VI

Per molto tempo non riesce a convincersi che lui se ne sia andato.

Ne ha visto il corpo disteso in una cassa, simile ad una statua di cera dipinta: non è Dio, Dio è in qualche altro luogo.

Si sorprende a pensare: Quando Dio tornerà… come se lui fosse soltanto partito per l’altro capo del mondo. Ma sa che c’è un tumulo di terra sopra il Settore Venti, sormontato da un’alta pietra levigata, che indica il luogo in cui il corpo di Dio giace sotto terra. Può ripetere a memoria le parole che vi sono scolpite:


Deboli ed esigui sono i poteri delle membra degli uomini: molti sono i dolori che li affliggono e smussano gli orli del pensiero: breve è la misura della vita fino alla morte, attraverso la quale essi si affannano. E poi se ne vanno, come fumo svaniscono nell’aria: e quello che sognano di sapere non è altro che quel poco in cui ciascuno è inciampato nel suo girovagare per il mondo. Eppure tutti loro si vantano di aver imparato tutto ciò che c’è da sapere. Vani stolti! Perché quello che c’è, nessun occhio l’ha mai visto, nessun orecchio l’ha mai udito, né nessuna mente umana potrà mai concepirlo.

Empedocle

(5° secolo a.C.)


Un giorno, Claire chiude l’appartamento e lascia che il Progettista, il successore di Dio, ne faccia quello che vuole. Lascia tutti i suoi appunti, tutto il suo equipaggiamento da studente, ormai inutile. Va in un albergo, e nel pomeriggio le vengono portati i nuovi abiti: tessuti di seta color fiamma e maglia metallica: nuovi profumi, nuovi gioielli. Nelle unità di memoria c’è musica nuova e lei danza incerta, con il capo piegato di lato per ascoltare, lasciandosi sommergere dai ritmo. Ormai è come una primavera a lungo rimandata, le oscure memorie appassite stanno scivolando nel passato e il presente è fresco e gaio.

Prova a chiamare qualcuno dei vecchi amici. Katha è a Centrarci, Ebert è al sud, Piet e Tanno non sono registrati. Non importa, nella piazza davanti all’albergo, prima che il giorno sia finito, lei si fa una dozzina di nuovi amici. Il gruppo aumenta; poi tutta la compagnia si sposta dalla piazza ai giardini del Vermilion Club e lì passa da una stanza all’altra dei vari soci e poi, alla fine, all’appartamento di Claire. Lasciando il gruppo intorno alla mezzanotte, lei vaga da sola per l’appartamento, rilassata dalla compagnia, felice di udire i canti che si fanno confusi e svaniscono alle sue spalle. Nella stanza da gioco si ferma pigramente a guardare le oscure profondità del pozzo di caduta. Che meraviglia, pensa, cadere e cadere, senza toccare mai il fondo…

Ma il fondo, naturalmente, è sempre là, o questo non sarebbe un pozzo di caduta. Un paradosso: il pozzo è come un camino che ha un fondo; è la sensazione di pericolo, l’immaginare di sfracellarsi che suscita il brivido. Ma non c’è pericolo di farsi male: la levitazione e l’istinto di sopravvivenza lo impediranno comunque.

Abbiamo un mondo così ordinato…

Le cose passano, la gente resta.

E allora dov’è Piet, l’uomo con la testa lanuginosa, con le sue risa e i suoi scherzi? Nascosto magari dall’altra parte del mondo, senza curarsi di farsi registrare. Capita spesso, nessuno ci pensa. Ma allora, chiede implacabile la sua mente, dov’è la donna di nome Maria, che ti teneva sulle ginocchia quando eri piccola? Dov’è Hendry, tuo padre, che hai visto per l’ultima volta… quando? Cinque, seicento anni fa, quella volta a Rio. Dove va la gente quando scompare… la gente di cui nessuno parla?

Dal corridoio buio il canto giunge fino a lei. Claire fissa trasognata le ombre del pozzo. Pensa a Dio, guardando l’oscurità che si avvicina: «A volte lo sento arrivare, salire all’orizzonte. Qualcosa di enorme e freddo».

Nella sua immaginazione l’oscurità si trasforma in un viso grigio, bellissimo e terribile. Le labbra sorridenti sussurrano, per lei sola: Un giorno o l’altro.

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