LIBRO II: RIFUGIO 2051

Si può sostenere che una nazione sia costituita dai suoi territori, dalla sua popolazione, dalle sue leggi. Il territorio rappresenta l’unica parte contraddistinta da una certa durata.

ABRAMO LINCOLN, Messaggio al Congresso 1 dicembre 1862

8

Jordan Watrous stava appena al di fuori della cancellata principale della fabbrica di scooter Noi-Dormiamo e guardava la polverosa strada del Mississippi. Una recinzione elettrificata alta due metri e mezzo si estendeva su entrambi i lati. Non si trattava di un campo a energia-Y, non era di tecnologia sofisticata, ma era sufficiente. Quanto meno per il momento, intanto che gli attacchi alla fabbrica erano di secondaria importanza, non organizzati e di tipo verbale. Successivamente avrebbero avuto bisogno di un campo a energia-Y. Hawke diceva così.

Dall’altra parte del fiume, in Arkansas, i coni a energia-Y dell’impianto Samsung-Chrysler scintillavano al sole del primo mattino.

Jordan sbirciò lungo la strada. Il sudore gli appiccicava i capelli e gli gocciolava lungo il collo. La guardia, una donna legnosa dai capelli di stoffa che indossava jeans sbiaditi, cacciò fuori la testa dalla guardiola e gridò: — È abbastanza caldo per te, Jordan?

Da sopra la spalla, lui rispose: — Come sempre, Mayleen.

La donna si mise a ridere. — Voi ragazzi californiani non fate altro che appassire al calore naturale del buon Dio.

— Penso che non siamo duri come voi ratti di fiume.

— Ragazzo, non ci sta nessuno duro come noi. Guarda solo il signor Hawke.

Come se fosse stato possibile per chiunque alla fabbrica Noi-Dormiamo fare altrimenti! Non che Hawke non si fosse meritato il rispetto che traspariva dalla voce di Mayleen. Quando Mayleen era stata assunta l’inverno passato, Jordan, solo da quattro settimane impiegato come assistente personale di Hawke, si era recato con lui alla baracca della donna per il colloquio. Anche se adeguatamente riscaldata e rifornita con l’economica energia-Y cui ogni cittadino aveva diritto se godeva dell’assistenza sociale, la baracca non aveva impianto idraulico interno, mostrava pochissimi mobili e rari giochi per gli ossuti bambini dai capelli stopposi che avevano fissato con occhi sgranati la giacca di pelle di Jordan e la ricetrasmittente sul bavero. La settimana precedente Mayleen aveva annunciato con orgoglio di avere acquistato un gabinetto e una coppia di cuscini di pizzo. L’orgoglio, sapeva ormai Jordan, era una cosa pratica come il gabinetto. Lui lo sapeva perché Calvin Hawke glielo aveva insegnato.

Jordan riprese a esaminare la strada. Mayleen gli chiese: — Aspetti qualcuno?

Lentamente Jordan si voltò. — Hawke non ti ha telefonato?

— Telefonato cosa? Non mi ha detto mica niente.

— Gesù Cristo - esclamò Jordan. Il terminale nella guardiola trillò, e Mayleen tirò dentro la testa. Jordan la osservò attraverso la vetrata in plastivetro. Mentre lei ascoltava, il viso le si indurì come sapevano fare solamente quei volti del Mississippi. Ghiaccio istantaneo nel calore ribollente. Lui non aveva mai visto una cosa simile in California.

Evidentemente, Hawke le stava dicendo non soltanto di permettere l’ingresso a un visitatore, ma anche chi fosse il visitatore in questione.

— Sì, signore — disse lei in tono enfatico al terminale, e Jordan si contrasse. Nessuno in fabbrica chiamava Hawke "signore" a meno che non fosse infuriato, e nessuno si infuriava mai con Hawke. Tendevano a rimuovere. Sempre.

Mayleen uscì dalla guardiola. — Non è che è opera tua, Jordan?

— Sì.

— Perché? — La donna sputò la parola e Jordan, finalmente, sentì indurirsi anche il proprio volto. Finalmente Hawke diceva sempre che gli occorreva troppo tempo per arrabbiarsi.

— Sono affari tuoi, Mayleen?

— Tutto quello che succede in questo impianto qui sono affari miei — rispose Mayleen, il che era soltanto la verità. Hawke lo aveva reso la verità per tutti e ottocento gli impiegati. — Non vogliamo gente del suo genere qui.

— Apparentemente, Hawke sì.

— Ti ho chiesto perché.

— Perché non lo chiedi a lui perché?

— Lo sto chiedendo a te. Perché, maledizione?

Lungo la strada avanzava una nuvola di polvere. Un’automobile. Jordan avvertì un’improvvisa fitta di terrore: qualcuno le aveva detto forse di non presentarsi con una Samsung-Chrysler? Ma si poteva contare sul fatto che lei sapesse già una cosa del genere. Sapeva sempre tutto.

Mayleen latrò: — Ti ho fatto una domanda, Jordan! Che intenzioni ha il signor Hawke lasciando entrare uno di loro nel nostro impianto?

— Hai preteso una risposta, non hai fatto una domanda. — Ormai la rabbia gli dava una sensazione gradevole, spazzando via il suo nervosismo. — Ma risponderò comunque, Mayleen. Solo perché sei tu. Leisha Camden è qui perché ha chiesto di venire, e Hawke le ha dato il permesso.

— Questo l’ho capito da sola! Quello che non riesco a capire è perché!

L’automobile si fermò al cancello. Era pesantemente corazzata e stipata di guardie del corpo. Il conducente scese per aprire il cancello. L’auto non era una Samsung-Chrysler.

— Perché? — ripeté Mayleen con un tale odio che perfino Jordan rimase sconcertato. Si voltò. La sottile bocca di lei era contorta in un ringhio, ma nei suoi occhi regnava una paura che Jordan riconobbe, Hawke gli aveva insegnato a riconoscerla, la paura non per le persone in carne e ossa, ma per le scelte degradanti che quelle persone avevano causato indirettamente: due dollari per mezzo pacchetto di sigarette o due dollari per un paio di calzettoni caldi? Latte extra per i bambini oltre quello passato dall’assistenza sociale o un taglio di capelli? La paura non era tanto di morire di fame, non in un paese con una prosperità basata sull’energia a basso costo, quanto di essere tagliati fuori da quella prosperità. Essere di seconda classe. Non abbastanza in gamba per il fondamentale distintivo di dignità adulta: il lavoro. Un parassita. La rabbia colò fuori da Jordan: tristemente, la sentì scemare. La rabbia era molto più comoda.

Nel modo più gentile possibile, disse a Mayleen: — Leisha Camden si trova qui perché è la sorella di mia madre. Mia zia.

Lui si chiese quanto sarebbe occorso a Hawke, quella volta, per redimerlo.


— E per ogni scooter occorrono sedici operazioni sulla catena di montaggio? — chiese Leisha.

— Sì — rispose Jordan. Erano insieme con le guardie del corpo di Leisha, tutti con elmetto e occhialoni, a osservare la Sezione 8-E. Gli operai si affaccendavano a gruppi di tre su una ventina di scooter e, presi dal loro zelo, ignorarono completamente i visitatori. Lo zelo era più evidente rispetto ai risultati ma, ovviamente, questo Leisha lo sapeva già.

Sei mesi prima, alla festa del diciottesimo compleanno della sorella minore di Jordan, in California, Leisha aveva interrogato Jordan così accuratamente sulla fabbrica che lui era stato certo, sicuro come l’oro, che alla fine lei gli avrebbe chiesto di visitarla. Quello che non si era aspettato era che Hawke glielo permettesse.

Lei disse: — Pensavo che il signor Hawke potesse unirsi a noi. Dopo tutto, sono venuta per incontrare lui.

— Ha detto di portarti nel suo ufficio dopo il giro.

Sotto i pesanti occhialoni di sicurezza le labbra di Leisha sorrisero. — Per mostrarmi casa mia?

— Immagino di sì — disse con espressione grave Jordan. Non sopportava quando Hawke, sempre imprevedibile, si abbassava a recitare la parte di quello che è sempre in vantaggio sugli altri. Con grande sorpresa di Jordan, Leisha gli appoggiò una mano sul braccio. — Non prendertela per me, Jordan. Non è che non ne abbia diritto.

Che poteva dire Jordan al proposito? L’intera questione era essenzialmente basata sui diritti. Chi avesse quale, come e perché.

Non si sa come, Jordan non si sentiva esattamente la persona più adatta a commentare. Non era nemmeno certo di chi, nella sua stessa famiglia, avesse il diritto a cosa, o perché.

Sua madre e sua zia avevano una rapporto così strano. Forse "tirato" era un termine più adatto. E, nello stesso tempo, non lo era. Leisha faceva visita alla famiglia Watrous in California soltanto in occasioni di cerimonie: Alice non andava mai a trovare Leisha a Chicago. Tuttavia Alice, che amava il giardinaggio, spediva per via aerea un mazzo di fiori freschi del proprio giardino all’appartamento di Leisha ogni singolo giorno, a un costo che Jordan riteneva folle. I fiori erano del tutto comuni, resistenti boccioli di campo: flox, girasoli, gigli selvatici e garofani indiani che Leisha avrebbe potuto acquistare lungo le strade di Chicago per qualche dollaro. — La zia Leisha non preferisce le piante esotiche da appartamento? — aveva chiesto una volta Jordan. — Sì — gli aveva risposto sorridendo sua madre.

Leisha aveva sempre portato a Jordan e a sua sorella Moira dei regali meravigliosi: kit elettronici per ragazzi, telescopi, due quote di azioni da seguire sulle reti informatiche. Alice era sempre sembrata entusiasta dei regali quanto lo erano stati i ragazzi. Tuttavia, quando Leisha mostrava a Jordan e Moira come utilizzare ognuno di essi, come regolare azimut e altitudine del telescopio, come scrivere ideogrammi giapponesi su carta di riso, Alice aveva sempre lasciato la stanza. Dopo i primi pochi anni, anche Jordan aveva desiderato a volte che Leisha se ne andasse per lasciare lui e Moira a leggere le istruzioni per proprio conto. Leisha spiegava troppo in fretta, troppo rigidamente e troppo a lungo, e si arrabbiava perché Jordan e Moira non ricordavano le cose al primo colpo. Non risultava nemmeno d’aiuto il fatto che la zia Leisha sembrasse arrabbiarsi con se stessa, non con loro. Faceva sentire Jordan uno stupido. — Leisha ha il suo modo di fare — era tutto quello che diceva Alice. — E noi abbiamo il nostro.

La cosa più strana di tutte era il Gruppo dei gemelli di Alice. Leisha era apparsa dapprima scioccata, quindi triste e poi infuriata quando aveva sentito parlare del Gruppo dei gemelli. Alice vi operava in qualità di volontaria tre volte alla settimana. Il Gruppo raccoglieva documentazioni su gemelli che potevano comunicare a vicenda attraverso grandi distanze, che sapevano quello che l’altro stava pensando, che provavano dolore quando l’altro era nei guai. Studiavano anche coppie di gemelli ancora all’asilo per vedere come imparassero a differenziare se stessi in qualità di esseri separati. Questo guazzabuglio di ESP, parapsicologia e metodo scientifico aveva sconcertato Jordan, allora diciassettenne. — La zia Leisha dice che le statistiche riguardanti le coincidenze possono fornire spiegazioni per la maggior parte dei tuoi casi di ESP. Io pensavo che tu e lei non foste nemmeno gemelle monozigote!

— Non lo siamo — aveva risposto Alice.

Negli ultimi due anni Jordan aveva visto sua zia molto spesso, senza dirlo a sua madre. Leisha era un’Insonne, il nemico economico. Era anche gentile, generosa e idealista. La cosa lo turbava.

C’erano così tante cose che lo turbavano.

Per completare la visita all’impianto occorse circa un’ora. Jordan cercò di vedere lo stabilimento con gli occhi di Leisha: persone al posto di robot a basso costo, discussioni gridate sulle catene di montaggio, musica rock che rimbombava. Parti scartate al controllo qualità, parzialmente reimballate in cartoni sporchi. Il panino sbocconcellato da qualcuno calciato in un angolo.

Quando alla fine Jordan condusse Leisha nell’ufficio di Hawke, Hawke si alzò da dietro la scrivania massiccia di pino grezzo della Georgia. — Signorina Camden, è un onore.

— Signor Hawke.

Leisha porse la mano. Hawke la strinse, e Jordan notò che lei indietreggiò leggermente. La gente che incontrava Calvin Hawke per la prima volta generalmente indietreggiava: non prima di quel momento, Jordan si rese conto di quanto intensamente si fosse chiesto se anche Leisha l’avrebbe fatto. Non si trattava dell’immensa stazza di Hawke, quanto piuttosto della sua sconcertante spigolosità fisica: naso adunco, zigomi simili a scalpelli, trafiggenti occhi neri; sfoggiava perfino la collana di aguzzi denti di lupo che era appartenuta al suo bis-bis-bisnonno, una montagna d’uomo che aveva sposato tre donne indiane e ucciso trecento guerrieri pellirosse. Quanto meno, era ciò che Hawke diceva. Potevano dei denti di lupo vecchi quasi duecento anni essere ancora così aguzzi?

Quelli di Hawke sì.

Leisha sorrise rivolta verso Hawke, quasi trenta centimetri più alto di lei nonostante la notevole altezza della donna, e disse: — Grazie per avermi concesso di venire. — Quando Hawke non rispose, lei aggiunse in modo diretto: — Perché lo ha fatto?

Hawke fece finta che gli avesse posto una domanda differente. — Lei è al sicuro qui. Anche senza i suoi scagnozzi. Non esiste odio infondato nei miei impianti.

Jordan pensò a Mayleen, ma non disse nulla. Non si contraddiceva Hawke in pubblico.

Leisha ribatté freddamente: — Un interessante uso di "infondato", signor Hawke. Nel linguaggio giuridico definiamo un simile uso insinuante. Adesso che sono qui, però, mi piacerebbe porgerle qualche domanda, se posso.

— Ovviamente — rispose Hawke. Incrociò le enormi braccia sul petto e si appoggiò indietro contro la scrivania, apparentemente tutto cordialità e disponibilità. Sulla scrivania erano appoggiati un videotelefono, un boccale da caffè con il motto di Harvard e una bambolina cerimoniale Cherokee. Nulla di tutto ciò era stato li quella mattina. Jordan comprese che Hawke aveva allestito il palcoscenico. Al giovanotto cominciò a formicolare il collo.

Leisha cominciò: — I suoi scooter sono ridotti all’osso: dotati dei coni-Y più semplici possibili e con meno optional di qualsiasi altro modello sul mercato.

— È vero — rispose Hawke garbatamente.

— La loro affidabilità è inferiore a quella di qualsiasi altro modello: necessitano di un maggior numero di parti di ricambio e prima. In effetti nulla, a parte lo scudo deflettore a cono-Y, è corredato di alcun tipo di garanzia e, ovviamente, i deflettori sono brevettati e non sono ceduti in subappalto.

— Si è ben documentata — commentò Hawke.

— Gli scooter possono raggiungere un massimo di soli quaranta chilometri orari.

— Vero.

— Costano il dieci per cento in più rispetto a uno Schwinn, un Ford o un Sony dello stesso livello.

— Vero anche questo.

— Tuttavia, lei ha catturato il trentadue per cento del mercato interno, ha aperto tre nuovi stabilimenti nell’anno precedente e ha dichiarato un ritorno societario in attivo del ventotto per cento, anche se la media industriale è a mala pena dell’undici per cento.

Hawke sorrise.

Leisha avanzò di un passo verso di lui. Disse quindi con grande decisione: — Non vada avanti così, signor Hawke. È un terribile errore. Non per noi, per voi.

Hawke rispose giovialmente: — Sta minacciando il mio stabilimento, signorina Camden?

Jordan sentì serrarsi lo stomaco. Hawke stava equivocando intenzionalmente quello che Leisha aveva detto, trasformando le parole da una preghiera in una minaccia, in modo da poter sostenere una lite invece che una discussione. Ecco perché le aveva concesso di visitare uno stabilimento Noi-Dormiamo: voleva godere del futile brivido di un confronto faccia a faccia. Il capo mal in arnese di un movimento politico nazionale sul tappeto con la famosissima avvocato Insonne, Jordan si sentì pervadere dal disappunto: Hawke era migliore di così.

Lui aveva bisogno che Hawke fosse migliore di così.

Leisha continuò: — Ovviamente non la sto minacciando, signor Hawke, e lei lo sa. Sto solamente cercando di sottolineare che il suo movimento Noi-Dormiamo è pericoloso per il paese e per voi stessi. Non sia così ipocrita da far finta di non capire.

Hawke continuò a sorridere gaiamente, ma Jordan notò un muscoletto sul suo collo, appena al di sopra di un ingiallito dente di lupo, che cominciava a pulsare ritmicamente.

— Sarebbe ben difficile non capire, signorina Camden. Ha martellato su questo punto ormai da anni sulla stampa.

— E continuerò a martellare. Tutto ciò che spinge Dormienti e Insonni ad allontanarsi è fondamentalmente inutile per entrambi. Ci sono persone che acquistano i suoi scooter non perché siano buoni, non perché siano economici, non perché siano belli ma soltanto perché sono fatti da Dormienti, con profitti che vanno solamente ai Dormienti. Lei, e tutti i suoi seguaci nelle altre industrie, sta spaccando il paese in due a livello economico, signor Hawke, creando una doppia economia basata sull’odio. Questo è pericoloso per tutti!

— Ma specialmente per gli interessi economici degli Insonni? — chiese Hawke, apparentemente tutto interesse disinteressato. Jordan si accorse che l’uomo pensava di avere acquistato terreno per l’improvvisa risposta emotiva di Leisha.

— No — rispose Leisha stancamente. — Forza, signor Hawke, sa che non è così. Gli interessi economici degli Insonni si basano sull’economia globale, specialmente sulla finanza e le tecnologie sofisticate. Lei potrebbe fabbricare qualsiasi veicolo, edificio e aggeggio in America e non fare loro alcun danno.

"Loro", pensò Jordan. "Non noi". Cercò di capire se Hawke l’avesse notato.

Hawke chiese in modo suadente: — E allora perché si trova qui, signorina Camden?

— Per lo stesso motivo per cui mi reco al Rifugio. Per inveire contro la stupidità.

Il muscoletto nel collo di Hawke prese a pulsare più velocemente: Jordan si accorse che l’uomo non si era aspettato che Leisha lo paragonasse al Rifugio, al nemico. Hawke allungò una mano sulla scrivania e premette un campanello. Le guardie del corpo di Leisha si tesero. Hawke lanciò loro un’occhiata di disgusto: traditori della loro stessa parte biologica. La porta dell’ufficio si aprì ed entrò una giovane donna negra, mostrando un’espressione sconcertata.

— Hawke? Coltrane dice che volete vedere tutti me?

— Sì, Tina. Grazie. Questa signora è interessata al nostro stabilimento. Ti dispiacerebbe parlarle un po’ del tuo lavoro qui dentro?

Tina si voltò obbediente verso Leisha, senza riconoscerla. — Io lavoro nella Sezione Nove — disse. — Prima che adesso non c’avevo niente. La mia famiglia non c’aveva niente. Andavamo all’assistenza, ci pigliavamo la roba da mangiare, andavamo a casa e mangiavamo. Aspettevamo di morire. — Proseguì, raccontando una storia ormai nota a Jordan, diversa soltanto nell’approccio melodrammatico di Tina nel narrarla. Il che era indubbiamente il motivo per cui Hawke l’aveva fatta aspettare. Nutrita, alloggiata, vestita poveramente dai sussidi dell’assistenza sociale. E completamente inabile a competere al di là di quel livello economico, finché Calvin Hawke e il movimento Noi-Dormiamo non le avevano fornito un lavoro che le offriva un salario. Il mercato per quel lavoro era stato strappato con difficoltà al mercato nazionale, sulla base di termini che non avevano nulla a che fare con l’economia. — Io compero solamente prodotti Noi-Dormiamo, devo vendere solo i miei prodotti Noi-Dormiamo — intonò con fervore Tina. — È l’unico modo per acchiappare un pezzo della torta!

Hawke disse: — E se qualcuno nella tua comunità compera un prodotto differente perché costa meno o perché è migliore…

— Quel qualcuno non ci resta molto a lungo nella mia comunità — ribatté Tina con espressione tetra. — Ci occupiamo noi delle nostre cose.

— Grazie, Tina — disse Hawke. Tina sembrò sapere che si trattava di un congedo; lasciò la stanza, ma non prima di avere lanciato a Hawke lo stesso sguardo di tutti gli altri. Jordan sperò che Leisha riconoscesse l’espressione dei clienti che aveva salvato da un altro genere di prigione. Lo stomaco del ragazzo si rilassò leggermente.

Leisha disse a Hawke con una smorfia: — Niente male come performance.

— Più di una semplice performance. La dignità dello sforzo individuale: un vecchio dogma yagaista, no? O non può concedere a se stessa di riconoscere dati di fatto di tipo economico?

— Riconosco tutte le limitazioni di un’economia di libero mercato, signor Hawke. Richiesta e offerta pongono i lavoratori esattamente sullo stesso piano di aggeggi, e le persone non sono aggeggi. Ma non si può creare benessere economico creando corporazioni di clienti nello stesso modo in cui si possono corporativizzare i lavoratori.

— È esattamente il modo in cui io sto creando benessere economico, signorina Camden.

— Solo temporaneamente — ribatté Leisha. Si sporse repentinamente in avanti. — Si aspetta forse che i suoi clienti restino lontani per sempre da prodotti migliori a causa dell’odio di classe? L’odio di classe diminuisce quando la prosperità consente alle persone di salire di ceto.

— La mia gente non salirà mai a un ceto pari a quello degli Insonni. E lei lo sa. Voi siete all’apice darwiniano. Così noi capitalizziamo su quello che abbiamo: il maggior numero.

— Ma non deve necessariamente esserci una lotta darwiniana!

Hawke si alzò in piedi. In quel momento il muscoletto sul suo collo era immobile: Jordan capì che Hawke sentiva di avere vinto. — Ah, no, signorina Camden? Chi ha reso così le cose? Gli Insonni controllano il ventotto per cento dell’economia, ormai, indipendentemente dal fatto che rappresentiate una minuscola minoranza. La percentuale è in aumento. Lei stessa è proprietaria di azioni, tramite la Holding Aurora, dello stabilimento Samsung-Chrysler che si trova dall’altra parte del fiume.

Jordan sobbalzò. Non lo sapeva. Per un istante venne pervaso da un sospetto, corrosivo e acido. Sua zia gli aveva chiesto di venire lì, aveva chiesto di parlare con Hawke… Guardò nuovamente Leisha. Lei stava sorridendo. No, non era quella la sua motivazione. Che cosa aveva lui che non andava? Avrebbe passato l’intera vita a essere incerto su tutto?

Leisha ribatté: — Non c’è nulla di illegale nel possedere azioni, signor Hawke. Io lo faccio per il più ovvio dei motivi: per ricavare profitto. Un profitto dai beni migliori possibili e da servizi che possono essere forniti in una competizione onesta, offerti a chiunque sia intenzionato ad acquistarli. Chiunque.

— Molto lodevole — commentò Hawke mordace. — Ma ovviamente non tutti possono acquistare.

— Esattamente.

— Allora siamo d’accordo quanto meno su una cosa: alcune persone sono escluse dalla sua meravigliosa economia darwiniana. Vuole forse che lo accettino docilmente?

Leisha disse: — Io voglio aprire le porte e farli entrare.

— Come, signorina Camden? Come potremmo competere su basi paritarie con gli Insonni, o con la fiumana di compagnie fondate interamente o in parte dal genio finanziario di Insonni?

— Non certo con l’odio e creando due economie.

— E allora con che cosa? Mi dica.

Prima che Leisha potesse rispondere, la porta si spalancò improvvisamente e tre uomini balzarono all’interno della stanza.

Le guardie del corpo di Leisha la schermarono immediatamente, a pistole spianate. Ma gli uomini dovevano essersi aspettati una reazione simile: brandivano macchine da presa, non pistole, e cominciarono a filmare. Visto che tutto quello che potevano scorgere era la falange di guardie del corpo, filmarono quella. Quello sconcertò le guardie che presero a guardarsi a vicenda, in tralice. Nel frattempo Jordan, indietreggiato in un angolo, fu l’unico a notare l’improvviso, quasi impercettibile brillare di una spia luminosa di un pannello ottico in alto sulla parete, in una stanza che era sempre stata reclamizzata come priva di sorveglianza di qualsiasi tipo.

— Fuori — disse a denti stretti il capo delle guardie del corpo, o comunque fosse chiamato. La troupe uscì cortesemente. Nessuno, oltre Jordan, aveva scorto la telecamera di Hawke.

Perché? Che cosa ci faceva Hawke con un filmato clandestino che poteva sostenere essere stato girato da una troupe legittima? Jordan avrebbe forse dovuto dire a sua zia che Hawke era in possesso di un simile filmato? Poteva danneggiarla?

Hawke stava osservando Jordan: annuì solo una volta, con una tale dolcezza negli occhi, una tale tenera comprensione del suo dilemma che il ragazzo ne fu istantaneamente rassicurato. Hawke non aveva alcuna intenzione di danneggiare personalmente Leisha. Non agiva in quel modo. Le sue mete erano più ampie, importanti, giuste, ma tenevano conto degli individui come nessun Insonne, eccetto Leisha, sembrasse mai fare. Indipendentemente da quello che i libri di storia sostenevano che fosse necessario, Hawke non distruggeva uova individuali per creare la sua rivoluzione.

Jordan si rilassò.

Hawke disse: — Mi dispiace, signorina Camden.

Leisha lo fissò con espressione desolata. — Non c’è problema, signor Hawke. — Un momento dopo aggiunse, deliberatamente: — C’è?

— No. Mi permetta di consegnarle un ricordo della sua visita.

— Un…

— Un ricordo. — Da un ripostiglio, le guardie del corpo si irrigidirono nuovamente Hawke tirò fuori uno scooter Noi-Dormiamo. — Ovviamente, è probabile che non vada altrettanto velocemente, o lontano, o che sia affidabile come quello che lei ha già. Sempre che lei si degni di utilizzare uno scooter al posto di un’automobile o aeromobile, come oltre il cinquanta per cento della popolazione è costretta a fare.

Jordan si accorse che Leisha alla fine aveva perso la pazienza. Lasciò uscire il fiato fra i denti serrati, espirando: sibilò in uno spasimo. — No, grazie, signor Hawke. Io guido un Kessler-Eagle. Uno scooter di alta qualità prodotto, credo, in uno stabilimento di proprietà di Dormienti Indiani del New Mexico. Stanno sforzandosi strenuamente di promuovere sul mercato un prodotto superiore a un prezzo onesto, ma ovviamente rappresentano una minoranza priva di un mercato protetto preconfezionato. Credo che siano Hopi.

Jordan non osò guardare il volto di Hawke.


Mentre risaliva in auto, Leisha disse a Jordan: — Mi dispiace per quell’ultima battuta.

— Non preoccuparti — rispose Jordan.

— Be’, mi dispiace per te. So che credi in quello che stai facendo qui, Jordan.

— Sì — commentò Jordan tranquillamente. — È così. Nonostante tutto.

— Quando parli così, sembri tua madre.

Non si poteva certo dire la stessa cosa di Leisha, pensò Jordan, e si sentì immediatamente sleale. Era vero, però: Alice sembrava più vecchia di una quarantatreenne, Leisha molto più giovane. L’invecchiamento dovuto alla gravità si notava nel volto dall’ossatura sottile: l’invecchiamento dovuto al decadimento dei tessuti, no. Non sarebbe dovuta sembrare, allora, di ventuno anni e mezzo? Metà dell’invecchiamento. Non era così: aveva più o meno l’aspetto di una trentenne e, apparentemente, lo avrebbe sempre avuto. Una trentenne bellissima e scattante, le rughe appena accennate attorno agli occhi assomigliavano più a delicati microcircuiti che non a tenui solchi.

— Come sta tua madre? — chiese Leisha.

Jordan comprese tutte le complessità insite nella domanda. Non aveva alcuna intenzione di invischiarvisi. — Bene — rispose. E quindi aggiunse: — Andrai direttamente da qui al Rifugio?

Leisha, mezza dentro e mezza fuori dall’auto, sollevò il volto per guardare il suo. — Come fai a saperlo?

— Hai la tipica espressione di quando stai venendo o stai andando lì.

Lei abbassò lo sguardo: lui non avrebbe dovuto menzionare il Rifugio. La donna disse: — Di’ a Hawke che non creerò un pasticcio legale per la telecamera a parete. Tu non stare in pena per non avermelo detto. Hai già anche troppe contraddizioni da ricomporre, Jordy. Ma sai, comincio a stancarmi delle opprimenti prestanze fisiche come quella del tuo signor Hawke. Tutto carisma ed egocentrismo spropositato, usano l’intensità dei loro credo per colpirti come pugni. È logorante.

Lei ritirò le lunghe gambe all’interno dell’auto. Jordan rise, producendo un suono tale che Leisha gli lanciò una breve occhiata con un’incerta espressione interrogativa negli occhi verdi. Ma lui scosse la testa, la baciò e chiuse la portiera. Mentre l’auto si allontanava, lui si raddrizzò, senza ridere. "Carisma. Egocentrismo spropositato. Opprimenti prestanze fisiche."

Com’era possibile, dopo tutto quel tempo, che Leisha non si fosse ancora resa conto di essere anche lei una di quel genere?


Leisha appoggiò la testa contro il sedile in pelle dell’aereo aziendale delle Imprese Baker. Era l’unica passeggera. Sotto di lei, la pianura del Mississippi stava cominciando a salire ai piedi della catena dei Monti Appalachi. La mano di Leisha accarezzò il libro appoggiato sul sedile di fianco al suo e lo sollevò. Era pur sempre una distrazione da Calvin Hawke.

Avevano fatto una copertina troppo sgargiante. Abramo Lincoln, senza barba, in piedi con un cappottone e un cappello a cilindro neri contro lo sfondo di una città in fiamme (Atlanta? Richmond?) ghignava in modo orribile. Fiamme color cremisi e dorate lambivano un cielo di porpora. Cremisi, oro e fucsia. Su video, i colori sarebbero stati ancora più violenti. In un ologramma tridimensionale, sarebbero stati praticamente fosforescenti.

Leisha sospirò. Lincoln non si era mai trovato in una città in fiamme. Nel periodo degli eventi del libro, aveva avuto la barba. Il libro stesso, poi, era un approfondito studio accademico sui discorsi di Lincoln alla luce della legge costituzionale, non alla luce di una battaglia. Nel libro non c’era nulla di sogghignante. Nulla vi bruciava.

Fece scorrere le dita sul nome inciso nella copertina. Elizabeth Kaminsky.

— Perché? — le aveva chiesto Alice nel suo tipico modo diretto.

— Non ti pare ovvio? — aveva risposto Leisha. — I miei casi legali acquistano anche troppa notorietà di per sé. Voglio che il libro si guadagni quel po’ di attenzione accademica che realmente vale piuttosto che…

— Questo l’ho capito — aveva ribattuto Alice. — Ma perché quello pseudonimo tra tutti quelli che potevi scegliere? — Leisha non aveva saputo cosa rispondere. Una settimana dopo aveva pensato a una risposta ma, ormai, la striminzita visita era terminata, e Leisha non si trovava più in California per comunicarla. Fu tentata di telefonare alla sorella, ma erano le quattro del mattino a Chicago, le due a Morro Bay e, ovviamente, Alice e Beck sarebbero stati addormentati. In ogni caso, poi, lei e Alice si telefonavano raramente.

"Per una cosa che Lincoln disse nel 1864, Alice. Unito al fatto che ho quarantatré anni, la stessa età che aveva Papà quando siamo nate, e che nessuno, nemmeno tu, crede che io mi stia stancando di tutta questa storia."

La verità era, tuttavia, che lei non avrebbe probabilmente mai detto una cosa simile ad Alice, né a Chicago né in California. Non si sa come, tutto ciò che lei diceva ad Alice si trasformava in ampolloso. Tutto quello che Alice diceva a lei invece, come quella mistica sciocchezza del Gruppo dei gemelli, a Leisha appariva crivellato di buchi sia nella logica sia nella sostanza. Erano come due persone che cercassero di comunicare in un linguaggio straniero per entrambe, ridotto a cenni di assenso e sorrisi, non essendo sufficiente l’iniziale buona volontà a compensare lo sforzo.

Vent’anni prima, per un solo momento, era sembrato che fra loro potesse essere diverso. Ma ormai…

Ventiduemila Insonni sulla Terra, il novantacinque per cento dei quali negli Stati Uniti. Ottanta per cento di questi all’interno del Rifugio. Visto inoltre che quasi tutti i neonati Insonni ormai erano generati naturalmente e non creati in vitro, la maggior parte degli Insonni veniva partorita all’interno del Rifugio. I genitori di tutto il paese continuavano ad acquistare altre alterazioni genetiche: QI maggiorato, vista migliorata, un forte sistema immunitario, zigomi alti. A volte a Leisha sembrava che modificassero qualsiasi cosa, entro i parametri legali, indipendentemente da quanto fosse banale. Ma non l’insonnia. Le alterazioni genetiche erano costose: perché acquistare per il proprio amato bambino una vita di bigotteria, pregiudizio e pericolo fisico? Meglio scegliere una modificazione genetica ormai assimilata. Bambini belli o intelligenti potevano scontrarsi con un’invidia naturale, ma generalmente non con un odio virulento. Non venivano considerati una razza differente, una razza che cospirava costantemente per il potere, costantemente attiva dietro le quinte, costantemente temuta e disprezzata. Gli Insonni, aveva scritto Leisha per una rivista nazionale, erano per il Ventunesimo secolo ciò che gli Ebrei erano stati per il Quattordicesimo.

Vent’anni di battaglie legali per cambiare quel concetto, e non era mutato nulla.

— Sono stanca — fece Leisha a voce alta, tanto per dire. Il pilota non si voltò: non era molto portato alla conversazione. Le basse colline, immutate, continuavano a scivolare via seimila metri sotto di loro.

Leisha aprì il proprio portatile. Non serviva a nulla essere stanchi: non al tormentato abisso fra lei e Alice, non a Calvin Hawke nella lotta che si era lasciata alle spalle, non al Rifugio nella lotta che l’aspettava. Quei problemi sarebbero stati ancora tutti lì e, nel frattempo, lei avrebbe potuto sbrigare un po’ di lavoro. Altre tre ore per arrivare all’interno dello stato di New York, due per tornare a Chicago, tempo a sufficienza per terminare il verbale del processo per la causa "Calder contro Metallurgica Hansen". Aveva un appuntamento con un cliente a Chicago alle quattro del pomeriggio, una deposizione alle cinque e trenta del pomeriggio, un altro appuntamento con un cliente alle otto di sera e poi il resto della notte per prepararsi al processo del giorno dopo. Forse sarebbe riuscita a farci stare tutto.

La legge era l’unica cosa di cui non si stancava mai. L’unica cosa in cui continuasse a credere, nonostante vent’anni di inevitabili scartoffie insite nel suo esercizio. Una società con un sistema giuridico funzionante, ragionevolmente non corrotto (diciamo all’ottanta per cento) era una società che ancora credeva in se stessa.

Un po’ più sollevata, a quel punto, Leisha si lanciò in un’intricata questione di assunzione di prima facie. Tuttavia il libro giaceva ancora sul sedile, distraendola, insieme con la domanda di Alice e la sua risposta non data.

Nell’aprile del 1864, Lincoln aveva scritto al kentuckiano A.G. Hodges. Gli stati del nord erano infuriati per il massacro razziale di soldati negri a Fort Pillow, le casse federali erano quasi vuote, la guerra stava costando all’Unione due milioni di dollari al giorno. Quotidianamente Lincoln veniva ingiuriato sulla stampa; settimanalmente veniva bloccato in lotte con il Congresso. Il mese successivo, Grant avrebbe perso diecimila uomini a Cold Harbor, altri a Spotsylvania Oourthouse. Lincoln scrisse a Hodges: "Ammetto di non avere controllato gli eventi, ma confesso sinceramente che gli eventi hanno controllato me".

Leisha spinse il libro sotto il sedile dell’aereo e si chinò sul computer, ripiegandosi sulla legge.


Jennifer Sharifi sollevò la fronte dal terreno, si alzò con grazia e si chinò per arrotolare il suo tappetino da preghiera. La ruvida erba montana era leggermente umida: alcuni steli si erano appiccicati, ritorti, sulla parte inferiore del tappeto. Tenendolo scostato dalle pieghe bianche della sua abbaya, Jennifer camminò attraverso la piccola radura nei boschi fino alla sua aeromobile. I lunghi capelli neri sciolti si agitarono al debole vento.

Un piccolo aereo passò sopra la sua testa, lasciando una scia, Jennifer corrugò la fronte: era già Leisha Camden. Jennifer era in ritardo.

Che Leisha aspettasse pure. O che si occupasse Richard di lei. Fin dal principio Jennifer non aveva voluto che Leisha venisse. Perché mai il Rifugio avrebbe dovuto dare il benvenuto a una donna che vi lavorava contro a ogni occasione? Perfino il Corano, nella sua saggia semplicità pre-rete globale, era esplicito riguardo ai traditori: "Chiunque commetta un’aggressione contro di te, tu agirai conto di lui come lui ha agito contro di te".

Il piccolo aereo con l’insegna delle Imprese Baker scomparve fra gli alberi.

Jennifer si infilò in auto, con la mente impegnata dal resto del giorno che le si parava davanti. Se non fosse stato per il sollievo e la quiete della preghiera mattutina e pomeridiana, non pensava che sarebbe riuscita ad affrontare alcune delle sue giornate. — Ma non hai alcuna fede religiosa — le aveva detto Richard sorridendo — non sei nemmeno credente. — Jennifer non aveva neanche tentato di spiegargli che il punto non stava nel credo religioso. La volontà di credere creava un potere proprio, una propria fede e, alla fine, una propria volontà. Attraverso la pratica della fede, qualsiasi fossero i rituali specifici, si portava all’esistenza l’oggetto di quella fede. Il credente diveniva Creatore.

"Io credo nel Rifugio" diceva Jennifer a ogni alba e a ogni mezzogiorno, inginocchiata sull’erba, sulle foglie o sulla neve.

Si schermò gli occhi, cercando di scorgere dove fosse scomparso esattamente l’aereo di Leisha. Doveva essere stato individuato, presunse Jennifer, sia dai sensori Langdon sia dai laser antiaerei. Fece sollevare la propria aeromobile, volando ben al di sotto della cupola a campo-Y.

Che cosa avrebbe detto la sua bisnonna paterna, Najla Fatima Noor el-Dahar, di una fede come la sua? D’altra parte, la sua bisnonna materna, la cui nipote era divenuta una stella del cinema americano, era sopravvissuta come immigrante irlandese facendo la donna delle pulizie a Brooklyn e quindi, probabilmente, doveva sapere parecchio di potere e di forza di volontà.

Non che le bisnonne, le bisnonne di chiunque, fossero ormai importanti. Nemmeno i nonni o i padri. Era sempre stata necessaria una nuova razza che sacrificasse le proprie radici a favore della propria sopravvivenza. Zeus, secondo Jennifer, non aveva pianto né Crono né Rea.

Il Rifugio si estendeva sotto di lei nel sole del mattino. Nel giro di ventidue anni si era ampliato fino a circa quattrocentoventi chilometri quadrati, occupando un quinto della contea di Cattaraugus nello stato di New York. Jennifer aveva acquistato la riserva indiana Allegany, immediatamente dopo l’abrogazione da parte del Congresso delle restrizioni sui fondi comuni. Aveva pagato una cifra che aveva permesso alla tribù dei Seneca, che aveva venduto la terra, di stabilirsi in modo agiato a Manhattan, Parigi e Dallas. A dire il vero, non erano rimasti molti Seneca per vendere: non tutti ì gruppi minacciati, Jennifer lo sapeva bene, erano dotati della capacità di adattamento degli Insonni, capacità come acquistare terreni quando i proprietari erano inizialmente riluttanti alla vendita, oppure come procurarsi laser antiaerei sul mercato internazionale delle armi. Se anche quegli altri gruppi avessero avuto tali capacità, mancava loro la causa per renderle determinate, chiare e sante. Per chiamare la stessa sopravvivenza quello che effettivamente era: una guerra santa. Jihad.

L’Allegany aveva avuto caratteristiche uniche fra le riserve degli indiani americani in quanto comprendeva un’intera città non indiana, Salamanca, concessa in affitto fino dal 1892 ai cittadini residenti Seneca. Salamanca era stata inclusa nell’acquisto di Jennifer. Tutti i locatari avevano ricevuto notifiche di sfratto e, dopo svariati processi per i quali i residenti di Salamanca avevano pochi soldi e il Rifugio poteva godere dei servizi gratuiti dei migliori avvocati Insonni del paese, gli edifici antiquati, sventrati, erano divenuti i gusci della città ad alta tecnologia del Rifugio: ospedali di ricerca, scuole, borsa valori, centri di produzione energetica e di assistenza e i più sofisticati strumenti di telecomunicazione esistenti, il tutto circondato da boschi ecologicamente preservati,

In lontananza, dietro ai cancelli del Rifugio, Jennifer poteva vedere la quotidiana fila di camion che avanzava a fatica su per la strada di montagna portando cibo, materiali da costruzione, rifornimenti di bassa tecnologia: tutto ciò che il Rifugio preferiva importare piuttosto che produrre, il che includeva ogni cosa che non fosse impegnativa, lucrosa o essenziale. Non che il Rifugio dipendesse dai camion che arrivavano giornalmente. Aveva abbastanza scorte di tutto per funzionare autonomamente per un anno intero, se necessario. Non sarebbe stato necessario. Gli Insonni avevano il controllo di troppe industrie, canali di distribuzione, progetti di ricerca agricola, scambi commerciali e uffici legali all’esterno. Il Rifugio non era stato studiato nemmeno come un ritiro per addestrarsi alla sopravvivenza: era un centro di comando fortificato.

L’automobile dell’aeroporto era già parcheggiata davanti alla casa che Jennifer condivideva con suo marito e i loro due bambini al margine di Argus City. La casa era una cupola geodetica, graziosa e comoda ma non opulenta. Prima bisognava edificare le strutture di difesa, aveva sostenuto Tony Indivino ventidue anni prima, quindi costruire le strutture tecniche ed educative, poi i magazzini di stoccaggio merci e, per ultime, le abitazioni individuali. Soltanto in quel momento il Rifugio si stava occupando di nuovi alloggi.

Jennifer aggiustò le pieghe della sua abbaya, trasse un profondo respiro ed entrò in casa.

Leisha si trovava in piedi presso la vetrata del salotto che dava a sud e fissava il ritratto olografico incorniciato d’oro di Tony ehe la fissava, a sua volta, con occhi giovanili e sorridenti. La luce del sole si rifletteva sui capelli biondi di Leisha e scintillava. Quando udì Jennifer e si voltò, Leisha risultò illuminata da dietro, e Jennifer non fu in grado di vedere la sua espressione. Le due donne si scrutarono.

— Jennifer.

— Salve, Leisha.

— Hai un bell’aspetto.

— Anche tu.

— E Richard? Come stanno lui e i bambini?

— Bene, grazie — rispose Jennifer.

Ci fu silenzio, pungente come il calore.

Leisha riprese: — Penso che tu sappia perché mi trovo qui.

— Be’, no, non lo so — rispose Jennifer, anche se, ovviamente, lo sapeva. Il Rifugio monitorava i movimenti di tutti gli Insonni che rimanevano all’esterno, ma di nessuno più di Leisha Camden e Kevin Baker.

Leisha produsse un rumore secco, impaziente. — Non essere evasiva con me, Jennifer. Anche se non possiamo essere d’accordo su altro, vediamo di intenderci sull’essere oneste.

Non cambiava mai, pensò Jennifer. Tutta quella intelligenza, tutta quell’esperienza e tuttavia non cambiava. Un trionfo di infantile idealismo sia sull’intelligenza sia sull’esperienza.

I ciechi volontari non meritavano di vedere.

— D’accordo, Leisha. Saremo oneste. Sei qui per scoprire se l’attacco di ieri all’industria tessile Noi-Dormiamo di Atlanta ha avuto origine nel Rifugio.

Leisha la fissò prima di esplodere: — Santo Dio, Jennifer, certo che no! Non pensi che io sappia che tu non combatti in quel modo? Specialmente contro una struttura a bassa tecnologia che produce meno di mezzo milione di dollari l’anno!

Jennifer soffocò un sorriso: l’accoppiare obiezioni morali ed economiche era tipico di Leisha e, ovviamente, il Rifugio non aveva diretto l’attacco. Le persone del Noi-Dormiamo erano del tutto insignificanti. Disse: — Sono sollevata nel sentire che la tua opinione su di noi è migliorata.

Leisha agitò un braccio. Inavvertitamente, la sua mano sfiorò l’ologramma di Tony: l’immagine voltò la testa nella sua direzione. — La mia opinione è irrilevante, come hai chiarito anche troppo spesso. Sono qui perché Kevin mi ha dato questo. — Estrasse una copia cartacea dalla tasca e la porse a Jennifer che comprese, sobbalzando odiosamente, di cosa si trattasse.

Rese il volto impassibile, rendendosi conto troppo tardi che quella impassibilità avrebbe comunicato a Leisha quello che le avrebbe detto un’emozione. Come avevano fatto Leisha e Kevin a mettere le mani su quella copia? La sua mente esaminò tutte le possibilità, ma lei non era un’esperta di reti di dati. Avrebbe dovuto togliere immediatamente Will Rinaldi e Cassie Blumenthal dai loro progetti per fare ricontrollare loro l’intera rete alla ricerca di buchi, bolle o falle.

— Non preoccuparti — la rassicurò Leisha. — I maghi informatici di Kevin non l’hanno tirata fuori dalla rete del Rifugio. È stata inviata per posta, direttamente a me, da uno dei tuoi.

Quello era anche peggio. Qualcuno all’interno del Rifugio, qualcuno che segretamente spalleggiava gli amanti dei Dormienti, qualcuno che era privo dell’abilità di riconoscere una guerra di sopravvivenza. A meno che, ovviamente, Leisha non stesse mentendo. Jennifer però non aveva mai beccato Leisha a dire una bugia. Faceva parte della patetica e pericolosa ingenuità di Leisha preferire la verità non aggiustata.

Leisha accartocciò il foglio nella mano e lo scagliò attraverso il salotto. — Come hai potuto dividerci ulteriormente in questo modo, Jennifer? Organizzare un Consiglio di Insonni separato, in segreto, con l’affiliazione limitata solamente a coloro che pronunciano questo cosiddetto giuramento di solidarietà: "Prometto di considerare gli interessi del Rifugio al di sopra di ogni altra forma di lealtà personale, politica ed economica, e di impegnarmi solennemente per la sua sopravvivenza come per la mia stessa, per la mia vita, per la mia fortuna e per il mio sacro onore". Santo Dio, che combinazione blasfema di fanatismo religioso e della Dichiarazione di Indipendenza! Ma tu hai sempre avuto l’orecchio musicale!

Jennifer la fissò impassibile. — Ti comporti da stupida. — Era l’offesa che tutt’e due consideravano peggiore. — Solamente tu, Kevin e la vostra manciata di sciocche colombe non capite che questa è una guerra per la sopravvivenza. La guerra pretende limiti tracciati chiaramente, specialmente per quanto riguarda le informazioni di tipo strategico. Non possiamo permetterci di conferire privilegio di voto alla quinta colonna.

Gli occhi di Leisha si ridussero a due fessure. — Questa non è una guerra. Una guerra consiste in attacco e risposta. Se noi non contrattaccheremo, se continueremo a essere cittadini produttivi e rispettosi delle leggi, alla fine conquisteremo l’integrazione attraverso il puro potere economico, come qualsiasi gruppo che abbia acquisito di recente il diritto alla cittadinanza. Ma non se ci divideremo in fazioni in questo modo! Un tempo lo sapevi, Jenny!

La donna rispose seccamente: — Non chiamarmi in quel modo! — Si trattenne all’ultimo istante dal guardare il ritratto di Tony.

Leisha non si scusò.

Con maggior calma, Jennifer aggiunse: — L’integrazione non giunge soltanto attraverso il potere economico. Viene conquistata con il potere politico, che noi non abbiamo, e che in una democrazia non avremo mai. Non siamo abbastanza per formare un blocco di votanti significativo. Tu un tempo lo sapevi.

— Hai già messo in piedi la più forte lobby segreta di Washington. Tu compri i voti di cui hai bisogno. Il potere politico deriva dal denaro, è sempre stato così; il concetto di società stesso ruota attorno al denaro. Tutti i valori che vogliamo cambiare o sostenere, li dobbiamo cambiare o sostenere all’interno di una struttura di denaro. E lo stiamo facendo. Ma come possiamo sostenere una singola ecologia commerciale per Insonni e Dormienti se tu ci dividi in fazioni in lotta?

— Non saremmo divisi se tu e i tuoi sapeste riconoscere una guerra quando ve la trovate davanti.

— Io riconosco l’odio quando me lo vedo davanti. E ce n’è nel tuo stupido giuramento.

Erano giunte a un punto di stallo, il solito vecchio stallo. Jennifer attraversò la stanza per dirigersi verso il bar. I capelli neri le fluttuavano alle spalle. — Gradisci qualcosa da bere, Leisha?

— Jennifer… — iniziò Leisha e poi si fermò. Dopo un momento, con un visibile sforzo, proseguì. — Se il tuo Consiglio del Rifugio diviene una realtà, ci chiuderai fuori. Io, Kevin, Jean Claude, Stella e gli altri. Non avremo possibilità di votare sulle dichiarazioni da dare alla stampa, non saremo inclusi in decisioni gestionali, non saremo nemmeno in grado di aiutare i nuovi bambini Insonni, perché a nessuno di coloro che pronunceranno il giuramento verrà concesso di utilizzare la rete del Gruppo ma soltanto la rete del Rifugio. Che avverrà dopo? Una forma di boicottaggio nel concludere affari con uno qualsiasi di noi?

Jennifer non rispose, e Leisha continuò lentamente: — Oh, mio Dio. Sì. Stai pensando a un boicottaggio di tipo economico.

— Non sarebbe una decisione mia. Occorrerebbe l’intero Consiglio del Rifugio. Dubito che voterebbero a favore di un simile boicottaggio.

— Ma tu lo faresti.

— Non sono mai stata una yagaista, Leisha. Non credo nella supremazia dell’eccellenza individuale al di sopra del benessere della comunità. Sono tutti e due importanti.

— Non si tratta di yagaismo, e tu lo sai. Si tratta di controllo, Jennifer. Tu odi tutto quello che non puoi controllare, proprio come fanno i peggiori dei Dormienti. Ma tu vai oltre rispetto a loro. Tu rendi il controllo qualcosa di sacro perché anche tu hai bisogno di santità. Si tratta solamente di ciò di cui tu, Jennifer Sharifi, hai bisogno. Non di quello di cui ha bisogno la comunità.

Jennifer uscì dalla stanza, serrando insieme le mani per evitare di tremare. Era colpa sua, ovviamente, se una qualsiasi altra persona aveva un tale potere su di lei da farla tremare. Una colpa, una debolezza che lei non era riuscita a sradicare. Un suo fallimento. Dal corridoio, i suoi bambini si precipitarono nella stanza arrivando dalla loro camera dei giochi.

— Mamma! Vieni a vedere cosa abbiamo costruito!

Jennifer appoggiò una mano sulle loro teste. C’era un nodo da qualche parte nei capelli ricci di Najla. Quelli di Ricky, più scuri ma anche più sottili di quelli della sorella maggiore, davano la sensazione di seta fresca. Le mani di Jennifer si stabilizzarono.

I bambini guardarono nel salotto. — Zia Leisha! C’è qui la Zia Leisha! — I loro capelli lasciarono le dita di Jennifer. — Zia Leisha, vieni a vedere che cosa abbiamo costruito col CAD!

— Certamente — udì dire Jennifer dalla voce di Leisha. — Mi fa piacere. Ma lasciatemi chiedere solamente un’altra cosa a vostra madre.

Jennifer non si era voltata. Se il traditore all’Interno aveva spedito a Leisha la notizia del giuramento di solidarietà, che cos’altro le era stato inviato?

Tutto quello che Leisha disse, tuttavia, fu: — Richard ha ricevuto la citazione per "Simpson contro Offshore Fishing"?

— Sì. L’ha ricevuta. Sta preparando la sua perizia proprio in questo momento, in effetti.

— Bene — commentò Leisha in modo inespressivo.

Ricky guardò Leisha e poi sua madre. La voce del piccolo aveva perso un briciolo della sua esuberanza. — Mamma, non dovrei andare a chiamare Papà? La Zia Leisha vorrà vedere il Papà, no?

Jennifer sorrise al figlio. Riusciva a percepire l’eccessività del proprio sorriso, carico di sollievo. Diritti di pesca d’alto mare: poteva quasi provare compassione per Leisha. I suoi giorni erano dedicati a simili banalità. — Certo, ovviamente, Ricky — disse, rivolgendo l’esagerato sorriso a Leisha. — Vai a chiamare tuo padre. La Zia Leisha avrà certo voglia di vederlo. Certo che ne avrà voglia.

9

— Leisha — disse la centralinista del suo studio legale — questo signore sta aspettando di vederti da tre ore. Non ha un appuntamento. Gli ho detto che saresti anche potuta non rientrare per oggi, ma è rimasto comunque.

L’uomo si alzò, barcollando leggermente per il tipico irrigidimento di qualcuno che ha trattenuto i muscoli troppo a lungo in una posizione tesa. Era basso e magro, un po’ inconsistente, vestito con uno sgualcito abito marrone che non era né dozzinale né costoso. Teneva in mano un tabloid ripiegato acquistato in un chiosco. "Dormiente", pensò Leisha. Se ne accorgeva sempre subito.

— Leisha Camden?

— Mi dispiace ma non posso accettare nuovi clienti. Se ha bisogno di un avvocato dovrà chiedere da qualche altra parte.

— Penso che lei assumerà questo caso — disse l’uomo, sorprendendola. La sua voce era considerevolmente meno inconsistente del suo aspetto. — Quanto meno, vorrà saperne qualcosa. La prego, mi conceda dieci minuti. — Aprì il tabloid e glielo sbandierò davanti. Sulla prima pagina si trovava la fotografia di lei con Calvin Hawke e sopra il titolo: "Insonni sufficientemente preoccupati da investigare nel movimento Noi-Dormiamo… Li stiamo forse facendo arretrare?".

Adesso lei si rese conto del perché Hawke le avesse permesso di visitare il suo stabilimento di scooter.

— Dice che questa fotografia è stata scattata questa mattina — commentò l’uomo. — Ahi, ahi, ahi — e Leisha seppe che lui non lavorava nelle telecomunicazioni.

— Venga nel mio ufficio, signor…?

— Adam Walcott. Dottor Adam Walcott.

— Medico?

Lui la guardò direttamente. I suoi occhi erano di un azzurro pallido lattiginoso, come vetro gelato. — Ricercatore genetico.

Il sole stava tramontando sul lago Michigan. Leisha scurì la parete a vetrata, si sedette dirimpetto al dottor Walcott e aspettò.

Walcott avvolse le gambe, che erano sensibilmente ossute, formando una specie di pretzel attorno alle zampe della sedia. — Lavoro per una ditta di ricerca privata, signorina Camden. Samplice Biotecnica. Perfezioniamo tecniche di modificazione e alterazione genetica e offriamo questi prodotti alle case più importanti che eseguono alterazioni genetiche in vitro. Abbiamo sviluppato la procedura Pastan per fornire un udito eccezionalmente acuto.

Leisha annuì in modo neutrale: un udito eccezionalmente acuto le era sempre apparso un’idea terribile. Il beneficio di potere udire un sussurro a sei camere di distanza era superato di gran lunga dal dolore di sentire un rock sfrenato tre stanze più in là. I bambini dotati di udito-P erano adatti per gli impianti di controllo sonoro a due mesi di età.

— La Samplice concede ai suoi ricercatori moltissimo margine. — Walcott si interruppe per tossire, emettendo un suono così debole e indeciso che fece pensare a Leisha alla tosse di un fantasma. — Dicono di sperare che incappiamo in qualcosa di meraviglioso, ma la verità è che la compagnia è in una condizione terribile di disorganizzazione e che non sanno semplicemente come supervisionare gli scienziati. Circa due anni fa, ho chiesto il permesso di lavorare su alcuni dei peptidi associati all’insonnia.

Leisha lo interruppe seccamente: — Non pensavo che esistesse qualcosa di associato con l’insonnia che non fosse già stato oggetto di ricerca.

Walcott sembrò trovare la frase spiritosa: emise un risolino ansimante, srotolò le gambe ossute dalle zampe della sedia e le annodò l’una all’altra. — La maggior parte delle persone pensano di no. Ma io stavo lavorando sui peptidi nell’insonnia degli adulti e stavo utilizzando alcuni nuovi approcci guida dell’Institut Technique di Lione. Scoperti da Gaspard-Thiereux. Conosce il suo lavoro?

— Ho sentito parlare di lui.

— Probabilmente lei non conosce questo nuovo appròccio. È davvero rivoluzionario, in se stesso. — Walcott si passò una mano fra i capelli e tirò: mano e capelli apparivano privi di sostanza. — Avrei dovuto cominciare con il chiederle quanto fosse sicuro questo ufficio.

— Completamente — rispose Leisha. — Altrimenti lei non si troverebbe qui dentro. — Walcott, però, non fece altro che annuire: apparentemente non era uno di quei Dormienti che rimaneva offeso dai mezzi di sicurezza adottati dagli Insonni. La stima che la donna aveva di lui si alzò leggermente.

— Per farla corta, quello che penso di avere trovato è un modo per ricreare l’insonnia in adulti che sono nati Dormienti.

Le mani di Leisha si mossero per sollevare… cosa? Qualcosa. Le mani si bloccarono, Lei le fissò. — Di…

— Non sono ancora stati risolti tutti i problemi. — Walcott si lanciò in una complessa descrizione di manifattura di peptidi alterati, sinapsi neurali e sovrabbondanti informazioni sul codice del DNA, nulla che Leisha fosse in grado di seguire. Rimase seduta tranquillamente, mentre l’universo assumeva una forma differente.

— Dottor Walcott, è sicuro?

— Sulla sovrabbondanza di trasmissione della lisina?

— No. Sul ricreare l’insonnia in Dormienti.

Walcott si passò l’altra mano nei capelli. — No, ovviamente non siamo sicuri. Come potremmo esserlo? Abbiamo bisogno di sperimentazione controllata, repliche addizionali, per non parlare dei fondi.

— Ma in teoria potreste farlo.

— Oh, teoria — disse Walcott e, per quanto fosse scioccata, le sembrò uno strano modo per uno scienziato di congedare un argomento. Evidentemente, Walcott era un pragmatico. — Sì, possiamo farlo in teoria.

— Con tutti gli effetti collaterali? Inclusa la longevità?

— Be’, questa è una delle cose che non sappiamo. È ancora tutto molto approssimativo. Ma, prima di procedere, abbiamo bisogno di un avvocato.

La frase colpì Leisha. Lì c’era qualcosa di storto. Lo trovò. — Perché è qui da solo, dottor Walcott? Certamente qualsiasi problema di tipo legale connesso con questa ricerca cade sotto la responsabilità della Samplice, e la ditta ha di sicuro legali propri.

— Il direttore Lee non sa che io mi trovo qui. Sto agendo per mio conto. Ho bisogno di un avvocato a livello personale.

Leisha prese in mano un fermacarte elettromagnetico, doveva essere stato quello che avevano cercato le sue dita, sì, perché no, lo accese, lo spense, lo accarezzò con le dita. La finestra, resa opaca, riluceva dietro alla testa di Walcott. — Vada avanti.

— Quando mi sono reso conto per la prima volta dove stesse conducendo questa linea di ricerca, io e il mio assistente l’abbiamo tolta dalla banca dati. Completamente. Non abbiamo mantenuto alcuna documentazione nella rete della compagnia, non abbiamo effettuato simulazioni su niente altro se non su computer isolati, abbiamo cancellato tutti i programmi ogni sera e ci siamo portati le copie cartacee, le uniche copie, di tutti i progressi a casa con noi ogni sera in cassette di sicurezza portatili, in duplicati. Non abbiamo detto a nessuno quello che stavamo facendo, nemmeno al direttore.

— Perché ha agito così, dottore?

— Perché la Samplice è una compagnia pubblica e il sessantadue per cento delle azioni è diviso tra due fondi comuni di investimento controllati da Insonni.

Quando voltò la testa, gli occhi pallidi e lattiginosi sembrarono quasi assorbire luce.

— Uno dei fondi comuni di investimento è costituito dalla Canniston Fidelity; l’altro è gestito dal Rifugio. Mi perdoni, signorina Camden, per essere così schietto e ancor di più per il ragionamento che c’è dietro alla schiettezza, ma il direttore Lee non è un uomo particolarmente ammirevole. È stato accusato in precedenza, anche se non condannato, per utilizzo illecito di fondi. Io e il mio assistente abbiamo avuto paura che se fosse stato contattato da qualcuno del Rifugio per fare interrompere la ricerca, o qualcosa del genere, allora… inizialmente io e il mio assistente avevamo soltanto un barlume. Un barlume di idea sufficientemente vago da non essere certi di potere interessare una qualche altra seria compagnia di ricerca. A dire la verità, non lo siamo ancora. Al momento si tratta soltanto di una teoria. Il Rifugio avrebbe potuto offrire così tanti soldi per mettere tutto a tacere…

Leisha si premurò di non rispondere.

— Benissimo. Due mesi fa è successo qualcosa di strano. Sapevamo, ovviamente, che la rete della Samplice non era probabilmente sicura: realisticamente, quale rete può esserlo? Ecco perché noi non ci lavoravamo sopra. Ma io e Timmy, Timmy è il mio assistente, il dottor Timothy Herlinger, non ci siamo resi conto del fatto che la gente analizza le reti non soltanto per quello che c’è dentro ma anche per quello che non c’è, Apparentemente lo fanno. Qualcuno all’esterno della compagnia deve avere confrontato ripetutamente le liste degli impiegati che inseriscono file nella rete, perché io e Timmy siamo entrati nel nostro laboratorio una mattina e abbiamo trovato un messaggio sul nostro terminale: "A che diavolo avete lavorato voi due ragazzi per due mesi?".

Leisha disse: — Come fa a sapere che il messaggio provenisse dall’esterno della compagnia e che non fosse un malizioso indizio che eravate stati scoperti mandatovi dal vostro direttore?

— Perché il nostro direttore non sarebbe in grado di scoprirsi un foruncolo sul sedere — disse Walcott, sorprendendola nuovamente. — Anche se non è questo il vero motivo. Il messaggio era firmato "azionista". Quello che tuttavia ci ha realmente spaventati, me e Timmy, è stato il fatto che esso è comparso su un computer isolato. Nessun telecollegamento di alcun tipo. Nemmeno con la linea elettrica. Si tratta di un IBM-Y che funziona direttamente utilizzando i coni a energia-Y. E il laboratorio era chiuso a chiave.

Qualcosa formicolò nello stomaco di Leisha. — Altre chiavi?

— Solo il direttore Lee che si trovava a una conferenza nelle Barbados.

— Avrà dato la sua chiave a qualcuno. Oppure un duplicato. Oppure l’avrà persa. Oppure l’avrà persa il dottor Herlinger.

Walcott alzò le spalle, — Non Timmy. Ma mi lasci proseguire con la mia storia. Abbiamo ignorato il messaggio ma abbiamo deciso di depositare il lavoro che avevamo, ormai ci eravamo quasi arrivati, in un posto sicuro. Abbiamo distrutto quindi tutte le copie tranne una, abbiamo affittato una cassetta di sicurezza in una filiale del centro della First National Bank e abbiamo preso solamente una chiave. Di notte, l’abbiamo seppellita nel giardino posteriore di casa mia, sotto un cespuglio di rose. Endicott Perfection: rose triple che fioriscono in continuazione nel giardino, dalla primavera all’autunno.

Leisha guardò Walcott come se l’uomo avesse perduto la testa. Lui sorrise debolmente. — Non ha mai letto libri sui pirati da bambina signorina Camden?

— Non ho mai letto molto di narrativa fantastica.

— Ebbene, immagino che suoni melodrammatico, ma non siamo riusciti a pensare ad altro da fare. — Si passò nuovamente la mano sinistra fra i radi capelli, che avevano cominciato ad assomigliare a frange aggrovigliate. Tutto a un tratto la sua voce perse la propria sicurezza, divenendo inconsistente e stanca. — La chiave è ancora lì, sotto il cespuglio di rose. L’ho tirata fuori questa mattina. Ma le carte della ricerca sono sparite dalla cassetta di sicurezza. È vuota.

Leisha si alzò e si avvicinò alla finestra. Senza riflettere, fece schiarire il vetro. Una luce rosso sangue, bassa sopra il lago Michigan, macchiava l’acqua. A est, una falce di luna si stava alzando.

— Quando ha scoperto questo furto?

— Questa mattina. Ho tirato fuori la chiave per andare a prendere le carte, così che Timmy e io potessimo aggiungervi qualcosa, e poi ci siamo recati in banca. Ho detto ai funzionari della banca che la cassetta era vuota. Mi hanno risposto che non risultava ci fosse dentro niente. Ho detto loro che avevo inserito personalmente nove fogli di carta nella cassetta.

— Lo aveva verificato su terminale al momento dell’affitto.

— Sì, ovviamente.

— Le è stata fornita una ricevuta cartacea?

— Sì. — Lui gliela consegnò. Leisha l’esaminò. — Ma quando il direttore della banca ha richiamato la documentazione elettronica, questa mostrava che il dottor Adam Walcott era ritornato il giorno successivo e aveva ritirato tutte le carte, e che il dottor Adam Walcott aveva firmato una ricevuta in tal senso. E, signorina Camden… loro avevano quella ricevuta.

— Con la sua firma.

— Sì. Ma io non l’ho mai firmata! È un falso!

— No, sarà la sua calligrafia personale — ribatté Leisha. — Quanti documenti firma al mese alla Samplice, dottore?

— Decine, direi.

— Richieste di materiale, rimborsi spese, pratiche di routine. Legge tutto?

— No, ma…

— C’è qualche segretaria che se n’è andata, ultimamente?

— Mah… Immagino di si. Il dottor Lee incontra grossi problemi nel mantenere lo staff di supporto. — Le sopracciglia inconsistenti si inarcarono. — Ma il direttore non aveva la minima idea di quello su cui stavamo lavorando!

— No, sono certa di no. — Leisha si appoggiò le mani sullo stomaco. Molto tempo addietro i clienti avevano smesso di farle venire la nausea. Qualsiasi avvocato che avesse una pratica di vent’anni si abituava ai disadattati, ai criminali, ai manipolatori, agli eroi, ai ciarlatani, ai casi di pazzia, alle vittime e alle stronzate. Si riponeva il proprio credo nella legge, non nel cliente.

Ma nessun avvocato aveva mai avuto, prima di allora, un cliente che poteva trasformare i Dormienti in Insonni.

Represse la nausea con la forza di volontà. — Vada avanti, dottore.

— Non che qualcuno possa duplicare il nostro lavoro — proseguì Walcott, ancora con la sua voce flebile e affievolita. — Quanto meno per un motivo: non siamo riusciti a inserire le ultime equazioni, realmente critiche, che io e Timmy stiamo ancora risolvendo. L’intero lavoro, però, è nostro e lo rivogliamo indietro. Timmy ha dato svariati concerti di musica da camera per finanziare i nostri sforzi. E poi, ovviamente, un giorno ci saranno anche premi in ambito medico.

Leisha fissò il volto di Walcott. Si stava parlando di un’alterazione nella chimica corporea che poteva trasformare la razza umana, e quell’ometto inconsistente sembrava vederla fondamentalmente in termini di cespugli di rose, giochi pirateschi, premi e musica da camera. Leisha chiese: — Voleva un avvocato che le dicesse in che posizione vi trovate a livello legale? Personalmente?

— Sì, e che potesse rappresentare me e Timmy contro la banca, o la Samplice, se si arriverà a tanto. — All’improvviso, la guardò con quella franchezza sconcertante che era parso in grado di richiamare ma non di riuscire a mantenere. — Siamo venuti da lei perché lei è un’Insonne e perché lei è Leisha Camden. Tutti sanno che lei non crede nella separazione della razza umana in due cosiddette specie e, ovviamente, il nostro lavoro metterebbe fine a questo genere di… questo genere di… — Sbandierò l’immagine sul tabloid che raffigurava lei e Calvin Hawke. — E, ovviamente, il furto è furto, anche all’interno di una compagnia.

— La Samplice non ha rubato la sua ricerca, dottor Walcott. Neanche la banca.

— Allora chi…

— Non ho prove. Tuttavia mi piacerebbe incontrare lei e il dottor Herlinger qui, domani alle otto di mattina. Nel frattempo, questo è importante, non scrivete nulla. Da nessuna parte.

— Capisco.

Senza sapere che avrebbe parlato finché le parole non le furono uscite di bocca, Leisha ripeté: — "Trasformare i Dormienti in Insonni…"

— Sì — commentò lui — bene. — Si voltò per guardare tutto attorno l’ufficio fondamentalmente funzionale, i fiori esotici, sgargianti di colori o pallidi come il chiaro di luna, piantati sotto una luce artificiale in un loro angolino appositamente costruito.


— È tutto vero — disse Kevin. Entrò nello studio di Leisha provenendo dal proprio, con una copia di stampa in mano. La donna sollevò gli occhi dal suo fascicolo SIMPSON CONTRO OFFSHORE FISHING. I fiori che Alice insisteva nell’inviarle quotidianamente erano appoggiati sulla sua scrivania: girasoli, margherite e alumbine modificate geneticamente. Quelli non appassivano mai prima che arrivasse la successiva spedizione. Perfino in pieno inverno, l’appartamento era pieno di fiori californiani che Leisha non apprezzava realmente ma che non aveva il coraggio di buttare via.

La luce della lampada riluceva sui capelli scuri di Kevin, sul suo forte volto regolare. Sembrava più giovane dei suoi quarantasette anni, in effetti perfino più giovane di Leisha, anche se era di quattro anni maggiore. "Più vuoto" aveva detto Alice a Leisha, ma soltanto una volta.

— Tutto vero?

— L’intero contenuto del file — rispose lui, — Walcott è stato all’Università di Stato di New York a Postdam e all’Università Deflores, non si è distinto ma è stato accettabile. Uno studente passabile. Due pubblicazioni di secondaria importanza, fedina penale pulita, a posto con il fisco. Due impieghi da insegnante, due da ricercatore, nessuna astiosità a livello ufficiale quando ha lasciato entrambe le cariche e quindi, forse, è solamente un tipo irrequieto. Herlinger è diverso. Ha soltanto venticinque anni, questo è il suo primo impiego. Laurea a Berkeley e all’Università di California di Irvine in biochimica, diplomatosi nel primo cinque per cento della sua classe, futuro promettente. Appena prima del dottorato di ricerca, tuttavia, è stato arrestato, processato e condannato per spaccio di sostanze vietate ad alterazione genetica. Ha ottenuto la sospensione della pena, ma questo è sufficiente per rendergli problematico ottenere un lavoro in un posto migliore della Samplice. Quanto meno per qualche tempo. Nessun problema di tasse ma, in fondo, nemmeno un reale introito di cui valga la pena parlare.

— Quale sostanza vietata?

— Neve di Luna. Alterata per produrre tempeste elettriche nel sistema limbico. Ti fa credere di essere un profeta religioso. Gli atti del processo mostrano che Herlinger abbia sostenuto che non avesse altro modo per pagarsi la scuola di medicina. Appare come un tipo molto amareggiato. Forse preferisci controllare la documentazione personalmente,

Leisha convenne: — Lo farò. A te sembra che possa trattarsi dell’amarezza temporanea di un giovanotto in seguito a una brutta esperienza? Oppure fa parte del suo carattere?

Kevin alzò le spalle. Leisha avrebbe dovuto saperlo: non era il tipo di analisi che avrebbe mai fatto Kevin. Erano le conseguenze a interessarlo: le motivazioni no. Leisha commentò: — Soltanto due pubblicazioni di secondaria importanza per Walcott e mediocri risultati scolastici eppure è capace di una scoperta rivoluzionaria come questa?

Kevin sorrise. — Sei sempre stata una snob intellettuale, tesoro mio.

— Come lo siamo tutti. D’accordo, i ricercatori hanno fortuna. Oppure, forse, è stato Herlinger a effettuare il vero lavoro sul DNA, non Walcott; forse Herlinger è molto in gamba a livello intellettuale ma o è un innocente sfruttabile oppure non è semplicemente in grado di rispettare le regole. Che mi dici della Samplice?

— Legittima compagnia sotto sforzo, profilo dei guadagni modesto, utili sotto al tre per cento lo scorso anno, il che è poco per un’organizzazione che si interessa di alta tecnologia senza aver effettuato investimenti di primaria importanza. Le do un altro anno, al massimo due. È amministrata male: il direttore, Lawrence Lee, riveste il suo incarico soltanto a causa del nome che porta. Suo padre era Stanton Lee.

— Premio Nobel per la Fisica?

— Sì. E il direttore Lee vanta anche una discendenza dal generale Robert E. Lee, anche se quello di cui si vanta è falso. Ma fa un bell’effetto nelle campagne pubblicitarie. Walcott ti ha detto la verità: l’archivio della documentazione alla Samplice è un casino. Dubito che possano trovare qualcosa perfino all’interno dei loro file elettronici. Non esiste una leadership. Inoltre Lee ha subito un rimprovero dal consiglio di amministrazione per cattiva amministrazione dei fondi.

— E la First National Bank?

— Assolutamente a posto. Tutta la documentazione relativa alla cassetta di sicurezza è completa e accurata. Ovviamente, questo non significa che non sia stata manomessa dall’esterno, sia a livello elettronico sia per quello che riguarda la documentazione cartacea. Ma resterei davvero sorpreso nello scoprire che la banca è coinvolta.

— Non ho mai pensato che lo fosse — disse con espressione corrucciata Leisha. — Ha un bel sistema di sicurezza?

— Il migliore. Lo abbiamo progettato noi.

Leisha non lo sapeva. — Allora esistono solamente due gruppi che possano riuscire a uguagliare quel genere di trucchi elettronici e la tua compagnia è uno di questi.

Kevin commentò cortesemente: — Potrebbe non essere vero. Ci sono Dormienti che sono ottimi topi di…

— Non così bravi.

Kevin non ripeté l’affermazione sullo snobismo intellettuale di lei. Disse, invece, pacatamente: — Se la ricerca di Walcott è corretta, potrebbe cambiare il mondo, Leisha. Ancora una volta.

— Lo so. — Lei si trovò a fissarlo e si chiese quali fossero state le emozioni sul proprio volto. — Gradisci un bicchiere di vino, Kevin?

— Non posso, Leisha. Devo terminare tutto questo lavoro.

— In effetti anch’io. Hai ragione.

Lui tornò nel proprio studio. Leisha prese in mano le annotazioni per "Simpson contro Offshore Fishing". Ebbe qualche difficoltà a concentrarsi. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che lei e Kevin avevano fatto l’amore? Tre settimane? Quattro?

C’era troppo lavoro da sbrigare. Gli eventi si stavano susseguendo con una velocità impressionante. Forse lo avrebbe rivisto prima di uscire la mattina seguente. No, lui doveva prendere un altro aereo per Bonn. Be’, allora magari più avanti in settimana. Se si fossero trovati nella stessa città, se tutti e due avessero avuto tempo. Non provava alcun impulso di urgenza nel rapporto sessuale con Kevin. In fondo, però, non lo aveva mai provato.

Un ricordo si insinuò in lei: le mani di Richard sul suo seno.

Si chinò più vicino al video, allargando la sua ricerca sui precedenti legali nella legge marina.


Leisha disse pacatamente: — Hai rubato le carte della ricerca di Adam Walcott da una cassetta di sicurezza alla First National Bank di Chicago.

Jennifer Sharifi sollevò gli occhi verso quelli di Leisha. Le due donne si trovavano alle estremità opposte del salotto di Jennifer, al Rifugio. Dietro al lucido ammasso dei capelli legati di Jennifer, il ritratto di Tony Indivino strizzò l’occhio e sorrise.

— Sì — rispose Jennifer. — L’ho fatto.

— Jennifer! — gridò Richard angosciato.

Leisha si voltò lentamente verso di lui. Ebbe l’impressione che l’angoscia dell’uomo non fosse tanto provocata dal fatto compiuto quanto dall’ammissione dello stesso. Richard sapeva.

Lui rimase in equilibrio sui talloni, con la testa dalle sopracciglia cespugliose abbassata. Aveva esattamente lo stesso aspetto di quando aveva avuto diciassette anni, il giorno in cui lei era andata a trovarlo nella piccola casa nei sobborghi a Evanstone. Quasi trent’anni prima. Richard aveva trovato qualcosa nel Rifugio, qualcosa di cui aveva bisogno, un certo senso della comunità: forse ne aveva sempre avuto bisogno. E il Rifugio era, era sempre stato, Jennifer. Jennifer e Tony. Indipendentemente da tutto, però, per avere una parte in quell’affare Richard doveva essere cambiato: per avere una parte in quest’atto criminale doveva essere cambiato al di là di quanto lei non immaginasse.

Disse con voce incerta: — Jennifer non dirà nulla se non in presenza del suo avvocato.

Leisha replicò in modo acido: — Be’, non dovrebbe essere troppo difficile. Quanti avvocati ha catturato ormai il Rifugio? Candace Holt. Will Sandaleros. Jonathan Cocchiara. Quanti altri ancora?

Jennifer si sedette sul sofà, aggiustandosi attorno le pieghe della abbaya. La parete a vetrata era stata resa opaca e vi fluttuavano sopra disegni verde-azzurro. Leisha ricordò improvvisamente che a Jennifer non erano mai piaciute le giornate nuvolose.

Jennifer contrattaccò: — Se stai sporgendo accuse, Leisha, consegnami il mandato.

— Sai che non sono un pubblico ministero. Io rappresento il dottor Walcott.

— Allora hai intenzione di comunicare questo presunto furto al Procuratore distrettuale?

Leisha esitò. Sapeva, e probabilmente lo sapeva anche Jennifer, che le prove erano insufficienti perfino per un’udienza col gran giurì. Le carte erano sparite, ma la documentazione della banca indicava che era stato il dottor Walcott a portarle via. Il massimo che lei poteva fare era stabilire che qualche nuovo impiegato, o altri alla First National, avevano accesso alle ricevute, sempre che ci fosse stato qualche nuovo impiegato. Quanto era accurato il Rifugio nella pianificazione? La loro rete informativa segreta era sufficientemente estesa da poter stare dietro a ricerche di secondaria importanza che lavoravano su biotecniche di terza categoria, se la ricerca di secondaria importanza riguardava gli Insonni. Leisha, inoltre, avrebbe potuto scommettere la testa che nessun nuovo impiegato alla First National era mai stato un vecchio impiegato alla Samplice. Non aveva altro che dicerie… e, ovviamente, la consapevolezza di che cosa Jennifer, un’Insonne, potesse fare, ma alla legge non interessava la sua consapevolezza interiore: anche quello faceva parte delle dicerie.

Venne sommersa dalla disperazione, terrorizzante perché era così rara, seguita dai ricordi: Richard a diciassette anni che correva dentro e fuori dalla risacca con lei, Tony, Carol e Jeanine, tutti ridenti, con la sabbia, l’acqua e il cielo che si aprivano tutto attorno in un’infinita luce sfuggente. Cercò lo sguardo di Richard.

Lui le voltò la schiena.

Jennifer riprese in modo composto: — Perché, esattamente, sei qui, Leisha? Se non hai alcun affare legale da trattare con me, Richard o il Rifugio, e se il tuo cliente non ha nulla a che fare con noi…

— Hai appena detto che hai preso tu le carte.

— Davvero? — Jennifer sorrise. — No, ti sbagli, Non farei né direi mai una cosa del genere.

— Capisco. Volevi solamente che io lo sapessi. E adesso vuoi solamente che me ne vada via.

— Sì — rispose Jennifer e, per un bizzarro istante, Leisha udì alcuni echi della cerimonia del matrimonio. La mente di Jennifer era opaca per lei. Lì, nel suo salotto, a guardare i turbini verdi formarsi, frangersi e riformarsi sulla finestra, osservando le spalle incurvate di Richard, Leisha comprese improvvisamente che non si sarebbe mai più avvicinata al Rifugio.

A Richard, non a Jennifer, disse: — La ricerca è ancora nelle menti di Walcott e Herlinger. Non puoi impedire che si completi, se è reale. Quando sarò tornata a Chicago, farò scrivere ai miei clienti tutto quanto in più copie che riporrò in posti realmente sicuri. Voglio che tu lo sappia, Richard.

Richard non si voltò. Lei osservò la sua spina dorsale incurvata.

Jennifer disse: — Buon viaggio.


Adam Walcott non reagì bene alla delusione. — Vuole dire che non possiamo fare niente? Niente?

— C’è un’insufficienza di prove. — Leisha si alzò da dietro la scrivania e le girò attorno per andarsi a sedere su una poltrona dirimpetto a Walcott. — Deve comprendere, dottore, che i tribunali stanno ancora combattendo sulle limitazioni della documentazione elettronica in qualità di prova. Hanno dibattuto sulla questione già da prima che io fossi nata. Inizialmente, i documenti originati dal computer venivano trattati come prove per sentito dire perché non erano originali. Poi, sono stati rigettati perché esistevano troppe persone che potevano superare il sistema di sicurezza. Adesso, dopo la causa "Sabino contro Lansing", sono trattati come una categoria di prove separata e intrinsecamente più debole. Le copie cartacee firmate sono ciò che conta, il che significa che truffatori e ladri in grado di manipolarle sono dei re perfino del crimine elettronico. Questo ci fa tornare esattamente al punto di partenza.

Walcott non sembrò interessato a quella informale storia giuridica. — Ma, signorina Camden…,

— Dottor Walcott, lei non sembra essersi focalizzato su quello che è il problema fondamentale. Lei ha l’intera ricerca nel suo cervello, una ricerca che potrebbe cambiare il mondo. Chiunque abbia sottratto i suoi documenti ne ha solamente nove decimi perché il pezzo finale si trova solamente nel suo cervello. È quello che mi ha detto, giusto?

— Giusto.

— E allora la scriva un’altra volta. Adesso. Qui.

— Adesso? — L’ometto inconsistente sembrò essere stato preso alla sprovvista dall’idea. — Perché?

E Jennifer pensava che Leisha fosse un’anima candida. Leisha parlò con estrema attenzione, scegliendo le parole. — Dottor Walcott, questa ricerca è potenzialmente una proprietà estremamente preziosa. Può valere miliardi, a lungo termine, per lei o per la Samplice o, più probabilmente, per tutti e due in una qualche percentuale concordata. Sono pronta a rappresentarla su questo punto, se lei deciderà…

— Oh, magnifico — fece Walcott. Leisha lo fissò con espressione dura, ma effettivamente lui non sembrò sarcastico. La sua mano sinistra gli si avvolse con fare distratto attorno alla nuca per andare a grattare l’orecchio destro.

Lei proseguì pazientemente: — Ma si deve rendere conto che quando sono coinvolti miliardi, sono coinvolti anche i ladri. Ha già avuto modo di constatarlo. Mi ha detto, inoltre, che non ha ancora presentato richiesta di brevetto perché non voleva che il direttore Lee scoprisse quello a cui stava lavorando. — Un istante dopo aggiunse: — Giusto? — Non serviva a nulla fare supposizioni con quell’uomo.

— Giusto.

— Bene. Allora quello di cui deve altresì rendersi conto è che la gente che ruberebbe milioni potrebbe anche… non dico che succederà ma che potrebbe succedere… potrebbe anche…

Non riuscì a terminare la frase. Il dolore che provava allo stomaco era tornato, e lei incrociò le braccia sopra l’addome. "Richard che la stringeva nella camera da letto trascurata di Evanston, lei quindicenne, che incontrava per la prima volta un compagno Insonne e che era piena di esultanza come fosse luce…"

Walcott chiese: — Intende dire che i ladri potrebbero anche cercare di uccidermi? Me e Timmy? Anche senza la parte finale della ricerca?

— Scriva tutto. Adesso. Qui — rispose Leisha.

Gli mise a disposizione un computer isolato e un ufficio privato. Lui vi restò dentro solamente venticinque minuti, il che la sorprese. Ma, poi, quanto occorreva per scrivere qualche formula e qualche considerazione? Non era come una deposizione legale.

Si accorse di essersi aspettata che l’uomo cincischiasse sul lavoro perché era un Dormiente.

Fece otto copie cartacee dei documenti sulla piccola fotocopiatrice isolata che utilizzava per informazioni riservale cliente-avvocato, resistendo al desiderio di leggerle. Probabilmente non le avrebbe capite comunque. Gli consegnò una copia oltre al supporto magnetico. — Per evitare equivoci, dottore. Queste sette copie finiranno in svariati caveau. Una nella cassetta di sicurezza che ho qui, una andrà alle Imprese Baker, la ditta di Kevin Baker, che le assicuro è inespugnabile. — Walcott non mostrò segno di sapere chi fosse Kevin Baker: non era possibile per alcun ricercatore genetico non sapere chi fosse Kevin Baker.

— Dica a tutte le persone che desidera che esistono molteplici copie del suo attuale progetto di ricerca anonimo e che sono nelle mani di più persone. Io farò la stessa cosa. Quante più persone sapranno, tanto meno lei sarà un bersaglio. Le consiglio, vivamente, inoltre di dire al direttore Lee quello che stava facendo e di richiedere il brevetto per il suo lavoro a suo nome. Io dovrei essere presente quando parlerà con Lee, se vogliamo rivendicare una proprietà personale per una parte del lavoro, indipendentemente dalla Samplice.

— Bene — disse Walcott. Si passò una mano fra i capelli trascurati. — Lei è stata così franca… sento di dovere essere franco anche io.

Qualcosa nel tono dell’uomo fece sollevare bruscamente lo sguardo a Leisha.

— Il fatto è che io… la ricerca che ho appena scritto per lei… — Si passò l’altra mano fra i capelli e si mise in equilibrio su un solo piede, un’imbarazzata gru in miniatura.

— Sì?

— Non c’è tutto. Ho lasciato indietro l’ultimo pezzo. Il pezzo che non hanno nemmeno i ladri.

L’uomo, allora, era più cauto di quanto lei non avesse sospettato. Nel complesso, Leisha approvò: i clienti spericolati erano peggiori di quelli malfidenti, anche se la persona di cui non si fidavano era il loro stesso avvocato.

Walcott guardò oltre di lei, fuori dalla finestra. Era ancora in equilibrio su un solo piede. La forza intermittente in modo inquietante gli tornò nella voce. — Ha detto anche lei di non sapere chi ha rubato la prima copia ma che è potenzialmente molto preziosa da replicare. O da non replicare. E lei è un’Insonne, signorina Camden.

— Capisco. È tuttavia importante che lei scriva anche l’ultimo pezzo, dottore, per sua protezione. Se non qui, allora in un qualsiasi altro luogo completamente sicuro. — E dove sarebbe mai potuto esistere? si chiese lei. — Dovrebbe anche dire al maggior numero di persone possibile, questo è un punto importante, che tutta la ricerca esiste in qualche altro posto oltre che nel suo cervello.

Walcott finalmente abbassò sul pavimento il piede che teneva sollevato. Annuì. — Ci penserò. Lei ritiene davvero che io possa trovarmi in reale pericolo di vita, signorina Camden?

Leisha pensò al Rifugio. Le tornò la nausea: non aveva nulla a che fare con quello che era o non era successo a Walcott. Incrociò le braccia sopra lo stomaco.

— Sì — disse. — Ritengo di sì.

10

Jordan Watrous si versò un altro drink al secrétaire Hepplewhite, allestito come mobile bar nel salotto di sua madre. Il terzo? Quarto? Forse nessuno li stava contando. Dalla pedana d’ingresso con travi a sbalzo che dava sull’oceano fluttuava un suono di risate. Alle orecchie di Jordan le risate apparivano nervose, ed era possibilissimo. Che diavolo stava dicendo Hawke adesso? E a chi?

Lui non aveva voluto portare Hawke. Era il cinquantesimo compleanno del suo patrigno: Beck aveva desiderato dare una festicciola in famiglia, ma la madre di Jordan aveva appena terminato di arredare la nuova casa e desiderava esibirla. Per vent’anni, Alice Camden Watrous aveva vissuto come se non avesse denaro, senza toccare l’eredità lasciatale dal padre eccetto che, Jordan lo aveva scoperto in seguito, per pagare l’istruzione, i computer e le attività sportive sue e di Moira. Aveva trattato il proprio denaro come se fosse stato un cane grosso e pericoloso che le era stato affidato ma al quale non voleva avvicinarsi. Al quarantesimo compleanno, poi, apparentemente era accaduto qualcosa nell’intimo di sua madre, qualcosa che Jordan non aveva capito. Tuttavia non lo aveva nemmeno sorpreso. Gran parte dei comportamenti umani gli sfuggivano.

Sua madre aveva fatto costruire improvvisamente quella grande casa sull’oceano a Morro Bay, dove, a pochi chilometri di distanza, le balene grigie sollevavano le code immense e passavano proiettando spruzzi. Aveva arredato la casa con mobili antichi in stile inglese, costosi ma poco appariscenti, acquistati a Los Angeles, New York e Londra. Beck, sicuramente l’uomo dal carattere più dolce che Jordan avesse mai conosciuto, aveva sorriso in modo indulgente anche se sua moglie aveva assunto un diverso costruttore, non Beck, per edificare la casa. In qualche occasione Jordan, arrivando all’appezzamento di terra con sua madre, aveva trovato Beck a lavorare insieme con i carpentieri del sindacato e i loro robot a inchiodare assi e allineare travetti. Quando la casa era stata completata, Jordan aveva atteso con apprensione i nuovi lati di sua madre che sarebbero potuti emergere. Scalata sociale? Chirurgia plastica? Amanti? Alice, però, aveva ignorato i vicini snob, aveva lasciato che la propria tozza figura rimanesse tale e aveva borbottato allegramente sui suoi pezzi di antiquariato e il suo amato giardino.

— Perché inglese? — le aveva chiesto una volta Jordan, passando le dita sullo schienale di una poltrona Sheraton. — Perché pezzi di antiquariato?

— Mia madre era inglese — aveva risposto Alice, ed era stata la prima e l’ultima volta che lui l’avesse mai sentito menzionare sua madre.

La festa di compleanno per Beck era stata anche un party per l’inaugurazione della nuova casa. Alice aveva invitato tutti gli amici suoi e di Beck, i suoi colleghi del Gruppo dei gemelli, i compagni di classe e i professori di Moira, Leisha Camden e Kevin Baker e un’Insonne sulla quale Jordan non aveva mai posato gli occhi prima di allora, una graziosa giovane dai capelli rossi di nome Stella Bevington che Alice aveva abbracciato e baciato come se fosse stata un’altra Moira. Calvin Hawke si era invitato da solo.

— Non penso proprio sia il caso, Hawke — aveva detto Jordan nell’ufficio della fabbrica nel Mississippi e, per chiunque altro, sarebbe stato argomento concluso.

— Mi piacerebbe conoscere tua madre, Jordy. La maggior parte degli uomini non parlano altrettanto bene delle loro madri, né altrettanto spesso.

Jordan non poté farci nulla: si sentì arrossire. Da quando frequentava le elementari era stato passibile dell’accusa di essere un cocco di mamma, Hawke non aveva voluto sottintendere nulla… oppure sì? Successivamente, tutto quello che aveva detto Hawke aveva preso a pungere. Era colpa di Jordan o di Hawke? Jordan non poteva stabilirlo.

— È proprio una festa di famiglia, Hawke.

— Non avrei certo intenzione di intromettermi nelle cose di famiglia — aveva detto Hawke in tono mellifluo. — Ma non hai detto che era anche una grossa festa di inaugurazione della casa? Ho un regalo che vorrei dare a tua madre per la casa. Qualcosa che è appartenuto a mia madre.

— È molto generoso da parte tua — aveva detto Jordan, e Hawke aveva sogghignato. Le buone maniere che Alice aveva inculcato in suo figlio divertivano Hawke. Jordan era sufficientemente astuto da capirlo, ma non sufficientemente astuto da sapere come rimediare. Si irrigidì per parlare con schiettezza. — Non voglio che tu venga. Ci sarà mia zia. E anche altri Insonni.

— Capisco perfettamente — aveva detto Hawke, e Jordan aveva pensato che la questione fosse chiusa. Non si sa come, però, continuava a riaffiorare e, non si sa come, le frecciate peggioravano nelle frasi apparentemente innocenti di Hawke e, proprio perché erano innocenti, Jordan si sentiva in colpa per le risposte brusche che gli dava. E, non si sa come, in quel momento Hawke si trovava fuori sulla pensilina della casa di sua madre a parlare con Beck, Moira e un’ammirata folla dei compagni di college di Moira, mentre Leisha, completamente silenziosa, osservava Hawke con espressione vacua e. Jordan scivolava via per versarsi il terzo… quarto?… whisky nel bicchiere, così velocemente da farlo spillare sulla nuova moquette azzurra di sua madre.

— Non è colpa tua — disse una voce alle sue spalle. Leisha. Non aveva sentito i suoi passi.

Lui chiese: - Cosa si può fare per le macchie di whisky? Bicarbonato? O danneggia la moquette?

— Lascia perdere la moquette. Volevo dire che non è colpa tua se Hawke si trova qui. Sono certa che tu non lo volessi e sono anche certa che ti sia passato sopra come un rullo compressore. Non darti la colpa, Jordan.

— Nessuno può mai dirgli di no — commentò con espressione afflitta Jordan.

— Oh, Alice ci sarebbe riuscita, se avesse voluto. Non dubitarne. Lui è qui perché a lei stava bene, non perché ti ha costretto a invitarlo.

La questione lo aveva preoccupato per lungo tempo: — Leisha, pensi che la mamma approvi quello che faccio? L’intera storia del movimento Noi-Dormiamo?

Leisha restò a lungo in silenzio. Alla fine disse: — Non lo verrebbe a dire a me, Jordan. — Il che era ovviamente vero. Era stata una domanda sciocca, scioccamente spifferata. Lui passò con scarsa efficacia un fazzoletto sulla moquette.

Leisha continuò: — Perché non lo chiedi a lei?

— Noi non parliamo di Dormienti e insonnia.

— No, questo lo credo — commentò Leisha. — Ci sono moltissime cose di cui non si parla in questa famiglia, vero?

Jordan chiese: — Dov’è Kevin?

Leisha lo fissò con genuina sorpresa. - Non era un non sequitur, vero?

Lui si sentì in imbarazzo. — Non intendevo implicare…

— Non preoccuparti, Jordan… Smettila di scusarti in continuazione. Kevin aveva un appuntamento con un cliente su una stazione orbitante.

Jordan emise un fischio. — Non sapevo che ci fossero Insonni su nessuna delle stazioni orbitanti.

Leisha corrugò la fronte. — Non ce ne sono. Ma la maggior parte del lavoro di Kevin è per clienti internazionali che non sono necessariamente, e nemmeno solitamente, Insonni ma che…

— …che sono ricchi a sufficienza da potersi permettere di assumerlo — disse Hawke, arrivando alle loro spalle. — Signorina Camden, non mi ha rivolto la parola per tutta la sera.

— Avrei dovuto farlo?

Lui si mise a ridere. — Certo che no. Perché mai Leisha Camden dovrebbe avere qualcosa da dire all’organizzatore sindacale di una sottospecie di deficienti che sprecano un terzo della loro vita in un’attività non produttiva da zombie?

Leisha rispose pacatamente: — Non ho mai considerato i Dormienti in questo modo.

— Davvero? Li ritiene forse uguali? Sa che cosa ha detto Abramo Lincoln sull’uguaglianza, signorina Camden? Ha pubblicato un libro sul punto di vista di Lincoln sulla Costituzione con lo pseudonimo di Elizabeth Kaminsky, non è vero?

Lei non rispose. Jordan disse: — Basta così, Hawke.

Hawke insistette: — Lincoln ha detto sull’uomo a cui viene negata l’uguaglianza economica: "Quando lo avete mortificato e gli avete reso impossibile essere di più delle bestie nei campi; quando avete estinto la sua anima in questo mondo e lo avete posto dove il raggio della speranza è spento come nell’oscurità della dannazione, siete sicuri che il demone che avete risvegliato non si rivolterà per ritorcersi contro di voi?".

Leisha rispose: — Sa che cosa ha detto Aristotele sull’uguaglianza? "Gli uguali si ribellano per poter divenire superiori. Questo è lo stato mentale che provoca le rivoluzioni."

Il volto di Hawke si fece più tagliente. A Jordan parve addirittura che le sue ossa divenissero più sporgenti: qualcosa si mosse dietro gli occhi di Hawke. Fece per dire qualcosa, evidentemente ci ripensò, e sorrise in modo enigmatico. Quindi si voltò e si allontanò.

Un istante dopo Leisha disse: — Mi dispiace, Jordan. È stato imperdonabile a una festa. Sono troppo abituata ai tribunali, immagino.

— Hai un aspetto terribile — disse improvvisamente Jordan, sorprendendo anche se stesso. — Hai perduto troppo peso. Hai il collo tutto raggrinzito e il volto tirato.

— Dimostro la mia età — rispose Leisha, improvvisamente divertita. Perché mai una cosa simile doveva divertirla? Forse non erano gli Insonni che lui non capiva: forse erano le donne. Lui voltò la testa verso l’esterno per lanciare un’occhiata alle piccole luci scintillanti con cui Stella Bevington aveva adornato i capelli rossi.

Leisha si sporse in avanti e lo afferrò per un polso. — Jordan, hai mai desiderato di diventare Insonne?

Lui la fissò negli occhi verdi, così diversi da quelli di Hawke: gli occhi di lei riflettevano indietro tutta la luce. Come una parcella rifiutata. Tutto a un tratto, la sua tipica incertezza lo abbandonò. — Sì, Leisha. Lo desidero. Lo desideriamo tutti. Ma non possiamo diventarlo. Ecco perché io lavoro con Hawke nell’organizzare una sottospecie di deficienti che sprecano un terzo della loro vita a dormire. Perché noi non possiamo essere voi.

Sua madre arrivò alle loro spalle. — Tutto bene qui? — chiese Alice guardando il figlio e poi la sorella. Sfoggiava, notò improvvisamente Jordan, la sua solita calda espressione e un abito veramente orrendo, un costoso vestito di seta verde che non faceva nulla per attenuare la sua goffaggine. Attorno al collo indossava il pendente antico che Beck le aveva regalato. Era appartenuto un tempo a una qualche duchessa inglese.

— Bene — rispose Jordan, e non riuscì a pensare a nulla altro da dire. Gemelle: erano gemelle. Si sorrisero tutti e tre a vicenda, in silenzio, finché Alice non parlò. Jordan restò sbalordito nel notare che sua madre era leggermente alticcia.

— Leisha, ti ho parlato del nuovo caso registrato nel nostro Gruppo dei gemelli? Gemelli allevati separati dalla nascita, ma, quando uno si è rotto un braccio, l’altro ha sentito dolore per settimane allo stesso braccio senza riuscire a capire il perché.

— Oppure ha creduto di provare dolore — ribatté Leisha — a posteriori.

— Oh — commentò Alice, come se Leisha avesse risposto a tutt’altra domanda, e Jordan si accorse che gli occhi di sua madre erano più astuti di quanto non li avesse mai visti, intensi e scuri proprio come quelli di Calvin Hawke.


Nel primo mattino, il deserto del Nuovo Messico era incandescente di luce perlacea. Ombre taglienti, azzurre, rosa e di colori di cui Leisha non aveva mai immaginato potessero essere le ombre, avanzavano strisciando come esseri viventi attraverso l’immenso vuoto. Al distante orizzonte, le Montagne Sangre de Cristo si stagliavano chiare e nitide.

— Bello, vero? — chiese Susan Melling.

Leisha rispose: — Non sapevo che la luce potesse sembrare così.

— Non a tutti piace il deserto. Troppo desolato, troppo vuoto, troppo ostile alla vita umana.

— A te piace.

— Sì — disse Susan. — A me piace. Che cosa vuoi, Leisha? Non si tratta soltanto di una visita di cortesia: la tua aria di crisi è a forza di tempesta. Una tempesta civilizzata. Solenni e incalzanti folate di aria freddissima.

A dispetto di se stessa, Leisha sorrise. Susan, ormai settantottenne, aveva lasciato la ricerca scientifica quando le era peggiorata l’artrite. Si era trasferita in un piccolo villaggio a settanta chilometri da Santa Fe, un trasferimento inspiegabile per Leisha. Niente ospedali, niente colleghi, pochissima gente con cui parlare. Susan viveva in una casa dalle spesse pareti di mattoni di creta impastata con paglia, con un arredamento ridotto e un tetto, da cui si godeva di una vista aperta, che lei utilizzava come terrazza. Sui profondi davanzali imbiancati delle finestre e i pochi tavolini, aveva esposto pezzi di roccia lucidati dal vento fino a brillare, oppure vasi di fiori selvatici dagli steli rigidi, o perfino ossa di animali sbiancate dal sole fino all’incandescente bianchezza della neve sulle montagne lontane. Camminando un po’ a disagio nella casa per la prima volta, Leisha aveva avvertito un sollievo palpabile, come un leggero colpo nel petto, quando aveva visto il terminale e le riviste mediche nello studio di Susan. Tutto quello che Susan aveva voluto dire del suo pensionamento era stato: — Ho lavorato con la mente per lungo tempo, adesso voglio brancolare a tentoni per il resto. — Affermazione che Leisha aveva compreso a livello intellettuale, aveva letto tenacemente tutte le teorie mistiche standard, ma non in altro modo. Il "resto" di cosa, esattamente? Era stata riluttante a interrogare ulteriormente Susan, per paura che si trattasse di una specie del Gruppo dei gemelli di Alice: pseudo-psicologia agghindata da fatto scientifico. Leisha non pensava di poter sopportare di vedere la sottile mente di Susan sedotta dal fallace conforto del sentimentalismo artificiale. Non Susan.

A quel punto Susan invitò: — Entriamo, Leisha. Il deserto per te è sprecato. Non sei ancora abbastanza anziana per apprezzarlo. Vado a preparare del tè.

Il tè era ottimo. Seduta accanto a Susan sul divano, Leisha domandò: — Ti sei tenuta aggiornata nel tuo campo, Susan? Per esempio con la ricerca sull’alterazione genetica pubblicata l’anno scorso da Gaspard-Thiereux?

— Sì — rispose Susan. Un luccichio di divertimento apparve e scomparve nei suoi occhi, ora un po’ incavati ma ancora brillanti. Aveva smesso di tingersi i capelli: le scendevano in ciocche bianche soltanto un po’ meno folte di quelle che Leisha ricordava dall’infanzia. La pelle di Susan, tuttavia, aveva la venata trasparenza del guscio d’uovo. — Non ho rinunciato al mondo come una specie di monaco flagellante, Leisha. Consulto le riviste regolarmente, anche se devo dire che è passato molto tempo da quando vi è comparso qualcosa che valesse realmente la pena studiare, se si eccettua il lavoro di Gaspard-Thiereux.

— Adesso c’è. — Leisha le parlò di Walcott, della Samplice, della ricerca e del furto. Non menzionò Jennifer né il Rifugio. Susan sorseggiò il tè, ascoltando in silenzio. Quando Leisha ebbe terminato, Susan non disse nulla.

— Susan?

— Fammi vedere gli appunti della ricerca. — Appoggiò la tazza di tè, che sbatté duramente sul tavolinetto di vetro.

Susan esaminò a lungo le carte. Scomparve quindi nel suo studio per svolgere qualche equazione. — Usa solamente un computer isolato — la avvertì Leisha — e cancella tutto il programma, dopo. Completamente. — Un momento dopo, Susan annuì lentamente.

Leisha vagò per il salotto, fissando le pietre che mostravano fori crivellati da venti bizzarri, pietre tanto lisce da poter essere rimaste appoggiate sui fondali oceanici per un milione di anni, pietre caratterizzate da inaspettate protuberanze che assomigliavano a escrescenze maligne. Prese in mano il cranio di un animale e passò le dita sull’osso liscio.

Quando Susan tornò, era più calma, tutte le sue facoltà critiche a RAM completa. — Be’, sembra proprio una linea di ricerca autentica, fino al punto in cui arriva. È quello che volevi sapere, no?

— E arriva abbastanza avanti?

— Dipende da qual è il pezzo mancante. Quello che ha trovato è nuovo, ma nuovo più nel senso di non essere mai stato esplorato prima in quanto semibizzarra scorciatoia, piuttosto che nel senso di essere un’inevitabile ma complessa estensione di una conoscenza già esistente: comprendi la differenza?

— Capisco. Ma quello che c’è qui potrebbe essere il sostegno logico di un pezzo finale effettivamente in grado di trasformare i Dormienti in Insonni?

— È possibile — affermò Susan. — Ha effettuato qualche deviazione poco ortodossa dal lavoro di Gaspard-Thiereux, ma da ciò che posso affermare da quello che ho in mano… sì. Sì, è possibile.

Susan sprofondò sul divano e si coprì il volto con le mani.

Leisha chiese: — Quanti degli effetti collaterali potrebbero esserci… è possibile che…

— Mi stai chiedendo se i Dormienti che diventassero Insonni non in vitro potrebbero avere gli organi che non invecchiano come il resto di voi? Dio, non lo so. La biochimica al proposito è ancora molto nebulosa. — Susan abbassò le mani e sorrise, senza mostrare alcun divertimento. — Voi Insonni non ci fornite abbastanza esemplari su cui effettuare ricerche. Non morite abbastanza spesso.

— Mi dispiace — replicò seccamente Leisha. — Abbiamo le agende talmente piene.

— Leisha — fece Susan con voce leggermente incerta — che succederà adesso?

— Oltre alla lotta interna alla Samplice? Presenteremo richiesta di brevetto a nome di Walcott. A dire il vero, ho già iniziato la pratica, prima che possa farlo chiunque altro. Poi, dopo che Walcott ed Herlinger… e qui si presenta un altro problema.

— Quale altro problema?

— Walcott-e-Herlinger. Io sospetto che Herlinger abbia portato avanti la maggior parte del lavoro e che Walcott non abbia intenzione di condividere con lui il merito, se solo potrà evitare di farlo. Walcott è una specie di mansueto belligerante. Vaga con fare assente per il mondo, incurante di come funzioni realmente, finché qualcuno non gli pesta i piedi: a quel punto si mette a strillare e gli si avventa contro con le unghie e con i denti.

— Conosco il tipo — disse Susan. — Niente a che vedere con tuo padre.

Leisha la guardò: Susan parlava raramente di Roger Camden. La donna prese in mano lo stesso cranio di animale su cui Leisha aveva passato le dita. — Che cosa sai di Georgia O’Keeffe?

— Un’artista, vero? Diciannovesimo secolo?

— Ventesimo. Dipinse questi crani. E questo deserto. Molte volte. — Improvvisamente Susan lasciò caldere a terra il cranio: quello si frantumò sul pavimento di pietra. — Leisha, fai questo bambino di cui tu e Kevin parlate sempre. Non esistono garanzie che solo perché nessuna femmina Insonne è ancora entrata in menopausa non vi entrerai mai. Perfino le tube di Falloppio che in sé sembrano non invecchiare possono non produrre nuovi gameti. I tuoi ovuli hanno quarantatré anni.

Leisha le si avvicinò. — Susan, stai dicendo di rammaricarti… di desiderare…

— No, no — rispose Susan bruscamente. — Io ho avuto te e Alice e vi ho ancora. Due figlie biologiche per me non potrebbero essere più importanti di voi. Ma chi hai tu, Leisha? Kevin…

Leisha la interruppe velocemente: — Io e Kevin stiamo bene.

Susan la guardò con un’espressione tenera e scettica che fece ripetere a Leisha: — Stiamo bene, Susan. Lavoriamo proprio bene insieme. Dopo tutto, è ciò che importa realmente.

Susan però continuò a guardarla con lo stesso tenero dubbio, con le carte della ricerca di Walcott strette nelle mani artritiche.


"Simpson contro Offshore Fishing" era un caso complesso. Il cliente di Leisha, James Simpson, era un pescatore Insonne che denunciava le deliberate interruzioni degli schemi migratori dei pesci nel lago Michigan con l’uso illegale di retrovirus, in se stessi legali, effettuato da una ditta concorrente. Il concorrente, la Offshore Fishing Srl, era posseduta da Dormienti. Il caso sarebbe ruotato attorno all’interpretazione legale del decreto Canton-Fenwick, concernente l’utilizzo della biotecnologia nelle limitazioni alla concorrenza economica. Leisha doveva trovarsi in tribunale alle dieci del mattino, e così aveva chiesto un incontro alla Samplice per le sette.

— Be’, è probabile che non ci sia lì nessuno alle sette di mattino — aveva brontolato Walcott — me incluso. — Leisha aveva fissato duramente il volto inconsistente dell’uomo sul suo videotelefono, nuovamente sconcertata per la meschina ottusità della mente destinata a ridisegnare il mondo biologico e sociale. Newton era forse stato così? Einstein? Callingwood? A dire il vero, sì. Einstein non riusciva a ricordare le fermate del treno; Callingwood, il genio delle applicazioni dell’energia-Y, perdeva regolarmente le scarpe che aveva ai piedi e si rifiutava di permettere ad alcuno di cambiare le lenzuola al suo letto per mesi e mesi. Walcott non era unico, era un tipo, anche se non un tipo comune. A volte, a Leisha sembrava che il processo della maturità intellettuale fosse dato semplicemente dalla scoperta del fatto che gli esotici e gli unici erano solamente membri di gruppi più rari. Telefonò personalmente alla Samplice e insistette sull’incontro alle sette di mattina.

Il direttore Lawrence Lee, un bell’uomo abbronzato che indossava fascette per capelli di seta italiana un po’ troppo giovanili per lui, si dimostrò un tipo ostico proprio come aveva detto Walcott. — Noi possediamo questa ricerca, qualsiasi maledetta cosa sia, anche se si scoprirà che è preziosa e, mi creda, ho i miei dubbi. Questi due ricercatori lavorano per me, e vedete di non dimenticarlo voi avvocati di grido!

Leisha era l’unico avvocato di grido in vista. Il consulente legale della Samplice era Arnold Seeley, un uomo dallo sguardo impassibile con la testa rasata in modo aggressivo il quale, nonostante tutto, cincischiava sulle domande con le quali avrebbe dovuto invece incalzare Leisha in modo pressante. Lei si sporse in avanti sul tavolo. — Dimentico pochissime cose, signor Lee. Esistono precedenti legali riguardanti il lavoro scientifico, in particolar modo il lavoro scientifico che abbia applicazioni commerciali. Il dottor Walcott non si trova nella stessa categoria di lavoro di un falegname che le aggiusta il portone sulla veranda. Esistono, inoltre, ambiguità nel contratto che il dottor Walcott ha firmato con la Samplice al momento della sua assunzione. Presumo che lei ne abbia un copia con sé, signor Seeley.

— Ehm, no… aspetti…

— Perché non l’ha? — schioccò seccamente Lee — Dove? Cosa c’è scritto?

— Avrei bisogno di controllare.

Leisha fu presa dall’impazienza, la stessa impazienza che provava sempre davanti all’incompetenza. Cercò di reprimerla: la situazione era troppo importante per metterla a rischio con inconcludenti manifestazioni di rancore. O dimostrazioni addizionali di esso. Lee, Seeley e Walcott, che nelle inette mani belligeranti tenevano otto ore di tempo in più al giorno per centinaia di migliaia di persone, cominciarono tutti a ricercare nei notebook elettronici il contratto di assunzione.

— Trovato? — chiese Leisha seccamente. — D’accordo, secondo paragrafo, terza riga… — Li guidò attraverso il linguaggio dalle frasi scarne, i precedenti legali riguardanti brevetti scientifici condivisi, l’ordinanza "Boeing contro Fain", una vera pietra miliare sui diritti d’autore. Seeley faceva scorrere lo sguardo duro sullo schermo e tamburellava le dita sul tavolo. Lee si infuriava. Walcott restava seduto con un sorrisetto compiaciuto. Soltanto Herlinger, l’assistente venticinquenne, la stava ad ascoltare e la comprendeva. Il giovanotto aveva sorpreso Leisha: corpulento e già tendente alla calvizie a venticinque anni, Herlinger poteva sembrare un malvivente, se si eccettuava quel tanto di amara dignità e la stoica disillusione che non parevano andare d’accordo né con la sua giovane età né con l’eccentrico e permaloso presunto genio di Walcott. Formavano un team improbabile.

— …e quindi vorrei suggerire un accordo stragiudiziale riguardo i brevetti.

Lee cominciò a infuriarsi nuovamente. Seeley disse in tutta fretta: — Che genere di accordo? Una percentuale o una somma in anticipo?

Leisha mantenne il proprio volto impassibile. Lo aveva in pugno. — Dovremo stabilirlo insieme, signor Seeley.

Lee quasi gridò: — Se pensa di riuscire a strapparmi via quello che appartiene a questa ditta…

Seeley gli si rivolse freddamente: — Penso che gli azionisti potrebbero non essere d’accordo su chi sia il proprietario della ditta.

Gli "azionisti" includevano il Rifugio, anche se Lee poteva anche non sapere che Leisha ne fosse al corrente. Leisha e Seeley aspettarono che Lee arrivasse a comprenderlo. Mentre cominciava a capire, la sua boccuccia a bottoncino si increspò, e lui fissò Leisha con un ghigno carico di timore. Lei pensò che era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva detestato altrettanto qualcuno.

— Forse — disse Lee — potremmo parlare di un accordo. Alle mie condizioni.

Leisha replicò: — D’accordo. Parliamo di condizioni.

Lo aveva in pugno.

Successivamente, Walcott accompagnò lei e la sua guardia del corpo all’automobile. — Si accorderanno?

— Sì — rispose Leisha. — Penso di sì. Ha un interessante gruppo di colleghi, dottore.

Lui la scrutò con circospezione.

— Il suo direttore dimentica di amministrare una compagnia a partecipazione pubblica, l’avvocato della sua ditta non riesce a mettere insieme un contratto d’assunzione decente per un impiegato di sesto livello e il suo assistente nella ricerca genetica sull’insonnia se ne va via in sella a uno scooter Noi-Dormiamo.

Walcott agitò una mano in modo superficiale. — È giovane. Non si può permettere un’automobile. E, ovviamente, se questa ricerca andrà a buon fine, non esisterà più alcun movimento Noi-Dormiamo. Nessuno avrà più la necessità di dormire.

— Eccetto quelli che non si potranno permettere l’operazione. Oppure un’automobile.

Walcott la guardò divertito. — Non dovrebbe difendere il concetto opposto, signorina Camden? A favore dell’élite economica? Dopo tutto, pochissime persone si possono permettere di alterare geneticamente in vitro gli embrioni per ottenere l’insonnia.

— Non stavo discutendo, dottor Walcott. Stavo soltanto correggendo la sua affermazione errata. — In modo più sottile, lui era detestabile quanto Lee.

Walcott agitò una mano. — Oh, immagino che lei non possa farci niente. Una volta avvocato…

La donna sbatté la portiera dell’auto con una violenza tale da far sobbalzare la guardia del corpo.


Arrivò tardi in tribunale. Il giudice si stava guardando attorno, irritato. — Signorina Camden?

— Mi dispiace, Vostro Onore, Sono stata trattenuta in modo inevitabile.

— Cerchi di evitarlo, avvocato.

— Sì, Vostro Onore. — L’aula del tribunale era quasi vuota, nonostante l’importanza del caso rispetto alla legge costituzionale. Gli schemi della migrazione dei pesci non concentravano su di sé i titoli degli ologiornali: oltre ai contendenti e ai loro avvocati, Leisha scorse un giornalista, agenti statali e federali del reparto ambientale, tre giovani che lei immaginò che fossero studenti di legge o di ecologia, un ex giudice e tre testimoni.

Oltre Richard Keller, che non avrebbe dovuto testimoniare in qualità di esperto prima del giorno successivo.

Stava seduto in fondo all’aula, ritto come se fosse molto preoccupato, un uomo tarchiato, circondato da quattro guardie del corpo. Doveva essere ciò che accadeva se si viveva un anno dentro e un anno fuori dal Rifugio: il resto del mondo doveva apparire ancora più pericoloso di quanto non fosse. Richard incrociò il suo sguardo. Non sorrise. Qualcosa nel petto di Leisha si fece di ghiaccio.

— Se è finalmente pronta per iniziare, avvocato…

— Sì, Vostro Onore. Chiamo al banco dei testimoni Carl Tremolia.

Tremolia, un pescatore corpulento che era testimone ostile, si incamminò lungo il corridoio. Gli occhi del cliente di Leisha si ridussero a due fessure. Tremolia sfoggiava una spilla elettronica Noi-Dormiamo sul bavero della giacca. Si udì del tramestio presso la porta: qualcuno stava parlando con l’usciere in tono di forte insistenza.

— Vostro Onore, chiedo alla corte di ordinare al testimone di rimuovere la spilla che porta al bavero — iniziò Leisha. — Date le circostanze del caso, le opinioni politiche del testimone, che siano espresse tramite parole o oggetti, sono pregiudiziali.

Il giudice ordinò: — Tolga la spilla.

Il pescatore la strappò dalla giacca. — Potete obbligarmi a togliere la spilla ma non ad acquistare roba Insonne!

— Lo cancelli — disse il giudice. — Signor Tremolia, se non risponderà soltanto quando interrogato la citerò per oltraggio. Cosa c’è, usciere?

— Mi dispiace, Vostro Onore. Un messaggio per la signorina Camden. Personale e urgente.

Consegnò a Leisha un foglio di carta stampato. "Chiama immediatamente in ufficio Kevin Baker, Urgente e personale". — Vostro Onore…

Il giudice sospirò. — Vada, vada.

Arrivata nel corridoio, Leisha estrasse un videocellulare dalla valigetta. Il volto di Kevin apparve sullo schermo in miniatura.

— Leisha. Per quanto riguarda Walcott…

— Sono su una linea non schermata, Kevin…

— Lo so. Non importa, questo è di dominio pubblico. Che diavolo, nel giro di poche ore lo saprà tutto il fottutissimo mondo. Walcott non può chiedere quei brevetti.

— Perché no? La Samplice…

— Scordati la Samplice. I brevetti sono stati registrati due mesi fa. Chiaro, pulito, inattaccabile. A nome del Rifugio Spa… Leisha?

— Sono qui — rispose lei inebetita. Kevin le aveva sempre detto che nessuno poteva falsificare la documentazione del governo riguardante i brevetti. C’erano troppe registrazioni di riserva, elettroniche, cartacee e indipendenti. Nessuno.

Kevin aggiunse: — C’è dell’altro. Leisha… Timothy Herlinger è morto.

— Morto! L’ho visto meno di mezz’ora fa! Si stava allontanando con uno scooter!

— È stato investito da un’auto. Gli scudi deflettori sul suo scooter hanno ceduto. Un poliziotto si è trovato casualmente lì qualche minuto dopo la disgrazia e ha inserito i dati nella rete medica; ovviamente io faccio monitorare sempre tutte le reti in modo che mi segnalino i nomi chiave.

Lei disse con voce incerta: — Chi lo ha investito?

— Una donna che si chiama Stacy Hillman, ha dato un indirizzo come Barrington. Ho dei maghi del computer che stanno indagando su di lei. Ma sembra proprio un incidente.

— Gli scudi deflettori degli scooter sono coni a energia-Y. Non si guastano: è uno dei loro principali punti di forza sul mercato. Non si guastano e basta, nemmeno su uno scadente scooter Noi-Dormiamo.

Kevin emise un fischio. — Guidava uno scooter Noi-Dormiamo?

Leisha chiuse gli occhi. — Kevin, manda due guardie del corpo a cercare Walcott. Le migliori guardie del corpo che riesci ad assumere. No… le tue. Era alla Samplice mezz’ora fa. Fallo scortare fino al nostro appartamento. O è più sicuro il tuo ufficio?

— Il mio ufficio.

— Non posso lasciare il tribunale prima delle due, come minimo. E non posso chiedere una sospensione. Non un’altra volta. — Aveva già utilizzato le sospensioni in quel processo per recarsi in Mississippi e al Rifugio. Due volte al Rifugio.

Kevin disse: — Vai avanti col tuo caso. Terrò io Walcott al sicuro.

Leisha riaprì gli occhi. Dalla porta dell’aula del tribunale notò che l’usciere la stava osservando. Aveva sempre apprezzato quella persona, un uomo anziano e gentile che amava mostrarle le olografie eccessivamente costose dei suoi nipotini. All’altro capo del corridoio si trovava Richard Keller, con la schiena eccezionalmente diritta, in attesa. Di lei. Lui sapeva cosa riguardasse la telefonata di Kevin, e adesso la stava aspettando. Lei ne era certa quanto era certa del proprio nome.

Come aveva fatto a sapere quello che Kevin le avrebbe detto?

Ritornò in aula per chiedere al giudice un’altra sospensione.


Leisha condusse Richard nel proprio ufficio, a un isolato di distanza, senza toccarlo mentre camminavano, senza guardarlo. Una volta entrati, lei scurì la finestra fino ad arrivare al nero. I fiori esotici, i fiori della passione e le orchidee color zenzero e fiamma cominciarono a chiudersi.

Lo invitò pacatamente: — Dimmi.

Richard guardò assentemente i fiori che si chiudevano. — Li coltivava tuo padre.

Lei conosceva quel tono di voce: lo aveva udito nelle sale di interrogatorio alla polizia, in prigione, in tribunale; era la voce di un uomo pronto a dire tutto ciò che gli passa per la testa, qualsiasi cosa, perché ha già perduto tutto. Quel tono conteneva una certa quantità di libertà, di un genere che faceva sempre desiderare a Leisha di distogliere lo sguardo.

In quell’occasione, non distolse lo sguardo. — Dimmi, Richard.

— Il Rifugio ha rubato le carte della ricerca di Walcott. C’è una rete, maghi dell’informatica interni e un sottobosco di Dormienti esterni, molto complessa. Jennifer l’ha incrementata per anni. Hanno fatto tutto loro: Samplice, First National Bank.

Non c’era nulla di nuovo. Richard le aveva detto altrettanto al Rifugio, in presenza di Jennifer. — Devo dirti una cosa, Richard. Ascoltami attentamente. Stai parlando con l’avvocato di Walcott e non c’è nulla di quello che dici che non verrà utilizzato. Nulla. Il privilegio matrimoniale della riservatezza non si applicherà a ciò che Jennifer ti ha detto in presenza di una terza parte o parti, come il Consiglio del Rifugio: articolo 861 del Codice degli Stati Uniti. Può venirti richiesto di ripetere ciò che dirai qui sotto giuramento. Hai capito?

Lui sorrise in modo quasi bizzarro. Aveva ancora quel tipico tono nella voce. — Ovviamente. È il motivo per cui sono qui. Registra pure, se preferisci.

— Registrare. — Quindi, rivolta a Richard: — Procedi.

— Il Rifugio ha alterato la documentazione per i brevetti. Ancora una volta, sia elettronicamente sia in copia cartacea. I dati sono stati selezionati con grande cura, tutte le applicazioni cartacee a Washington recano la scritta RICEVUTO, ma nessuna ha ancora raggiunto lo stadio di verifica tramite firme o impronte digitali di impiegati significativi. È quello che ti ha detto Kevin, vero?

— Lui mi ha detto che non pensava che qualcuno fosse in grado di entrare nel sistema federale, nemmeno i suoi.

— Oh, ma lui avrebbe provato solamente dall’esterno.

— Puoi fornirmi dei dettagli? Nomi, date pronunciati davanti a terzi come parte di conversazioni che avrebbero avuto luogo anche se tu e Jennifer non foste stati marito e moglie?

— Sì.

— Hai delle prove scritte?

Richard sorrise debolmente. — No. Tutto a voce.

Leisha esplose: — Perché, Richard? Non Jennifer… ma tu? Perché lo hai fatto?

— Sarebbe forse possibile per qualcuno fornire una risposta semplice a una domanda simile? Sono le decisioni di un’intera vita. Andare al Rifugio, sposare Jennifer, avere i bambini… — Si alzò e si avvicinò ai fiori. Il modo in cui lui sfiorò i loro petali pelosi spinse Leisha ad alzarsi a sua volta e a seguirlo.

— Allora perché dirmi tutto questo, adesso?

— Perché è l’unico modo che mi è restato per fermare Jennifer. — Sollevò lo sguardo verso Leisha, ma lei si rese conto che non la stava vedendo. — Per il suo bene. Non c’è più nessuno al Rifugio che la possa fermare: dannazione, la incoraggiano, specialmente Cassie Blumenthal e Will Sandaleros. I miei bambini… Un’accusa penale per i brevetti riuscirà almeno a spaventare qualcuno dei suoi contatti esterni. Sono persone terribili, Leisha, e non voglio che lei abbia a che fare con loro. So che perfino con la mia testimonianza, voci prive di prove di sostegno, non hai molto per mettere in piedi un caso e probabilmente l’intera storia verrà rigettata dalla corte. Pensi che sarei qui se pensassi che lei potrebbe venire condannata per qualcosa? Ho studiato molto attentamente i casi "Wade contro Tremont" e "Jastrow contro Stati Uniti" e voglio che risulti agli atti che l’ho fatto. Voglio solamente che Jenny venga fermata. I miei bambini… l’odio contro i Dormienti che stanno imparando, il senso di essere autorizzati a fare qualsiasi cosa, qualsiasi, Leisha, in nome dell’autodifesa: mi terrorizza. Non è ciò che voleva Tony!

Leisha e Richard non erano mai stati in grado, dopo la prima volta, di discutere su cosa volesse realmente Tony Indivino.

Richard disse, più calmo esteriormente: — Tony aveva torto. Io avevo torto. Si diventa differenti se si resta rinchiusi solamente con altri Insonni per decenni. I miei bambini…

— Differenti in che senso?

Ma Richard non fece altro che scuotere la testa. — Che succederà adesso, Leisha? Tu sottoporrai la cosa al Procuratore e lui sporgerà denuncia? Per furto e manomissione di documentazioni governative?

— No. Per omicidio.

Lei lo osservò da vicino. Gli occhi di lui si spalancarono e si infiammarono, e lei avrebbe potuto scommettere la testa, a quel punto, che lui non sapeva nulla della morte di Timothy Herlinger. Una settimana prima, tuttavia, avrebbe scommesso la testa anche sul fatto che Richard non sapesse nulla del furto,

— Omicidio?

— Timothy Herlinger è morto un’ora fa. In circostanze sospette.

— E tu pensi…

La mente di lei era già corsa avanti. Lo vide raggiungerla e fece un passo indietro.

Richard disse lentamente: — Farai incriminare Jennifer per omicidio e mi farai testimoniare contro di lei per quello che ho detto qui dentro.

Non si sa come, lei riuscì a pronunciare la parola. — Sì.

— Nessuno al Rifugio ha progettato un omicidio! — Quando lei non rispose, lui le afferrò violentemente il polso. — Leisha… nessuno al Rifugio… nemmeno Jennifer… nessuno…

Il suo sfaldarsi fu la cosa peggiore. Richard non era sicuro che sua moglie fosse incapace di un omicidio politico, Leisha lo fissò pacatamente. Doveva ascoltare, tutto, perché… perché? Perché sì. Perché doveva sapere.

Ma non ci fu più nulla da ascoltare. Il pugno di Richard si serrò sul fiore che aveva avuto fra le dita e lui cominciò a ridere. — Non farlo! — lo pregò Leisha, ma lui continuò a ridere lo stesso, producendo un suono ragliante e palpitante che proseguì a lungo, finché Leisha non aprì la porta dell’ufficio e disse alla sua segretaria di chiamare il Procuratore distrettuale.

11

La cella in pietra spugnosa era di sei passi per sei. Conteneva una piattaforma incassata per il letto, due coperte riciclabili, un cuscino, un lavandino, una sedia e un gabinetto, ma nessuna finestra e nessun terminale. Will Sandaleros, avvocato della prigioniera, si era lamentato per la mancanza di un terminale: tutte le celle, eccetto quelle di isolamento, avevano una specie di semplice terminale per la sola lettura fatto con una lega infrangibile, saldato alla parete. Alla sua cliente era consentito l’accesso agli ologiornali, agli articoli approvati della biblioteca e al sistema postale a energia degli Stati Uniti. Il direttore della prigione della contea aveva ignorato la protesta: non si fidava di mettere in mano ad alcun Insonne un terminale. Né avrebbe concesso alla prigioniera ginnastica, pasti comuni o visitatori in cella, nemmeno Sandaleros. Vent’anni prima, lo stesso direttore del carcere della contea di Cattaraugus, più giovane e duro, aveva perduto un Insonne del Rifugio a seguito di un omicidio in prigione. Non sarebbe successo nuovamente. Non nella sua prigione.

Jennifer Sharifi disse al proprio legale di non inoltrare più la protesta.

Il primo giorno analizzò scrupolosamente i quattro angoli della sua cella. L’angolo a sud-est fu assegnato alla preghiera. Chiudendo gli occhi, riusciva a vedere il sole nascente invece della parete di pietra spugnosa: nel giro di qualche giorno non ebbe più bisogno di chiudere gli occhi. Il sole era lì, evocato dal credo e dalla volontà.

L’angolo a nord-est era occupato dal lavandino. Lei si lavava completamente due volte al giorno, scivolando fuori dalla sua abbaya e lavando anche quella, rifiutando di utilizzare la lavanderia e l’abito della prigione. Se il video della sorveglianza trasmetteva la sua quotidiana nudità, questo risultava irrilevante quanto la parete di pietra spugnosa per la vista del sole. Rilevante era solo quello che lei faceva, non il fatto che dei subumani esaminassero ciò che lei faceva. Con il loro lascivo sbirciare, avevano perduto l’umanità che le avrebbe permesso di prenderli in considerazione.

I restanti due angoli erano occupati dalla brandina. Lei vi lasciò le lenzuola piegate sotto, giorno dopo giorno, senza sfiorarle. Il letto stesso divenne il suo luogo di studio. Vi rimaneva seduta sul bordo, con la schiena diritta nella abbaya ancora umida. Quando le venivano consegnati i documenti cartacei che aveva richiesto, frammentariamente e a intermittenza, lei li leggeva, concedendosi una singola lettura per ogni tabloid, ogni libro di legge, ogni stampa della biblioteca. Quando non c’era niente da leggere imparava pensando, creando scenari dettagliati di ogni contingenza riuscisse a immaginare. Pensò alle contingenze della sua situazione legale. Alla ricerca di Walcott. Al futuro del Rifugio. Alle scelte di Leisha Camden. Ai sostegni economici di ogni reparto, di ogni organizzazione, di ogni significativa relazione personale o professionale all’interno del Rifugio. Ogni contingenza si ramificava in svariati punti: li imparò tutti finché non fu in grado di chiudere gli occhi e di vedere l’intera grande struttura, un albero della decisione dopo l’altro, che si ramificava e si ramificava ancora, decine di alberi. Quando le arrivavano nuovi dati dalla stampa o da Sandaleros, lei ridisegnava mentalmente ogni ramo interessato. A ogni punto di decisione assegnava un versetto del Corano o, se esisteva la possibilità di applicazioni contrastanti, più di un versetto. Quando era in grado di vedere l’immensa ed equilibrata unità allargarsi dietro le sue palpebre chiuse, apriva gli occhi e si allenava a vederla in tre dimensioni all’interno della cella, a riempire tutto lo spazio, con rami che crescevano tangibili come lo stesso albero della vita.

— Tutto quello che fa è stare seduta a fissare nel vuoto — riportò la vigilatrice al Procuratore distrettuale. — A volte a occhi aperti. A volte chiusi. Non si muove quasi mai.

— Le sembra in uno stato catatonico che abbia bisogno di osservazione medica?

La vigilatrice scosse la testa, quindi annuì, poi scosse nuovamente la testa. — Come diavolo faccio a sapere di che cosa ha bisogno uno di quelli!

Il Procuratore distrettuale non rispose.

Il mercoledì e la domenica erano giorni di visita, ma l’unico visitatore a cui lei aveva concesso di andare era Will Sandaleros, che giungeva quotidianamente alla sala visite vuota, dove lei sedeva dietro una spessa vetrata in plastica sotto un cerchio di pannelli video di sorveglianza.

— Jennifer, il gran giurì ha prodotto un capo di imputazione contro di te.

— Sì — commentò Jennifer. Non c’erano rami nel suo albero decisionale in cui il gran giurì non la rimandava a giudizio. — Hanno fissato la data del processo?

— L’otto dicembre. La mozione per riesaminare la cauzione è stata respinta.

— Sì — pronunciò Jennifer. Non c’erano stati nemmeno rami riguardanti una cauzione. — Leisha Camden ha testimoniato davanti al gran giurì. — Non era una domanda.

— Già. La testimonianza è stata consegnata alla difesa: sto cercando di farti avere una copia.

— Non mi sono state portate carte da due giorni.

— Presenterò nuovamente una mozione contro questa cosa. Gli ologiornali sono sempre più o meno uguali: non penso che ti interessi vederli.

— Sì — disse Jennifer — li voglio vedere. — L’isteria della stampa era necessaria: non per la sua istruzione quanto per il rafforzamento delle sue preghiere. "Un ricordo per i credenti" diceva il Corano. "Insonne uccide per controllare il mondo!" "Prima soldi… ora sangue?" "Cartello segreto di Insonni complotta per un rovesciamento negli Stati Uniti… con l’omicidio!" "Rinnegato Insonne provoca la morte totale del Rifugio mafioso." "Banda locale rivendica il pestaggio mortale di un ragazzino: ’Era un Insonne’."

— Penso che forse tu li voglia avere — disse Sandaleros. Aveva venticinque anni ed era cresciuto al Rifugio da quando ne aveva quattro, il suo affidamento firmato volontariamente dai genitori che non avevano ricevuto quello che si erano aspettati da un bambino alterato geneticamente. Dopo avere frequentato legge ad Harvard, Sandaleros era tornato al Rifugio per aprire lì il suo studio, uscendone soltanto per conferire con i clienti o per apparire in tribunale. E nemmeno per quello gradiva allontanarsi. Ricordava a mala pena i propri genitori e senza alcun affetto. Era stato il primo a essere scelto da Jennifer come avvocato.

— C’è un’altra cosa — aggiunse Sandaleros — Ho un messaggio da parte dei tuoi bambini.

Jennifer raddrizzò ulteriormente la schiena. Ogni volta, quella era la cosa più difficile da affrontare: ecco perché si autodisciplinava giorno dopo notte sul bordo della dura brandina in metallo, con la schiena diritta e la mente costretta a una calma programmazione. Per quello: — Vai avanti.

— Najla mi ha chiesto di dirti che ha finito il software di Fisica Tre. Ricky dice di avere trovato un nuovo schema di migrazione dei pesci nei dati dal vivo della Corrente del Golfo e che sta inserendo il diagramma nella Directory Globale sul lavoro del padre.

Ricky trovava quasi sempre un modo per inserire il padre nei suoi messaggi; Najla non lo faceva mai. Era stato detto loro che il padre avrebbe testimoniato contro là loro madre in tribunale. Jennifer aveva insistito perché Sandaleros glielo dicesse. Non era quello il mondo in cui ai bambini Insonni si potesse concedere un’ignoranza protettiva.

— Grazie — disse Jennifer composta. — Adesso illustrami le nostre opzioni di difesa.

Successivamente, dopo che Sandaleros se ne fu andato, lei rimase seduta a lungo sul bordo della brandina, facendo crescere alberi decisionali negli spazi liberi della sua mente.


— Lo farai davvero? — il grazioso volto di Stella Bevington sul videotelefono era grave e freddo. — Hai realmente intenzione di testimoniare contro uno di noi?

— Stella — rispose Leisha — devo farlo.

— Perché?

— Perché lei ha torto. E perché…

— Non è sbagliato prendersi cura nei nostri, anche se questo significa infrangere la legge! Sei stata tu quella che me lo ha insegnato… tu e Alice!

— Non è la stessa cosa — disse Leisha, nel modo più pacato possibile. Dietro la testa di Stella, sul video, si notavano palme californiane modificate geneticamente, con lunghe fronde azzurre separate da una scriminatura d’argento. Come mai Stella si trovava in California? Nessuna linea esterna era adeguatamente schermata. — Jennifer ci sta facendo del male. A tutti noi, Insonni e Dormienti…

— A me no. Non mi sta facendo del male: tu me ne stai facendo, frantumando l’unica famiglia che è rimasta ad alcuni di noi. Non siamo tutti fortunati come te, Leisha!

— Io… — cominciò a dire Leisha, ma Stella aveva già interrotto la comunicazione, e Leisha si trovò a fissare uno schermo vuoto.


Adam Walcott si trovava nella biblioteca dell’attico di Leisha e Kevin, e stava guardando distrattamente le file di libri di legge, l’ologramma incorniciato di Kenzo Yagai, la scultura sbozzata da vergine roccia di Luna da Mondi Rastell. La scultura rappresentava una figura umana androgina in una posa eroica e slanciata, con le braccia estese verso l’alto, il volto illuminato dall’intelligenza. Leisha osservò Walcott stare su un solo piede, passarsi la mano sinistra fra i capelli, passarsi la mano destra fra i capelli, inarcare le spallucce inconsistenti e abbassare il piede. Inquietante, non esisteva altro termine per lui. Walcott era il cliente più inquietante che avesse mai avuto. Lei non sapeva nemmeno se lui avesse capito che cosa lei avesse intenzione di spiegargli, avendolo convocato lì.

— Dottor Walcott, lei comprende di potere ancora portare avanti la causa per il brevetto, sia contro la Samplice sia contro il Rifugio, simultaneamente con il caso d’omicidio Sharifi. — La sua voce fu stabile sulle parole. A volte, nel forzato isolamento del suo appartamento, lei si esercitava a pronunciarle a voce alta: "il caso d’omicidio Sharifi".

— Ma lei non sarà il mio legale — rispose lui in modo irritante. — Sta semplicemente lasciando cadere tutta la storia.

Pazientemente, Leisha ricominciò da capo. Lui non sembrava davvero comprendere. — Io sono sotto custodia protettiva fino al processo, dottor Walcott. Ci sono state serie minacce alla mia vita. Le guardie del corpo davanti alle quali è passato, che si trovano nell’atrio, nell’ascensore e sul tetto, non sono mie: sono ufficiali federali. Io sono sotto sorveglianza qui, invece che in un qualsiasi altro luogo, perché la sicurezza qui è migliore che in qualsiasi altro luogo. Quasi. Ma non posso rappresentarla in tribunale nella causa per il brevetto e non ritengo che sia consigliabile per lei aspettare finché io non potrò farlo. Nel suo interesse, dovrebbe cercare un altro avvocato, e io le ho preparato una lista di nomi da prendere in considerazione.

Gli allungò un foglio di carta: Walcott non fece segno di prenderlo. Si pose sull’altro piede, e la forza intermittente ritornò nella sua voce: — Non è giusto!

— Non è…

— Giusto. Per un uomo che lavora a una rivoluzione genetica, che sputa sangue per una maledetta e ridicola compagnia che non sarebbe in grado di distinguere un genio se ci sbattesse contro il naso. Mi è stato promesso, signorina Camden! Sono state fatte promesse!

Lei adesso lo stava ad ascoltare con attenzione, a dispetto di se stessa. La grande intensità dell’ometto era in qualche modo paurosa. — Che genere di promesse, dottore?

— Riconoscimenti! Fama!! L’attenzione che merito, che nessuno a parte gli Insonni ottiene, ora come ora! — Allargò le braccia e si sollevò sulla punta dei piedi, mentre la voce si alzava in uno stridio. — Mi è stato promesso!

Improvvisamente sembrò rendersi conto del fatto che Leisha lo stava studiando. Fece ricadere le braccia lungo i fianchi e le sorrise, un sorriso di tale ovvia, untuosa falsità che lei si sentì la pelle d’oca. Era difficile immaginare il direttore Lee della Samplice, un uomo troppo pieno di sé e insicuro per poter riconoscere i sogni degli altri, che facesse simili promesse. Lì c’era qualcosa di storto. — Chi le ha promesso queste cose, dottor Walcott?

— Oh, be’ — fece lui distrattamente, senza incrociare lo sguardo di Leisha — sa come vanno queste cose. Si hanno sogni di gioventù. La vita non fa altro che promettere, e le promesse sfuggono via.

Lei ribatté, in modo più duro di quanto non fosse stato nelle sue intenzioni: — È una scoperta comune a tutti, dottor Walcott. E per sogni ben più importanti della fama e dell’attenzione.

Lui non sembrò nemmeno averla udita. Rimase fermo a fissare il ritratto di Yagai, e il braccio sinistro gli si sollevò dietro la testa per andare a sfregare pensosamente l’orecchio destro.

Leisha disse: — Si trovi un altro avvocato, dottor Walcott.

— Sì — rispose lui in tono quasi assente — lo farò. Grazie. Addio. Conosco la strada.

Leisha restò seduta a lungo sul divano della biblioteca, chiedendosi come mai Walcott la disturbasse tanto. Non aveva nulla a che fare con quel caso in particolare: c’era di più, sotto. Era forse perché lei si aspettava che la competenza fosse razionale? Ecco il mito americano: l’uomo competente, carico sia di individualismo sia di buon senso, con il controllo di se stesso e del mondo materiale. La storia non avvalorava quel mito: gli uomini competenti erano spesso incontrollati o irrazionali. La depressione di Lincoln, il caratteraccio di Michelangelo, la megalomania di Newton. Il suo modello era stato Kenzo Yagai, ma perché non era possibile che fosse lui l’anomalia? Perché lei si doveva aspettare lo stesso comportamento logico e disciplinato da Walcott? O da Richard, in grado di recuperare la forza morale per fermare il comportamento immorale e distruttivo di sua moglie, ma che ormai passava le giornate sotto custodia cautelare accasciato in un angolo, privo della forza di volontà per mangiare, lavarsi o parlare, a meno che non venisse costretto a fare tali cose? O da Jennifer che aveva utilizzato una brillante mente strategica al servizio di un ossessivo bisogno di comando?

Oppure era lei, Leisha, a non essere razionale, aspettandosi che tutte quelle persone non facessero quelle cose?

Scese dal divano e si mise a vagare per l’appartamento. Tutti i terminali erano spenti: c’era stato un momento, due giorni prima, in cui non era più riuscita a sopportare l’isteria delle testate giornalistiche. Le finestre erano state scurite per eludere l’intermittente tafferuglio a tre fra la polizia e i due semi-permanenti gruppi di dimostranti in lotta sotto la sua finestra. UCCIDIAMO GLI INSONNI PRIMA CHE UCCIDANO NOI! stridevano i cartelloni elettronici da una parte, a cui veniva risposto con COSTRINGETE IL RIFUGIO A CONDIVIDERE I BREVETTI! NON SONO DEI! Occasionalmente i due gruppi, stanchi di combattere contro la polizia, combattevano l’uno contro l’altro. Le ultime due sere Kevin, rientrando a casa per cena, aveva dovuto correre nell’edificio fra due cordoni di polizia, guardie del corpo, esagitati urlanti e olocamere dei robot della stampa che si erano mosse rapidamente fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo volto per ottenere primi piani.

Questa sera era in ritardo. Leisha si trovò a guardare l’orologio, odiando quell’atteggiamento ma senza riuscire a evitarlo. Era la prima volta in vita sua che le risultava difficile essere sola. Ma lo era davvero? Era veramente mai stata sola prima di quel momento? Inizialmente c’erano stati Papà e Alice, quindi Richard, Carol, Jeanine e Tony. Successivamente, poi, Stewart, ancora una volta Richard e quindi Kevin. E sempre, sempre, c’era stata la legge. Da studiare, da interrogare, da applicare. La legge rendeva possibile per persone di credo, abilità e mete profondamente diversi vivere fianco a fianco in un qualcosa che superava la barbarie. Kevin aveva creduto nella propria versione di quella fede: un sistema sociale non era costruito sui limiti campanilistici della cultura comune, né su quelli romantici della "famiglia" e neppure sull’evidente destino contemporaneo dell’illimitato progresso tecnologico per tutti, ma sulle doppie fondamenta dei sistemi consensuali della legge e dell’economia. Solo alla presenza di entrambi poteva esistere una qualsiasi sicurezza personale o sociale. Soldi e legge. Kevin lo capiva, mentre Richard non ci era mai riuscito. Era quello il legame fra loro due.

Ma dov’era?

Il terminale in biblioteca trillò, nel codice preferenziale per le chiamate personali. Leisha restò immobilizzata. I dimostranti, i fanatici del movimento Noi-Dormiamo, lo stesso Rifugio: c’erano così tanti nemici per una persona come Kevin, perfino al di là del suo rapporto con lei… Corse in biblioteca.

Ma era lo stesso Kevin a chiamarla.

— Leisha… ascolta, tesoro, mi dispiace di non averti chiamato prima, ho cercato ma… — La sua voce si affievolì, non era cosa da Kevin. Sul videotelefono si notava che la mascella era leggermente cascante. Guardava alla sinistra di lei. — Leisha, non tornerò a casa. Siamo nel pieno di un importante negoziato, il contratto Stieglitz, sai di che si tratta, e devo essere a disposizione. Potrei partire da un momento all’altro per l’Argentina per conferire con qualche ramificazione politica della loro filiale di Bahia Bianca. Se devo farmi strada a cazzotti per entrare e uscire dall’edificio, o se quei pazzi continuano a bloccare le rotte aeree sul tetto… non posso correre il rischio. — Un momento dopo aggiunse: — Mi dispiace.

Lei non disse nulla.

— Rimarrò qui in ufficio. Forse quando tutto sarà finito… che diavolo, non "forse", quando il contratto Stieglitz sarà stato firmato e il processo sarà concluso, tornerò a casa.

— Certo, Kev — disse Leisha. — Certo.

— Sapevo che avresti capito, tesoro.

— Già — rispose Leisha. — Ti capisco.

— Leisha…

— Addio, Kevin.

La donna si portò dalla biblioteca in cucina e si preparò un sandwich, chiedendosi se lui non avrebbe richiamato. Non lo fece. Lei gettò il sandwich nello scarico organico e ritornò in biblioteca. L’ologramma di Kenzo Yagai si era leggermente spostato. Yagai stava chino su un prototipo del cono a energia-Y con gli occhi scuri dall’espressione seria e intelligente, le maniche del camice bianco da laboratorio fine secolo arrotolate fin sopra i gomiti.

Leisha si sedette su una sedia di legno dallo schienale diritto e appoggiò la testa fra le ginocchia. Quella posizione, però, le fece pensare a Richard, accasciato nella sua stanza, e il pensiero le risultò intollerabile. Si avvicinò alla finestra, la schiarì e osservò la strada da diciotto piani di altezza, finché l’improvviso aumentare dell’agitazione fra i piccoli e lontani dimostranti le suggerì che era probabile che qualcuno con uno zoom l’avesse vista. Rese nuovamente opache le finestre, tornò alla seggiola e si sedette con la schiena eretta.

In seguito, non fu nemmeno in grado di ricordare quanto tempo fosse rimasta lì seduta. Ricordò piuttosto una cosa avvenuta decenni prima. Una volta, quando era stata matricola ad Harvard, lei e Stewart Sutter si erano recati a fare una passeggiata lungo il fiume Charles. Il vento era freddo e tagliente, e loro vi erano corsi direttamente attraverso, ridendo. Le guance di Stewart erano sembrate mele rosse. A dispetto del freddo, erano rimasti seduti sulle rive del fiume, baciandosi, finché un rappresentante della setta dei Mutilanti era sopraggiunto, mezzo nudo, barcollando sull’erba avvizzita. I Mutilanti erano una setta religiosa bizzarra e terrificante al servizio di grandi ideali. Mutilavano i loro corpi per ricordare al mondo la sofferenza patita in altri paesi sotto la tirannia, quindi mendicavano denaro per alleviare quella sofferenza globale. Quell’uomo, in particolare, si era mutilato tre dita e metà del piede sinistro. La mano monca del Mutilante recava il tatuaggio "Egitto", il piede nudo e cianotico "Mongolia" e il volto orribilmente sfregiato "Cile".

Aveva esteso la ciotola per l’elemosina verso Stewart e Leisha. Leisha, carica della solita ripugnanza di cui si vergognava, vi aveva fatto scivolare cento dollari. — Metà per il Cile, metà per la Mongolia. Per i sofferenti — aveva gracchiato lui: anche le sue corde vocali erano state offerte perché gli altri ricordassero. Lo sguardo che aveva lanciato a Leisha era stato cristallino, talmente soffuso di gioia che lei non si era sentita in grado di ricambiarlo. Aveva appoggiato la testa sulle ginocchia e serrato la mano sull’erba ghiacciata, Stevvart le aveva passato un bràccio attorno alle spalle e le aveva mormorato contro una guancia: — Lui è felice, Leisha. Lo è davvero. Sta chiedendo l’elemosina per uno scopo, raccoglie un sacco di soldi per i sofferenti del mondo. Fa quello che ha scelto di fare e lo fa bene. Non gli importa di essere mutilato. E poi adesso se ne va. Se ne sta andando. Guarda, è già andato via.

12

La fiera che aveva luogo sull’argine era arrivata al pieno dello svolgimento verso le otto di sera. Sotto le pareti in pietra spugnosa, il fiume Mississippi scorreva oscuro e silenzioso. Era stato allestito un campo a energia-Y per sicurezza, mura invisibili che racchiudevano una bolla del diametro di un campo di calcio. La cupola comprendeva un arco di fiume, un centinaio di metri di ampio argine, un semicerchio di erba e scuri cespugli fra lo stabilimento degli scooter e il fiume stesso. Dai cespugli più lontani provenivano occasionali risatine, accompagnate da grande tramestio.

Sull’estremità sud dell’ampio argine la gente si affollava attorno ai chioschi di ristoro, le cabine di ologiochi, i terminali dove il movimento Noi-Dormiamo sovvenzionava parzialmente le occasioni di vincere alle più importanti lotterie della stampa. All’estremità nord, una rumorosa band di cui Jordan aveva dimenticato il nome inondava la notte di musica da ballo. Ogni trenta secondi un ologramma con comando a distanza del logo Noi-Dormiamo, tridimensionale e alto un metro e ottanta, balenava in un differente volume cubico dell’aria; a tre metri da terra, a cinque centimetri dall’acqua, al centro dei turbinanti ballerini. Dall’altra parte del fiume, leggermente confuso dai margini del campo a energia-Y, le luci della Samsung-Chrysler brillavano castamente.

— La pecca principale di tua zia Leisha è che appartiene al Diciottesimo secolo, non al Ventunesimo — disse Hawke. — Prendi un gelato, Jordy.

— No — rispose Jordan. Non voleva il gelato e voleva anche meno parlare con Hawke di Leisha. Ancora. Cercò di deviare il loro cammino verso l’estremità nord della fiera dove la musica da ballo avrebbe sommerso la voce di Hawke.

Hawke non deviò, né tanto meno restò sommerso. — Il gelato è un nuovo biobrevetto delle Ditte GeneFresco. La fragola è incredibile. Due coni, per favore.

— Davvero, non mi va…

— Che ne pensi, Jordy? Avresti mai immaginato che hanno cominciato con geni di germogli di soia? Margine di utile del diciassette per cento, lo scorso trimestre.

— Sbalorditivo — disse Jordy, un po’ acido. Sperava che il gelato sarebbe stato mediocre, invece si rivelò il migliore che avesse mai assaggiato.

Hawke si mise a ridere, scrutandolo con arguzia da sopra il cono alla fragola. Jordan immaginò che il giorno successivo la GeneFresco sarebbe stata contattata da un dirigente della Noi-Dormiamo, sempre che non fossero già in trattative. La fiera sull’argine era studiata per festeggiare compagnie come la GeneFresco che erano (o sarebbero divenute) nuove cellule della rivoluzione Noi-Dormiamo. I profitti medi erano saliti a uno strabiliante settantaquattro per cento da quando il caso dell’omicidio Sharifi era piombato sui giornali. La connessione fra la morte di Timothy Herlinger e l’acquistare Noi-Dormiamo, per Jordan dolorosa in quanto dovuta all’isteria, aveva portato milioni di nuovi consumatori sotto la retorica di Hawke. — "Lo sapevo"! — avevano gridato i membri del Noi-Dormiamo per l’entusiasmo, la paura, la rabbia e l’ingordigia. — "Gli Insonni hanno paura di noi! Sono tanto terrorizzati da cercare di controllarci con gli omicidi!"

Nella fabbrica di scooter sul Mississippi, dove Hawke continuava a condurre il quartier generale in un modo artificialmente rustico che irritava Jordan, la produzione era raddoppiata prima di stabilizzarsi. Hawke aveva appeso sui muri della fabbrica i diagrammi rappresentanti la tendenza produttiva, aveva sorriso in quel suo tipico modo libidinoso e furtivo e aveva annunciato l’allestimento della fiera sull’argine: "Dove i politici locali ai giorni del mio bis-bisnonno friggevano i pesci gatto".

Jordan, da californiano che non aveva la minima idea di chi fosse il suo bis-bisnonno, non si era reso conto che il pesce gatto non modificato fosse commestibile. Aveva lanciato un’occhiata in tralice a Hawke, il quale si era messo a ridere. — Non il mio bis-bisnonno Cherokee, Jordan. Un altro, in posizione decisamente diversa. Anche se non faceva parte dei tuoi signori latifondisti.

— Non i "miei" signori latifondisti. Non provengo da quella classe — aveva detto Jordan infastidito. La risata di Hawke lo irritava.

— Certo che no — aveva risposto Hawke, ed era nuovamente scoppiato a ridere.

Quindi, come se la discussione sulle ditte GeneFresco non fosse mai avvenuta, proprio come se Jordan non avesse tentato di cambiare argomento, Hawke disse: — La pecca principale di tua zia Leisha è che non appartiene affatto a questo secolo. Appartiene al Diciottesimo. È sempre fatale essere nati al di fuori del proprio tempo.

— Cerchiamo di non parlare di Leisha questa sera, Hawke. D’accordo?

— I valori del Diciottesimo secolo erano la coscienza sociale, il pensiero razionale e un fondamentale credo nella bontà dell’ordine. Con queste attitudini avrebbero rimodellato o stabilizzato il mondo i vari Locke, Rousseau, Franklin e perfino Jane Austen, che però si trovava anche lei nel secolo sbagliato. Proprio come Leisha Camden, eh?

— Ho detto…

— Ma ovviamente i romantici hanno spazzato via tutto e non siamo mai riusciti a ritornarvi. Finché non sono arrivati gli Insonni. Non pensi che sia interessante, Jordan? Un’innovazione biologica ha spostato indietro l’orologio dei valori sociali.

Jordan smise di camminare e affrontò Hawke. Da qualche parte sulla sua sinistra, sopra al fiume, apparve l’ologramma della Noi-Dormiamo, scintillò e scomparve in un’esplosione di luce elettronica. — Non ti interessa proprio quello che ti dico, vero Hawke? Tu continui semplicemente a passarci sopra come un rullo compressore. Solo le tue parole sono quelle che contano.

Hawke restò in silenzio, osservandolo con malizia.

— Perché mi hai assunto? Tutto quello che vuoi è muovermi critiche, cancellare le mie obiezioni, avere qualcuno da mostrare in giro come lo scemo del paese e…

— Tutto quello che voglio — ribatté tranquillamente Hawke, mentre il gelato gli gocciolava sopra le mani — è che tu ti arrabbi.

— Mi…

Arrabbi. Pensi di essermi di qualche utilità quando mi permetti di esibirti come uno scemo? Quando non insisti sulle cose che mi dici? Voglio che tu avverta la tua furia quando qualcuno ti sta calpestando, o non sarai mai di alcuna utilità al movimento. A che diavolo pensi che serva tutta questa idea del Noi-Dormiamo? A risvegliare la rabbia!

In quel discorso c’era una falla, da qualche parte, qualcosa di non perfettamente corretto, o forse la cosa non corretta era la vista di Hawke con il gelato alla fragola che gli colava sulle mani, le sue parole appassionate a Jordan ma il suo sguardo focalizzato sull’argine, che analizzava la folla. Perché? Per controllare se qualcuno aveva origliato? Soltanto una giovane coppia che camminava verso di loro provenendo dalla cabina olografica avrebbe potuto senti…

Il Mississippi esplose. L’acqua si proiettò verso l’alto a geyser e, sotto i piedi di Jordan, l’argine ballò e si spaccò. Una seconda esplosione, e la cabina degli ologrammi delle stelle si sbriciolò. La coppia di giovani venne sbattuta a terra come bambolotti. La gente prese a gridare. Ai piedi di Jordan si aprì una crepa; un istante dopo Hawke lo placcò, trascinandolo verso un luogo sicuro. Proprio mentre Jordan era ancora in aria, vide l’ologramma telecomandato esplodere sopra di lui, ingigantito a una dimensione di tre mostruosi metri e visibile per tutta la fiera. Non si sa come, però, non si trattava del logo del Noi-Dormiamo, ma di lettere rosse e dorate, stagliate contro le luci tremolanti dall’altra parte del fiume: SAMSUNG-CHRYSLER.


Nessuno ci credette. La Samsung-Chrysler, infuriata, negò la responsabilità dell’attacco. Era una ditta antica e onorevole: nemmeno i lavoratori nello stabilimento degli scooter credettero che la S-C avesse piazzato esplosivi subacquei lungo l’argine. La stampa non ci credette; il Consiglio Noi-Dormiano non ci credette; Jordan non ci credette.

— Sei stato tu — disse a Hawke.

Hawke non fece altro che fissarlo. Sopra la sua scrivania, nello stabilimento polveroso, erano sparse svariate copie di tabloid da chiosco: "Il Rifugio dietro il bombardamento della Fiera Noi-Dormiamo! Gli Insonni ricorrono alla violenza… Ancora!". La carta di pessima qualità si era già arricciata attorno ai piccoli strappi prodotti dalla stampante del chiosco, una fragile periferica Noi-Dormiamo prodotta e commercializzata da Wichita. Due delle grosse dita di Hawke lavoravano attorno allo strappo più grande. Dal pavimento dello stabilimento provenivano irregolari colpi staccati di un macchinario azionato a mano e di un martello pneumatico.

— Sfrutteresti qualsiasi cosa — disse Jordan. — L’isteria della stampa per l’omicidio Herlinger… per te non si tratta di verità. È solo questione di trarre qualsiasi vantaggio si presenti a favore della tua causa. Non sei migliore del Rifugio!

Hawke rispose: — Alla Fiera non ci sono stati feriti.

— Ce ne sarebbero potuti essere!

— No — rispose Hawke. — Non c’era la minima possibilità.

A Jordan occorse qualche istante per comprendere. — Il gelato che ti si scioglieva sulle mani. Era quello il detonatore, vero? Un microchip sensibile alla temperatura sistemato appena sotto la pelle. Avresti potuto scegliere il momento in cui nessuno sarebbe rimasto ferito.

Hawke disse dolcemente: — Adesso sei infuriato, Jordan? Vuoi venire con me a vedere altri neonati privi di assistenza medica o acqua corrente perché in un regime di yagaismo il nutrimento e l’energia-Y sono diritti basilari forniti dall’assistenza sociale, ma le medicine e gli impianti idraulici fanno parte delle imprese contrattuali a mercato libero? Vuoi vedere altri adulti che stanno seduti a marcire tutto il giorno, sapendo di non poter competere con l’automazione per lavori di basso livello, o con persone modificate geneticamente per gli impieghi che richiedono abilità? Vuoi vedere altri bambini con ì vermi, altri delinquentelli che possono avere tutta la legge che vogliono ma nessun vero lavoro? Sei ancora infuriato?

— I fini non giustificano questi mezzi! — gridò Jordan.

— Col cavolo, se non è così.

— Non stai aiutando la sottoclasse dei Dormienti, stai solo…

— Ah, no? Hai parlato ultimamente con Mayleen? La figlia maggiore è stata accettata alla scuola di RoboTecnica. E lei la può pagare. Adesso.

— Tu fornisci un aiuto, ma per farlo sollevi ulteriore odio!

— Svegliati, Jordan. Non esiste movimento sociale che non sia progredito senza enfatizzare le divisioni, e fare questo significa sollevare odio. La rivoluzione americana, l’abolizionismo, la sindacalizzazione, i diritti civili.

— Non era…

— Quanto meno, noi non abbiamo inventato questa divisione in particolare: lo hanno fatto gli Insonni. Femminismo, diritti degli omosessuali, concessione dell’assistenza sociale…

— Piantala! Piantala di buttarmi addosso sterili intellettualismi!

Con grande stupore di Jordan, perfino in tutta la sua rabbia lui avvertì stupore, Hawke sogghignò. Gli occhi neri dell’uomo sembravano quelli di un’aquila. — "Sterili intellettualismi": sei già uno dei nostri. Che cosa direbbe la zia Leisha, l’alta sacerdotessa della ragione?

Jordan annunciò: — Me ne vado.

Hawke non sembrò sorpreso. Annuì, il tagliente sguardo scuro fendette l’aria come una lancia. — D’accordo. Vattene. Tornerai.

Jordan si incamminò verso la porta.

— Sai perché tornerai, Jordy? Perché se ti dovessi sposare, diciamo domani, e avere un bambino, altereresti i geni del piccolo perché fosse Insonne. Non lo faresti? E non riusciresti mai a sopportarti per averlo fatto.

La porta si aprì.

Alle sue spalle, Hawke proseguì gentilmente: — Quando tornerai sarai il benvenuto, Jordan.

Solo una volta superati i cancelli, con il Mississippi che scivolava placidamente verso il delta, Jordan si rese conto che non esisteva altro posto in cui volesse andare.

Mayleen lo osservava dalla guardiola. A quella distanza, lui non era in grado di distinguere l’espressione della donna. Aveva incontrato una volta la figlia maggiore, una ragazzetta giocherellona con la stessa testa stopposa e lo stesso aspetto ossuto di Mayleen. Scuola di RoboTecnica. Vermi. Impieghi.

Jordan si incamminò nuovamente verso lo stabilimento degli scooter. Mayleen gli aprì i cancelli e lui rientrò.


Il volto rugoso di Susan Melling sullo schermo non aveva come sfondo il suo studio dalle pareti di mattoni del deserto del Nuovo Messico, ma un laboratorio stipato di terminali, macchinari in plastica e bracci robotici.

— Susan, dove sei? — chiese Leisha.

— Chicago Med — rispose Susan con voce sicura. — Reparto ricerca. Mi hanno dato un laboratorio da ospite. — Le rughe profonde sul suo volto si tirarono per l’eccitazione.

Leisha disse lentamente: — Hai lavorato su…

— Sì — la interruppe Susan — quel problema genetico di cui abbiamo parlato nel Nuovo Messico. Quello che la scuola medica ha segretato.

Leisha comprese che la linea non era schermata. Quanto meno non a sufficienza. Si mise quasi a ridere: in quelle circostanze, che cosa poteva significare "a sufficienza"?

Susan continuò: — Volevo soltanto che sapessi che abbiamo cominciato, e che il mio stimato collega cinese è arrivato sano e salvo per unirsi a me.

Cinese? Susan la stava fissando in modo insistente, significativo; Leisha ricordò improvvisamente che Claude Gaspard-Thiereux era stato modificato geneticamente per incrementare l’intelligenza e che una volta aveva detto a Susan, durante una robusta bevuta a un simposio internazionale, che il materiale genetico inserito nel suo proveniva originariamente da un donatore cinese. Quel fatto, per qualche strano motivo, lo aveva affascinato. Aveva cominciato a collezionare imitazioni di vasi Ming e di olofotografie della Città Proibita, cosa che, a sua volta, aveva affascinato Susan. Leisha aveva ritenuto che l’intera storia non fosse importante ma Susan, evidentemente, si aspettava che lei se ne ricordasse.

Gaspard-Thiereux alla Scuola Medica di Chicago. Sarebbe arrivato in volo da Parigi solamente se Susan fosse stata in grado di fornirgli una prova che le scoperte di Walcott erano realizzabili.

Susan procedette con voce ferma: — Abbiamo lavorato sulla prima parte del problema, replicando un lavoro svolto in precedenza sulla stessa area, e adesso siamo incappati in una specie di ostacolo imprevisto. Però ci stiamo lavorando sopra e ti terremo informata. Stiamo applicando il lavoro del signor Wong alla fine del problema, piuttosto che al principio, perché la falla più problematica si riscontra proprio alla fine.

Leisha si accorse che Susan si stava divertendo: non solo a causa della ricerca, ma anche della pseudosegretezza, delle teatrali parole codificate. La sua voce danzava: se Leisha avesse chiuso gli occhi, sarebbe stata era in grado di scorgere la Susan di quarant’anni prima, con le ciocche di capelli che sobbalzavano di inesauribile energia mentre guidava due bambinette in "giochi" testanti controllati. Un’improvvisa tenerezza soffocò Leisha.

Per dire qualcosa, buttò lì: — Iniziando dalla fine? Sembra quasi come applicare il verdetto al posto di una prova, in un processo.

— Non è un’analogia corretta — ribatté allegramente Susan. Quindi addolcì la voce: — Come stai, Leisha?

— Il processo inizia la prossima settimana — rispose Leisha, come se fosse una risposta. E lo era.

— Richard è ancora…

— Nessun cambiamento — replicò Leisha.

— E Kevin…

— Non tornerà.

— Che sia maledetto — commentò Susan. Leisha, tuttavia, non aveva alcuna intenzione di discutere su Kevin. Quello che più l’addolorava della sua defezione, aveva compreso successivamente, era stato che Kevin aveva tradito gli Insonni come gruppo, non solamente lei. Questo significava che lei non aveva più amori personali ma solamente politici? La domanda era inquietante.

— Susan, sai che cosa mi è venuto in mente ieri? Che in tutto il mondo esistono solamente tre persone che capiscono perché sto testimoniando contro una Insonne, contro quello che la stampa definisce "il mio stesso genere". Solamente tre. Tu, Richard e… Papà.

— Già — commentò Susan. — Roger non ha mai ritenuto che la solidarietà di classe pesasse più della verità. A dire il vero, non ha mai provato solidarietà di classe, punto e basta. Si riteneva parte di una classe formata da un solo individuo. Ma esistono indubbiamente più di tre persone, Leisha. Nel mondo intero.

Leisha si guardò attorno nella stanza, fissò la pila di stampe da chiosco ammassate sulla scrivania, sul pavimento, sulla poltrona. Dall’essere incapace di leggerle aveva finito con l’essere incapace di non leggerle.

— La sensazione è che non ce ne siano più di tre.

— Oh — fece Susan. Era un’espressione tipica anche di Alice. Leisha non aveva mai notato il collegamento prima di allora. — Sapevi che negli Stati Uniti, da un anno a questa parte, il numero ufficiale registrato di modificazioni genetiche in vitro per ottenere bambini Insonni è stato di centoquarantadue unità?

— Tutto qui?

— Dalle migliaia di dieci anni fa. Perfino persone oneste e riflessive non vogliono che i loro figli vengano sottoposti al pericolo e alla discriminazione. Ma se la ricerca del tuo dottor Walcott… — Lasciò la frase a metà.

— Non è il mio — rispose Leisha. — Decisamente no.

— Oh — ripeté ancora una volta Susan, quella singola parola, un sospiro a più strati.

13

— Il Popolo contro Jennifer Fatima Sharifi. In piedi.

Leisha, seduta nel lato riservato ai testimoni, si alzò. Centosessantadue persone, spettatori, giuria, stampa, testimoni, avvocati, si alzarono con lei, un solo corpo con centosessantadue cervelli in lotta. Campi energetici di sicurezza avvolgevano l’aula del tribunale, il tribunale stesso, la città di Conewango, come guanti stratificati. Nessuna linea di comunicazione era in grado di funzionare attraverso i due strati più interni. Quindici anni prima, in un’altra delle periodiche oscillazioni del sistema giuridico fra il diritto del pubblico a sapere e il diritto dell’individuo alla riservatezza, lo stato di New York aveva bandito nuovamente i dispositivi di registrazione dai processi penali. I giornalisti erano tutti accreditati e potenziati con memorie eidetiche, con bioimpianti auricolo-neurali o con tutt’e due le cose; Leisha si chiese, cinicamente, quanti altri possedevano casualmente anche modificazioni genetiche non menzionate.

Vicino ai reporter, gli oloartisti degli ologiornali tenevano appoggiati i CAD sulle ginocchia serrate e, con minute flessioni delle dita, scolpivano gli ologrammi per i notiziari pomeridiani. Non era stato identificato alcun sito genetico per l’abilità artistica.

— Udite, udite. La Corte Suprema della Contea di Cattaraugus, stato di New York è riunita, l’onorevole Daniel J. Deepford, giudice, la presiede. Avvicinatevi, date tutta la vostra attenzione e sarete uditi. Dio salvi gli Stati Uniti e questa onorevole corte!

Leisha si chiese se solamente lei avesse sentito il febbrile punto esclamativo.

Era il primo giorno riservato alle testimonianze. Due settimane e mezzo di implacabili colloqui erano state necessarie per comporre una giuria: Signora Wright, ritiene di poter prendere una decisione imparziale rispetto all’imputata? Signor Aratina, ha già visto qualcosa sui notiziari riguardo al caso? Signorina Moranis, è membro della Noi-Dormiamo? Di Sveglia-America! Di Madri per la Parità Biologica? Trecentoottantanove destituzioni per questioni di ideali, un numero impensabile per qualsiasi altro voir dire. La giuria era composta da otto uomini e quattro donne. Sette bianchi, tre neri, un asiatico e un latino-americano. Cinque con istruzione da college, sette con diploma di scuola media superiore o anche meno. Nove più giovani di cinquant’anni, tre più anziani. Otto genitori biologici, tre senza figli, uno con un legale attestato per donare ovuli. Sei lavoranti, sei a carico dell’assistenza sociale. Nessun Insonne.

"Un cittadino dovrà essere giudicato da una giuria di suoi pari."

— Può cominciare, signor Hossack — disse il giudice al pubblico ministero, un uomo pesante dai folti capelli grigi e dalla considerevole capacità, in un processo, di attirare l’attenzione con il silenzio. Come chiunque altro negli Stati Uniti che avesse accesso a un nutrito data-base, Leisha sapeva tutto su Geoffrey Hossack. Aveva cinquantaquattro anni, un rapporto tra cause vinte e perse di ventitré a nove, non aveva mai subito accertamenti da parte del fisco e non aveva avuto reprimende da parte dell’Associazione Magistrati Americani. Sua moglie comperava solamente pane di vero grano, tre pagnotte alla settimana. Hossack era abbonato a due olocanali e a un canale privato per appassionati della Guerra Civile. La figlia maggiore era stata rimandata in trigonometria.

Lui e il giudice Deepford avevano tutti e due una carriera da corretti, onesti e abili professionisti della legge.

Alcune settimane prima Leisha, seduta davanti al terminale dopo avere meticolosamente dragato la documentazione processuale di Deepford, aveva riflettuto sui dossier riguardanti Deepford e Hossack. Non si era aspettata che il Rifugio fosse in grado di manipolare la scelta del giudice o del pubblico ministero: il potere degli Insonni era principalmente economico, non politico. Non erano abbastanza per poter costituire un blocco di voto ed erano troppo poco amati per poter guadagnare cariche elettorali. Il Rifugio era ovviamente in grado di comperare giudici, avvocati o singoli uomini del congresso e probabilmente lo faceva, ma non c’era nulla a indicare che Hossack o Deepford fossero in vendita.

Cosa ancora più importante, Deepford non era un fanatico Dormiente. Qualsiasi fossero i suoi personali sentimenti, aveva presieduto oltre nove cause civili con parti in causa Insonni, c’erano pochissimi procedimenti penali contro Insonni, e in ognuno dei casi la prestazione di Deepford era stata giusta e ragionevole. Tendeva ad attenersi rigidamente a interpretazioni ristrette sia delle regole riguardanti l’ammissione delle prove, sia della legge stessa, ma quello era l’unico punto su cui Leisha lo avrebbe contestato.

Il discorso d’apertura di Hossack alla giuria espose il caso velocemente e chiaramente: esistevano prove a dimostrare che il deflettore a energia-Y sullo scooter del dottor Timothy Herlinger era stato manomesso. Ulteriori prove avrebbero collegato la manomissione a Jennifer Sharifi. — Lo scooter era equipaggiato con un analizzatore di retina, signori e signore, che mostrava tre impronte: quella di un bambino del vicinato che aveva giocato per la strada quella mattina. Quella dello stesso dottor Herlinger. L’impronta, inoltre, di una donna adulta Insonne. Dimostreremo altresì che questa donna Insonne era qualcuno posto alle più alte sfere di comando nel Rifugio, qualcuno che controllava tecnologie fra le più avanzate del mondo.

Hossack si interruppe. — Forniremo come prova un pendente trovato nel garage alla Samplice, accanto al punto occupato dallo scooter del dottor Herlinger. Quel pendente contiene un microchip talmente avanzato, talmente differente, che gli esperti del governo non sono ancora in grado di duplicarlo. Non possiamo capire come esso sia stato fatto, ma possiamo capire che cosa faccia. Lo abbiamo provato: apre i cancelli del Rifugio. In breve, lo Stato proverà che la manomissione dello scooter faceva parte di un elaborato schema illegale progettato ed eseguito dal Rifugio. Proveremo altresì che l’unica persona che avrebbe potuto architettare questo schema era Jennifer Sharifi, creatrice e direttrice di illecite reti di potere che includono infiltrazioni nel sistema bancario nazionale e perfino nell’archivio dati del governo, impresa tanto grave da essere attualmente sotto inchiesta da parte di una speciale commissione al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti…

— Obiezione! — gridò Will Sandaleros.

— Signor Hossack — disse il giudice — è chiaramente sconfinato dal suo discorso di apertura. In questo caso di omicidio, la giuria non terrà conto di ogni riferimento a qualsiasi inchiesta parallela portata avanti da chiunque.

Tutti i giurati stavano fissando Jennifer, con la schiena eretta nella sua abbaya bianca dietro a una vetrata a prova di proiettile. La parola "potere" aleggiava nell’aria come una carica ad alta densità. Jennifer non guardò mai di lato.

— Il movente della signora Sharifi — continuò Hossack — era di sopprimere brevetti che, se sviluppati e messi sul mercato, avrebbero permesso ai Dormienti di diventare Insonni, con gli stessi vantaggi biologici degli Insonni. Il Rifugio non vuole che noi, voi e io, godiamo di questi vantaggi. Il Rifugio, guidato da Jennifer Sharifi, è stato disposto a commettere un omicidio per poter evitare una cosa simile.

Leisha esaminò i giurati. Stavano ascoltando attentamente, ma lei non riusciva a comprendere nulla dalle rigide espressioni dei Dormienti.

A differenza di Hossack, Will Sandaleros si inoltrò nel discorso di apertura in chiave minore. — Sono imbarazzato per dover confutare il caso della pubblica accusa — cominciò a dire. Il suo volto bello, nettamente scolpito (Leisha ricordò che i genitori Dormienti che lo avevano rifiutato avevano acquistato per lui un’estesa modificazione genetica dell’aspetto), appariva modestamente sconcertato. Nessun Insonne, Leisha lo sapeva benissimo, poteva permettersi di affrontare una giuria con un qualsiasi atteggiamento che potesse essere interpretato come arroganza. Si sporse in avanti, ignorando gli inevitabili sguardi curiosi di altri spettatori, studiando attentamente Sandaleros. L’uomo appariva concentrato e pieno di energia. Appariva competente.

— Il fatto è — continuò Sandaleros — che non esiste un caso da confutare. Jennifer Sharifi è innocente dell’omicidio. L’accusa non ha alcuna prova incontestabile, come dimostrerò, che possa collegare Jennifer Sharifi, o l’entità aziendale del Rifugio, alla manomissione dello scooter, a una disputa sui brevetti o a una qualsiasi cospirazione omicida. Quello che l’accusa ha, signori e signore, è una sottile ragnatela di coincidenze, dicerie e collegamenti forzati. E qualcosa d’altro.

Sandaleros si avvicinò moltissimo al banco della giuria, più di quanto Leisha non si fosse mai permessa di spingersi, e si sporse in avanti. Una donna in prima fila indietreggiò leggermente. — Quello che l’accusa ha, signori e signore, è una ragnatela più spessa, molto più spessa della ragnatela delle prove, di insinuazioni, pregiudizi e connessioni prive di fondamento, basate su odio e sospetto contro la signora Sharifi perché lei è un’Insonne.

— Obiezione! — gridò Hossack. Sandaleros proseguì a raffica, come se non avesse sentito.

— Dico questo per portare alla luce i veri motivi di questo processo, dove tutti possiamo vederli. Jennifer Sharifi è un’Insonne. Io sono un Insonne…

— Obiezione! — gridò nuovamente Hossack, carico di vero furore. — Il difensore sta cercando di mettere sotto processo l’accusa, qui. La legge non fa distinzioni fra Dormienti e Insonni nel caso in cui venga commesso un reato, e non dovrebbe farlo nemmeno il nostro uso delle regole riguardanti le prove.

Ogni coppia di occhi nell’aula, Dormienti, Insonni, migliorati, velati, di vedute ristrette, incerti, fanatici, guardarono il giudice Deepford che non esitò. Aveva evidentemente riflettuto a priori sulla questione, — Proceda pure — disse tranquillamente, staccandosi in questo modo dal suo stile e chiarendo subito che ampio margine avrebbe concesso a Sandaleros per evitare l’accusa di pregiudizio nella sua aula di tribunale. Leisha notò che le unghie della mano destra le si erano conficcate nella sinistra. Quella era una trappola…

— Vostro Onore… — cominciò a dire molto pacatamente Hossack.

— Obiezione respinta, signor Hossack. Proceda, signor Sandaleros.

— Jennifer Sharifi è un’Insonne — ripeté Sandaleros. — Io sono un Insonne. Questo è il processo a un Insonne accusato di avere ucciso un Dormiente, accusato perché è Insonne…

— Obiezione! L’imputato è qui accusato dopo che un gran giurì ha considerato le prove a suo carico!

Tutti fissarono Hossack, Leisha vide il momento in cui lui si rese conto di essere caduto nel gioco di Sandaleros. Indipendentemente da quello che dicevano le prove, tutti nell’aula sapevano che Jennifer Sharifi era stata rinviata a giudizio da ventitré Dormienti presso il gran giurì perché era Insonne. La paura, non le prove, l’aveva rinviata a giudizio. Negandolo, Hossack stesso finiva con l’apparire disonesto oppure stupido: un uomo che non era in grado di guardare in faccia l’orribile realtà. Un uomo delle cui affermazioni bisognava dubitare.

Leisha si accorse che Hossack aveva appena visto usare contro di sé il suo stesso senso della giustizia e dell’onestà in modo da farlo apparire un asino ipocrita.

Jennifer Sharifi non si mosse mai.


I primi testimoni furono le persone che si erano trovate sul luogo della morte di Timothy Herlinger. Hossack fece sfilare una gran varietà di poliziotti della Stradale, pedoni e il guidatore dell’auto, una donna sottile che riuscì a mala pena a trattenersi dal piangere. Tramite loro, Hossack stabilì che Herlinger aveva superato il limite di velocità, aveva eseguito una secca svolta a sinistra e, come la maggior parte dei guidatori di scooter, aveva probabilmente confidato nello scudo deflettore automatico a energia-Y per mantenersi ai trenta centimetri standard da qualsiasi cosa si trovasse a venire dall’altra parte. Invece, si era andato a schiantare diritto filato nel fianco dell’auto guidata dalla signora Stacy Hillman, che aveva già cominciato ad avanzare, essendo cambiato il senso del traffico. Herlinger non portava mai il casco: i deflettori rendevano superflui i caschi. Era morto all’istante.

Il robot della pattuglia della Polizia stradale aveva effettuato un controllo approssimativo dello scooter e aveva scoperto il deflettore rotto o meglio, visto che i deflettori non si rompevano mai e una tale possibilità non era contemplata nella sua programmazione, esso aveva indicato lo scooter come correttamente funzionante. Ciò era talmente in contrasto con quanto riportato dai testimoni, che un poliziotto era montato con estrema cautela sullo scooter, lo aveva provato e aveva scoperto personalmente la rottura. Lo scooter era stato inviato alla Scientifica, reparto energetico, per una analisi approfondita.

Ellen Kassabian, capo della Scientifica, era un donnone con il lento e misurato modo di parlare che le giurie trovavano autoritario ma che, Leisha lo sapeva bene, poteva nascondere una cocciuta inflessibilità. Hossack la interrogò a fondo sullo scooter.

— Qual era specificamente la natura della manomissione?

— Lo schermo era settato per rompersi al primo impatto che fosse avvenuto a una velocità superiore ai venti chilometri orari.

— È una manomissione di facile realizzazione?

— No. Al cono dell’energia-Y è stato collegato un dispositivo che provocasse la rottura. — Descrisse il dispositivo, divenendo presto incomprensibilmente tecnica. Indipendentemente da tutto, però, la giuria la ascoltò attentamente.

— Aveva mai visto un simile dispositivo prima?

— No. Per quanto ne so io si tratta di una nuova invenzione.

— E allora come fa lei a sapere che agisce come ci ha appena detto?

— Lo abbiamo testato approfonditamente.

— Sarebbe in grado adesso, come risultato dei test effettuati, di duplicare il dispositivo?

— No. Oh, ma sono certa che qualcuno riuscirebbe a farlo. Ma è complicato. Lo abbiamo fatto vedere dagli specialisti del Dipartimento della difesa…

— Li chiameremo come testimoni.

— …e hanno detto — continuò la Kassabian, inarrestabile — che implicava l’impiego di una nuova tecnologia.

— Quindi un’intelligenza molto sofisticata, addirittura insolita, sarebbe stata necessaria per architettare questo sabotaggio?

— Obiezione — disse Sandaleros. — Alla teste è stata chiesta un’opinione personale.

Hossack replicò: — La sua opinione professionale è decisamente all’interno del campo attribuitole dalle sue credenziali.

— Proceda — disse il giudice.

Hossack ripeté la domanda. — Quindi un’intelligenza molto sofisticata, addirittura insolita, sarebbe stata necessaria per effettuare il sabotaggio?

— Sì — rispose la Kassabian.

— Una persona o un gruppo di persone estremamente insolite.

— Sì.

Hossack lasciò che la risposta indugiasse nell’aria mentre esaminava i propri appunti. Leisha notò come gli sguardi dei giurati andavano a scandagliare l’aula in cerca degli Insonni, un intelligente e insolito gruppo di persone.

Hossack riprese: — Adesso prendiamo in esame la terza impronta di retina registrata sullo scanner la mattina della morte del dottor Herlinger. Come fate a essere tanto sicuri che si tratti di una donna adulta e Insonne?

— Le impronte della retina sono analisi del tessuto. Come tutti i tessuti, essa degrada con l’età. Esistono quelli che noi chiamiamo punti "confusi" in cui le cellule sono rotte e non si sono rigenerate, si tratta di tessuti nervosi, badate bene, oppure sono malformate. Il tessuto degli Insonni non reagisce in questo modo. Esso si rigenera, non si sa come… — Leisha notò la doppia valenza del termine "non si sa come", l’amara malinconia che aveva udito per la prima volta ventun anni addietro da Susan Melling — e le analisi della retina sono molto caratteristiche. Nitide. Nessun tipo di confusione. Quanto più anziano è il soggetto tanto più sicuramente riusciamo a identificare un’impronta di Insonne. Con i bambini piccoli a volte è difficile stabilire la differenza, perfino per un computer. Ma, in questo caso, si trattava di una donna adulta Insonne.

— Capisco. E non corrisponde ad alcuna Insonne conosciuta?

— No. L’impronta non è schedata.

— Può spiegare qualcosa alla corte, signora Kassabian? Quando l’imputata, Jennifer Sharifi è stata arrestata, è stata presa l’impronta della sua retina?

— Sì.

— E corrisponde con la scansione rilevata sullo scooter del dottor Herlinger?

— No.

— Non è assolutamente possibile che la signora Sharifi abbia manomesso personalmente quello scooter?

— No — ripeté la Kassabian, permettendo così all’accusa di mettere alla luce il punto in questione, prima che la difesa potesse farne un uso ben più teatrale.

— L’impronta corrisponde a quella di Leisha Camden, che si era trovata nello stesso edificio con il dottor Herlinger appena prima della sua morte?

— No.

Tutti gli sguardi si puntarono su Leisha.

— Però è stata un’Insonne quella che si è chinata vicino allo scanner, l’ultima persona a farlo, in un istante qualsiasi fra il momento in cui Herlinger lasciò casa sua quella mattina e il momento in cui morì alle nove e trentadue. Una Insonne che, di conseguenza, ha manomesso lo scooter.

— Obiezione — gridò Sandaleros. — Si tratta di una congettura proposta al testimone.

— Ritiro la domanda — disse Hossack. Restò zitto per qualche istante, attirando ancora una volta su di sé tutti gli occhi con il profondo e teso spessore del suo silenzio. Ripeté quindi lentamente: — Un’impronta di Insonne. Un Insonne. - E solo allora: — Non ho nulla da aggiungere.

Sandaleros fu feroce riguardo all’impronta della retina. La sconcertata modestia del suo discorso di apertura era del tutto svanita. — Signora Kassabian, quante impronte di retina di Insonni sono schedate nella rete di applicazione legale degli Stati Uniti?

— Centotrentatré.

— Soltanto centotrentatré? Su una popolazione di Insonni che supera le ventimila unità?

— Esatto — disse la Kassabian e, dal leggero spostamento del peso sul banco dei testimoni, Leisha dedusse, per la prima volta, che Ellen Kassabian disprezzava gli Insonni.

— Mi sembra un numero davvero ridotto — si stupì Sandaleros. — Mi dica, in quali circostanze l’impronta della retina di un individuo viene immessa nei file di schedatura legale?

— Quando viene messo in stato di arresto.

— È l’unico modo?

— Oppure se fa parte dello stesso sistema di applicazione legale. Personale di polizia, giudici, guardie carcerarie. Tutto qui.

— Anche gli avvocati?

— Sì.

— Ecco perché, come dire, l’impronta di Leisha Camden era disponibile per un controllo.

— Sì.

— Signora Kassabian, quale percentuale di quelle centotrentatré impronte di retina di Insonni appartiene al personale legale?

La Kassabian non aveva chiaramente alcuna voglia di rispondere. — Ottanta per cento.

Ottanta? Vuole dire che soltanto il venti per cento di centotrentatré Insonni, ventisette persone, è stato arrestato in nove anni, da quando vengono schedate le impronte di retina?

— Sì — rispose la Kassabian con voce esageratamente neutra.

— Sa per quali reati siano stati effettuati tali arresti?

— Tre per disturbo della quiete pubblica, due per furtarelli, ventidue per molestie.

— Sembrerebbe — disse seccamente Sandaleros — che gli Insonni siano un gruppo decisamente rispettoso della legge, signora Kassabian.

— Sì,

— A dire il vero, sembrerebbe, dalle impronte di retina schedate, che il crimine più usuale per gli Insonni sia la loro semplice esistenza, che costituisce una specie di molestia.

— Obiezione — gridò Hossack.

— Accolta. Signor Sandaleros, ha da porre altre domande pertinenti alla testimonianza della signora Kassabian?

Eppure, pensò Leisha, Deepford aveva permesso l’introduzione delle statistiche sulla retina, chiaramente non in ordine di prova e solo marginalmente rilevanti.

— Sì — schioccò Sandaleros. Il suo intero contegno cambiò: sembrò improvvisamente più alto, più fiero. Come aveva fatto con la giuria, si portò leggermente più vicino all’esperta legale. — Signora Kassabian, su uno scanner di retina può venire caricata un’impronta di retina da un terzo?

— No. Non più di quanto un terzo non potrebbe, per esempio, lasciare su una pistola le sue impronte, signor Sandaleros, se lei non fosse presente.

— Ma un terzo potrebbe sostituire una pistola con le mie impronte a una con quelle di qualcun altro. Uno scanner con impronte di retina già inserite potrebbe essere sostituito a uno scanner esistente, senza che questo venga scoperto, se la persona che effettua la sostituzione tenesse il volto ben distante dallo scanner durante l’operazione?

— Be’, sarebbe molto difficile. Gli scanner sono protetti da misure di sicurezza che…

— Sarebbe possibile?

La Kassabian rispose con riluttanza: — Soltanto da qualcuno con un’immensa conoscenza tecnica ed esperienza, una persona insolita…

— Con il permesso della corte — disse bruscamente Sandaleros — desidererei che venisse riproposta la porzione della registrazione in cui la signora Kassabian ha discusso sulle abilità tecniche della persona che noi sappiamo avere manomesso il campo deflettore dello scooter.

— Registratore, ricerca e lettura — disse Deepford.

Il computer lesse: "Signor Hossack: ’Quindi un’intelligenza molto sofisticata, addirittura insolita, sarebbe stata necessaria per effettuare il sabotaggio?’ Dottoressa Kassabian: ’Sì.’ Signor Hossack: ’Una persona o un gruppo di persone estremamente insolite.’ Dottoressa Kassabian: ’Sì.’ Signor Hossack: ’Quanto tempo prima… ’"

— Basta così — disse Sandaleros. — Quindi ci troviamo di fronte a qualcuno in grado di manomettere un dispositivo a energia-Y che deve essere di conseguenza, secondo le sue stesse parole, dottoressa Kassabian, anche in grado di sostituire uno scanner precaricato a quello già presente sullo scooter del dottor Herlinger.

— Non ho detto…

— Le sembra un’ipotesi possibile?

— Dovrebbe…

— Risponda semplicemente alla domanda. È possibile?

Ellen Kassabian trasse un profondo respiro. Le sopracciglia le si inarcarono: avrebbe desiderato chiaramente fare a pezzi Sandaleros. Passò un lungo istante. Alla fine, lei ammise: — È possibile.

— Non ho altre domande.

L’esperta legale lanciò a Sandaleros un’occhiata di furia silente.


Leisha si incamminò verso la finestra della sua biblioteca e guardò fuori, sopra le luci notturne di Chicago. Il processo era stato sospeso per il fine settimana, e lei era tornata a casa, incapace di tollerare il Motel di Conewango più di quanto non fosse strettamente necessario. L’appartamento era silenziosissimo. In un momento imprecisato, durante la passata settimana, Kevin aveva portato via i suoi mobili e i suoi quadri.

La donna ritornò al terminale. Il messaggio non era mutato: RETE DEL RIFUGIO. ACCESSO NEGATO.

— Scavalcare parola chiave, identificazione voce e retina, precedente comando.

ACCESSO NEGATO.

La rete del Rifugio, che era sempre stata aperta a qualunque Insonne del mondo, non accettava nemmeno la sua incontestabile identificazione. Ma era soltanto un trucco. Leisha lo sapeva bene: c’era ben altro che Jennifer desiderava che lei scoprisse, al di là del nudo tatto della sua esclusione.

— Chiamata personale, urgente, per Jennifer Sharifi, scavalcare parola chiave, identificazione voce e retina.

ACCESSO NEGATO.

— Chiamata personale, urgente, per Richard Keller, scavalcare parola chiave, identificazione voce e retina.

ACCESSO NEGATO.

Cercò di riflettere. Provava una pesantezza attorno al cranio come se fosse in profondità sott’acqua. L’ultimo mazzo dei perenni fiori di Alice caricava l’aria di una dolcezza oppressiva.

— Chiamata personale, urgente, per Tony Indivino, scavalcare parola chiave, identificazione voce e retina.

Cassie Blumenthal, membro del Consiglio del Rifugio, apparve sullo schermo.

— Leisha, parlo per conto di Jennifer, semmai tu riuscirai ad accedere a questo messaggio registrato. Il Consiglio del Rifugio ha votato nello spirito del giuramento. A coloro i quali non hanno pronunciato il giuramento sarà negato l’accesso alla rete del Rifugio, al Rifugio stesso e a qualsiasi tipo di commercio con chiunque altro abbia pronunciato il giuramento. A te è di conseguenza negato qualsiasi accesso permanentemente e irrevocabilmente. Jennifer mi ha anche chiesto di dirti di rileggere il discorso di Abramo Lincoln alla Convenzione Repubblicana dell’Illinois, tenuto nel giugno 1858, e di aggiungere che i precetti storici del passato non sono stati ricordati soltanto perché Kenzo Yagai ha magnificato le realizzazioni personali al di sopra del valore della comunità. A partire dal primo del prossimo mese, tutti i giuranti del Rifugio cominceranno a ritirarsi da qualsiasi relazione commerciale con te, con le Imprese Camden, con le holding consociate e con tutte le holding dirette e indirette di Kevin Baker, inclusa la rete del Gruppo, se lui continuerà a rifiutare solidarietà alla comunità. Questo è tutto.

Lo schermo si fece vuoto.

Leisha rimase seduta immobile per un lungo momento.

Si collegò quindi alla banca dati della biblioteca per richiamare il discorso di Lincoln. Le parole si susseguirono sullo schermo, e la risonante voce di un attore cominciò a recitare, ma lei non aveva bisogno di nessuna delle due cose: alle prime parole aveva ricordato di quale discorso si trattasse. Lincoln, ritornato alla pratica legale dopo i debiti e le delusioni, aveva accettato la nomination repubblicana per concorrere all’elezione al Congresso contro Stephen Douglas, brillante promotore del diritto dei territori di decidere autonomamente sulla scelta rispetto alla schiavitù, Lincoln si era presentato alla fiera e litigiosa assemblea con le parole: "Una casa divisa contro se stessa non può resistere".

Leisha spense il terminale. Si avviò nella camera che lei e Kevin avevano utilizzato per i loro poco frequenti rapporti sessuali. Lui si era portato via il letto. Dopo qualche tempo, lei si stese sul pavimento, con i palmi delle mani piatti lungo i fianchi, respirando con attenzione.

Richard. Kevin. Stella. Il Rifugio.

Si chiese quanto ancora le fosse restato da perdere,


Jennifer si trovava davanti a Sandaleros, separata dal campo di sicurezza della prigione che scintillava debolmente, appena quel tanto da raddolcire la giovane linea delle mascelle modificate geneticamente di lui. Gli disse: — Le prove che mi collegano alla manomissione dello scooter sono fondamentalmente circostanziali. La giuria è sufficientemente sveglia da capirlo?

Lui non le mentì: — Giurie di Dormienti… — Ci fu un lungo silenzio.

— Jennifer, ma tu mangi? Non sembri stare bene.

Lei restò veramente sorpresa. Sandaleros riteneva ancora che cose simili fossero importanti: che aspetto lei avesse, se mangiasse. Sulle ali della sorpresa, arrivò il disgusto. Aveva pensato che Sandaleros fosse superiore a quel tipo di sentimentalismi. Jennifer aveva bisogno che lui lo fosse, che comprendesse che cose simili erano assolutamente irrilevanti al confronto di quello che lei doveva fare e che aveva necessità che lui facesse per lei. Per cos’altro si stava disciplinando se non per la subordinazione di cose come che aspetto avesse o come si sentisse? Per quelli che erano fattori realmente importanti per il Rifugio? Ora lei si trovava in un luogo in cui non importava niente altro e aveva combattuto molto duramente per arrivarci. Aveva trasformato la prigionia, l’isolamento, la separazione dai figli e la vergogna personale in strade per raggiungere quel luogo, e quindi in un trionfo di forza di volontà e conquista. Aveva pensato che Will Sandaleros potesse capirlo. Lui doveva percorrere la stessa strada, avrebbe dovuto percorrerla perché, arrivata alla fine, lei avrebbe avuto bisogno di lui.

Ma non doveva tentare di portarlo in quel luogo troppo in fretta. Era stato l’errore che aveva commesso con Richard. Aveva pensato che Richard stesse viaggiando di fianco a lei, altrettanto tranquillamente e velocemente, e invece lui aveva esitato, lei non se ne era accorta, e Richard era collassato. La responsabilità di tutto quello era solo sua, perché non si era accorta dell’esitazione. Richard era stato legato all’esterno in un modo che lei aveva sottovalutato: all’esterno, a ideali logori e forse ancora perfino a Leisha Camden. Rendersene conto non le provocò alcuna gelosia. Richard non era stato forte a sufficienza, quello era quanto. Will Sandaleros, cresciuto nel Rifugio, dovendo la propria vita al Rifugio, lo sarebbe stato. Jennifer lo avrebbe reso forte a sufficienza. Ma non troppo in fretta.

Quindi lei rispose: — Sto bene. Cos’altro hai per me?

— Leisha si è collegata alla rete ieri sera.

Lei annuì. — Bene. E gli altri della lista?

— Tutti meno Kevin Baker. Anche se se ne è andato via dal loro appartamento.

Venne pervasa dal godimento. — Può venire persuaso a giurare?

— Non so. Se così fosse, lo vuoi all’interno?

— No. All’esterno.

— Sarà difficile da mantenere sotto sorveglianza elettronica. Dio, Jennifer, è stato lui a inventare la maggior parte di quella roba.

— Non voglio che sia messo sotto sorveglianza. Per niente. Non è il modo per trattenere un uomo come Kevin. Nemmeno con la solidarietà. Lo faremo tramite interessi economici e regole contrattuali. Gli strumenti dello yagaismo a nostro vantaggio. E tutto senza controllo.

Sandaleros apparve dubbioso, ma non si mise a discutere. Quella era un’altra cosa che lei avrebbe dovuto condurlo a fare. Doveva imparare a discutere con lei. Il metallo forgiato era sempre più resistente di quello non forgiato.

Jennifer chiese: — Chi altro, all’esterno, ha pronunciato il giuramento?

Lui le fornì i nomi, insieme con i progetti relativi al trasferimento di ognuno al Rifugio. Lei rimase ad ascoltare attentamente: l’altro nome che aveva desiderato sentire non era presente. — E Stella Bevington?

— No.

— C’è tempo. — Piegò la testa e poi porse l’unica domanda che si concedeva per ogni visita. L’ultima debolezza rimasta. — E i miei bambini?

— Stanno bene. Najla…

— Porta loro i miei saluti più affettuosi. Adesso c’è una cosa che devi cominciare a fare per me, Will. È un prossimo passo importante. Forse il più importante che il Rifugio abbia mai intrapreso.

— Cosa?

Lei glielo disse.


Jordan chiuse la porta del proprio ufficio. Il rumore cessò istantaneamente: il rat-a-tat-tat di macchinari sul pavimento della fabbrica, la musica rock, le voci urlanti e, soprattutto, il lungo servizio giornalistico del processo Sharifi sui due megaschermi che Hawke aveva noleggiato e sistemato sulle due estremità del cavernoso edificio principale. Tutto si fermò. Jordan aveva fatto isolare acusticamente il proprio ufficio, pagando personalmente.

Si appoggiò contro la porta chiusa, grato del silenzio. Il telefono trillò.

— Jordan, sei tu? — disse Mayleen dalla guardiola della sicurezza. — Problemi all’Edificio Tre, non riesco a trovare il signor Hawke da nessuna parte, farai meglio ad andarci subito.

— Che genere di guai?

— Sembra una rissa. Lo schermo non è messo bene laggiù, qualcuno dovrebbe andare a dare un’occhiata. Se non lo rompono prima.

— Vado subito — disse Jordan spalancando la porta.

"E così le ho detto…" "Passami quella numero cinque…" "Ultima testimonianza sembra aprire dubbi su Adam Walcott, presunta vittima della cospirazione del Rifugio…" "Baaallaaando tutta noootte coooon teeeeeee…" "Feroce attacco alla Ditta di Insonni Carver Figlia la scorsa notte da parte di ignoti…"

Quando fossero arrivate le ferie, pensò Jordan, le avrebbe passate tutte in un qualsiasi luogo silenzioso, deserto, vuoto. Da solo.

Corse per tutta la lunghezza dello stabilimento principale, esternamente, e attraverso un ridotto appezzamento di terra, quelli del Mississippi lo chiamavano "il cortile" verso gli edifici più piccoli utilizzati per verificare e immagazzinare parti di ricambio inviate dai fornitori, per effettuare l’inventario degli scooter e per revisionare l’equipaggiamento. L’Edifico Tre era quello del controllo qualità, mezzo magazzino, mezzo postazione di smistamento per separare le parti degli scooter Noi-Dormiamo che arrivavano fra parti difettose o riutilizzabili. Ce n’erano moltissime di difettose. Casse da imballaggio in polistirolo erano sparpagliate su tutto il pavimento. Nel retro, fra alte scansie di magazzinaggio, c’era gente che gridava. Mentre Jordan correva in direzione del rumore, una sezione di scansia alta due metri e mezzo si fracassò al suolo, disseminando parti di ricambio come fossero schegge di granata. Una donna strillò.

Gli addetti alla sicurezza dello stabilimento erano già sul posto, due uomini corpulenti in uniforme che stavano trattenendo un uomo e una donna che si divincolavano e strillavano. Le guardie sembravano sconcertate: le risse erano rare fra gli impiegati della Noi-Dormiamo, spinti da un’assoluta e febbrile lealtà nei confronti di Hawke. A terra c’era un terzo uomo, gemente, che si teneva la testa; alle sue spalle un’immensa figura giaceva immobile, inzuppata di sangue.

— Che diavolo è successo qui? — domandò in modo imperioso Jordan. — Chi è quello… Joey?

— È un Insonne! — stridette la donna. Cercò di scalciare il gigante prostrato con la punta dello stivale. La guardia la strattonò indietro. L’immensa sagoma insanguinata si mosse leggermente.

Joey Insonne? — chiese Jordan, Scavalcò l’impiegato gemente e rivoltò il gigante: gli sembrò di ribaltare una balena insabbiata. Joey, non aveva altro nome, pesava centosessanta chili ed era alto quasi due metri, un uomo ritardato mentalmente ma di immensa forza che Hawke lasciava vivere, lavorare e mangiare in fabbrica. Joey scaricava casse e svolgeva altri lavori umili che, in qualsiasi altro luogo che non fosse uno stabilimento Noi-Dormiamo, sarebbero stati automatizzati. Lavorava instancabilmente proprio come un robot, diceva Hawke, e rappresentava un valido membro di quella classe che la Noi-Dormiamo stava sollevando dal degrado della dipendenza. Jordan era stato colpito dal fatto che Joey, ormai, era altrettanto dipendente da Hawke di quanto non lo sarebbe mai stato dall’assistenza sociale; altrettanto degradato dalle battute crudeli dei suoi compagni di lavoro di quanto lo sarebbe stato in un qualsiasi dormitorio del governo. Jordan aveva tenuto per sé tali osservazioni. Joey sembrava felice ed era grato a Hawke come uno schiavo. Non lo erano tutti?

— È Insonne! — sputò la donna. — Non c’è posto qui per quelli come lui!

Joey un Insonne? Non aveva alcun senso. Jordan intimò freddamente all’uomo che stava ancora lottando contro la presa della guardia: — Jenkins, l’addetto alla sicurezza sta per lasciarti andare. Se fai solo un passo verso Joey, prima che io sia arrivato al fondo di questa faccenda, qui hai chiuso. Capito? — Jenkins annuì con espressione truce. Alla guardia, Jordan ordinò: — Vai a rapporto da Mayleen e di’ che è tutto sotto controllo. Chiedile di chiamare un’ambulanza per due pazienti. Adesso tu, Jenkins, spiegami cosa è successo qui.

Jenkins disse: — Quel bastardo è un Insonne. Non vogliamo nessun…

— Che cosa ti fa pensare che sia un Insonne?

— Lo abbiamo controllato — disse Jenkins. — Io, Turner e Holly. Non dorme. Mai.

— Ci sta spiando! — Strillò la donna. — Probabilmente è una spia del Rifugio e di quella puttana assassina della Sharifi!

Jordan le voltò la schiena. Inginocchiandosi, scrutò il volto insanguinato di Joey. Le palpebre erano chiuse ma si contraevano, e Jordan si accorse improvvisamente che Joey stava fingendo di essere in stato di incoscienza. Il gigante indossava i più dozzinali abiti in plastica, ormai malamente lacerati. Con la barba e i capelli incolti, il suo puzzo da non lavato e il sangue impastato per tutto l’immenso corpo, fece pensare a Jordan a un animale rognoso messo alle corde, un elefante maschio colpito o un bisonte zoppicante. Jordan non aveva mai sentito parlare di un Insonne mentalmente ritardato, ma se Joey era vecchio abbastanza, appariva più vecchio di Dio, potevano essergli stati modificati solamente i geni che regolavano il sonno, senza che il resto fosse stato nemmeno controllato. Se il suo QI naturale era molto basso… ma perché mai doveva trovarsi lì? Gli Insonni si prendevano cura dei loro.

Il corpo di Jordan impediva agli altri la vista del volto di Joey. La stupida donna stava ancora strillando di spie e sabotaggio. Jordan chiese con un fil di voce: — Joey, sei un Insonne?

Le palpebre cispose si contrassero freneticamente

— Joey, rispondimi. Allora: sei un Insonne?

Joey aprì gli occhi: obbediva sempre agli ordini diretti. Cominciarono a scorrergli lacrime attraverso il sangue e lo sporco. — Signor Watrous, non lo dire al signor Hawke! Ti prego, ti prego, non dirlo al signor Hawke!

Jordan si sentì bruciare dalla pietà. Si alzò in piedi. Con sua grande sorpresa, anche Joey barcollò in piedi, sostenendosi contro un’altra scansia che si mise a tremare in modo rischioso. Joey si fece piccolo piccolo davanti a Jordan, sopraffacendolo tuttavia con la sua puzza. Il gigante era terrorizzato: da Jenkins che fissava in modo truce il pavimento; da Turner, che gemeva sanguinando; da Holly dalla bocca sudicia che pesava forse quarantotto chili.

— Chiudi il becco — ordinò Jordan alla donna. — Campbell, tu resta qui con Turner finché non sarà arrivata l’ambulanza. Jenkins, tu e lei cominciate a ripulire questo casino, chiamate qualcuno dalla Sezione Sei per assicurare che il flusso delle parti di ricambio sulla catena di montaggio non venga interrotto. Recatevi tutti e due a rapporto nell’ufficio di Hawke alle tre di questo pomeriggio. Joey, tu vai con Campbell e Turner nell’ambulanza.

— Noooo — piagnucolò Joey. Si aggrappò al braccio di Jordan. All’esterno, le sirene dell’ambulanza strillarono.

Come reagivano i medici delle ambulanze nei confronti degli Insonni?

— D’accordo — schioccò Jordan. — D’accordo, Joey. Dirò loro di visitarti qui.

I tagli di Joey erano effettivamente superficiali: era più il sangue che il danno. Dopo che i medici l’ebbero medicato, Jordan condusse Joey, passando all’esterno dell’edificio principale, a una porta laterale e nel suo ufficio, continuando a chiedersi: Joey Insonne? L’incompetente, sporco, terrorizzato, stupido, dipendente Joey?

La porta insonorizzata escluse tutti i rumori. — Adesso dimmi, Joey. Come sei arrivato a questa fabbrica?

— A piedi.

— Voglio dire, perché? Perché sei venuto in una fabbrica Noi-Dormiamo?

— Non so.

— Ti ha detto qualcuno di venire qui?

— Il signor Hawke. Oh, signor Watrous, non dirlo al signor Hawke! Ti prego, ti prego, ti prego, non dirlo al signor Hawke!

— Non avere paura, Joey. Stammi a sentire. Dove vivevi prima che il signor Hawke ti portasse qui?

— Non lo so!

— Ma tu…

— Non lo so!

Jordan insistette, gentilmente seppure in modo tenace, ma Joey non sapeva nulla. Non sapeva dove fosse nato, quello che fosse successo ai suoi genitori, quanti anni avesse. Tutto quello che sembrava ricordare, ripetuto in continuazione, era che la signora Cheever gli aveva detto di non confidare a nessuno che era Insonne, altrimenti la gente gli avrebbe fatto del male. Di notte doveva andarsene per proprio conto e stendersi. E Joey lo faceva rigorosamente, perché la signora Cheever gli aveva detto di farlo. Non riusciva a ricordare chi fosse la signora Cheever né perché fosse stata gentile con lui, e neppure che cosa le fosse accaduto.

— Joey — disse Jordan — hai…

— Non dirlo al signor Hawke!

Il volto di Mayleen apparve al videotelefono. — Jordan, sta arrivando il signor Hawke. Holly Newman mi ha raccontato quello che è successo. — La sua immagine sbirciò Joey, incuriosita. — Lui è Insonne?

— Non cominciare, Mayleen!

— Merda, ho detto in tutto…

Hawke rotolò nella stanza in un’ondata di rumori. L’ufficio fu immediatamente il suo. Lui lo riempì con la propria prestanza fisica, era grosso quasi quanto Joey ma molto più imponente, e Jordan, che pensava di essere abituato a Hawke, si sentì rimpicciolire ancora una volta fino a diventare insignificante.

— Campbell mi ha detto quello che è successo. Joey è un Insonne?

— Uuuuuunnnhhh — piagnucolò Joey. Si portò le mani sul volto. Le sue dita sembravano banane insanguinate.

Jordan si aspettava che Hawke affrontasse immediatamente l’errore commesso e vi ponesse rimedio. Hawke era buono con le persone. L’uomo, invece, continuò a fissare silenziosamente Joey, sorridendo debolmente, non divertito ma stranamente compiaciuto, come se ci fosse qualcosa in Joey che lo faceva sentire bene e non esistesse motivo per nasconderlo.

— Signor Hawke, d-d-d-d-evo… — nella sua angoscia, il gigante prese a balbettare — …and-d-d-dare v-v-v-v-ia…

— Ma no, ovviamente no, Joey — disse Hawke. — Puoi restare qui, se vuoi.

La speranza lottò in modo grottesco sul volto di Joey. — Anche se non d-d-d-ormo m-m-m-mai?

— Anche se sei Insonne — confermò pacatamente Hawke. Continuava a sorridere. — Possiamo avere bisogno di te, qui.

Joey barcollò verso Hawke e cadde in ginocchio. Lanciò le braccia attorno alla vita dell’uomo, nascose la testa contro il suo ventre duro e si mise a singhiozzare. Hawke non indietreggiò per la puzza, lo sporco, il sangue. Continuò a fissare Joey, sorridendo debolmente.

Jordan provò un gran senso di nausea.

— Hawke, non può restare qui. Lo sai. Non può.

Hawke accarezzò i capelli sudici di Joey.

Jordan disse bruscamente: — Joey, esci dal mio ufficio. Questo è ancora il mio ufficio. Esci, adesso. Vai… — Non poteva mandare Joey al piano degli impianti, ormai doveva essersi sparsa la voce in tutto lo stabilimento. L’ufficio di Hawke era chiuso a chiave, gli edifici esterni erano anche peggio, non esisteva posto nella fabbrica Noi-Dormiamo in cui Joey sarebbe stato al sicuro dai suoi compagni di lavoro.

— Mandalo nella mia guardiola — disse l’immagine di Mayleen. Jordan aveva completamente dimenticato che la comunicazione telefonica era ancora aperta. — Qui non gli darà fastidio nessuno.

Sbalordito, Jordan rifletté velocemente. Mayleen aveva delle armi… ma no. Non lo avrebbe fatto. Lo capì, in qualche modo, dal tono della sua voce.

— Vai nella guardiola di Mayleen, Joey — disse Jordan con tutta l’autorevolezza possibile. — Vai subito.

Joey non si mosse.

— Vai pure, Joey — disse Hawke con voce divertita, e Joey andò.

Jordan affrontò il capo. — Lo uccideranno, se rimarrà qui.

— Non puoi saperlo.

— Sì. Lo so e lo sai anche tu. Hai fomentato un tale odio contro gli Insonni… — Si bloccò. Allora era questo che significava la Noi-Dormiamo. Non soltanto odio per Kevin Baker, Leisha Camden e Jennifer Sharifi, persone intelligenti e potenti in grado di prendersi cura di se stesse, concorrenti economici con le migliori armi economiche dalla loro parte. Era anche odio per Joey Senza-Nome che non avrebbe riconosciuto un’arma economica nemmeno se ci avesse sbattuto contro il naso. Cosa che, probabilmente, avrebbe fatto.

— Non pensare in questo modo, Jordan — disse Hawke serenamente. — Joey è un’anomalia. Un buco nelle statistiche degli Insonni. È insignificante nella vera guerra per la giustizia.

— Non insignificante a sufficienza perché tu lo ignori. Se lo ritenessi davvero insignificante lo manderesti via, al sicuro. Qui lo uccideranno e tu glielo lascerai fare, perché è un modo in più per provare il brivido del trionfo sugli Insonni, vero?

Hawke si sedette sulla scrivania di Jordan con quell’ampio e agile movimento che Jordan gli aveva visto fare un centinaio di volte in precedenza. Un centinaio, un migliaio se si contavano tutte le volte che Hawke lo aveva ossessionato in sogno. L’uomo si stava accomodando con agili movimenti per dare una gradevole picconata ai ragionamenti di Jordan, per operare una gradevole demolizione dei suoi semplici credo, per godere di un facile trionfo su una mente che non si avvicinava nemmeno lontanamente alla propria.

Quella volta no.

Hawke disse con disinvoltura: — Stai sottovalutando un punto cruciale, Jordy. La base di qualsiasi dignità individuale deve essere la scelta individuale. Joey sceglie di rimanere qui. Ogni sostenitore della dignità umana, da Kenzo Yagai tornando indietro fino ad Abramo Lincoln per arrivare a Euripide, ha insistito sul fatto che la scelta individuale deve soppiantare la pressione sociale. Caspita, lo stesso Lincoln ha detto, so che la tua meravigliosa zia Leisha ti fornirebbe la citazione completa, riguardo all’argomento del pericolo di schiavi emancipati…

Jordan lo interruppe: — Mi licenzio.

Hawke ribatté. — Forza, Jordy, non ci siamo già passati? Con quali risultati?

Jordan uscì. Hawke avrebbe lasciato che anche lui, Jordan, venisse ucciso, in modo differente. In effetti, era proprio ciò che aveva fatto fin dal principio, e Jordan non se ne era mai reso conto. O era anche questo, il pungolare Jordan attraverso il povero Joey, era anche questo deliberato da parte di Hawke? Hawke voleva che lui se ne andasse?

Non c’era modo per esserne certi.

Il rumore dello stabilimento lo sommerse. Sul megaschermo a nord veniva mostrata un’inquadratura aerea del Rifugio, con il deserto che circondava le cupole ad alta tecnologia di Salamanca. "Reggimenti militari si divertono da lungo tempo a progettare verosimili assalti ipotetici a questa apparentemente inespugnabile…" Rat-a-tat-tat. "Halooo-ooogin’ con la mia baaaby…" Jordan uscì dalla porta laterale, Joey lo superava di ottanta chili: non aveva alcuna possibilità di riuscire a portarlo via dalla fabbrica a forza. L’omone non poteva essere persuaso, se non da Hawke. Jordan non poteva lasciarlo lì. Come fare?

Nella guardiola, l’immenso corpo di Joey stava accasciato contro l’unica parete che non era di plastivetro. Mayleen aveva interrotto la comunicazione con l’ufficio di Hawke: doveva avere udito l’intera discussione fra Jordan e il capo. Evitò lo sguardo di Jordan, fissandolo sull’inebetito Joey.

— Gli ho dato un po’ del tè di mia nonna.

— Tè…

— Noi ratti di fiume sappiamo un sacco di cose che voi ragazzetti californiani non vi potete manco immaginare — spiegò stancamente Mayleen. — Portalo fuori da qui, Jordan. Ho chiamato Campbell. Ti aiuta lui a caricare Joey in macchina, se il signor Hawke non gli dice prima di non farlo. Sbrigati.

— Perché, Mayleen? Perché aiutare un Insonne?

Mayleen scrollò le spalle. La sua voce tornò quindi carica di passione. — Merda, guardalo! Nemmeno il pannolino sporco di mia figlia puzza tanto. Pensi che devo combattere contro quello per arrivare da qualche parte nel mondo? Non mi sta fra i piedi, anche se non c’ha bisogno di dormire, mangiare o perfino respirare. — Il suo tono cambiò ancora una volta. — Povero mendicante.

Jordan portò l’automobile al cancello principale. Lui, Mayleen e l’ignaro Campbell vi issarono Joey. Appena prima di partire, Jordan sporse la testa dal finestrino. — Mayleen?

— Che c’è? — era di nuovo pungente. I capelli privi di colore le pendevano sul volto, spettinati per lo sforzo di trascinare Joey.

— Vieni con me. Ormai non credi più che tutto questo sia giusto.

L’espressione di Mayleen si indurì. Fuoco nel ghiaccio. — No.

— Ma capisci che…

— È tutto quello che ho come speranza, Jordan. Questo. Qui.

Ritornò nella guardiola e si chinò sui dispositivi di sicurezza. Jordan si allontanò mentre il suo prigioniero, l’Insonne salvato, occupava l’intero sedile posteriore. Jordan non guardò indietro alla fabbrica Noi-Dormiamo. Quella volta no. Quella volta non sarebbe tornato.

14

Durante la terza settimana del processo, mentre Richard Keller testimoniava contro sua moglie, l’attività nella zona riservata alla stampa divenne frenetica. Le dita degli oloartisti volavano; i giornalisti politici sussurravano annotazioni subvocali, i pomi d’Adamo degli uomini lavoravano senza emettere suono. Su qualcuno dei volti, Leisha scorse i piccoli e crudeli sorrisi di piccole e crudeli persone davanti al dolore.

Richard indossava un abito scuro sopra un corpetto elasticizzato nero. Leisha ricordava i colori chiari che aveva usato per programmare poster e finestre in ogni luogo in cui aveva vissuto. Colori marini, solitamente: verde, blu, i tenui grigi e crema della spuma. Richard stava accasciato in avanti sul banco dei testimoni, con i palmi delle mani appoggiati sulle ginocchia, mentre la luce piatta dell’aula gli picchiava sulla pelle tirata e sui lineamenti marcati. Lei si accorse che Richard aveva le unghie mangiucchiate, non pulitissime. Richard, la cui passione era il mare.

Hossack disse: — Quando si è reso conto per la prima volta che sua moglie aveva rubato i brevetti del dottor Walcott e li aveva registrati a nome del Rifugio?

Sandaleros balzò istantaneamente in piedi. — Obiezione! Non è stato stabilito da nessuna parte, nessuna parte!, che siano stati rubati dei brevetti o da chi!

— Accolta — disse il giudice. Fissò con espressione dura Hossack. — Lei sa fare di meglio, signor Hossack.

— Quando, signor Keller, sua moglie le ha detto per la prima volta che il Rifugio aveva registrato dei brevetti su una ricerca che avrebbe permesso ai Dormienti di divenire Insonni?

Richard parlò con voce monocorde. — La mattina del 28 agosto.

— Sei settimane dopo la reale data di registrazione.

— Sì.

— E qual è stata la sua reazione?

— Le ho chiesto — rispose Richard con le mani ancora appoggiate sulle ginocchia — chi fosse stato, al Rifugio, ad aver sviluppato quei brevetti.

— E cosa rispose lei?

— Mi disse che li aveva presi dall’esterno e che li aveva inseriti nel sistema dell’archivio dell’Ufficio brevetti degli Stati Uniti.

— Obiezione! Prova per sentito dire!

— Respinta — disse Deepford.

— Le ha detto, in altre parole — continuò Hossack — che era responsabile sia per il furto sia per l’intromissione nelle banche dati degli Stati Uniti.

— Sì. Mi ha detto così.

— L’ha interrogata su come fosse stalo realizzato questo presunto furto?

— Sì.

— Dica alla corte che cosa le ha risposto.

Era ciò che la stampa stava aspettando: era quello il motivo per cui gli spettatori erano venuti, accalcandosi l’uno sull’altro. Per vedere il potere del Rifugio messo a nudo dall’interno, sventrato da un Insonne che, per farlo, stava sventrando se stesso. Leisha riusciva a provare il sapore di quella tensione: aveva una traccia ramata, salina, come il sangue.

Richard disse: — Ho spiegato una volta a Leisha Camden che non sono un esperto di reti di dati. Non so come sia stato realizzato. Non ho chiesto. Quello che so è archiviato in una registrazione presso il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Se volete sentirlo, mandate la registrazione. Io non lo ripeterò.

Il giudice Deepford si sporse di lato, al di sopra del banco. — Signor Keller, lei è sotto giuramento. Risponda alla domanda.

— No — rispose Richard.

— Se non risponderà — disse il giudice in modo non scortese — la incriminerò per disobbedienza alla corte.

Richard cominciò a ridere. — Disobbedienza? Incriminare me per disobbedienza? — Smise di ridere e sollevò le mani all’altezza delle spalle, come un pugile suonato. Le mani ricaddero giù. Le lasciò penzolare flaccide lungo i fianchi. Indipendentemente da quello che gli era stato detto, rimase seduto senza rispondere e sorrideva e di tanto in tanto mormorando "disobbedienza", finché il giudice annunciò un’ora di sospensione.

Quando la corte si riunì nuovamente, Deepford sembrò affaticato. Tutti, a parte Will Sandaleros, apparivano affaticati. Smembrare un uomo, pensò Leisha inebetita, era un lavoro duro.

Will Sandaleros sembrava di fuoco.

Hossack fece oscillare davanti al testimone un ciondolo sulla catenina d’oro. — Lo riconosce, signor Keller?

— Sì. — La pelle sul volto di Richard sembrava gonfia, come la pasta del pane non cotta lasciata a lievitare.

— Che cos’è?

— È un controller micro-alimentato collegato al campo a energia-Y del Rifugio.

La giuria fissò il pendente nelle mani di Hossack. Alcuni si sporsero in avanti. Un uomo scosse lentamente la testa.

Il pendente aveva una forma a goccia ed era di un materiale liscio e opaco, del verde delle mele acerbe. Secondo la testimonianza dello scontroso addetto al garage, aveva trovato quell’oggetto vicino al parcheggio riservato allo scooter del dottor Herlinger pochi istanti dopo aver visto una figura dotata di maschera e guanti scappar via da un ingresso laterale. Il campo di forza dell’entrata era stato abbassato: — Così da non registrare tutti i miei piccoli avanti e indietro quotidiani, capite? — aveva spiegato l’addetto. Il filmato del servizio di sicurezza aveva confermato la testimonianza. Leisha non ne aveva dubitato fin dall’inizio. La lunga esperienza le aveva insegnato a riconoscere un testimone troppo disinteressato alla giustizia per prendersi la briga di falsarla.

Il pendente verde oscillava dolcemente fra le dita di Hossack.

— A chi appartiene questo dispositivo, signor Keller?

— Non lo so.

— I pendenti del Rifugio non sono in alcun modo personalizzati? Con iniziali, colori o una qualsiasi altra cosa?

— No.

— Quanti ne esistono?

— Non lo so.

— Come mai? — chiese Hossack.

— Non ero io responsabile della loro produzione o distribuzione.

— Chi lo era?

— Mia moglie.

— Intende dire l’imputata, Jennifer Sharifi.

— Sì.

Hossack lasciò indugiare la risposta mentre consultava alcuni appunti. "Mia moglie". Leisha poteva quasi udire la giuria pensare: che cosa occorre perché un marito condanni sua moglie? Le dita di lei si serrarono le une fra le altre.

— Signor Keller, lei è membro del Consiglio del Rifugio. Perché non sa quanti pendenti di questo tipo esistono?

— Perché non l’ho voluto sapere.

Se fosse stata l’avvocato di Richard, pensò Leisha, non gli avrebbe mai permesso di dire una cosa del genere. Richard, però, aveva rifiutato qualsiasi consiglio di tipo legale. Si chiese improvvisamente se anche lui avesse un pendente. E la piccola Najla? Ricky?

Hossack continuò: — La ragione per cui lei non voleva sapere nulla sui pendenti era forse perché altre attività di sua moglie la sgomentavano tanto?

— Obiezione! — gridò infuriato Sandaleros. — Non solo il signor Hossack sta suggerendo al testimone opinioni pregiudiziali ma, come ho ripetutamente cercato di sottolineare, questa intera linea di prove non è stata collegata direttamente alla mia cliente ed è di fatto irrilevante. L’accusa sa che esistono almeno venti altre persone che posseggono tali pendenti: ha confermato la stima. Se il signor Hossack ha intenzione di mungere circostanze irrilevanti per il loro valore sensazionalistico…

— Vostro Onore — lo interruppe Hossack — stiamo stabilendo che il collegamento tra il Rifugio e la manomissione dello scooter è inequivocabilmente chiaro e che…

— Obiezione! Pensa forse che, anche se si potesse dimostrare che quell’amuleto appartiene a un membro del Rifugio, un qualsiasi Insonne sarebbe tanto stupido da lasciarlo cadere? Questo è chiaramente un complotto e la signora Sharifi…

— Obiezione!

— Gli avvocati si avvicinino al banco del giudice!

Sandaleros fece uno sforzo visibile per controllarsi. Hossack veleggiò in avanti, con la sua pesante massa. Deepford si sporse sopra il banco verso di loro, con il volto reso rigido dalla rabbia. Tuttavia non era infuriato quanto Sandaleros, quando i due legali ritornarono ai propri posti. Leisha chiuse gli occhi.

Ormai sapeva cosa aspettarsi quando Sandaleros avesse controinterrogato. Non ne era stata certa, prima. A quel punto, lo sapeva.

Non dovette aspettare a lungo. — E così lei dice a questa corte, signor Keller — iniziò Sandaleros chiaramente incredulo — che la sua motivazione per tradire sua moglie recandosi da Leisha Camden…

— Chiedo che venga cancellato — disse stancamente Hossack. — "Tradimento" è chiaramente un termine indicato per infiammare gli animi.

— Accolta — rispose il giudice.

— Quindi lei sta dicendo a questa corte che le sue motivazioni per rivelare a Leisha Camden le presunte attività ispettive di sua moglie e il presunto furto… la sua motivazione per fare questo era assicurarla a una legge che non aveva protetto i suoi affari dall’essere distrutti dal pregiudizio da parte di Dormienti, che nor aveva protetto il suo amico Anthony Indivino dall’essere assassinato da Dormienti, non aveva…

— Obiezione! — gridò Hossack.

— Proceda — disse Deepford. Il suo volto cedette.

— …non aveva protetto i suoi bambini dall’essere pericolosamente minacciati da una folla di appartenenti al movimento Noi-Dormiamo all’aeroporto Stelle e Strisce, che non aveva protetto la sua nave di ricerca marina dall’essere affondata da ignoti, ma presunti Dormienti. Dopo tutti questi fallimenti della legge nel proteggerla in queste circostanze, la sua motivazione per consegnare sua moglie era il volerla assicurare alla giustizia?

— Sì — disse Richard con voce roca. — Non c’era altro modo per fermare Jennifer. Gliel’ho detto, l’ho scongiurata, sono andato da Leisha prima di sapere di Herlinger… io non… Leisha non mi aveva detto…

Perfino il giudice Deepford distolse lo sguardo.

Sandaleros ripeté in modo sarcastico: — E le sue motivazioni per denunciare sua moglie alla signorina Camden erano dovute alla preoccupazione coniugale e a un buon senso civico. Molto lodevole. E mi dica, signor Keller, lei e Leisha Camden siete mai stati amanti?

— Obiezione! — Hossack si mise quasi a strillare. — Irrilevante! Vostro Onore…

Deepford esaminò il proprio martelletto. Leisha, attraverso una specie di intorpidimento, comprese che avrebbe ammesso la domanda nella preoccupazione di onestà nei confronti di una minoranza, dei perseguitati, di quelli che venivano generalmente discriminati.

— Respinta.

— Signor Keller — ricominciò Sandaleros a denti stretti. Leisha si accorse che si stava trasformando in un angelo vendicatore, uno strato dopo l’altro, una cellula dopo l’altra, un gene dopo l’altro. L’originale Will Sandaleros era quasi sparito. — Lei e Leisha Camden, la donna alla quale lei ha denunciato i presunti atti illeciti di sua moglie, siete mai stati amanti?

— Sì — rispose Richard.

— Dopo il suo matrimonio con Jennifer Sharifi?

— Sì — rispose Richard.


— Quando? — il volto di Kevin era tranquillo sullo schermo del videotelefono dell’albergo.

Leisha disse con precisione: — Prima che io e te cominciassimo a vivere insieme. Jennifer era ossessionata dal ricordo di Tony e Richard sentiva che… Non importa, Kevin. — Non appena le parole le furono uscite dalla bocca, si rese conto di quanto fossero state sciocche. Era profondamente importante. Per il processo. Per Richard. Forse… perfino, ancora… per Jennifer anche se Leisha non poteva immaginare che cosa fosse importante per Jennifer. Non capiva Jennifer. L’ossessione ricadeva all’interno della sua possibilità di comprensione, ma l’ossessiva segretezza, la preferenza di tramare silenziosamente e nell’oscurità invece che di condurre battaglie alla luce del sole non vi ricadevano. — Jennifer lo sa. L’ha saputo allora. A volte sembrava quasi… che volesse che io stessi con Richard.

Kevin disse, come fosse una risposta: — Pronuncerò il giuramento del Rifugio.

Passò un istante prima che Leisha domandasse: — Perché?

— Non posso condurre affari altrimenti, Leisha. Le Imprese Baker sono legate troppo profondamente alla ditta di Donald Pospula, all’Aerodyne e a un’altra mezza dozzina di compagnie di Insonni. Subirei delle perdite enormi.

— Non sai nemmeno che cosa siano le vere perdite!

— Leisha, non si tratta di una decisione di tipo personale. Ti prego, cerca di comprenderlo. È una questione puramente finanziaria…

— È l’unica cosa che importi?

— Certo che no. Ma il Rifugio non chiede nulla di immorale, soltanto la solidarietà alla comunità basata saldamente sulla solidarietà economica. Non è…

Leisha interruppe la comunicazione. Credeva a Kevin: la sua decisione era di tipo puramente economico, all’interno di limiti che lui poteva interpretare come morali. L’ossessione emotiva come quella di Jennifer non lo avrebbe mai mosso, non avrebbe mai toccato quel volto liscio, né il cervello chiaro e lineare che vi stava dietro. Le ossessioni come quelle di Jennifer… o come la sua rispetto alla necessità della legge.

Qualche giorno prima si era chiesta che cosa le fosse rimasto da perdere. Ora lo sapeva.

Codici di sicurezza inseriti in pendenti segreti. Giuramenti di fedeltà. Prove lasciate per incriminare qualcuno. Perché Will Sandaleros aveva ragione, nessun Insonne avrebbe mai lasciato lì quel pendente. Erano tutti troppo attenti. Quel dato di fatto, però, non sarebbe stato considerato prova ammissibile in aula. Le considerazioni di carattere generale, anche se profondamente vere, anche se cruciali, non lo erano mai.

Leisha rimase seduta sul bordo del letto dell’albergo. Quel letto dominava la stanza. Quando era scesa a Conewango, aveva immaginato che fosse così perché il sesso era molto importante negli affari di un albergo. Supposizione errata. Ragionamento dovuto a esperienza ristretta.

Era il sonno a essere centrale. Secondo le supposizioni di tutti.

Non che si fosse mai aspettata che la pratica della legge fosse una cosa pulita. Nessun avvocato di tribunale se lo aspettava, quanto meno non dopo anni di patteggiamenti, false testimonianze, poliziotti corrotti, accordi politici, statuti mal applicati e giurie parziali. Tuttavia lei aveva creduto che la legge in sé, indipendentemente dalla sua pratica, fosse, se non pulita, quanto meno ampia. Ampia a sufficienza.

Ricordò il giorno in cui si era resa conto che i principi economici yagaisti non erano ampi abbastanza. Il loro puntare ai meriti individuali lasciava fuori troppi fattori, troppe persone: quelli che non avevano alcun merito e che mai ne avrebbero avuti, i mendicanti che, nondimeno, rivestivano ruoli definiti anche se oscuri nel modo in cui girava il mondo. Erano come i parassiti su un mammifero che lo tormentano facendolo grattare freneticamente tanto da sanguinare, ma le cui uova servono come cibo per altri insetti, che forniscono nutrimento per altri ancora, che ingrassano gli uccelli, che sono preda dei roditori, che il tormentato mammifero si mangia. Una sanguinosa ecologia di commercio che sostituiva i lineari contratti yagaisti che avvenivano in condizioni asettiche. L’ecologia era sufficientemente ampia da comprendere Dormienti e Insonni, produttori e mendicanti, l’eccellente, il mediocre e l’apparentemente privo di valore. Quello che consentiva il funzionamento dell’ecologia era la legge.

Ma se la legge stessa non era ampia abbastanza?

Non abbastanza ampia da includere ciò che potesse fare un Insonne, non dimostrabile ma chiaro come l’aria. Da includere quello che era successo fra lei e Richard. Da accettare non soltanto quello che Jennifer aveva fatto, ma il perché. Soprattutto, da includere l’ineffabile invidia, potente quanto la struttura genetica stessa ma non passibile di essere colmata, alterata, estratta tecnologicamente dall’esistenza. L’invidia per ì potenti, La legge non era mai stata in grado di includerla. Aveva creato interminabili decreti sui diritti civili per correggere il pregiudizio contro qualcosa di biologicamente identificabile: i neri, le donne, i latino-americani, gli handicappati. Mai però prima di allora, negli Stati Uniti, gli oggetti di invidia e gli oggetti di pregiudizio biologico erano risultati lo stesso gruppo, e la legge statunitense non era ampia abbastanza da includerlo.

Leisha appoggiò la testa fra le ginocchia. Era chiaro come sarebbe andato il resto del processo. La sua testimonianza sarebbe stata screditata da Sandaleros come la macchinazione di una donna gelosa contro la moglie legittima. Richard sarebbe stato screditato. Hossack avrebbe colpito duro sul suo punto di forza: il potere del Rilugio. Il potere degli Insonni. Sandaleros non avrebbe permesso a Jennifer di testimoniare: la sua compostezza sarebbe apparsa come sangue freddo a una giuria di Dormienti, il suo desiderio di proteggere i suoi come un attacco all’esterno.

E lo era stato.

La giuria poteva seguire due strade: assolvere sulla base del triangolo amoroso, e quindi Jennifer sarebbe sfuggita alla legge, oppure condannare perché lei era una potente Insonne, e in quel caso Jennifer non sarebbe mai sopravvissuta fra le compagne di carcere. Il Rifugio si sarebbe ulteriormente ritirato in se stesso, un potente ragno che tesseva ragnatele elettroniche a propria protezione, con attorno un paese composto da Dormienti sempre più carichi di terrore verso persone che vedevano raramente, con cui non avevano alcun contatto e da cui non avrebbero mai acquistato nulla, a meno che gli Insonni non distruggessero l’economia di cui erano ombra o fonte, nessuno era in grado di stabilirlo per certo. "Controllano segretamente tutto, sai. Vogliono schiavizzarci. Lavorano insieme a concorrenti internazionali per metterci in ginocchio. E non si fermano davanti all’omicidio".

Provando in questo modo che Jennifer aveva sempre avuto ragione nel voler proteggere i suoi.

Era come il gatto che si morde la coda. La legge, infatti, nel suo sforzo di essere giusta e di trattare tutti in modo equo lasciava fuori troppi fattori. Non era ampia abbastanza. Non era ampia come il futuro genetico e tecnologico che, sorpassandola, sarebbe stato senza legge.

Seduta sul bordo del letto nella buia stanza d’albergo, Leisha riusciva a sentire che il suo credo nella legge la stava abbandonando, come se l’aria stessa venisse risucchiata fuori dalla camera. Stava soffocando, cadendo in un vuoto freddo e oscuro. La legge non era ampia abbastanza. Non era capace di tenere insieme Insonni e Dormienti, dopo tutto, non era capace di fornire alcun modo etico per giudicare il comportamento e, senza giudizio, non esisteva nulla. Soltanto sregolatezza, criminalità, vuoto…

Cercò di alzarsi in piedi, ma le cedettero le ginocchia. Non le era mai accaduto nulla di simile in precedenza. Si trovò sul pavimento, ginocchioni, e una parte della sua mente ancora razionale le disse: "Attacco di cuore". Ma non era possibile. I cuori degli Insonni non cedevano mai.

Freddo…

Oscurità…

Vuoto…

Papà…

L’aprirsi della porta della camera la riportò indietro. Era stata spalancata dall’esterno, senza che suonassero allarmi. Leisha si sollevò barcollando. Dall’altra parte della camera, al di là del letto, una figura si stagliava nell’arco della porta, una figura massiccia che portava qualcosa di ancor più massiccio, Leisha non si mosse. I suoi… gli impiegati di Kevin… avevano installato il sistema di sicurezza nella camera, facendolo identico a quello del suo appartamento a Chicago. Nessuno a Conewango ne possedeva i codici di accesso.

Se si trattava di un estraneo, se il Rifugio era organizzato per l’assassinio bene quanto per il furto…

L’assassino sarebbe quanto meno stato buono. Gli Insonni lo erano sempre.

Un braccio si estese dalla figura scura. Una mano cercò a tastoni gli interruttori manuali.

— Accendere luci — disse chiaramente Leisha.

La sagoma massiccia era una valigia. Alice restò immobile, sbattendo le palpebre per l’improvvisa luminosità. — Leisha? Stai seduta al buio?

— Alice!

— I codici del tuo appartamento hanno aperto tutt’e due le porte: non pensi che li dovresti cambiare? Ci sono un sacco di reporter nell’atrio…

— Alice! — A quel punto, si gettò attraverso la stanza, singhiozzando, lei che non piangeva mai, fra le braccia di Alice.

— Non sapevi che sarei arrivata? — le chiese Alice.

Leisha scosse la testa contro il petto di Alice.

— Io lo sapevo. — Alice la lasciò, e Leisha vide che il volto della sorella brillava di una forte emozione. — Io sapevo che questa sarebbe stata la tua notte. La notte in cui saresti caduta nell’Abisso. L’ho saputo ieri, l’ho sentito. — Si mise improvisamente a ridere, una risata stridula. — L’ho sentito, Leisha, capisci? È stato come essere colpita da un carico di mattoni. Ho sentito che tu avresti passato il tuo momento peggiore questa notte e ho saputo di dover venire.

Leisha smise di singhiozzare.

— L’ho sentito — ripeté ancora una volta Alice. — A oltre quattromila chilometri di distanza. Proprio come è successo ad altri gemelli!

— Alice…

— No, non dire niente, Leisha. Tu non c’eri. Io so che cosa ho provato.

Leisha si accorse che la potente emozione che sfolgorava sul viso di Alice era di trionfo.

— Ho saputo che avevi bisogno di me e sono qui. Adesso è tutto a posto, Leisha, tesoro, io conosco l’Abisso, ci sono stata. — Allungò nuovamente le braccia verso Leisha, stringendola, ridendo e piangendo. — Lo so, tesoro, va tutto bene. Non sei sola. Io ci sono stata, lo so.

Leisha restò aggrappata alla sorella con tutte le proprie forze. Alice la stava tirando fuori da quel luogo buio. Il vuoto, l’Abisso. Alice, la cui stazza teneva ancorata Leisha al margine, solida quanto la terra stessa. Alice, che ormai non sarebbe mai più stata irraggiungibile. Non ora che Alice aveva saputo qualcosa prima di Leisha. Non ora che Alice aveva salvato Leisha divenendo l’unica cosa che lei non aveva perduto.

— Io lo sapevo — sussurrò Alice, e poi a voce più alta disse: — Adesso posso smetterla di mandarti tutti quei maledetti fiori.


Soltanto molto più tardi, dopo che ebbero parlato per ore e Alice cominciò a sembrare assonnata, il videotelefono squillò. Leisha lo aveva spento: solamente una chiamata di priorità assoluta sarebbe potuta passare. Voltò la testa verso lo schermo. Vi lampeggiavano due parole chiave. La confusa logica del collegamento le aveva fatte passare contemporaneamente, assegnando una voce per utente.

— Sono Susan Melling. Devo…

— Sono Stella Bevington. Mi sono appena collegata alla rete. Il…

— …parlarti immediatamente. Chiamami…

— …pendente che la stampa dice che è stato…

— …su una linea schermata…

— …trovato nel parcheggio del garage…

— …il più presto possibile!

— …è mio.


— Abbiamo terminato la ricerca — annunciò l’immagine di Susan sul video. I capelli grigi le pendevano in ciuffi un po’ unti da una crocchia trasandata, i suoi occhi erano brucianti. — Quella mia e di Gaspard-Thiereux sulla teoria di Walcott riguardante i codici di DNA ridondanti negli Insonni.

— Allora? — disse Leisha con voce piatta.

— È una linea scoperta? Che diavolo, lascia perdere. Che la stampa origli pure, che il Rifugio origli pure. Ehi, Blumenthal, sei in ascolto?

— Susan, ti prego…

— Niente prego. Niente grazie, niente di niente. Ecco perché volevo dirtelo personalmente. Niente di niente. L’equazione non può funzionare.

— Non può…

— C’è un buco che non può essere chiuso fra l’esclusione del meccanismo del sonno a livello genetico preembrionico e il cercare di riprodurla dopo che il cervello ha cominciato a differenziare, più o meno a otto giorni. I motivi per cui la falla non si può chiudere sono abbastanza chiari, abbastanza specifici, abbastanza definitivi, biologicamente parlando. Hanno a che fare con la tolleranza di rumore genetico nei test genetici che sono ripetizioni dei sistemi regolatori. Non c’è bisogno che tu sappia i dettagli: il risultato è che noi non saremo mai in grado di trasformare un Dormiente in Insonne. Mai. Nessuno. Non Walcott. Non i cervelloni del Rifugio, non per tutto l’oro del mondo. Walcott sta mentendo.

— Io… non capisco.

— Ha architettato tutta la storia. È molto plausibile, tanto plausibile da costringere dei buoni ricercatori a lavorarci un bel po’ per controllare. Essenzialmente, però, è una bugia, e non c’è modo in cui uno scienziato, con il suo famoso pezzo finale nascosto, non potesse saperlo. Walcott lo sapeva. La sua ricerca è una menzogna. È venuto da te con la sua stupenda scoperta e sapeva che si sarebbe dimostrata una menzogna, e il Rifugio ha commesso un illecito per brevetti che sono una menzogna, e Jennifer Sharifi è processata per omicidio a causa di una menzogna.

Leisha non riusciva ad assimilare le parole. Nessuna di esse aveva senso. Era cosciente della presenza di Alice, dall’altra parte della stanza, in piedi, completamente immobile. — Perché?

— Non so — disse Susan. — Ma è una bugia. Sentito, stampa? Sentito, Rifugio? È una bugia!

Lei cominciò a piangere.

— Susan… oh, Susan…

— No, no, non dire nulla. Mi dispiace. Non intendevo piangere. È l’unica cosa che non avevo intenzione di fare. Chi c’è con te? Non sei sola?

— Alice — disse Leisha. — Lei…

— È solo che avevo pensato di poter diventare ciò che avevo creato. Idea stupida, eh? L’intera letteratura mostra che i creatori non possono diventare le creazioni.

Leisha non disse nulla. Susan smise di piangere repentinamente come aveva iniziato, e le lacrime presero a seccarsi sulla sua vecchia, morbida e rugosa pelle. — Dopo tutto, Leisha, non avrebbe funzionato, vero? Che i creatori divenissero le creazioni? Chi resterebbe a perfezionare l’arte se diventassimo tutti mecenati? — Poi, con voce differente, aggiunse: — Distruggi Walcott, Leisha. Come un qualsiasi ciarlatano che vende un’inutile speranza a un moribondo. Abbatti quel bastardo.

— Lo farò — rispose Leisha. Ma non intendeva parlare di Walcott. In un impeto improvviso e vertiginoso, capì chi era stato a commettere il furto, come e perché.

15

Jordan aprì la porta del suo appartamento, mezzo addormentato e sbalordito. Erano le quattro e trenta del mattino. Leisha Camden era lì con tre silenziose guardie del corpo.

— Leisha! Che…

— Vieni con me. Svelto. Ormai sono certa che Hawke sa che mi trovo qui. Non avevo modo di dirti che stavo arrivando senza che lui intercettasse il messaggio. Vestiti, Jordan. Andiamo allo stabilimento Noi-Dormiamo.

— Io…

— Subito! Sbrigati!

Jordan pensò di dirle che lui non sarebbe tornato all’impianto… né allora né mai. Una seconda occhiata, tuttavia, lo convinse che Leisha vi si sarebbe recata da sola, e questo lui non lo voleva, Leisha indossava un lungo giaccone blu sopra una tuta elasticizzata nera. Ombre azzurrognole le si addensavano nell’incavo che aveva sotto gli occhi. Si sporse leggermente in avanti, rimanendo sui talloni, come se si stesse chinando dentro di lui, e improvvisamente Jordan comprese che aveva bisogno che lui l’accompagnasse. Non per proteggerla fisicamente, le tre guardie del corpo assommavano nel complesso quasi trecento chili, per non parlare delle armi, ma per qualche altro incalzante motivo che Jordan non riuscì a identificare. — Fammi vestire — disse.

Nel corridoio buio, Joey sollevò la testa dalla brandina di dimensioni eccezionali. — Torna dentro — disse Jordan. — È tutto a posto. — Leisha aveva bisogno di lui.

C’era un aereo, apparentemente ripiegato su se stesso, ultramoderno, che gli permetteva di atterrare verticalmente nel parcheggio del condominio. Non si trattava però di un’aeromobile. Era decisamente un aereo. Il pannello di controllo non portava segni di identificazione. Una volta nell’aria, si dispiegò e sfrecciò sopra la città addormentata in direzione del fiume.

— D’accordo, Leisha. Dimmi di che si tratta.

— Hawke ha ucciso Timothy Herlinger.

Qualcosa si mosse all’interno di Jordan. Sapeva che cos’era: la verità. Piccola, mortale, come una di quelle perle di veleno che si dissolvono nei cuori dei suicidi. Tutto ciò che occorreva fare era ingoiarla, e la parte più difficile era superata, il resto era inevitabile e inarrestabile. Jordan la sentì muoversi, e seppe che era già stata lì prima che Leisha parlasse. Era stata lì alla fiera, nell’ambigua ammirazione di Jordan per Hawke, nella discussione riguardante Joey, perfino nel nuovo gabinetto di Mayleen e nella sua tovaglia di pizzo. Era stata nello stesso movimento Noi-Dormiamo.

Guardò Leisha. Lei sembrava irradiare luce, una luce dura e vivida come quella dei campi a energia-Y progettati per allertare le persone contro macchinari pericolosi. Lei disse nuovamente: — Hawke ha ucciso il dottor Herlinger. Ha inscenato tutto.

Jordan sentì se stesso dire: — E tu sei felice.

Lei gli rivolse un volto sconcertato. Si fissarono a vicenda nella piccola cabina di pilotaggio dell’aereo, le tre guardie del corpo erano un’immagine immobile confusa alle loro spalle. Jordan non aveva avuto intenzione di dirlo, ma quando le parole gli furono uscite dalla bocca seppe che anche loro erano vere. Lei era felice. Che fosse stato Hawke e non un Insonne. Felicità. Ecco la fonte della luce sfavillante e il motivo per cui aveva bisogno della sua presenza lì.

— Testimone per l’accusa — disse lui con una voce tanto dissimile dalla solita che Leisha disse: — Come?

— Non importa. Dimmi tutto.

Lei non esitò un istante. — L’impronta della retina sullo scanner corrisponderà a quella di Stella Bevington, Hawke deve averla presa durante la festa organizzata da tua madre per Beck, nella casa nuova, quando tutti stavano bevendo e avevano abbassato la guardia. La festa a cui ti ha costretto a invitarlo. Ed è stato lì che ha preso anche il pendente di Stella. Jennifer gliene aveva inviato uno: voleva assolutamente Stella all’interno del Rifugio, e stava cercando di costringerla a una scelta. Stella indossava il pendente, ma lo tolse alla festa perché aveva avuto ancora una dimostrazione della gentilezza, della tolleranza di Dormienti come tua madre. — "…Oh, Papà come è speciale Alice!…" — Hawke le ha sottratto il pendente dalla borsetta. Lei ne ha denunciato la scomparsa a Jennifer ma senza dare ulteriori dettagli: è stato per me…

Leisha voltò la testa. Jordan non si concesse di provare né simpatia né compassione. Leisha, pensò, non stava perdendo nulla. L’assassino era un Dormiente.

— Jennifer sapeva che nessuno sarebbe stato in grado di scoprire accidentalmente l’utilizzo del pendente, inoltre esso si sarebbe autodistrutto se avessero provato a usarlo, e quindi non si preoccupò eccessivamente del fatto che Stella l’avesse perduto. Jennifer aveva già abboccato all’esca di Hawke sui brevetti. Jordan, non è mai esistito un procedimento per trasformare i Dormienti in Insonni. Hawke ha assoldato Walcott ed Herlinger per fingere che ci fosse, per creare una falsa pista che apparisse scientificamente possibile. Dio, ha architettato tutta questa storia in dettaglio. Il Rifugio si sarebbe intromesso nelle reti governative falsificando dei dati. A quel punto, lui avrebbe potuto usare Walcott per denunciare il furto, mettere in moto la stampa e, anche senza un processo, il Rifugio avrebbe subito un tracollo. L’affiliazione al movimento Noi-Dormiamo sarebbe salita alle stelle.

Il che era esattamente ciò che era avvenuto, pensò Jordan. Hawke era sempre un ottimo programmatore. Il piccolo aereo iniziò la propria discesa sopra lo stabilimento.

— Ma poi Herlinger ha cambiato idea. Ha avuto un rimorso di coscienza e stava per denunciare Walcott e Hawke. Così Hawke ha deciso di farlo uccidere.

Anche questo era tipico di Leisha, rifletté Jordan. Lei non aveva pensato: "Herlinger stava cercando di ricattare i suoi soci e così loro lo hanno fatto uccidere. Oppure: Herlinger è entrato in conflitto di potere con Hawke, e Hawke lo ha fatto uccidere". No, lei immaginava un rimorso di coscienza, perfino in una situazione simile. Immaginava la causa più decorosa e dal risvolto sociale. "Una sensibilità da Diciottesimo secolo" aveva detto Hawke. Con disprezzo.

Jordan disse: — Non sai per certo di avere ragione. E se quello che dici è vero e Hawke mi ha messo sotto una tale sorveglianza da sapere già che stiamo arrivando, non sarà rimasta alcuna prova quando arriveremo lì.

Leisha gli lanciò uno sguardo brillante. — Non ce ne sarebbero state comunque. Non prove reperibili.

— Allora perché ci stiamo andando?

Lei non rispose.

Il cancello della fabbrica aveva gli scudi abbassati. La guardia, non Mayleen, fece loro segno di passare.

Hawke li stava aspettando nel suo ufficio, appoggiato in modo disinvolto contro la parte anteriore della scrivania, con i palmi delle mani appoggiati sulla superficie in legno alle sue spalle. La scrivania mostrava l’intero campionario da operetta: le bamboline Cherokee, il boccale da caffè di Harvard, il modellino di uno scooter Noi-Dormiamo, la pila di lettere sgrammaticate di lavoratori grati per il primo lavoro ottenuto da anni, le piastrine, le penne e le statuine dorate delle imprese Noi-Dormiamo. Jordan non aveva mai visto alcune di esse: Hawke doveva averle tirate fuori, pezzo per pezzo, sistemandole accuratamente sulla scrivania in modo tale che il suo grosso corpo non ne impedisse la vista dalla porta. Tutte le lodi dozzinali di imprese in difficoltà economica, tutti i totem di contraddittori successi. Guardandoli, Jordan sentì una gran freddezza scivolargli sopra. Era tutto reale, allora. Non soltanto vero, ma reale. Hawke aveva ucciso.

— Signorina Camden — salutò Hawke.

Leisha non sprecò parole. Aveva una voce controllata, ma la luce sfavillante era ancora su di lei. — Lei ha ucciso Timothy Herlinger.

Hawke sorrise. — No. Non l’ho fatto.

— Sì, invece — ribatté Leisha, ma a Jordan non diede l’impressione che stesse discutendo o che stesse cercando di costringerlo a un’ammissione. — Lei ha architettato la ricerca fasulla di Walcott per fomentare l’odio contro gli Insonni, e quando ha visto la possibilità di accusare un’Insonne di omicidio, ha fatto anche quello.

— Non so di che cosa stia parlando — rimandò cordialmente Hawke.

Come se lui non avesse nemmeno parlato, Leisha proseguì. — Lo ha fatto per aumentare i profitti della Noi-Dormiamo. O meglio, lei pensa di averlo fatto per quel motivo. I profitti, tuttavia, stavano crescendo comunque. Lei lo ha fatto, in realtà, perché non è un Insonne e non potrà mai esserlo, ed è uno di quegli individui carichi di odio che si adoperano sempre per distruggere qualsiasi superiorità non siano in grado di avere.

La carne sopra al colletto di Hawke cominciò ad arrossire. Quello non era evidentemente ciò che si era aspettato di sentire. Jordan esordì — Leisha…

— Va tutto bene, Jordan — ribatté lei con chiarezza. — Le tre guardie del corpo sono altamente addestrate, l’aereo è dotato di dispositivi di sicurezza regolati sul mio corpo, io sto registrando e il signor Hawke lo sa. Non esiste alcun pericolo. — Si rivolse quindi a Hawke. — Nemmeno per lei, ovviamente. Non c’è nulla di dimostrabile. Non contro di lei, e nemmeno contro Jennifer, non appena l’impronta della retina verrà identificata come appartenente a Stella Bevington. Perché Stella potrà spiegare non soltanto come ha perduto il pendente, ma anche dove si trovava la mattina in cui è morto Herlinger. Era a una riunione congiunta con quattordici amministratori delegati ad Harrisburg, in Pennsylvania. Lei sapeva che tutto questo sarebbe venuto a galla, vero, signor Hawke, non appena il pendente fosse stato ammesso come prova, e Stella si fosse resa conto che era il suo. Sapeva che il processo sarebbe fallito e che nessuno sarebbe stato condannato. L’odio, tuttavia, sarebbe stato un po’ più infiammato, ed era questo ciò che le importava.

— Sta dicendo sciocchezze, signorina Camden — rispose Hawke. Jordan si accorse che l’uomo aveva nuovamente un pieno controllo di sé, il suo grosso corpo rilassato e possente mentre si appoggiava contro la scrivania. — Ma risponderò comunque alla sua ultima affermazione. Le dirò io quello che importa. Questo… — prese in mano un pacco di lettere alle sue spalle — … importa. La gratitudine da parte di gente che prima non aveva la dignità del lavoro e, grazie alla Noi-Dormiamo, adesso ce l’ha. Questo importa.

— Dignità? Basata su frode, furto e omicidio?

— L’unico furto di cui sono a conoscenza è quello commesso dal Rifugio, che ha sottratto i brevetti del dottor Walcott. Quanto meno, è ciò che ho sentito dire negli olonotiziari.

— Oh — commentò Leisha. — Allora mi lasci parlare di un altro furto, signor Hawke. Giusto per farle capire. Lei ha rubato qualche altra cosa, e l’ha rubata a mia sorella Alice, alla mia amica Susan Melling e a ogni altro Dormiente che credeva che esistesse una possibilità di una vita più lunga e di poteri maggiorati dovuti all’insonnia. Ci hanno creduto, per un breve periodo. Lo hanno sperato, nelle ore della notte in cui i Dormienti giacciono svegli e pensano alla vita e alla morte e non riescono a dormire. Si chiederà come faccio a saperlo. Lasci che le dica come faccio. Lo so perché Susan Melling sta morendo per una malattia incurabile al cervello, lo sa, e vuole disperatamente non morire. Lo so perché mia sorella me lo ha detto durante il processo, il processo che lei ha messo in piedi per aumentare il suo prestigio, mi ha detto: "La cosa più dura che ho imparato, Leisha, non è stata allevare Jordan da sola o guadagnarmi da vivere o accettare il fatto che Papà non mi amasse. La cosa più dura che ho imparato è stata che anche se davo la colpa a te, sarei stata comunque costretta a fare tutte quelle cose. La cosa più dura che ho imparato è che non esiste una via d’uscita". Lei ha offerto la promessa di una via d’uscita, signor Hawke, e poi ne ha derubato Alice. Alice, Susan e ogni altro Dormiente che non considera l’odio una via di uscita. Lei non ha derubato coloro che odiano. Ha derubato gli altri, la gente che si sforza di essere troppo onesta per odiare. Ecco che cosa ha rubato e a chi lo ha rubato.

Il sorriso di Hawke era rigido, Ci fu un lungo silenzio. Alla fine, lui disse in tono canzonatorio: — Molto carino, signorina Camden. Potrebbe trovare facilmente un lavoro come scrittrice di bigliettini di auguri.

L’espressione di Leisha non mutò. Si voltò per andarsene, e in quel singolo movimento di disprezzo Jordan si accorse improvvisamente quanto poco si fosse aspettata da quell’incontro. Non aveva affrontato Hawke nella speranza di cambiarlo, o di scoprire qualcosa da lui, o anche solo di scaricare la sua rabbia. Non erano stati quelli i motivi per cui era andata lì, o i motivi per cui aveva avuto bisogno che Jordan l’accompagnasse.

Nessuno li fermò, quando lasciarono la fabbrica. Nessuno parlò finché l’aereo non sfrecciò via sopra i campi scuri tagliati dal fiume ancor più scuro. Jordan guardò sua zia. Lei non sapeva di Joey, non sapeva che Jordan aveva già abbandonato Hawke. — Sei venuta qui per me. Così che potessi vedere che cosa è Hawke.

Leisha gli prese la mano. Aveva le dita fredde. — Sì. Sono venuta per te. È tutto qui, Jordan. Tu. Tu e tu e tu e tu e tu. Pensavo che ci fosse dell’altro, qualcosa di più, ma mi sbagliavo. Uno per uno. È tutto quello che c’è.


— La comunità deve sempre venire per prima — disse tranquillamente Jennifer Sharifi a Najla e Ricky, — Ecco perché Papà non tornerà più a casa. Papà ha infranto la solidarietà con questa comunità.

I bambini si fissarono le scarpe. Avevano paura di lei, si accorse Jennifer. Non era una cosa negativa: la paura era soltanto il termine antico per rispetto.

Najla, alla fine disse, con un fil di voce: — Perché dobbiamo lasciare il Rifugio?

— Non stiamo lasciando il Rifugio, Najla. Il Rifugio viene con noi. Ovunque si trovi la comunità, lì sarà il Rifugio. Ti piacerà il luogo in cui stabiliremo il Rifugio. E più sicuro per la nostra gente.

Ricky sollevò gli occhi per guardare sua madre. Gli occhi di Richard nel volto di Richard. — Quando sarà pronta la stazione orbitale per noi?

— Fra cinque anni. Dobbiamo progettarla, costruirla, pagarla. Cinque anni sarebbero stati il periodo più breve mai utilizzato per la costruzione di una stazione orbitale, pur considerando il fatto che loro avevano acquistato una struttura già esistente da un governo dell’Estremo Oriente che a quel punto se ne sarebbe dovuta costruire un’altra.

Ricky domandò: — E non torneremo mai più sulla Terra?

— Certo che tornerai sulla Terra — rispose Jennifer. — Per affari, quando sarai grande. Gran parte dei nostri affari si svolgerà ancora qui, con i pochi Dormienti che non sono né mendicanti né parassiti. Provvederemo però a gran parte del commercio dalla stazione orbitale, e troveremo il modo per utilizzare la modificazione genetica per formare la società più forte mai conosciuta.

Najla chiese dubbiosa: — È legale?

Jennifer si alzò, e le pieghe della sua abbaya le ricaddero attorno ai sandali. Si alzarono anche i due bambini, Najla ancora con la sua espressione dubbiosa, Ricky preoccupato. — Sarà legale — disse Jennifer. — Lo renderemo legale per voi e per tutti i bambini che verranno. Legale, solido e sicuro.

— Madre… — disse Ricky e si fermò.

— Sì, Ricky?

Lui la guardò, e un’ombra passò sul suo piccolo volto. Qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di dire, decise di tenerla per se stesso. Jennifer si chinò e lo baciò, baciò Najla e si voltò per incamminarsi verso casa. Avrebbe parlato di nuovo con i bambini, in seguito, spiegando loro a piccole dosi che potessero assimilare, rendendo tutto chiaro. Dopo. In quel momento c’erano moltissime altre cose da fare. Progettare. Mantenere il controllo.

16

Susan Melling e Leisha Camden erano sedute sulle sedie a sdraio sul tetto della casa di Susan nel deserto del Nuovo Messico e osservavano Stella e Jordan passeggiare verso un immenso pioppo nero in prossimità del ruscello. Sopra le loro teste, il triangolo estivo formato da Vega, Altair e Deneb scintillava debolmente accanto a una sfolgorante luna piena, Sull’orizzonte occidentale l’ultimo tocco di rosso sbiadiva da nuvole basse. Lunghe tenebre si muovevano sul deserto in direzione delle montagne, i cui picchi rilucevano ancora per un sole invisibile. Susan rabbrividì.

— Vado a prenderti una giacca — disse Leisha.

— No, sto bene così — rispose Susan.

— Chiudi il becco.

Leisha scese la scala dal tetto e trovò la giacca nello studio stipato di Susan, quindi si fermò un istante in salotto. Tutti i crani lucidi erano spariti. Risalì la scala e appoggiò la giacca sulle spalle di Susan.

— Guardali — disse Susan, con piacere. Appena davanti alla profonda oscurità del pioppo nero, la sagoma che rappresentava Jordan si era fusa con l’ombra di Stella. Leisha sorrise: la vista di Susan, quanto meno, era ancora acuta.

Le due donne restarono sedute in silenzio. Alla fine, Susan disse: — Kevin ha chiamato di nuovo.

— No — commentò semplicemente Leisha.

L’anziana donna spostò il suo leggero, doloroso peso sulla sdraio. — Non credi nel perdono, Leisha?

— Sì. Ci credo. Ma Kevin non sa di avere fatto qualcosa che lo richieda.

— Suppongo che non sappia nemmeno che Richard è qui con te.

— Non so che cosa sappia — disse Leisha con indifferenza. — E chi potrebbe saperlo?

— Come tu, per esempio, non potevi sapere che Jennifer Sharifi era innocente dell’omicidio. Non perdonerai te stessa più di quanto tu non sia disposta a perdonare Kevin.

Leisha voltò la testa. Il chiaro di luna le scorreva sulle guance come uno scalpello. Dal pioppo nero provenivano risa sommesse. Leisha disse all’improvviso: — Vorrei tanto che Alice fosse qui.

Susan sorrise. Il sorriso era tirato: gli antidolorifici che prendeva dovevano essere nuovamente aumentati.

— Forse si presenterà di nuovo, se avrai davvero tanto bisogno di lei.

— Non è divertente.

— Non credi che sia successo, vero, Leisha? Non credi che Alice abbia avuto una percezione paranormale su di te.

— Credo che lei ci creda — disse Leisha misurando le parole. Tutto era diverso, ormai, fra lei e Alice, e quella diversità era troppo preziosa per metterla a rischio. Alice era l’unica cosa che Leisha aveva ottenuto in cambio per quell’anno di perdite dalla portata cataclismica. Alice e Susan, e Susan stava morendo.

Comunque era sempre stata in grado di essere onesta con Susan. — Sai che io non credo nel paranormale. È già abbastanza difficile capire il normale.

— E il paranormale disturba moltissimo la tua visione del mondo, vero? — Dopo un minuto, Susan aggiunse con un tono di voce più dolce: — Hai paura che Alice disapproverà la relazione di Jordan e Stella? Una Insonne con un Dormiente?

— Dio mio, no. So che approverà. — Scoppiò improvvisamente in una dura risata. — Alice potrebbe essere una delle dodici persone al mondo che non lo farà.

Susan disse, come se fosse importante: — Hai ricevuto chiamate anche da Stewart Sutter, Kate Addams, Miyuki Yagai e il tuo segretario, come-si-chiama. Ho detto a tutti che avresti richiamato.

— Non lo farò — disse Leisha.

— Sono più di dodici — proseguì Susan. Leisha non rispose.

Sotto di loro, Richard emerse dal portone principale e si incamminò verso la mesa distante. Si muoveva lentamente, afflosciato, come se per lui la direzione non fosse importante. Leisha pensò che, probabilmente, non lo era. Pochissime cose lo erano. Anche il fatto che si trovasse lì era dovuto soltanto a Jordan che non aveva esitato, aveva semplicemente caricato Richard in auto e ce lo aveva portato. Jordan ormai esitava solo raramente. Agiva. Un istante dopo, l’immensa figura di Joey, che amava passeggiare ovunque, si mise a trotterellare allegramente dietro Richard.

Susan disse: — Pensi che il processo Sharifi abbia concluso ogni possibilità di reale integrazione. Dormienti e Insonni, Noi-Dormiamo ed economia principale, possidenti e nullatenenti.

— Sì.

— Non c’è mai un’ultima possibilità per qualcosa, Leisha.

— Davvero? E allora come mai tu stai morendo? — Dopo un istante, Leisha aggiunse: — Mi dispiace.

— Non puoi restare nascosta qui per sempre, Leisha, solo perché sei rimasta delusa dalla legge.

— Non mi sto nascondendo.

— Come lo chiami, allora?

— Sto vivendo — disse Leisha. — Semplicemente vivendo.

— Col cavolo. Non in questo modo, non tu. Non discutere con me, io ho le intuizioni dei quasi-eterni.

A dispetto di se stessa, Leisha si mise a ridere. La risata fu dolorosa.

Susan disse: — È maledettamente vero che è buffo. Allora chiama Stewart, Kate, Miyuki e il tuo segretario.

— No.

Richard scomparve nell’oscurità, seguito da Joey. Jordan e Stella, mano nella mano, cominciarono a riavvicinarsi a casa. Susan disse, con apparente innocenza: — Io vorrei tanto che Alice fosse qui.

Leisha annuì.

— Già — disse Susan candidamente. — Sarebbe bello riunire qui la tua intera comunità.

Leisha la guardò, ma Susan era assorta nello studiare il chiaro di luna sul deserto, mentre sotto di loro qualche piccolo animale sgattaiolava invisibile, e sopra le loro teste le stelle venivano fuori una per una, una per una.

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