Capitolo X

Improvvisamente, l’immagine svanì.

Gli astronauti della Tellur, che si erano sentiti sulla soglia di una sconvolgente rivelazione, ne furono storditi e delusi. La galleria, dall’altra parte della divisione, era illuminata dalla solita luce azzurra. Comparvero alcuni degli stranieri, ma questa volta i loro movimenti erano affrettati, quasi convulsi.

Sullo schermo apparve una serie di figure in successione così rapida che i Terrestri riuscirono a seguirla a malapena.

Dapprima apparve un’astronave bianca, simile a quella che aveva incontrato la Tellur; si muoveva attraverso l’oscurità dello spazio. Si scorgeva chiaramente l’anello centrale rotante gettare raggi scintillanti in tutte le direzioni. Improvvisamente l’anello smise di girare e l’astronave resto immobile, a non grande distanza da una stella nana azzurra. Raggi sottili come matite sprizzarono dalla nave e ne raggiunsero una altra, che era apparsa nell’angolo sinistro dello schermo, ferma nello spazio accanto ad un’altra che i terrestri riconobbero come la Tellur. Non appena l’astronave bianca ricevette il messaggio, si staccò dalla Tellur e scomparve nell’immensità nera dello spazio.

Moot Ang sospirò così forte che i suoi compagni si volsero a guardarlo.

«Temo che se ne andranno,» disse. «Sono in contatto con un’altra delle loro astronavi, probabilmente molto lontana da qui, anche se non riesco a capire in che modo riescano a comunicare attraverso distanze così immense. Ed a questa seconda astronave deve essere accaduto qualcosa, perché ha mandato un messaggio per chiedere l’aiuto dei nostri amici.»

«Forse non si tratta di un guasto. Forse hanno trovato qualcosa di molto importante,» mormorò Taina, quasi a fatica.

«Forse. Ma, qualsiasi sia la ragione, stanno per andarsene. Dobbiamo affrettarci e fotografare e registrare tutto ciò che possiamo, prima che se ne vadano. Le cose più importanti sono le carte astronomiche; e la rotta, i dati relativi a ciò che hanno incontrato nel loro viaggio. Non ho il minimo dubbio: debbono avere incontrato altri esseri che respiravano ossigeno come noi.»

Altri scambi di comunicazioni rivelarono che gli stranieri potevano fermarsi ancora per l’equivalente di un giorno terrestre. L’equipaggio della Tellur, sostenuto da droghe speciali, continuò a lavorare con vigore frenetico, non meno degli stranieri.

I libri di testo illustrati vennero fotografati; vennero fatte registrazioni delle rispettive lingue. Intere raccolte di minerali, di fluidi e di gas rinchiusi in contenitori trasparenti vennero scambiate. I chimici di entrambe le navi lavorarono sul significato dei simboli che rappresentavano la composizione delle sostanze organiche ed inorganiche.

Afra, pallida per la stanchezza, stava ritta davanti ai diagrammi dei processi fisiologici umani, alle carte genetiche, alle formule, ad una carta che mostrava lo sviluppo embrionale dell’organismo umano sul pianeta di fluoro. L’interminabile catena di molecole di proteine fluoro-resistenti erano straordinariamente simili alle molecole delle proteine terrestri; c’erano gli stessi filtri di energia, le stesse barriere sorte nella lotta della materia vivente contro l’entropia.

Venti ore più tardi Tey e Kari, barcollanti per la stanchezza, portarono le mappe stellari che riproducevano la rotta della Tellur, da quando aveva lasciato il Sole fino al momento in cui le due navi si erano incontrate.

Gli stranieri lavoravano ancora più duramente. Le registrazioni fotomagnetiche delle macchine-memoria dei terrestri riferivano la posizione di stelle sconosciute, con indecifrabili designazioni di distanze, e i dati astrofisici relativi alle complicate rotte a zig-zag delle due astronavi bianche. Tutti i dati sarebbero stati decifrati più tardi, con l’aiuto di tavole sinottiche che gli stranieri avevano preparato proprio a quello scopo.

Finalmente vennero proiettate immagini che strapparono grida di gioia ai terrestri: sullo schermo apparvero dei cerchi accanto a cinque stelle, attorno alle quali ruotavano pianeti. Nello stesso tempo l’immagine di una goffa astronave che recava lo strano gonfiore a metà scafo fu sostituita da una intera flotta di astronavi dalla linea più elegante. Sulle piattaforme ovali che emergevano dal loro ventre erano ritte creature vestite di tute spaziali: e senza dubbio erano esseri umani!

E, sull’immagine dei pianeti e delle astronavi, apparve il segno di un atomo con otto elettroni… l’atomo dell’ossigeno!

Ma soltanto due di quei pianeti erano connessi con le astronavi. Uno ruotava attorno ad un sole rosso, l’altro girava attorno ad una splendente stella dorata della classe F.

Era evidente che la vita sugli altri tre pianeti, anche se si stava sviluppando in una atmosfera di ossigeno, non aveva ancora raggiunto un livello così avanzato da consentire il volo spaziale, o forse gli esseri pensanti non erano ancora apparsi…

I terrestri non riuscirono a comprendere esattamente tutti questi particolari, ma ormai erano in possesso di dati di inestimabile valore che avrebbero consentito il raggiungimento di questi mondi abitati, situati a centinaia di parsec dal punto in cui avevano incontrato gli emissari del pianeta di fluoro.

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