e si calmi.»
«Caffè un corno! Ascolti. Torniamo alla situazione del 1958 prima che si sapesse della Nuvola. Ricorderà la corsa agli armamenti: Stati Uniti e Russia cercavano di produrre per primi i razzi intercontinentali, tutti con la bomba all’idrogeno, naturalmente. E voi scienziati sapete bene che spedire un razzo per sei o settemila miglia, da un punto all’altro della superficie terrestre, è un problema identico a quello di sparare un razzo dalla Terra nello spazio.»
«Parkinson, non vorrà mica dirmi che…»
«Voglio dirle che su tale questione l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti sono andati molto più avanti di quel che non sappia il governo britannico. Lo sappiamo da un paio di giorni appena. L’abbiamo saputo solo quando il governo degli Stati Uniti e quello sovietico hanno comunicato di aver lanciato i razzi contro la Nuvola.»
«Maledetti cretini. Quando è accaduto?»
«La settimana scorsa. A quanto pare c’è stata una corsa ad arrivar primi, di cui non abbiamo saputo nulla. Gli Stati Uniti ben cercato di battere i sovietici, e viceversa, naturalmente. Vogliono far vedere gli uni agli altri quel che son capaci di fare. Nuvola a parte.»
«È meglio chiamare Marlowe, Leicester e Alexandrov, e vedere cosa si può fare per salvarci dal naufragio.»
Il caso volle che con Marlowe ci fosse anche McNeil, così partecipò anche lui alla riunione. Quando Parkinson ebbe raccontato la sua storia, Marlowe disse:
«Ecco fatto. Proprio questo temevo, quando ti ripresi l’altro giorno, Chris.»
«Vuoi dire che l’avevi previsto?»
«Oh, non esattamente così. Non avevo idea di dove fossero arrivati con quei maledetti razzi. Ma sentivo, non so come, che sarebbe successo qualcosa del genere. Sei troppo razionale, Chris. Non capisci com’è la gente.»
«Quanti razzi hanno lanciato?» chiese Leicester.
«Per quanto ne sappiamo, quasi un centinaio dagli Stati Uniti e una cinquantina dalla Russia.»
«Ebbene? Non mi sembra che sia poi tanto grave,» osservò Leicester. «L’energia di cento bombe all’idrogeno può sembrare chissà cosa a noi, ma è microscopica se la confrontiamo con l’energia della Nuvola. Èuna sciocchezza: è come voler uccidere un rinoceronte con uno stecchino.»
Parkinson scosse il capo.
«Mi par di capire che non vogliono mandare a pezzi la Nuvola. La vogliono avvelenare.»
«Avvelenare? E come?»
«Con materiale radioattivo. Avete sentito la Nuvola, quando ci raccontava cosa poteva accaderle se del materiale radioattivo fosse penetrato oltre il suo schermo difensivo? Lo hanno saputo dalla voce della Nuvola stessa.»
«Certo, è tutto un altro affare, se hanno lanciato qualche centinaio di tonnellate di materiale altamente radioattivo.»
«Le particelle radioattive producono jonizzazione là dove non dovrebbe essercene. Scariche, ancora jonizzazione, e tutto salta per aria,» disse Alexandrov.
Kingsley annuì.
«Bisogna ritornare alla vecchia storia della Nuvola che opera su C.A., mentre noi su C.C. Col primo sistema è necessario un voltaggio alto. Noi non abbiamo grandi voltaggi nel nostro corpo, e per questo siamo costretti a usare C.C. Invece la Nuvola, per funzionare con C.A. nelle comunicazioni a grande distanza, deve possedere voltaggi alti. Quando il voltaggio è alto bastano poche particelle elettrificate che si insinuino dove non dovrebbero per provocare il diavolo a quattro. Ha ragione Alexis. A proposito, Alexis, cosa ne pensi?»
Il russo fu più breve del solito.
«Non piace.»
«E lo schermo della Nuvola? Basterà a impedire che il materiale radioattivo penetri?» chiese Marlowe.
«È proprio qui che cade il peggio,» rispose Kingsley. «Probabilmente lo schermo funziona sul gas, non sul solido, e perciò non è in grado di fermare i razzi. Finchè essi non esplodono, non vi sarà materiale radioattivo. Secondo me l’idea di chi li lancia è di non farli esplodere fino a che non abbiano superato lo schermo.»
Parkinson confermò.
«È giusto,» disse. «Essi non mirano ad alcun corpo solido. Punteranno diritti ai centri neurologici della Nuvola. O almeno questa è la loro intenzione.»
Kingsley si alzò e cominciò a camminare su e giù per la stanza.
«Ma anche così è un’idea da pazzi. Pensateci un po’ In primo luogo può darsi che non funzioni. In secondo luogo può funzionare fino al punto di danneggiare la Nuvola seriamente, ma senza tuttavia ucciderla. Pensate in questo caso alle rappresaglie. La Nuvola potrebbe spazzar via la vita dalla Terra, con la stessa indifferenza con cui noi uccidiamo una mosca. Oltretutto non mi è mai sembrato che la Nuvola abbia grande simpatia per la vita sui pianeti.»
«Tuttavia, quando discuteva con noi, mi sembrava ragionevole,» intervenne Leicester. «Sì, ma basterebbe un forte mal di testa a farle cambiare idea. In ogni modo non credo che le conversazioni con noi abbiano occupato più di una piccolissima frazione del cervello della Nuvola. Probabilmente nello stesso tempo ella sta facendo mille altre cose. No, non credo che ci sia motivo di pensare che le cose andranno bene. E questo è solo il primo rischio. Anche se riescono a uccidere la Nuvola ci sarà un secondo rischio, altrettanto grave. La rottura della sua attività neurologica può provocare esplosioni terribili — quella che noi diremmo l’agonia della morte. Da un punto di vista terrestre la quantità di energia di cui la Nuvola dispone è semplicemente colossale. In caso di morte improvvisa tutta questa energia si scatenerebbe: anche in questo caso possiamo dire che non c’è speranza di sopravvivere. Sarebbe come star chiusi in una stalla insieme a un elefante, e tenerlo al guinzaglio: ma molto peggio. Infine, e soprattutto, se la Nuvola viene uccisa e noi abbiamo la fortuna, contro ogni probabilità, di sopravvivere, avremo sempre un disco di gas intorno al Sole. E, come tutti sapete, non sarà un affare piacevole. Comunque lo si guardi, il problema non si risolve. Se ne rende conto, Parkinson?»
«Credo di sì. Me lo diceva Geoff Marlowe un momento fa: lei ragiona sempre secondo la logica, Kingsley, ma questa volta non le serve, le serve la comprensione del prossimo. Vediamo subito l’ultimo punto. Stando a quel che ci ha detto la Nuvola, noi abbiamo motivo di credere che essa rimarrà intorno al Sole per un periodo dai cinquanta ai cento anni. Per quasi tutta l’umanità ciò significa averla in eterno.»
«Non è affatto così. Entro cinquant’anni ci sarà un notevole cambiamento del clima terrestre, ma non così terribile come quello che avremmo se la Nuvola restasse davvero in eterno vicino a noi.»
«Non ne dubito. Le sto dicendo che per la grande maggioranza dell’umanità non conta nulla quel che può accadere fra cinquant’anni, o fra cento, se preferisce. In quanto agli altri due punti voglio discuterli dopo aver ammesso che esistono i gravi rischi di cui lei ha parlato.»
«Allora lei riconosce che il mio ragionamento è valido?»
«Niente affatto. Mi dice una cosa: in quale circostanza lei seguirebbe una linea d’azione che implicasse rischi gravi? No non mi risponda, glielo dico io. Lei seguirebbe una linea d’azione pericolosa, se tutte le altre le sembrassero peggiori.»
«Ma le alternative non sono peggiori: c’era, per esempio, quella di non far nulla, il che non avrebbe implicato alcun rischio.»
«C’era un rischio: che lei diventasse dittatore del mondo.»
«No, giovanotto! Io non ho la stoffa del dittatore. In una cosa sola posso sembrare autoritario: non mi piacciono gli imbecilli. Ho l’aspetto di un dittatore?»
«Sì, Chris,» disse Marlowe. «Non ai nostri occhi,» aggiunse subito in fretta, per timore di vederlo scoppiare, «ma a quelli di Washington forse sì. Quando un uomo comincia a parlare trattandoli da scolaretti deficienti, quando sembra che quest’uomo possieda una potenza fisica sconosciuta, ebbene non puoi meravigliarti se concludono in quel modo.»
«E c’è anche un altro motivo per cui non avrebbero potuto giungere ad altra conclusione,» aggiunse Parkinson. «Le voglio raccontare la storia della mia vita. Io ho frequentato le scuole migliori, pubbliche e private. Queste scuole di solito incoraggiano i ragazzi più svegli a studiare i classici, e questo — non starebbe a me dirlo — fu il caso mio. Ho vinto una borsa di studio a Oxford, dove mi sono distinto, e all’età di ventun anni mi son trovato la testa piena di un sapere che non si può vendere, o che almeno si può vendere solo con grande abilità, e io non sono mai stato molto abile. Perciò sono entrato nella carriera statale, che a poco a poco mi ha portato alla posizione che occupo ora. Morale: se sono entrato in politica l’ho fatto per caso, non per vocazione. E questo accade anche ad altri — non sono un caso unico e non voglio esserlo. Ma noi, gente capitata lì per sbaglio, siamo un’esigua minoranza e di solito non ci danno gli incarichi più importanti. I politici, in grande maggioranza, sono quello che sono perchè vogliono esserlo, perchè a loro piace la luce della ribalta, perchè a loro piace l’idea di governare le massa.»
«Ma questa è una confessione, Parkinson.»
«Capisce quel che voglio concludere?»
«Comincio a intravederlo. Lei vuol dire che la forma mentis di un dirigente politico è tale che non sogna nemmeno la possibilità che a qualcuno dispiaccia l’idea di poter diventare un dittatore.»
«Sì, lo capisco anch’io, Chris,» fece Leicester sogghignando. «Arraffare, ammazzare, senza rispetti umani. C’è proprio da esser contenti.»
«Comincio a vedere un po’ più chiaro, Parkinson.» Kingsley passeggiava su e giù parlando. «Ma ancora non capisco una cosa: perchè la prospettiva di aver noi come dittatori del mondo — prospettiva ridicola, lo sappiamo benissimo — può esser sembrata peggiore di quella terribile che hanno scelto?»
«Per Kremlino perdere potere cosa peggiore,» disse Alexis.
«Alexis come al solito condensa tutto,» rispose Parkinson. «Perdere il potere definitivamente è la prospettiva peggiore per un uomo politico; è una prospettiva che mette tutte le altre in ombra.»
«Parkinson, lei mi sorprende. Davvero. Sa il cielo se ho scarsa stima dei politici, ma non riesco a concepire una persona così meschina da mettere le proprie ambizioni personali al di sopra del destino della specie umana.»
«Oh, caro Kingsley, come capisce poco i suoi simili! Ricorda la frase della Bibbia:
«Ma è assolutamente ridicolo.»
«Per noi sì, per loro no. È troppo facile giudicare quel che dicono gli altri secondo la propria mentalità.»
«Le dirò sinceramente, Parkinson. Credo che questo affare l’abbia sconvolto. Non sono poi quello che lei crede. C’è un fatto che lo prova. Come ha saputo di questi razzi? Da Londra, vero?»
«Sì, da Londra.»
«Allora, almeno a Londra c’è ancora un po’ di rispetto umano.»
«Mi dispiace di disilluderla, Kingsley. È vero che non posso dimostrare in pieno quel che sostengo, ma tuttavia questa informazione il governo britannico non ce l’avrebbe mai passata, se avesse potuto accordarsi con gli Stati Uniti e con l’Unione Sovietica. Il fatto è che non abbiamo razzi da lanciare. Forse capirà che il nostro paese avrebbe a soffrire meno degli altri, se lei per ipotesi diventasse davvero padrone del mondo. Non so come lei la pensi, ma la Gran Bretagna sta precipitando giù per la scala delle potenze mondiali. Forse al governo britannico non sarebbe dispiaciuto di vedere gli Stati Uniti, Russia, Cina, Germania e tutti gli altri messi a tacere da un gruppetto di uomini domiciliati in Gran Bretagna. Forse credono di poter ricevere maggior prestigio dalla vostra — o, se preferite, dalla nostra — gloria. E forse credono che, arrivati al dunque, sia possibile cacciar lei nei guai e rimaner loro i veri padroni della situazione.»
«Le parrà strano, Parkinson, ma qualche volta ho creduto di essere il re dei cinici.»
Parkinson sogghignò:
«Una volta tanto, caro Kingsley, lasci che le si parli con quella franchezza a cui da un pezzo avrebbe dovuto essere abituato. Come cinico lei non vale due soldi. In fondo, dico sul serio, lei è un idealista, un sognatore.»
Intervenne la voce di Marlowe.
«Quando avrete finito questa autoanalisi, non vi pare che dovremmo riflettere sul da farsi?»
«Come commedia dì Cecov,» brontolò Alexandrov.
«Ma interessante, e piuttosto acuta,» disse McNeil.
«Oh, non è difficile decidere sul da farsi, Geoff. Dobbiamo chiamare la Nuvola e informarla. Da ogni punto di vista, è l’unica cosa da fare.»
«Ne sei proprio convinto, Chris»
«Certo, impossibile dubitarne. Eccovi il primo motivo, il più egoistico. Se la avvertiamo, la Nuvola non sarà danneggiata, e in questo modo eviteremo il pericolo che ci faccia fuori. Ma nonostante quel che ha detto Parkinson, credo che farei la stessa cosa anche se tale motivo non ci fosse. Può suonare strano, può darsi che la parola non esprima veramente quel che voglio dire, ma credo che sia umano fare così. Ma è una cosa questa che dovremmo decidere di comune accordo, e, se non siamo d’accordo, a maggioranza. Forse ne potremmo parlare per ore, ma credo che ciascuno di noi ci abbia già riflettuto, in queste ultime ore. E proviamo a fare questa votazione. Leicester?»
«Sì.»
«Alexandrov?»
«Avvertire bastardo. Taglieranno gola lo stesso.»
«Marlowe?»
«D’accordo.»
«McNeil?»
«Sì.»
«Parkinson?»
«D’accordo.»
«Parkinson, per pura curiosità, e a rischio di recitare un altro po’ di Cecov, vuol dirmi perchè è d’accordo? Dal primo giorno che ci conoscemmo fino a stamani ho sempre avuto l’impressione che fra noi due ci fosse la staccionata.»
«È vero, perchè avevo un compito da svolgere, e l’ho fatto con la maggiore lealtà possibile. Ma oggi mi sento sciolto da quell’impegno, perchè quell’impegno è soverchiato da un altro più grande e più profondo. Forse sono destinato anch’io a diventare un idealista, un sognatore, ma il caso vuole che mi senta d’accordo con tutto ciò che lei ha detto sul nostro dovere verso la specie umana. E son d’accordo anche su ciò che lei ha detto sull’umanità della nostra azione.»
«Perciò siamo tutti d’accordo: chiameremo la Nuvola e la informeremo dell’esistenza di questi razzi.»
«Non credi che dovremmo consultare anche gli altri?» chiese Marlowe.
Kingsley rispose.
«Può sembrare autoritario da parte mia rispondere di no, Geoff, ma io sarei contrario a un allargamento di questa discussione. Per prima cosa credo che se consultassimo tutti e si dovesse giungere a una decisione contraria, io non l’accetterei — ed ecco che salta fuori davvero il dittatore. Poi c’è anche l’osservazione di Alexis, che finiremo assai probabilmente con la gola tagliata. Ormai ci siamo messi contro tutte le autorità riconosciute; purtroppo lo abbiamo fatto in un modo soltanto comico. Se ci dovessero portare in tribunale, i giudici si metterebbero a ridere e ci rimanderebbero a casa. Ma questa volta è un altro paio di maniche. Se trasmettiamo alla Nuvola una informazione di tale importanza, è chiaro che ci assumiamo una responsabilità gravissima, ed io non voglio che troppa gente sia chiamata ad assumersi questa responsabilità. Per esempio non vorrei che anche Ann dovesse averne colpa.»
«Cosa ne pensa, Parkinson?» chiese Marlowe.
«Son d’accordo con Kingsley. Ricordo che il nostro potere in realtà non esiste. Nulla può impedire alla polizia di venire qua a arrestarci, a suo piacimento. Naturalmente è vero che la Nuvola, forse, ci aiuterebbe, specialmente dopo questo fatto. Ma potrebbe anche non volerci aiutare, forse smetterebbe addirittura di comunicare con la Terra. Corriamo il rischio di rimanere con in mano nient’altro che il nostro bluff, e come bluff bisogna dire che ha funzionato: non c’è da stupirsi se finora l’hanno bevuto. Ma non possiamo continuare in questo inganno per il resto della vita. Inoltre, anche se possiamo contare sull’alleanza della Nuvola, la nostra posizione ha sempre un punto debole. È facile dire:
Questa osservazione parve gelare il gruppo di scienziati.
«Allora è evidente che dobbiamo tener segreto il fatto che abbiamo comunicato la notizia alla Nuvola. È evidente che il segreto non deve uscire da questa stanza,» osservò Leicester.
«Ma conservare un segreto non è facile come crede lei.»
«Cosa vuol dire?»
«Lei dimentica la comunicazione da Londra. A Londra danno già per scontato che noi informeremo la Nuvola. Andrà tutto bene finchè il bluff regge, ma in caso contrario…»
«Ma se lo danno per scontato, allora avanti. Se siamo già sicuri del castigo, val la pena di commettere il reato,» osservò McNeil.
«Sì, avanti. Abbiamo parlato anche troppo,» disse Kingsley. «Harry, tu dovresti preparare una spiegazione registrata di tutta la questione. Stai pur certo, riceverà soltanto la Nuvola.»
«Be’, Chris, preferirei che facessi tu la registrazione. Tu parli meglio di me.»
«Va bene, cominciamo.»
Dopo quindici ore di trasmissione giunse la risposta dalla Nuvola e Leicester andò a cercare Kingsley.
«Vuol sapere perchè abbiamo permesso una cosa simile. Non è affatto contento.»
Kingsley si recò al laboratorio di trasmissione, prese il microfono e dettò questa risposta:
«In questo attacco noi non entriamo affatto. Pensavo che fosse chiaro il messaggio precedente. Voi conoscete nella sostanza qual è l’organizzazione della società umana, che essa è divisa in numerose comunità distinte, e che nessun gruppo può controllare le attività dell’altro. Non potete quindi ritenere che il vostro arrivo nel sistema solare sia considerato da altri gruppi nella stessa maniera che lo consideriamo noi. Può forse interessarvi sapere che, mandandovi questo avvertimento, mettiamo a grave rischio la nostra sicurezza e forse anche la nostra vita.»
«Gesù! Non devi peggiorare la situazione, Chris. Non ti pare che con questo discorso puoi metterlo di cattivo umore?»
«Non vedo perchè non dovrei farlo. In ogni modo, se la Nuvola vuol proprio vendicarsi ci possiamo almeno permettere il lusso di parlar chiaro.»
Entrarono Marlowe e Parkinson.
«Forse vi interesserà sapere che Chris sta sfottendo la Nuvola,» osservò Leicester.
«Dio mio, non si sarà messo a far la parte di Aiace?»
Parkinson guardò a lungo Marlowe.
«La nostra situazione fa pensare al mito dei greci. Essi credevano che Giove viaggiasse in una Nuvola nera scagliando fulmini. È proprio la nostra situazione.»
«Strano davvero, purchè non finisca, per noi, come una tragedia greca.»
Ma la tragedia era più vicina di quel che credessero.
Giunse la risposta al messaggio di Kingsley.
«Messaggio e giustificazione ricevuti. Da quel che dite presumo che questi razzi non siano stati lanciati da una zona della Terra vicina a quella in cui vi trovate. Se entro pochi minuti. non ho comunicazioni in senso contrario, agirò in base alle decisioni che ho preso. Può interessarvi sapere che ho deciso di invertire, relativamente alla Terra, il moto dei razzi. In ogni caso sarà invertita la direzione del movimento, ma la velocità resterà immutata Questo sarà fatto quando ogni razzo sia rimasto in volo per un numero esatto di giorni. Infine al moto si aggiungerà qualche lieve perturbazione.»
Quando la Nuvola ebbe finito, Kingsley non potè trattenere un fischio.
«Dio mio, che decisione!» disse Marlowe a bassa voce.
«Non ho capito bene,» ammise Parkinson.
«Invertire la direzione dei razzi significa che i razzi stessi compiranno all’inverso la medesima strada, rispetto alla Terra.»
«Vuol dire che colpiranno la Terra?»
«Certo, ma non è tutto; se il moto viene invertito dopo un numero esatto di giorni, i razzi impiegheranno un numero esatto di giorni per compiere all’inverso la strada che hanno già fatto: in tal modo colpiranno la Terra nel punto esatto da cui sono stati lanciati.»
«E perchè questo?»
«Perchè dopo un numero esatto di giorni la Terra sarà nello stesso punto di rotazione.»
«E perchè questa storia del
«Per tener conto dello spostamento della Terra intorno al Sole,» disse Leicester.
«E del moto del Sole intorno alla Galassia.» aggiunse Marlowe.
«E ciò significa che i razzi cadranno addosso a chi li ha lanciati. Santi numi, è il giudizio di Salomone.»
Kingsley li stava a sentire, alla fine disse:
«C’è un’altra cosa, Parkinson. La Nuvola ha parlato di lievi perturbazioni, ciò significa che non possiamo sapere dove cadranno esattamente. Lo sappiamo solo con approssimazione di qualche centinaio di miglia, forse di un migliaio. Mi dispiace, Geoff.»
Kingsley non ricordava che il viso di Marlowe fosse tanto vecchio.
«Avrebbe potuto andar peggio; possiamo consolarci, pensando che dopotutto l’America è un grande paese.»
«Be’, bisogna rinunciare all’idea del segreto,» osservò Kingsley. «Non ho mai creduto al segreto, e ora ne faccio esperienza a mie spese. È un altro giudizio di Salomone.»
«E perchè dici che il segreto è impossibile?»
«Be’, Harry, dobbiamo avvertire Washington. Se fra tre giorni 100 bombe H cadranno sugli Stati Uniti, almeno mettiamoli in grado di far allontanare la gente dalle grandi città.»
«Ma se lo facciamo, avremo tutto il mondo contro.»
«Lo so, eppure bisogna correre il rischio. Che ne pensa, Parkinson?»
«Penso che lei abbia ragione, Kingsley. Dobbiamo avvertirli. Ma non facciamo errori, perchè sarà una posizione disperata. Bisogna che il nostro bluff funzioni, altrimenti…»
«Ma non ci fasciamo la testa prima di aver ricevuto la bastonata. Per prima cosa mettiamoci in contatto con Washington. Credo che possiamo fidarci di loro, e che passino la notizia ai russi.»
Kingsley azionò il trasmettitore da dieci centimetri, ma Marlowe lo fermò.
«No, Chris, non posso permetterlo, voglio essere io a farlo. Mi rimarrebbe sulla coscienza.»
«Sarà un brutto affare, Geoff, ma se proprio vuoi, allora avanti. A te l’incarico, ma ricorda che, se hai bisogno d’aiuto, siamo qui.»
Kingsley, Parkinson e Leicester lasciarono solo Marlowe ed egli spedì il messaggio in cui si riconosceva colpevole del più alto tradimento — o almeno di quello che a un tribunale terrestre doveva sembrare alto tradimento.
Tre quarti d’ora dopo, quando tornò dagli amici, Marlowe era pallido e sconvolto.
«Non l’hanno gradito,» riuscì a dire.
Il governo americano e quello russo gradirono ancor meno la bomba H che due giorni dopo spazzò la città di El Paso; un’altra cadde a sud-ovest di Chicago e una altra ancora nei sobborghi di Kiev. Gli Stati Uniti tentarono in fretta di disperdere la popolazione delle grandi città, ma non potevano, ovviamente, riuscirvi in pieno e più di 250.000 persone rimasero uccise. Il governo russo non si curò di avvertire il popolo, di conseguenza vi furono più morti a Kiev che nelle due città americane.
Si rimpiange una vita quando si è persa per «volontà di Dio», ma non si scatenano in questo caso le nostre più selvagge passioni. Ben diversamente avviene quando la morte dipende da un gesto deliberato dell’uomo. Importante in questo caso l’aggettivo «deliberato». Un solo assassinio deliberato può produrre reazioni più violente che diecimila incidenti stradali. Facile quindi comprendere perchè quel mezzo milione di persone uccise dalle bombe H fece sui governi del mondo maggiore impressione che le sciagure ben più gravi avvenute nel periodo del grande caldo e nel susseguente periodo del grande freddo. Allora si era pensato alla «volontà di Dio». Ma soprattutto agli occhi del governo americano, quello delle bombe H fu assassinio, assassinio su scala gigantesca, perpetrato da un gruppetto di disperati i quali, per soddisfare le proprie insaziabili ambizioni, si erano alleati con quella cosa in cielo. Quegli uomini erano colpevoli di tradimento contro la specie umana. Da allora in poi gli uomini di Nortonstowe furono segnati a dito.