LIBRO PRIMO

I mari e i climi son quello che sono; il tuo vascello deve adattarsi o affondare.

Jack Shandy

CAPITOLO PRIMO

Afferrandosi a una delle cime verticali tese e sporgendosi molto sopra la battagliola, John Chandagnac attese un momento finché l’onda non sollevò l’enorme struttura scricchiolante della poppa e del cassero di poppa su cui si trovava, e poi lanciò il biscotto con tutta la forza che aveva. All’inizio sembrava un lancio troppo lungo, ma quando esso ridiscese rapidamente verso l’acqua, e continuò a cadere invece di sprofondarvi, vide che in realtà non lo aveva lanciato lontano. Il gabbiano lo aveva visto. Si avvicinò nuotando sull’acqua verde, e, all’ultimo momento, come per esibirsi, lo afferrò a mezz’aria. Il biscotto si spezzò mentre il gabbiano s’involava per raggiungere un’altezza più confortevole, ma sembrò che ne avesse preso un buon boccone.

Chandagnac aveva un altro biscotto nel taschino della giacca, ma per un po’ si limitò a osservare l’uccello che planava — ammirando distrattamente il fatto che esso sembrava aver bisogno di uno sforzo molto lieve e di battere solo di tanto in tanto le ali per mantenere la sua posizione al di sopra della lucerna di poppa dello Strepitoso Carmichael — e ad annusare l’elusivo odore di terra che era stato nella brezza fin dall’alba. Il capitano Chaworth aveva detto che avrebbero avvistato le montagne color porpora e verde della Giamaica nel primo pomeriggio, aggirato Punta Morant prima di cena e attraccato a Kingston prima di notte; ma mentre le operazioni di scarico del Carmichael avrebbero significato la fine delle preoccupazioni che avevano visibilmente fatto smagrire il capitano durante quell’ultima settimana di viaggio, lo sbarco avrebbe significato l’inizio del compito di Chandagnac.

E ricorda anche, si disse freddamente mentre tirava fuori il biscotto dalla tasca, che sia Chaworth che tu stesso siete ognuno per metà responsabili dei vostri problemi. Lanciò con più forza questa volta, e il gabbiano afferrò il biscotto senza doversi immergere per più di un paio di iarde.

Quando si voltò verso il piccolo tavolo della colazione, che il capitano aveva concesso ai passeggeri di occupare quando le operazioni mattutine di governo della nave diventavano ordinarie, rimase sorpreso nel vedere la giovane donna in piedi, con gli occhi castani accesi dall’interesse.

«L’ha afferrato?» domandò lei.

«Certamente,» disse Chandagnac mentre si avvicinava al tavolo. Si rammaricò in quel momento per non essersi sbarbato. «Volete che gli lanci anche il vostro?»

Lei spinse via la sedia e sorprese ancora di più Chandagnac dicendo, «Lo lancerò io stessa… se siete sicuro che lui non protesterà per il verme.»

Chandagnac lanciò un’occhiata all’uccello che stava planando. «Non è scappato, perlomeno.»

Con appena un leggerissimo fremito di esitazione lei prese il biscotto e si avvicinò con decisione alla murata. Chandagnac notò che anche il suo equilibrio era migliore quella mattina. La donna si ritrasse un poco quando raggiunse la battagliola e guardò giù, poiché il ponte di poppa si trovava a una buona dozzina di piedi dal mare agitato. Con la mano sinistra strinse la battagliola e tirò, come per accertarsi che non cedesse. «Odio cadere,» disse, un po’ nervosamente.

Chandagnac le si mise accanto e le strinse l’avambraccio sinistro. «Non preoccupatevi,» disse. Il suo cuore improvvisamente si era messo a battere con più forza, e lui s’irritò con se stesso per questa reazione.

La donna sollevò all’indietro il braccio e lanciò il biscotto, e l’uccello bianco-e-grigio, cortesemente, si avventò su di esso, afferrandolo ancora una volta prima che colpisse l’acqua. La risata di lei, che Chandagnac sentì in quel momento per la prima volta, fu gioiosa e vivace. «Scommetto che segue tutte le navi dirette in Giamaica, sapendo che le persone a bordo sono pronte a lanciare le provviste vecchie fuori bordo.»

Chandagnac annuì mentre tornavano al piccolo tavolo. «Non mi toccherà un ricco compenso per questo affare, ma continuo a pensare alla cena di stanotte a Kingston. Meravigliosa carne di manzo, ortaggi freschi, e birra che non puzza di pece bollente.»

La giovane donna si accigliò. «Vorrei che mi fosse permesso di mangiare la carne.»

Chandagnac spostò lo sgabello di un piede o due a sinistra cosicché l’arco alto e teso della randa riparò il suo volto dal sole del mattino. Voleva essere in grado di osservare le espressioni sul viso di questa persona improvvisamente così interessante. «Avevo notato che mangiavate solo vegetali,» disse, sollevando con indolenza il suo tovagliolo.

Lei annuì. «Nutrimenti e medicamenti… è così che li chiama il mio dottore. Dice che sono affetta da una incipiente febbre cerebrale come risultato dell’aria insalubre di una sorta di convento nel quale andavo a scuola in Scozia. È lui l’esperto, per cui presumo che abbia ragione — anche se, a dire il vero, mi sentivo meglio, più in forze, prima di cominciare a seguire questo regime alimentare.»

Chandagnac aveva tirato un filo dal tovagliolo e cominciò ad impegnarsi con un altro. «Il vostro medico?» chiese con tono disinvolto, non volendo dire nulla che potesse guastare quel suo umore allegro e trasformarla nuovamente nella passeggera goffa e taciturna che era stata durante i mesi passati. «È… quel tipo corpulento?»

Lei rise. «Povero Leo. Diciamo grasso. Diciamo corpulento. Sì, è lui. Dottor Leo Friend. Un uomo rozzo, ma mio padre giura che al mondo non esiste nessun medico migliore di lui.»

Chandagnac alzò lo sguardo dal tovagliolo che lo stava impegnando. «Per caso avete messo da parte i vostri… medicamenti? Sembrate più allegra, oggi.» Il tovagliolo della donna stava sul tavolo, e lui lo prese e cominciò a manipolare anche quello.

«Beh, sì. La notte scorsa ho gettato il piatto dal finestrino della mia cabina. Spero che quel povero gabbiano non lo abbia assaggiato… non era nient’altro che un disgustoso mucchietto di erbe e malerbe che Leo coltiva in una cassa che tiene nella sua cabina. Sono entrata di soppiatto nella cambusa e ho convinto il cuoco a darmi un po’ di formaggio piccante, di cipolle sott’aceto e di rum.» Sorrise, imbarazzata. «Desideravo disperatamente qualcosa che avesse un po’ di sapore.»

Chandagnac si strinse nelle spalle. «Non mi sembra una cattiva cosa.» Aveva tirato tre fili da ognuno dei tovaglioli, formando dei cappi e facendo corrugare i quadrati di tessuto in modo che prendessero la forma di una campana. Fece scivolare tre dita di ogni mano nei cappi, facendo restare dritti i tovaglioli, e avvicinò l’uno all’altro con la realistica simulazione del camminare. Fece eseguire un inchino a uno, mentre l’altro faceva una riverenza, e le due piccole figure di tessuto — una delle quali lui aveva fatto in modo che apparisse sottilmente femminile — danzarono intorno alla superficie del tavolo in complicate giravolte, salti e piroette.

La giovane donna batté le mani, deliziata, e Chandagnac fece in modo che i tovaglioli le si avvicinassero ed eseguissero un’altra riverenza e un ampio inchino guascone prima di farseli cadere dalle dita.

«Grazie, Miss Hurwood,» disse con voce da maestro di cerimonie.

«Grazie a voi, Mr. Chandagnac,» replicò lei, «e anche ai vostri vivaci tovaglioli. Ma non siate formale… chiamatemi Beth.»

«Benissimo,» disse Chandagnac, «e io mi chiamo John.» Si stava già rammaricando dell’impulso che lo aveva spinto a farla sentire a proprio agio — non aveva tempo, né una reale volontà di impelagarsi di nuovo con una donna. Pensò ai cani che vedeva nelle strade della città, e che chiamava, solo per vedere se agitavano le code e gli si avvicinavano, e che poi spesso continuavano a seguirlo ostinatamente per ore.

Si alzò e le rivolse un sorriso cortese. «Bene,» disse, «ora farei meglio a svignarmela. Ci sono un paio di cose che vorrei discutere con Capitan Chaworth.»

In verità, ora che ci pensava, avrebbe potuto effettivamente andare a cercare il capitano. Il Carmichael stava avanzando lento, ma tranquillo, davanti al vento e non necessitava di soverchia sorveglianza, e sarebbe stato piacevole sedersi e fare un’ultima chiacchierata innaffiata di birra col capitano prima dello sbarco. Chandagnac voleva congratularsi col capitano per l’evidente successo del suo gambetto anti-assicurazione — anche se, a meno che non fossero stati completamente soli, avrebbe dovuto fargli le congratulazioni con termini molto velati — e poi mettere decisamente in guardia l’uomo contro qualsiasi ulteriore tentativo di ripetere un simile trucco temerario. Chandagnac era, dopo tutto, un uomo d’affari di successo, e conosceva la differenza fra l’assumersi, con cautela, dei rischi calcolati e permettere che una intera carriera e una reputazione dipendano dal lancio di una moneta. Naturalmente Chandagnac avrebbe avuto cura di rivolgere il rimprovero con tono scherzoso, per non far sì che il vecchio si pentisse delle confidenze fattegli in stato di ebbrezza.

«Oh,» disse Beth, chiaramente delusa perché lui non poteva restare a conversare. «Beh, vuol dire che sposterò la mia sedia vicino alla murata e guarderò l’oceano.»

«Ecco, la sposterò io per voi.» Lei si alzò, e Chandagnac prese la sedia e si avvicinò alla battagliola di tribordo, dove la sistemò sul ponte a poche iarde dalla postazione di uno dei cannoni in miniatura, che aveva sentito che i marinai chiamavano “cannoni girevoli”. «L’ombra qui va e viene,» disse, dubbioso, «e prenderete in pieno la brezza. Siete sicura che non stareste meglio di sotto?»

«Leo la penserebbe certamente così,» disse, sedendosi con un sorriso di ringraziamento, «ma preferirei continuare il mio esperimento della scorsa notte, e vedere che genere di malattia è quella che si prende con cibo normale, luce solare e aria pura. Inoltre, mio padre è alle prese con le sue ricerche, e finisce sempre col coprire l’intero pavimento della cabina di carte e pendoli e diapason e non so cos’altro. Una volta che ha preparato tutto non c’è alcun modo per entrare o uscire.»

Chandagnac esitò, incuriosito suo malgrado. «Ricerche? Che genere di ricerche?»

«Beh… non ne sono sicura. Una volta era profondamente preso dalla matematica e dalla filosofia naturale, ma da quando ha rinunciato alla sua cattedra a Oxford sei anni fa…»

Chandagnac aveva visto il padre solo poche volte durante il viaggio — quel dignitoso vecchio con un solo braccio sembrava evitare le socievolezze di bordo, e Chandagnac non gli aveva prestato molta attenzione, ma ora fece schioccare le dita, eccitato. «Oxford? Benjamin Hurwood?»

«Sì, proprio così.»

«Vostro padre è 1’…»

«Una vela!» fu il grido che giunse dall’alto fra le intricate ragnatele del sartiame dell’albero maestro. «Dritto a babordo!»

Beth si alzò e tutti e due attraversarono di corsa il ponte raggiungendo la murata di babordo e si sporsero e drizzarono i colli per guardare al di là dell’intrico di cordame, da dietro al quale stavano osservando. Chandagnac pensò che era peggio che cercare di vedere un palcoscenico dall’alto durante una scena affollata di uno spettacolo di marionette. Il pensiero, tuttavia, gli fece tornare chiaro nella mente il ricordo di suo padre, e lui lo respinse e si concentrò per scrutare lontano.

Alla fine distinse la macchiolina bianca sull’orizzonte che oscillava leggermente, e la indicò a Beth Hurwood. La osservarono per diversi minuti, ma essa non sembrava avvicinarsi per niente, e il vento di mare era più gelido da quel lato nonostante il sole non fosse coperto, cosicché ritornarono accanto alla sedia in prossimità della murata di tribordo.

«Vostro padre è l’autore di… Ho dimenticato il titolo. Quella confutazione di Hobbes.»

«In Difesa del Libero Arbitrio.» La donna si appoggiò alla battagliola e girò il volto verso poppa per far sì che la brezza le spingesse indietro i lunghi capelli neri. «Esatto. Anche se Hobbes e mio padre erano amici, suppongo. Lo avete letto?»

Di nuovo Chandagnac stava desiderando di aver tenuto la bocca chiusa, poiché il libro di Hurwood aveva fatto parte del vasto programma di letture che suo padre gli aveva imposto. Tutta quella poesia, storia, filosofia, arte! Uno stupido soldato romano aveva infilzato Archimede con una spada, e un semplice uccello aveva lasciato cadere una fatale tartaruga sulla testa calva di Eschilo, scambiandola per un sasso su cui rompere le tartarughe.

«Sì. Ritengo che egli abbia effettivamente liquidato l’idea di Hobbes di un cosmo meccanicistico.» Prima che lei potesse convenire o controbattere, proseguì, «Ma cosa c’entrano pendoli e diapason?»

Beth aggrottò le sopracciglia. «Non lo so. Non so neppure in quale… campo… stia lavorando adesso. In questi ultimi anni, dopo la morte di mia madre, è diventato molto taciturno. Qualche volta penso che sia morto anche lui, o almeno che sia morta quella parte di lui che… non so, rideva. Comunque, è stato molto attivo quest’anno… dopo il suo primo disastroso viaggio nelle Indie Occidentali.» Scosse la testa con cipiglio perplesso. «Strano che la perdita del braccio lo abbia reso così vitale.»

Chandagnac sollevò le sopracciglia. «Com’è accaduto?»

«Mi dispiace, credevo che lo sapeste. La nave su cui si trovava fu catturata dal pirata Barbanera, e una palla di pistola gli frantumò il braccio. Sono un po’ sorpresa che abbia deciso di tornare qui… anche se ha una dozzina di pistole cariche con sé adesso, e ne porta sempre almeno un paio addosso.»

Chandagnac sogghignò fra sé e sé all’idea del vecchio docente di Oxford che accarezzava una pistola e aspettava di imbattersi in un pirata per scaricargliela addosso.

Da lontano, sull’acqua azzurra, giunse un tonfo forte e sordo, simile a quello provocato da una grossa pietra lasciata cadere su un pavimento. Incuriosito, Chandagnac fece per attraversare il ponte di poppa, in modo da poter guardare ancora una volta il vascello che si avvicinava, ma prima che avesse fatto due passi venne distratto dall’inatteso pennacchio di uno spruzzo sulla superficie del mare, un centinaio di iarde più avanti a tribordo.

Il suo primo pensiero fu che l’altro vascello fosse un peschereccio, e che lo spruzzo indicasse il salto di qualche grosso pesce; poi sentì l’uomo in cima all’albero che gridava, stavolta con voce più stridula, «Pirati! Una sola corvetta, quei maledetti pazzi!»

Beth era in piedi adesso. «Dio del cielo,» disse, piano. «È vero?»

Chandagnac si sentiva stordito piuttosto che spaventato, sebbene il suo cuore stesse martellando. «Non lo so,» disse, correndo assieme a lei attraverso il ponte e fino alla murata di babordo, «ma se è vero, quell’uomo ha ragione, sono dei pazzi… una corvetta è poco più di una barca a vela, e noi sul Carmichael abbiamo tre alberi e diciotto cannoni pesanti.»

Dovette alzare la voce per farsi sentire poiché il mattino, che era stato silenzioso tranne che per l’eterno cigolio-e-sciabordio-e-mormorio, era stato istantaneamente invaso da uno strepito di ordini urlati, dallo schiocco dei piedi nudi sui ponti inferiori e dal bisbiglio delle cime che correvano sui rocchetti dei bozzelli; e c’era anche un altro suono, distante ma molto più inquietante — un acciottolio e un battito metallici e frenetici sottolineati dalla stridula dissonanza di trombe d’ottone suonate per generare rumore anziché musica.

«Sono pirati,» disse Beth, tesa, stringendo l’orlo della murata accanto a lui. «Mio padre mi aveva già descritto quel rumore. Lo danzano anche — lo chiamano “vaporare” — e ha lo scopo di spaventarci.»

E funziona, pensò Chandagnac; ma a Beth sogghignò e disse, «Mi spaventerebbe davvero, se la loro nave fosse più di un vascello o la nostra meno.»

«Arrivano!» fu l’urlo perentorio che giunse da uno dei ponti inferiori, e sotto di lui, alla sua destra, Chandagnac vide il timoniere e un altro uomo che spingevano con forza la ghia verso tribordo, e nello stesso momento ci fu un baccano di strilli e cigolii dall’alto quando i lunghi pali orizzontali dei pennoni, e le vele panciute che essi reggevano, lentamente si piegarono sugli assi degli alberi, i più alti in maniera più accentuata di quelli più in basso.

Per tutta la mattina la nave era rimasta inclinata leggermente verso tribordo; ora si raddrizzò fino a livellarsi, e poi, senza sostare in quella posizione, s’ingavonò talmente verso babordo che Chandagnac gettò un braccio intorno a Beth e l’altro intorno a una sartia tesa verso l’alto, con la mano che stringeva fortemente la corda, e puntellò le ginocchia contro la frisata mentre il ponte saliva dietro di loro e il tavolo della colazione scivolava e poi rotolava per andare a cozzare contro la murata a una iarda da Beth. I piatti e l’argenteria e i tovaglioli deformati rotearono via nell’ombra improvvisa dello scafo e caddero nell’acqua esattamente sotto al punto dove Chandagnac e Beth stavano afferrati.

«Maledizione!» stridette Chandagnac attraverso i denti serrati, mentre la nave restava ingavonata, e rivolse un’occhiata obliqua al mare increspato sottostante, «Non credo che i pirati possano ucciderci, ma il nostro capitano ci sta certamente provando!» Dovette reclinare la testa all’indietro per guardare l’orizzonte, e il farlo gli agghiacciò talmente lo stomaco che dopo pochi momenti costrinse lo sguardo a tornare in basso sull’acqua — ma aveva potuto vedere l’intera scena da destra a sinistra, e il vascello pirata, non più lontano, che stava ruotando col mare aperto davanti alla prua fino a una posizione sempre più prossima a quella trasversale. E sebbene lo avesse visto quasi di punta, aveva notato che era davvero una corvetta, un vascello a un solo albero con una vela di randa e due logore e rappezzate vele triangolari, una che si assottigliava all’indietro lungo il boma, l’altra in avanti fino all’estremità del lunghissimo bompresso. Le frisate erano affollate di figure vestite di stracci che sembravano danzare.

Poi il ponte venne premuto contro le suole dei suoi stivali e l’orizzonte cominciò a cadere mentre la nave si raddrizzava, col vento e il sole ora a tribordo. Mantenendo il braccio intorno a lei, Chandagnac spinse Beth verso la scaletta del boccaporto. «Tenetevi lontana da qui!» gridò.

Il padre si stava arrampicando con difficoltà sulla scala del casseretto proprio mentre loro vi giungevano, e anche in quel momento critico Chandagnac rimase a fissarlo, poiché il vecchio indossava un abito da cerimonia, un lungo soprabito e una parrucca incipriata. Si stava tirando su per la scala agganciando i pioli col calcio di una pistola che stringeva nell’unica mano, e ce n’era almeno un’altra mezza dozzina ficcata nei cappi di una fascia che gli pendeva dalla spalla. «La porterò sottocoperta!» ruggì il vecchio, salendo sul ponte di poppa e spingendo Beth verso la scala con un ginocchio. Lei cominciò a scendere, e il vecchio fu subito dietro di lei scrutandola da sopra la spalla mentre la seguiva. «Attenta!» gridava. «Stai attenta, maledizione!»

Per un unico, irrazionale istante Chandagnac si domandò se il vecchio Hurwood aveva trovato il tempo di fondere del piombo e di ficcare le palle nelle pistole durante quel minuto o due trascorsi dal momento dell’allarme, poiché il vecchio puzzava davvero di metallo incandescente… ma poi Hurwood e Beth scomparvero, e Chandagnac dovette arretrare sul ponte per togliersi dal percorso di diversi marinai che si stavano arrampicando su per la scaletta. Arretrò fino al tavolo della colazione, che sporgeva come un piccolo divisorio dal punto dove era andato a cozzare contro la murata, e sperò di non trovarsi sulla strada di nessuno, domandandosi nel frattempo come si sarebbe sentito quando fossero entrati in azione i venti pezzi d’artiglieria, e perché il capitano stava tardando a far fuoco.

Tre distinti boati fecero tremare il ponte sotto i suoi stivali. Siamo noi? si chiese, ma quando si girò su se stesso per guardare a babordo al di sopra della balaustra, non vide né fumo né spruzzi d’acqua.

Ciò che vide fu la corvetta pirata — che aveva appena deviato a est, spinta dal vento costante — bordeggiare e poi continuare a virare in modo da raggiungere il Carmichael da poppa, sul lato sinistro.

Perché diavolo, pensò con crescente ansietà, non abbiamo fatto fuoco quando stavano puntando dritti su di noi, o quando hanno virato verso est mostrandoci il profilo? Osservò gli uomini frettolosi che lo superavano di corsa e scorse la corpulenta figura di Capitan Chaworth sul cassero di poppa sottostante, che si stava dirigendo verso la scala del castello di prua, e lo stomaco gli si svuotò improvvisamente quando si accorse che anche Chaworth era sorpreso per il silenzio dei cannoni. Chandagnac girò lentamente intorno al tavolo e corse fino alla balaustra vicino alla scaletta per vedere meglio quello che stava accadendo di sotto.

Vide Chaworth correre verso la scala del boccaporto che conduceva ai cannoni proprio mentre ne sgorgava una nube di denso fumo nero, e udì le grida di sgomento dei marinai: «Gesù, uno dei cannoni è scoppiato!» «Tre sono scoppiati; sono tutti morti là sotto!» «Alle scialuppe! Adesso toccherà alla polvere!»

Lo schianto di un colpo di pistola troncò il crescente vociare, e Chandagnac vide l’uomo che aveva proposto di abbandonare la nave rimbalzare dal tamburo dell’argano e crollare scompostamente sul ponte, la testa sfondata da una palla di pistola. Distogliendo lo sguardo dal cadavere, Chandagnac vide che era il solitamente mite Chaworth a impugnare la pistola fumante.

«Andrete alle scialuppe quando ve lo ordinerò io!» urlò Chaworth. «Nessun cannone è scoppiato, e non c’è alcun incendio! Solo fumo…»

Come per provare l’affermazione, una dozzina di uomini che tossivano con violenza spuntarono barcollando dalla scala del boccaporto in mezzo al fumo, gli abiti e le facce anneriti da qualcosa simile alla fuliggine.

«…E si tratta solo di una corvetta,» proseguì il capitano, «per cui: ai cannoni e preparate moschetti e pistole! E tenete pronte le sciabole.»

Un marinaio spinse di lato Chandagnac per raggiungere uno dei cannoni sugli affusti girevoli, e lui tornò in fretta al relativo riparo del tavolo incastrato, sentendosi estremamente disorientato. Maledizione, pensò costernato mentre si accovacciava dietro di esso, è una battaglia navale questa? Il nemico che danza e soffia nei corni, uomini con la faccia nera che salgono su dai ponti inferiori come comparse in un teatro londinese, e l’unico, serio colpo sparato dal nostro capitano per uccidere uno del suo equipaggio?

Ora c’erano diversi marinai vicino a lui, tesi e pronti a manovrare scotte e drizze, e un altro paio si erano precipitati ai due cannoni girevoli montati sulla battagliola di babordo del ponte di poppa, ai due lati di Chandagnac, e dopo aver controllato le cariche e l’innesco stavano in attesa, osservando la corvetta pirata e, di tanto in tanto, soffiando sulle estremità accese delle micce.

Chandagnac si accovacciò per scrutare frai puntelli piuttosto che dalla battagliola, e anche lui osservò la bassa e leggera imbarcazione che si avvicinava. La corvetta trasportava diversi cannoni piuttosto grossi, ma i saltellanti pirati li ignoravano e impugnavano pistole, sciabole corte e lunghe, e rampini.

Evidentemente volevano catturare il Carmichael senza danneggiarlo, pensò Chandagnac. Se ci riusciranno, mi domando se sapranno mai quanto sono stati fortunati per quella mefitica catastrofe che ha reso incapaci i nostri cannonieri.

Benjamin Hurwood salì con difficoltà sul ponte di poppa: era completamente irto di pistole — ce n’erano ancora sei nella fascia e una in mano, ma adesso ne aveva ficcata un’altra dozzina nella cintura. Scrutando oltre l’orlo del tavolo e vedendo l’espressione determinata sul volto del professore con un braccio solo, Chandagnac dovette ammettere che c’era, in quella pericolosa situazione, più dignità che ridicolaggine in quell’uomo.

Il marinaio al cannone girevole verso poppa, stringendo il pomo all’estremità della lunga impugnatura, fece girare il suo cannone a poppa e abbassò la bocca dell’arma per guardare lungo il fusto. Sollevò con cura la miccia lenta. Si trovava a soli cinque piedi circa da Chandagnac, che lo stava osservando con tesa fiducia.

Chandagnac cercò di immaginare il cannone che sparava, tutti i cannoni che sparavano, anche i moschetti e le pistole, riversando piombo e frammenti di metallo nella piccola e affollata imbarcazione pirata, due o tre scariche almeno, finché una nuvola di fumo di polvere da sparo non velava il vascello alla deriva e inerme, sul quale si scorgevano pochi pirati che strisciavano, storditi, sui cadaveri dilaniati dei compagni, mentre il Carmichael tornava sulla sua rotta e riprendeva il viaggio interrotto. Chaworth si sarebbe presa una bella paura, nel pensare al suo trucco per evitare di pagare l’assicurazione, e sarebbe stato più pronto che mai per quella birra.

Ma la detonazione dello sparo giunse da dietro, e il marinaio che Chandagnac stava osservando fu spinto in avanti sul cannone, e prima che precipitasse oltre la battagliola Chandagnac aveva visto il buco insanguinato dietro la sua schiena. Ci fu un pesante tonfo metallico sul ponte e poi un altro sparo, subito seguito dal medesimo tonfo.

Chandagnac si spostò e sbirciò al di sopra del rettangolo di quercia in tempo per vedere il vecchio Hurwood che estraeva un’altra pistola e sparava direttamente nella faccia stupefatta di uno dei due uomini che stavano manovrando la scotta di randa. Il marinaio s’inarcò all’indietro facendo battere la parte posteriore della testa spappolata contro il ponte, e l’altro uomo strillò, si chinò di scatto e corse verso la scaletta. Hurwood lasciò cadere la pistola per afferrarne un’altra, e quella scaricata cadde ancora fumante sul ponte. Il colpo successivo spezzò la galloccia intorno alla quale era avvolta la drizza della randa, e la cima liberata guizzò su e giù attraverso i bozzelli rimbalzanti, dopodiché la vela alta trenta piedi, incontrollata, si gonfiò e proiettò il suo pesante boma verso babordo, strappando le cime del sartiame come se fossero fili di lana marciti. Sartie e griselle, bruscamente disafforcate, scattarono verso l’alto e la nave rabbrividì quando l’albero di mezzana s’inclinò a tribordo, e dall’alto venne lo schianto lacerante dei pennoni che cedevano.

L’uomo che era stato all’altro cannone girevole giaceva a faccia in giù sul ponte, bersaglio evidente del secondo colpo di Hurwood. Quest’ultimo non aveva notato Chandagnac dietro il tavolo. Sfilò una seconda pistola, si avvicinò alla scala e, calmo, mirò nella folla caotica del cassero di poppa.

Senza fermarsi a riflettere, Chandagnac si alzò e coprì la distanza fino a lui in due lunghi passi, proiettando la spalla contro la piccola schiena di Hurwood proprio mentre il vecchio faceva fuoco. Si rimise in piedi e si voltò a guardare per vedere com’era caduto Hurwood, ma nella calca dei marinai in preda al panico non riuscì a scorgerlo. Le armi da fuoco crepitavano e rimbombavano con ritmo irregolare, e il ping dei proiettili che rimbalzavano faceva abbassare e rannicchiare i marinai, ma Chandagnac non era in grado di vedere chi sparava o a chi si sparava.

Poi, preceduto dallo schiocco del cordame in alto, un grosso elemento dell’alberatura, roteando, si abbatté sul ponte con grande fracasso, facendo sobbalzare l’intera nave e frantumando un tratto di murata in vicinanza di Chandagnac, prima di rimbalzare fuori bordo. Vicinissimo a lui, un uomo che era caduto dall’alto colpì pesantemente il ponte, con un rumore simile a quello di una bracciata di grossi libri gettati a terra; ma fu la cosa che cadde dopo a strapparlo dal suo stupore atterrito — un rampino che giunse in volo al di sopra della battagliola, con la corda che venne tirata mentre cadeva cosicché i suoi ganci afferrarono la battagliola prima ancora che potesse toccare il ponte.

Un marinaio corse in avanti per tirarlo via prima che un peso vi gravasse sopra, e Chandagnac era esattamente alle sue spalle, ma una palla di pistola da dietro fece crollare a terra il marinaio, e Chandagnac inciampò su di lui. Accovacciatosi contro la frisata, Chandagnac si guardò freneticamente intorno in cerca di Hurwood, sicuro che fosse stato il vecchio con un braccio solo a uccidere il marinaio; ma quando una palla davanti a lui fece schizzare delle schegge dal ponte vicino ai suoi piedi e lui voltò di scatto la testa per vedere da dove proveniva, vide Leo Friend, il grasso e fatuo medico di Beth, che stava in piedi sul castello di prua rialzato, a dieci iarde di distanza, e puntava una pistola carica direttamente contro di lui.

Chandagnac si gettò fra i rottami del ponte mentre la palla di pistola praticava un foro nella frisata dove lui si era appoggiato, rotolò rialzandosi, si abbassò e sgattaiolò nella ressa fino alla murata di tribordo.

Un marinaio giaceva vicino a lui raggomitolato sul ponte in una pozza mobile di sangue fresco, e Chandagnac rapidamente lo capovolse per raggiungere le pistole cariche delle quali aveva scorto i calci che spuntavano dalla cintura. L’uomo aprì gli occhi e cercò di parlare attraverso i denti spezzati, ma Chandagnac in quel frangente aveva perso il senso della solidarietà. Prese le pistole, annuì con espressione rassicurante all’uomo, e quindi si voltò verso il castello di prua.

Gli occorsero alcuni secondi per localizzare Friend, poiché la nave esponeva il fianco al vento e rollava, e Chandagnac doveva continuare a cambiare posizione per conservare l’equilibrio. Finalmente scorse il grassone, appoggiato alla balaustra del castello di prua rivolta verso la parte centrale della nave, che lasciava cadere una pistola scarica e con calma ne sollevava una carica da una cassetta che reggeva sul gomito piegato del braccio sinistro.

Chandagnac si costrinse a rilassarsi. Si abbassò un poco per conservare meglio l’equilibrio, e poi quando la nave si fermò per un attimo al culmine del rollio a babordo, sollevò una delle pistole e prese accuratamente la mira, fissando con gli occhi socchiusi sulla nocca del pollice il centro del torso gonfio di Friend, e tirò il grilletto.

L’arma sparò, quasi storcendogli il polso per il rinculo, ma quando il fumo acre si dissipò, il grasso medico era ancora là, in piedi, e stava ancora sparando nella calca dei marinai sotto di lui.

Chandagnac gettò via la pistola scarica, sollevò quella che gli era rimasta con entrambe le mani e, scarsamente consapevole di ciò che stava facendo, percorse sul ponte metà del tratto che lo separava da Friend e, da una distanza di non più di quindici piedi scaricò la pistola direttamente nello stomaco di Friend.

Il grassone, illeso, si voltò per un attimo per rivolgere un sorriso sprezzante a Chandagnac prima di estrarre ancora un’altra pistola dalla sua cassetta e di mirare a uno di quelli che stavano sotto. In mezzo all’odore di polvere bruciata, di sudore dovuto alla paura e di legno appena scheggiato, Chandagnac colse ancora una volta l’esalazione di qualcosa di simile a metallo surriscaldato.

Un attimo più tardi, tuttavia, Friend rimise la pistola nella cassetta senza aver fatto fuoco, poiché il combattimento era finito. Una dozzina di pirati si erano arrampicati a bordo, altri stavano superando la battagliola, e i marinai superstiti avevano gettato le armi.

Chandagnac lasciò cadere la pistola e arretrò lentamente fino alla murata di tribordo, incredulo, gli occhi fissi sui pirati. Erano allegri, gli occhi e i denti gialli che scintillavano sulle facce che, tranne che per la loro vivacità, avrebbero potuto apparire simili a lucido mogano, e alcuni di loro stavano ancora cantando quel canto che li aveva accompagnati durante l’inseguimento. Erano vestiti, rifletté stupefatto Chandagnac, come bambini che fossero stati interrotti mentre saccheggiavano il guardaroba dei costumi di un teatro; e malgrado le pistole, ovviamente parecchio adoperate, le spade, e le cicatrici sbiadite irregolarmente sparse su molte facce e su molti arti secondo disegni casuali di rughe e sfregi, parvero a Chandagnac innocentemente selvaggi come uccelli predatori, paragonati alla malignità fredda e metodica di Hurwood e Friend.

Uno dei pirati fece un passo avanti e corse su per la scaletta del boccaporto che portava al ponte di poppa con tale agilità che Chandagnac rimase sorpreso, quando l’uomo girò e inclinò all’indietro il cappello a tricorno, nel vedere le profonde rughe sulle sue guance scure e la profusione di grigio nei capelli neri e arruffati. Scrutò gli uomini sotto di lui e sogghignò, stringendo gli occhi e scoprendo un buon numero di denti.

«Prigionieri,» disse e la sua voce dura e allegra troncò il mormorio inquieto, «sono Philip Davies, il nuovo capitano di questa nave. Adesso voglio che vi raggruppiate intorno all’albero maestro e permettiate ai nostri ragazzi di cercare su di voi delle… armi nascoste, eh? Skank, tu e Tholomew e un paio di altri, trottate di sotto e portate qui chiunque sia rimasto laggiù. Con delicatezza, mi raccomando… è stato già spillato abbastanza sangue oggi.»

Gli otto membri sopravvissuti della ciurma debellata si trascinarono al centro del ponte; Chandagnac si unì a loro, raggiungendo di corsa l’albero e poi appoggiandosi al suo solido tronco e sperando che il suo portamento vacillante fosse attribuito all’oscillare del ponte piuttosto che alla paura. Guardando al di là del capo dei pirati, Chandagnac vide il gabbiano, evidentemente rassicurato dalla fine degli spari, che scendeva svolazzando e si appollaiava su una delle lanterne di poppa. Era difficile credere che meno di mezzora prima lui e la figlia di Hurwood si erano messi a lanciare svogliatamente dei biscotti a quell’uccello.

«Mastro Hurwood!» gridò Davies. Dopo un momento aggiunse, «Lo so che non siete stato ucciso, Hurwood… dove siete?»

«No,» fece una voce strozzata dietro a un paio di cadaveri ai piedi della scaletta del ponte di poppa. Hurwood si alzò a sedere, senza più la parrucca e con gli eleganti abiti in disordine. «Ma vorrei… avevo fatto un incantesimo… contro le cadute.»

«Avete il Compagno Premuroso che vi protegge dalle ferite,» disse Davies senza alcuna simpatia. «Nessuno di questi ragazzi c’è riuscito.» Fece un cenno verso i cadaveri e i feriti sparsi sul ponte. «Spero che sia stata una brutta caduta.»

«Mia figlia è di sotto,» disse Hurwood, e nella sua voce affiorava la premura mentre gli si schiariva la mente. «È sorvegliata, ma dì ai tuoi uomini di non…»

«Non le faranno del male.» Il capo dei pirati sbirciò, critico, intorno a sé. «Non è cattiva la nave che avete portato,» disse. «Deduco che avete prestato attenzione a ciò che vi dicemmo. Payne, Rich! Portate dei ragazzi in cima e tagliate tutto il legno, le corde e le vele inutilizzabili, e fate tutte le riparazioni necessarie affinchè la nave ci porti attraverso il Grande Bassofondo di Bahama.»

«Subito, Phip,» gridarono i due pirati, arrampicandosi sulle sartie.

Davies ridiscese la scaletta fino al cassero di poppa, e per diversi secondi si limitò a fissare il gruppo di uomini disarmati vicino all’albero. Stava ancora sorridendo. «Quattro dei miei uomini sono stati uccisi durante l’accostamento e l’abbordaggio,» osservò con voce tranquilla.

«Gesù,» sussurrò l’uomo accanto a Chandagnac, chiudendo gli occhi.

«Ma,» proseguì Davies, «più della metà dei vostri sono stati uccisi, e voglio considerare questa un’accettabile ammenda.»

Nessuno dei marinai parlò, ma Chandagnac udì nettamente diversi sospiri di sollievo, e strascichi di piedi. Tardivamente realizzò che la sua morte era giunta molto prossima all’essere decretata.

«Siete liberi di andarvene con la scialuppa della nave,» continuò Davies. «Hispaniola è a est, Cuba a nord, Giamaica a sud-ovest. Vi saranno dati cibo, acqua, mappe, sestante e bussola. Altrimenti,» aggiunse con buonumore, «chiunque di voi lo desideri, potrà restare e unirsi a noi. È la vita più semplice che si possa condurre in mare, e ogni uomo ottiene una parte dei profitti, e sarete liberi di ritirarvi alla fine di ogni viaggio.»

No, grazie, pensò Chandagnac. Una volta portato a termine il mio… scopo… a Port-au-Prince e tornato a casa, non voglio mai più vedere un altro dannato oceano in tutta la mia vita.

Il vecchio Chaworth aveva continuato per parecchi minuti a fare scorrere lentamente lo sguardo sulla nave di cui fino a poco prima era stato il proprietario, e Chandagnac comprese che, sebbene il capitano si fosse rassegnato alla perdita del carico, fino a quel momento non aveva immaginato che avrebbe perso anche la nave. I pirati, dopo tutto, erano creature che infestavano le acque basse, che evitavano sempre la cattura scivolando sulle secche, e di rado si avventuravano lontano dalla vista della terraferma. In teoria avrebbero dovuto avere bisogno di una nave da acque profonde, del tipo del Carmichael, così come un brigante ha bisogno di un cannone da assedio.

Il vecchio era pallido come la cenere, e a Chandagnac venne in mente che fino a quell’ultimo sviluppo della situazione Chaworth non poteva considerarsi completamente rovinato; se non avesse perso il Carmichael, avrebbe potuto vendere la nave e forse, dopo aver pagato gli azionisti o i comproprietari, ricavare abbastanza denaro da rimborsare i proprietari del carico per le loro perdite; questa mossa lo avrebbe senza dubbio lasciato in bolletta, ma avrebbe almeno mantenuto il segreto su quella cosa che lui aveva confidato a Chandagnac in una sera di sbronza: dal momento che il costo dell’assicurazione era adesso più alto del più alto margine di profitto che avrebbe potuto plausibilmente conseguire, preso dalla disperazione aveva accollato ai proprietari del carico l’assicurazione… e poi non aveva comprato nulla.

Uno dei pirati che era sceso di sotto risalì in quel momento dalla scaletta del boccaporto e, voltandosi a guardare alle sue spalle, fece un gesto verso l’alto con la pistola. Su per la scaletta e nella luce del sole si arrampicarono: il cuoco — che aveva chiaramente seguito l’antica usanza di fronteggiare un disastro navale ubriacandosi il più rapidamente e completamente possibile — e i due ragazzi che sbrigavano tutte le faccende di bordo, e Beth Hurwood.

La figlia di Hurwood era pallida, e camminava un po’ rigida, ma ostentò una calma apparente finché non vide il suo scarmigliato padre. «Papà!» gridò, correndo da lui. «Ti hanno fatto del male?» Senza attendere una risposta si girò di scatto verso Davies. «Quelli della vostra razza gli hanno già fatto abbastanza l’ultima volta,» disse, con la voce che era uno strano miscuglio di rabbia e supplica. «L’incontro con Barbanera gli è costato un braccio! Qualsiasi cosa vi abbia fatto oggi è stata…»

«È stata molto apprezzata, signorina,» disse Davies, rivolgendole un sogghigno. «Per rispettare il patto che lui e Thatch — o Barbanera, se vi piace — conclusero l’anno scorso, vostro padre mi ha consegnato questa bella nave.»

«Cosa state…» cominciò Beth, ma fu interrotta da una forte bestemmia di Chaworth, che balzò sul pirata più vicino a lui, strappò la sciabola dalla mano dell’uomo colto di sorpresa, e poi lo spinse via e corse verso Davies, sollevando il braccio per vibrargli un fendente.

«No!» urlò Chandagnac, scattando in avanti, «Chaworth, non…»

Davies, calmo, sfilò una pistola dalla sua sgargiante fusciacca di cashmire, la sollevò e sparò nel petto di Chaworth; l’impatto della palla calibro cinquanta bloccò la carica del capitano e lo scaraventò all’indietro con tale forza che rimase quasi dritto sulla testa per un momento prima di capovolgersi e abbattersi nella totale fiacchezza della morte.

Chandagnac rimase frastornato, e non riuscì a tirare un respiro profondo. Parve che il tempo avesse rallentato — no, fu come se ogni evento fosse improvvisamente staccato dagli altri, non più parte di una progressione uniforme. Beth gridò. Il getto di fumo fuoriuscito dalla canna della pistola vorticò in avanti per un’altra iarda. Il gabbiano emise uno strido rauco di nuovo allarme e s’involò. La sciabola caduta roteò attraverso il ponte e il guardamano di ottone picchiò contro la caviglia di Chandagnac. Lui si chinò e raccolse l’arma.

Quindi, senza che lo avesse coscientemente deciso, stava egli stesso correndo verso il capo dei pirati, e sebbene le sue gambe stessero muovendosi e il suo braccio stesse tenendo la pesante lama dritta davanti a lui, nella sua mente stava con abilità facendo oscillare il bastone e la traversa e balzare la marionetta Mercuzio che pendeva da essi sulla marionetta Tebaldo col gesto che suo padre chiamava sempre coupe-et-fléche.

Davies, sorpreso e divertito, lanciò la pistola scarica a un compagno e, facendo un passo indietro, sfilò lo stocco e si rilassò nella posizione di en garde.

Mentre compiva l’ultimo passo, Chandagnac pensò quasi di poter avvertire lo strattone verso l’altro del filo della marionetta quando rapidamente mosse di scatto la punta sopra la spada dell’altro uomo e la allungò nuovamente nella linea interna di Davies; ed era così avvezzo alla parata laterale di risposta della marionetta Tebaldo che fu quasi troppo rapido nel lasciare che la sua sciabola discendesse in questa mossa reale e non provata prima. Ma Davies aveva creduto alla finta ed eseguito la parata, e all’ultimo istante la sciabola disimpegnata si trovò puntata verso il fianco sguarnito del capo dei pirati, e Chandagnac permise che l’impeto del suo assalto la facesse immergere, e strappasse l’elsa dalla sua stretta inesperta, mentre lui superava di slancio l’avversario.

La sciabola cadde con un clangore sul ponte, e allora per un lungo istante tutti i movimenti s’interruppero. Davies, ancora in piedi ma spinto di traverso dal colpo di punta, stava fissando stupefatto Chandagnac, e questi, senza più l’arma in mano e rigido in attesa di una palla di pistola in qualsiasi momento e da qualsiasi direzione, trattenne il fiato e guardò, inerme, negli occhi del pirata ferito.

Finalmente Davies rinfoderò con cura la spada e, con altrettanta cura, si piegò sulle ginocchia, e il silenzio era così assoluto che Chandagnac udì davvero il picchiettio delle gocce di sangue che colpivano il ponte.

«Uccidetelo,» disse Davies distintamente.

Chandagnac si era voltato per metà verso la murata, con l’intenzione di superarla con un salto e cercare di nuotare fino a Hispaniola, quando una voce sarcastica disse, «Per averti superato nell’abilità schermistica, Phil? In fede mia, questo è l’unico modo per conservare la tua supremazia.»

L’ultima frase fu seguita da un forte mormorio fra i pirati, e Chandagnac si fermò, speranzoso. Lanciò un’occhiata all’indietro verso Davies e pregò che quell’uomo si dissanguasse prima di poter ripetere l’ordine.

Ma Davies stava guardando il pirata che aveva parlato, e dopo pochi secondi fece un sorriso lupesco e indicò il suo fianco ferito. «Ah, Venner, credi che questa basterà? Questo taglietto?» Davies si piegò in avanti, appoggiò le mani coi palmi aperti sul ponte, e, con un grande sforzo, portò un piede calzato di stivale, e poi l’altro, sotto di lui. Alzò la testa per guardare di nuovo Venner, che ancora sogghignava, e quindi, con lentezza, si sollevò dalla posizione accovacciata. Il suo largo sorriso non aveva mai vacillato, sebbene fosse diventato pallido sotto la sua abbronzatura e il suo volto fosse madido di sudore. «Tu sei… nuovo, Venner,» disse Davies, con voce fioca. «Dovresti chiedere ad Abbot o a Gardner quanto dev’essere profonda e terribile una ferita per farmi crollare.» Inspirò profondamente, poi barcollò e abbassò lo sguardo sul ponte. Le sue brache luccicavano oscuramente del sangue che scorreva giù per il polpaccio, dove s’infilavano nello stivale. Dopo un momento, alzò la testa. «Oppure,» proseguì, facendo un instabile passo indietro e snudando ancora una volta lo stocco, «gradiresti… scoprire tu stesso quanto mi ha debilitato questa?»

Venner era basso e tracagnotto, con una faccia rubiconda e butterata. Sorridendo a metà, fìsso il suo capitano con quell’espressione speculativa che quando si gioca a carte si indirizza a un avversario la cui ubriachezza può essere una mistificazione o, quantomeno, un’esagerazione. Finalmente allargò le mani. «Che io sia dannato, Phil,» disse con tono disinvolto, «sai bene che non intendevo dire nulla di provocatorio.»

Davies annuì e si permise di chiudere gli occhi per un momento. «Certo che no.» Gettò via la spada e si voltò verso Chandagnac. «Venner ha ragione, comunque,» disse con voce stridente, «e sono lieto… che nessuno ti abbia ucciso… dal momento che solo così potrò imparare quella finta.» Si permise di appoggiarsi alla paratia della cabina di poppa. «Ma per il sangue di Dio, uomo,» esclamò a voce alta, «come diavolo può essere che tu conosca una mossa così abile quando corri come un’anatra e tieni la spada come un cuoco che regge il manico di una pentola?»

Chandagnac tentò, ma non riuscì a trovare una valida bugia, e allora, esitante, raccontò all’uomo la verità. «Mio padre aveva un teatrino di marionette,» balbettò, «e io… per la maggior parte della mia vita ho fatto il marionettista. Noi… ci siamo esibiti in tutta Europa, e quando le sceneggiature richiedevano dei combattimenti con le spade — abbiamo rappresentato molto Shakespeare — lui consultava dei maestri di scherma per renderli più realistici. Così,» si strinse nelle spalle, «memorizzai un certo numero di mosse schermistiche, e le eseguii centinaia di volte… ma solo con le marionette.»

Davies, tenendosi il fianco, lo fissò. «Marionette,» disse. «Beh, io… maledizione. Marionette.» Lentamente si lasciò scivolare giù per la paratia finché non si trovò seduto sul ponte. «Dove diavolo è Hanson?»

«Qui, Phil.» Uno dei pirati lo raggiunse di corsa, aprendo un piccolo coltello a serramanico. «Devi stenderti giù,» disse.

Davies, obbediente, si distese supino, ma si puntellò sui gomiti per guardare Chandagnac mentre Hanson, che evidentemente svolgeva le mansioni di chirurgo dei pirati, cominciò a tagliare il lembo della camicia inzuppato di sangue. «Bene!» disse Davies. «Venner ha suggerito che io sono stato troppo… duro, nell’ordinare che tu fossi ucciso, e noi… how, che sia dannata la tua anima, Hanson, stai attento!» Chiuse gli occhi per un momento, poi tirò un profondo respiro e riprese. «Ed è nostro costume che tutti gli ordini siano aperti alla discussione, tranne quando si è in situazioni critiche. Tuttavia, tu mi hai colpito, per cui non posso… permettere che tu te ne vada con la scialuppa.» Face girare lo sguardo sui compagni. «Suggerisco di sottoporgli una scelta.»

Ci furono cenni di soddisfazione con la testa e grida di approvazione.

Davies alzò lo sguardo su Chandagnac. «Unisciti a noi, considera i nostri scopi come tuoi, altrimenti sarai ucciso là dove ti trovi in questo momento.»

Chandagnac si voltò verso Beth Hurwood, ma lei stava sussurrando qualcosa al padre, che non sembrava neppure consapevole della sua presenza. Guardando al di là dei due, vide la figura corpulenta di Leo Friend, che stava guardando torvo… probabilmente deluso perché lui era ancora vivo. Chandagnac non si era mai sentito più solo e inerme. Ad un tratto, cosa terribile, avvertì la mancanza di suo padre.

Si voltò verso Davies. «Mi unirò a voi.»

Davies annuì, pensieroso. «Questa è la decisione più normale,» disse. «Ero certissimo che sarebbe stata la tua.»

Hanson si alzò e fissò dubbioso la fasciatura che aveva fatto al suo capo. «È tutto quello che posso fare per te, Phil,» disse. «Fa’ sì che milord Hurwood si assicuri che la ferita smetta di sanguinare e non s’incancrenisca.»

Chandagnac lanciò un’occhiata sorpresa a Hanson. Di certo, pensò, volevi dire Leo Friend. La filosofia non guarisce le ferite.

Sentendo il suo nome, Hurwood uscì dalle sue fantasticherie e si guardò intorno ammiccando. «Dov’è Thatch?» chiese, con voce troppo forte. «Avrebbe dovuto essere qui.»

«È molto indaffarato quest’anno,» disse Davies, senza neppure preoccuparsi di piegare la testa per guardare Hurwood. «In questo momento si trova a Charles Town per procurarti i rifornimenti che hai chiesto. Lo incontreremo in Florida. Adesso vieni qui e fa’ qualcosa per assicurarti che non muoia a causa di questo buco.»

Beth fece per dire qualcosa, ma Hurwood le fece segno di tacere. «Ha permesso che fossi tu ad avere l’indicatore?» disse, chiaramente seccato.

Davies fece una smorfia. «La testa di cane mummificata? Sicuro. Ed effettivamente ha cominciato a sibilare e a roteare ieri, nel suo secchio di rum, e poi, a mezzogiorno o giù di lì, si è calmata, fissando dritto a sud-est, e spostandosi soltanto quando abbiamo cambiato rotta. Così ci siamo diretti dove stava guardando.» Si strinse nelle spalle per quanto poteva. «Ci ha guidati da te, con una certa precisione, ma è proprio una cosa disgustosa a vedersi. C’è voluto un bel po’ di tempo per impedire ai topi di mangiarsela.»

«Che sia maledetto quel lunatico di Thatch,» esplose Hurwood, «per aver permesso che dei comuni briganti si servissero di uno strumento così sofisticato! Se i topi hanno solo sfiorato quell’indicatore, farò in modo che divorino te, Davies, te lo prometto. Stupido incapace, quante volte credi che nascano dei cani a due teste? Manda un uomo sul tuo vascello a prenderlo, immediatamente.»

Davies sorrise e si distese sul ponte. «Behhhh,» disse, «no. Potrai riavere l’altra metà della tua schifosa coppia non appena sarò sceso a riva nell’Isola di New Providence, vivo e vegeto com’ero un’ora fa. Se non mi sarò totalmente ripreso di qui a poco, i miei ragazzi bruceranno quella dannata cosa. Giusto?»

«L’hai detto, Phil!» gridò uno dei pirati, e gli altri annuirono tutti allegramente.

Hurwood lanciò intorno a sé sguardi truci, ma raggiunse il punto dove Davies giaceva e s’inginocchiò accanto a lui. Guardò la fasciatura, la sollevò e scrutò sotto. «Per l’inferno, potresti recuperare benissimo anche senza il mio aiuto,» disse, «ma per il mio indicatore, farò in modo che sia certo.» Cominciò a frugare nelle profonde tasche della giacca lunga fino al ginocchio.

Chandagnac guardò alla sua sinistra e dietro di lui. Il corpo di Chaworth, morto, si spostava, floscio, avanti e indietro nel sole mentre la nave rollava, e una mano tesa in fuori oscillava avanti e indietro, palmo in su e palmo in giù, in un gesto stranamente filosofico. Viene e va, sembrava significare il gesto; buono e cattivo, vita e morte, gioia e orrore, e nulla può sorprenderci.

Chandagnac lo trovò inappropriato in maniera imbarazzante, come se il morto fosse stato lasciato coi pantaloni abbassati, e desiderò che qualcuno spostasse la mano in una posizione più consona. Distolse lo sguardo.

Non avendo mai visto una ferita trattata da un medico, come sembrava che Hurwood fosse, Chandagnac fece un passo avanti per osservare; e per uno sconcertante momento pensò che Hurwood stesse per cominciare a spolverare la faccia di Davies, poiché quello che aveva tirato fuori dalla tasca appariva simile a un piumino.

«Questa coda di bue,» disse Hurwood con quella che doveva essere la sua voce da oratore, «è stata trattata per diventare il punto focale dell’attenzione della creatura che tu chiami Compagno Premuroso. Se lui avesse avuto più potere avrebbe potuto contemporaneamente tenere d’occhio tutti noi, ma così com’è può badare solo a un paio di persone per volta. In questo recente tafferuglio ha protetto me stesso e Mr. Friend, e dal momento che il pericolo per noi è passato, lascerò che si occupi di te.» Pose l’oggetto setoloso sotto il davanti della camicia verde vischio di Davies. «Vediamo…» Di nuovo rovistò nelle sue tasche, «e qui,» disse, estraendo un sacchetto di qualcosa, «c’è una droga che regola i visceri. Al momento, tu sei in maggiore pericolo, sotto quell’aspetto, di quanto lo sia io… anche se farò in modo che non sia più così.» Tolse il cappello a Davies e lo appoggiò sul ponte, pose il sacchetto in cima alla testa del pirata e gli rimise il cappello. «Ecco fatto,» disse, alzandosi. «Non perdiamo altro tempo. Mettete sulla scialuppa quelli che se ne vogliono andare, e partiamo.»

I nuovi proprietari del Carmichael fecero oscillare fuori bordo la scialuppa appesa alla gru, la calarono in acqua con un noncurante tonfo a tribordo, e gettarono una rete di sartie e griselle per consentire a quella gente di scendere. Con l’ondata successiva, la scialuppa fu mandata a cozzare contro lo scafo della nave e imbarcò un bel po’ di acqua, ma Davies gridò stancamente alcuni ordini e la nave si girò con lentezza finché il vento non fu sull’anca di tribordo e il rollio scemò.

Davies si alzò in piedi, e sussultò, irritato. «Che vadano via tutti quelli che vogliono andarsene,» grugnì.

Desideroso anche lui di andar via, Chandagnac osservò i componenti dell’equipaggio originario del Carmichael che si avvicinavano con passo strascicato alla murata di tribordo: alcuni di loro sorreggevano i compagni feriti. Beth Hurwood, con un cappuccio nero tirato sui riccioli color rame, fece per avviarsi, poi si voltò e gridò, «Padre! Vieni con me sulla barca.»

Hurwood alzò la testa, ed emise una risata simile all’estremo cigolio di un meccanismo non oliato. «Sarebbero sicuramente lietissimi della mia compagnia! Metà di questi cadaveri devono la loro presente condizione alla mia collezione di pistole e alla mia mano. No, mia cara, resterò a bordo di questa nave… e anche tu.»

Quest’ultima affermazione la fece vacillare, ma lei si voltò e si avviò verso la murata.

«Fermatela,» sbottò Hurwood, spazientito.

Davies annuì, e diversi pirati ghignanti si posero di fronte a lei.

Hurwood si concesse un’altra risata, ma essa si trasformò in conato di vomito. «Andiamo via,» gracchiò. Chandagnac spostò casualmente lo sguardo su Leo Friend, e si sentì quasi contento di essere stato costretto a restare a bordo, perché il medico stava battendo rapidamente le palpebre, e le sue labbra sporgenti erano umide, e i suoi occhi erano fissi su Beth Hurwood.

«Bene,» disse Davies. «Forza, idioti, gettate questi cadaveri fuori bordo — attenti a non buttarli nella scialuppa — e andiamocene.» Guardò in su. «Come andiamo, Ridi?»

«Non posso orientale la vela,» fu il grido dall’alto, «senza più la randa. Ma questo vento e il mare sono abbastanza buoni da farla bordeggiare, credo, se facciamo appendere tutti gli uomini alle ralinghe.»

«Bene. Elliot, prendi un paio di uomini e riporta la corvetta a casa.»

«Subito, Phil.»

Beth Hurwood spostò lo sguardo dal padre a Leo Friend, che sorrise e fece un passo avanti — Chandagnac notò per la prima volta che l’abbigliamento un po’ troppo vistoso del grasso medico includeva un grottesco paio di scarpe dai tacchi rossi con stringhe a “pale di mulino a vento” — e offrì un braccio simile a una mensola decorata e imbottita, ma Beth raggiunse Chandagnac e gli si mise accanto, senza parlare. Le sue labbra erano premute assieme fermamente come prima, ma Chandagnac colse lo scintillio delle lacrime nei suoi occhi un attimo prima che lei, con impazienza, li asciugasse con un polsino.

«Posso accompagnarvi di sotto?» le chiese Chandagnac, piano.

Lei scosse la testa. «Non riuscirei a sopportarlo.»

Davies li guardò entrambi. «Non hai alcun incarico da sbrigare per ora,» disse a Chandagnac. «Conducila da qualche parte in modo che non sia d’intralcio. Puoi anche offrirle del rum, nel frattempo.»

«Non credo…» cominciò a dire, rigido, Chandagnac, ma Elizabeth lo interruppe.

«Grazie a Dio, sì,» disse.

Davies rivolse un sogghigno a Chandagnac e fece loro cenno di andare.


Pochi minuti più tardi si trovarono sul ponte del castello di prua vicino all’ancora di tribordo, protetti dal vento dalla vela maestra tesa alle loro spalle. Chandagnac era andato nella cambusa e aveva riempito di rum due tazze di ceramica; ne porse una alla donna.

Le cime ripresero a vibrare frai bozzelli e i pennoni a cigolare mentre le vele, ancora una volta stabili e spiegate, venivano fatte girare per meglio cogliere il costante vento dell’est; la nave descrisse un lento arco verso nord, e poi verso nord-est, e Chandagnac vide l’affollata scialuppa allontanarsi e finalmente scomparire dietro l’alta poppa. La corvetta, ancora a babordo, teneva l’andatura dello Strepitoso Carmichael. Dal punto dove adesso era appoggiato alla battagliola sorseggiando il rum caldo, Chandagnac poteva vedere l’albero e le vele del vascello più piccolo, e mentre la sua velocità aumentava e si allontanava lentamente dalla nave per darle spazio, fu in grado di vedere anche il suo scafo lungo e basso. Scosse la testa in maniera impercettibile, ancora incredulo.

«Beh, avrebbe potuto andarci peggio,» fece notare con voce bassa a Beth, cercando di convincere se stesso quanto lei. «A me, apparentemente è stato perdonato l’attacco al loro capo, e voi siete stata protetta da questi individui da… dalla posizione che vostro padre occupa fra loro.» Sotto di lui, alla sua sinistra, uno dei pirati stava camminando su e giù sul ponte centrale, fischiando e spargendo sabbia da un secchio sui molti schizzi e pozze di sangue sul ponte. Chandagnac distolse lo sguardo e proseguì. «E quando riusciremo a tirarci fuori da questa situazione, tutti i marinai nella scialuppa potranno testimoniare che voi e io siamo rimasti contro la nostra volontà.» Fu orgoglioso della fermezza della voce, e inghiottì un altro po’ di rum per calmare il tremito post-crisi che cominciava ad avvertire nelle mani e nelle gambe.

«Mio Dio,» disse Beth, frastornata, «tutto ciò che posso sperare è che lui muoia in queste acque. Non potrà mai più tornare indietro. Non lo metterebbero nemmeno in un manicomio… lo impiccherebbero.»

Chandagnac annuì, pensando che anche l’impiccagione era meno di quello che il padre meritava.

«Avrei dovuto accorgermi della follia che cominciava a manifestarsi in lui,» disse lei. «Avevo capito che era diventato… eccentrico, che aveva intrapreso delle ricerche che… sembravano un po’ folli… ma non mi sarei mai sognata che sarebbe diventato feroce, come un cane rabbioso, e avrebbe cominciato a uccidere la gente.»

Chandagnac pensò al marinaio che aveva visto ucciso vicino al cannone girevole, e a quello al quale Hurwood aveva sparato in faccia un attimo dopo. «L’ha fatto in una sorta di… frenesia, Miss Hurwood,» disse, bruscamente. «Era freddo, metodico come un cuoco che schiaccia formiche sul banco di cucina, una per una, e poi si lava le mani e si accinge al lavoro successivo. E il grassone era all’altra estremità della nave, e lo imitava, colpo dopo colpo.»

«Friend, sì,» disse lei. «C’è sempre stato qualcosa di odioso in lui. Non v’è dubbio che sia stato lui a coinvolgere il mio povero padre in questo disegno, qualunque esso sia. Ma mio padre è pazzo. Ascoltate, poco prima di lasciare l’Inghilterra il mese scorso, rimase fuori per un’intera notte e tornò completamente infangato e senza cappello al mattino, stringendo convulsamente una piccola cassetta di legno puzzolente. Non volle dirmi che cos’era — quando glielo chiesi, si limitò a fissarmi come se non mi avesse mai visto prima — ma da quel momento non se n’è più staccato. È nella sua cabina adesso, e scommetto che lui le sussurra fino a tarda notte. E mio Dio, voi avete letto il suo libro! Era una mente brillante! Quale motivazione, a parte la follia, può spiegare il farfugliare dell’autore di In Difesa del Libero Arbitrio su tutte quelle cose insensate circa le code di bue e i cani a due teste?»

Chandagnac udì una nota di tensione e di dubbio sotto il suo tono accuratamente controllato. «Non posso obiettare nulla a questo,» concesse con gentilezza.

Lei finì il rum. «Forse preferirei scendere sotto. Oh, uh, John, potete darmi una mano a procurarmi del cibo?»

Chandagnac la fissò. «Adesso? Sicuro, presumo di sì. Cosa volete…»

«No, voglio dire nelle ore dei pasti. Potrebbe essere ancora più difficile adesso evitare la dieta che Friend ha prescritto per me, e ora più che mai voglio stare all’erta.»

Chandagnac sorrise, ma stava pensando di nuovo a quello che succede quando si gettano avanzi ai cani randagi. «Farò ciò che posso. Ma Dio sa cosa mangiano questi diavoli. Potrebbero essere preferibili le erbe medicinali di Friend.»

«Voi non le avete assaggiate.» Si avviò verso la scaletta, ma poi si fermò e si voltò. «Siete stato coraggioso, John, a sfidare quel pirata come avete fatto.»

«Non è stata una sfida, è stato solo… una sorta di riflesso.» Scoprì che stava diventando irritabile. «Mi piaceva il vecchio Chaworth. Mi ricordava… un altro vecchio. Nessuno di loro due aveva un po’ di maledetto buon senso. E presumo di non averlo neppure io, altrimenti ora sarei in quella scialuppa.» Scolò il resto del rum. «Beh, ci vediamo più tardi.»

Guardò davanti a sé, al di là del bompresso, l’orizzonte azzurro, e quando si voltò lei se n’era andata. Si rilassò un poco e si mise a osservare la nuova ciurma al lavoro. Si stavano arrampicando sulle sartie, agili come ragni, e di tanto in tanto si lanciavano maledizioni l’un l’altro in inglese, francese, italiano e in un paio di lingue che Chandagnac non aveva mai sentito, e sebbene la loro grammatica fosse atroce dovette concedere che, in termini di oscenità, bestemmie e insulti elaborati, i pirati superavano di gran lunga qualsiasi linguaggio lui fosse in grado di capire.

Sorrise, ed ebbe il tempo di domandarsi perché prima di realizzare che quelle facezie poliglotte e bonariamente terrificanti erano esattamente come quelle che era solito ascoltare nelle taverne di Amsterdam, Marsiglia, Brighton e Venezia; nella sua memoria esse si fondevano tutte in un’unica, archetipa taverna di porto nella quale lui e suo padre sedevano per l’eternità a un tavolo vicino al fuoco, bevendo la specialità locale e scambiando notizie con gli altri viaggiatori. Al giovane Chandagnac talvolta era sembrato che le marionette fossero un gruppo di aristocratici di legno che viaggiavano con due servitori in carne e ossa; e adesso, sette anni dopo aver abbandonato quella vita, rifletté che i pupazzi non erano stati cattivi maestri. Il guadagno era stato irregolare, perché i giorni gloriosi degli spettacoli delle marionette erano terminati nel 1690, l’anno della nascita di Chandagnac, quando la Germania aveva abolito il decennale proclama ecclesiastico che vietava l’uso di attori vivi negli spettacoli teatrali, ma occasionalmente il ricavo era stato ancora abbondante, e allora i pasti e i letti caldi erano sembrati ancora più piacevoli al ricordo dei passati mesi di stanze fredde e pranzi mancati.

Il pirata col secchio di sabbia aveva apparentemente concluso il suo compito, ma mentre stava superando con passo pesante l’albero maestro diretto a poppa, scivolò su un tacco. Si guardò intorno come per sfidare qualcuno a ridere, e poi rovesciò il resto della sabbia sulla chiazza scivolosa e si allontanò con decisione.

Chandagnac si domandò se il sangue sul quale era scivolato era stato di Chaworth. E ricordò quella notte a Nantes, quando suo padre aveva agitato un coltello davanti a una banda di zoticoni, che stavano aspettando Chandagnac père et fils davanti a una mescita e avevano stretto i due in un angolo pretendendo tutto il loro denaro. Il vecchio François Chandagnac aveva un bel po’ di denaro con sé quella notte, andava per i sessantacinque e vedeva un futuro incerto, e così invece di consegnare il contante come aveva fatto nel paio di volte che erano stati rapinati in precedenza, aveva cavato dalla tasca il coltello col quale scolpiva le facce e le mani delle marionette, e lo aveva brandito contro i ladri.

Chandagnac si appoggiò col dorso a uno dei cannoni girevoli di tribordo che non avevano fatto fuoco e, con cautela, si crogiolò nella constatazione che il sole era caldo sulla sua schiena, e che era leggermente ubriaco, e che non era per nulla in pena.

Il coltello era stato fatto saltare via dalla mano di suo padre col primo, sprezzante calcio, e quindi c’erano stati semplicemente pugni, denti, ginocchia e stivali nel buio, e quando i banditi se n’erano andati, ridendo e vantandosi mentre contavano il denaro nella borsa inaspettatamente pingue, dovevano di certo aver supposto che stavano abbandonando due cadaveri nel vicolo dietro di loro.

Negli anni che erano seguiti, Chandagnac aveva spesso desiderato che loro avessero avuto ragione nella loro supposizione, poiché né suo padre né lui erano mai del tutto guariti.

I due erano riusciti alla fine a tornare nella loro stanza. Suo padre aveva perso i denti anteriori e, in seguito, l’occhio sinistro, e aveva subito fratture a diverse costole e probabilmente al cranio. Il giovane John Chandagnac aveva perso gran parte dell’uso della mano destra a causa del pesante colpo ricevuto col tacco di uno stivale, e per un mese aveva camminato con un bastone da passeggio, e dovette passare un anno intero prima che la sua urina fosse del tutto priva di sangue. La mano menomata, sebbene lui alla fine ne avesse quasi completamente riguadagnato l’uso, aveva fornito una buona scusante per abbandonare quella nomade carriera, e, mendicando in maniera neppure tanto camuffata, era riuscito ad assicurarsi il denaro per il viaggio e l’alloggio con un parente in Inghilterra. Prima del ventiduesimo compleanno aveva ottenuto un posto di contabile presso un laboratorio tessile inglese.

Suo padre, in sempre peggiore stato di salute, aveva continuato a gestire da solo lo spettacolo di marionette ancora per altri due anni prima di morire a Bruxelles nell’inverno del 1714. Non aveva mai saputo nulla del denaro che era diventato suo, del denaro che avrebbe potuto cosi drammaticamente prolungare e ravvivare la sua esistenza… quel denaro che gli era stato furbescamente rubato dal giovane fratello, Sebastian.

Chandagnac guardò al di sopra della spalla destra, stringendo gli occhi verso l’orizzonte orientale finché credette di vedere una linea un po’ più scura che avrebbe potuto essere Hispaniola. Ci sarei arrivato in meno di una settimana, pensò con rabbia, dopo aver ottenuto credito dalla banca in Giamaica. Quanto mi ci vorrà adesso? Non morire, Zio Sebastian. Non morire prima del mio arrivo.

CAPITOLO SECONDO

Anche al crepuscolo, coi fuochi delle cucine che cominciavano a punteggiare la spiaggia che si oscurava, le screziature delle secche del porto erano chiaramente visibili, e si potevano vedere le imbarcazioni che aggiravano l’angolo lontano dell’Isola del Maiale cambiare frequentemente rotta per tenersi sulle acque dal colore azzurro più cupo nel loro tragitto dal mare aperto fino al villaggio di New Providence. La maggior parte delle imbarcazioni del villaggio erano già ormeggiate per la notte, nel porto o lungo le banchine decrepite o, nel caso di un certo numero di barche più piccole, trascinate sulla sabbia bianca, e la popolazione dell’isola stava cominciando a preoccuparsi per la cena. A quell’ora il lezzo del villaggio lottava strenuamente contro la pura brezza marina, poiché sommato all’usuale melange di fumo di catrame, zolfo, cibo stantio e innumerevoli latrine di fortuna c’era l’intera gamma olfattiva, spesso sorprendente, di una gastronomia priva di perizia: l’odore di piume di pollo bruciate da uomini troppo impazienti per strapparle prima, di strani stufati in cui la mano entusiastica di un dilettante aveva versato grandi quantità di menta e cilantro e mostarda cinese per mascherare il gusto di dubbie carni, e di misteriosi e a volte esplosivi esperimenti nell’arte della preparazione del punch.

Benjamin Hurwood aveva portato via sua figlia e Leo Friend dal Carmichael quattro ore prima, subito dopo che la nave era stata laboriosamente rimorchiata, fatta bordeggiare e parancata nel porto, e molto prima che i pirati cominciassero il lavoro di carenaggio del vascello. Aveva chiamato a gran voce la prima barca che era passata nelle vicinanze e chiesto agli uomini che erano a bordo di condurli a riva, e non solo era stato obbedito, ma, era sembrato a Chandagnac, addirittura riconosciuto.

E ora il Carmichael giaceva bizzarramente sul fianco, i bozzelli fissati alle colombiere, e i bozzelli di sollevamento legati sotto la chiglia e fissati a solidi ormeggi sul fianco esposto, con una buona metà dei suoi centodieci piedi di lunghezza fuori dall’acqua e sorretti dal declivio di sabbia bianca di un’insenatura opportunamente profonda, che era a cinquecento iarde dal gruppo principale di tende. Chandagnac stava arrancando su per la spiaggia in compagnia dei pirati, vacillando tanto per lo sfinimento quanto per la novità di avere una superficie immobile sotto i piedi, poiché i pirati avevano allegramente concluso che, in qualità di nuovo membro della ciurma, lui dovesse fare il lavoro di due uomini.

«Ah, che io sia dannato,» esclamò il giovane sdentato che stava zoppicando accanto a Chandagnac, «sento odore di cibo vivo.» Chandagnac aveva dedotto che il nome di quel giovane era Skank.

La nave dietro di loro emetteva alti gemiti mentre le sue tavole si adattavano alle nuove sollecitazioni, e gli uccelli — Chandagnac suppose che dovevano essere uccelli — gracchiavano e stridevano nella giungla immersa nell’oscurità.

«Vivo è la parola giusta,» disse annuendo Chandagnac. E rifletté sul fatto che, considerando i fuochi, gli odori e le grida davanti a loro, gli sembrava che la cena che stava per essere cucinata non solo fosse ancora viva, ma anche riluttante.

Alla sinistra di Chandagnac, visibile al di sopra delle fronde dei palmizi, c’era una prominenza di roccia rotonda. «Il fortino,» disse il compagno sdentato, mentre indicava da quella parte.

«Fortino?» Chandagnac strinse gli occhi e finalmente scorse le mura e una torre, realizzate con la stessa pietra della collina. Anche dalla spiaggia poté vedere diversi squarci frastagliati nella linea irregolare del muro. «La tua gente ha costruito un forte qui?»

«No, sono stati gli spagnoli. O forse gli inglesi. Sia gli uni che gli altri per anni, e a turno, hanno rivendicato i propri diritti su questo luogo, ma c’era soltanto un uomo, un vecchio squilibrato, sull’isola quando Jennings giunse qui e decise di fondare la città dei pirati. Gli inglesi adesso ritengono di possederla — Re Giorgio ha anche mandato un uomo con la promessa di graziare tutti quelli che decidessero di abbandonare le cattiva strada per intraprendere, non so, la coltivazione dei campi o qualcosa del genere — ma neppure questo durerà a lungo.»

Ora si trovavano in mezzo ai fuochi della cucina, che ondeggiavano intorno a gruppetti di persone sedute sulla sabbia. Molti di quei convitati avevano barili o elementi di alberatura sistemati dritti per appoggiarvisi, e tutti salutavano a gran voce i nuovi arrivati, agitando bottiglie e pezzi di carne carbonizzata. Chandagnac, nervoso, adocchiò le facce illuminate dai fuochi, e rimase sorpreso nel constatare che circa una su tre appartenevano a donne.

«La Jenny è attraccata laggiù,» disse Skank, facendo un inutile cenno. «Avranno acceso un fuoco e, con un po’ di fortuna, avranno rubacchiato qualcosa da gettare nella pentola dello stufato.»

Chandagnac aveva ancora la sensazione che il suolo oscillasse sotto i suoi stivali, e quando camminò sopra una bassa cunetta di sabbia vacillò come per correggere l’equilibrio su un ponte rollante; riuscì a non cadere, ma fece cadere una coscia di pollo dalla mano di una donna.

Gesù, pensò, preso da un improvviso terrore. «Sono spiacente,» balbettò. «Io…»

Ma lei si limitò a una risata ebbra, prelevò un altro pezzo di pollo da un vassoio apparentemente d’oro genuino e mormorò qualcosa in un miscuglio confuso di francese e italiano; Chandagnac era quasi sicuro che si fosse trattata di una sarcastica profferta sessuale, ma il gergo era troppo insolito, e i verbi troppo ingarbugliati, per esserne certo.

«Uh,» disse frettolosamente a Skank mentre riprendeva il suo passo barcollante, «la Jenny?»

«È la corvetta con la quale catturammo il vostro Carmichael,» disse il giovane pirata. «Già,» disse, scrutando davanti a sé mentre i due scalavano un’altra affollata collinetta di sabbia ingombra di rifiuti, «hanno messo una pentola di acqua di mare sul fuoco e vi stanno gettando della carne salata o altro dentro.»

Skank ruppe in una corsa faticosa, come anche gli altri uomini di Davies. Chandagnac li seguì con passo più lento, scrutando davanti a sé. C’era un fuoco sulla spiaggia, e la pentola appoggiata sulle assi ardenti era alta quasi fino alla cintola. Vide diversi polli, decapitati e sventrati ma per il resto non preparati, descrivere un arco fuori dalle tenebre e cadervi dentro, e poi un uomo avvicinarsi barcollando e rovesciarvi dentro una secchiata di un qualche fluido grumoso. Chandagnac represse un conato di vomito, e poi sogghignò quando gli venne in mente che aveva meno paura di quella gente che del loro cibo.

Un vecchio dalla corporatura tozza, calvo ma barbuto come un palmizio, si chinò sul fuoco, immerse il braccio destro tatuato nello stufato e lo mescolò. «Non è ancora abbastanza caldo,» borbottò. Ne tirò fuori un pollo mal cotto, si allontanò dal fuoco e staccò un’ala con un morso. Le piume umide resero spettacolare la sua barba, e anche al di sopra della generale confusione Chandagnac poté sentire gli ossi che venivano sgranocchiati. «Ma si sta insaporendo,» decise l’uomo, rispedendo il volatile devastato nella pentola.

«Cantiamo una canzone!» gridò qualcuno. «Mentre aspettiamo.»

Seguirono delle acclamazioni, ma poi una figura magra e ghignante avanzò nella luce del fuoco. «All’inferno le canzoni,» disse Philip Davies, guardando dritto negli occhi Chandagnac. «Facciamo uno spettacolo di marionette.» Il tono beffardo e divertito della sua voce fece avvampare il volto di Chandagnac.

Forse Davies stava scherzando, ma gli altri pirati accolsero l’idea con entusiasmo. «Giusto,» gridò un uomo, con l’unico occhio che quasi gli schizzava via dalla testa per l’eccitazione, «quel ragazzo del Carmichael sa far muovere le marionette! Cristo! Farà uno spettacolo per noi, eh?» «Lo farà,» disse in un rutto un uomo completamente ubriaco seduto vicino a lui. «Lo farà, altrimenti… gli darò un calcio nel culo.»

Tutti parvero convinti che era questo lo spirito giusto, e Chandagnac si trovò spinto al centro dell’area di fronte al fuoco.

«Co… ma io…» Si guardò intorno. La minaccia di quello ubriaco non sembrava essere stato uno scherzo, e lui rammentò la noncuranza con la quale era stato ammazzato Chaworth.

«Vuoi farlo o no, ragazzo?» chiese Davies. «Cosa c’è, il tuo spettacolo è troppo bello per noi?»

Un negro con gli occhi spalancati fissò Chandagnac, e poi si voltò a guardare i compagni. «Ha detto che sono un cane, non è vero?»

«Fermi!» esclamò a voce alta Chandagnac, sollevando le mani. «Aspettate, sì, lo farò. Ma avrò bisogno… uh… di un bel po’ di spago, di un grosso ago, di un coltello affilato e di, diciamo, un pezzo di legno molto morbido della grandezza di una brocca da tre galloni.»

Molti dei pirati che erano seduti balzarono in piedi, urlando allegramente.

«Oh,» aggiunse Chandagnac, «e sarebbero utili anche un paio di pezze di stoffa, e delle bullette, o dei chiodi piccoli. E ho visto delle bottiglie passare qui intorno… che ne direste di un boccale per il marionettista?»

Pochi minuti dopo stava accovacciato coi suoi rozzi strumenti accanto al fuoco, lavorando e bevendo sorsate, alternativamente, da una bottiglia di brandy davvero buono. E mentre intagliava rapidamente arti, torso, pelvi e testa da un pezzo di tronco di palmizio, Chandagnac si domandava quale genere di spettacolo avrebbe gradito il suo pubblico. Shakespeare sembrava inadatto. C’erano stati un paio di dialoghi vivaci e volgari che suo padre, occasionalmente, aveva eseguito nelle osterie anni prima, quando aveva creduto che il giovane John se ne fosse andato di sopra a letto, e Chandagnac sospettava che essi fossero stati parte del repertorio professionale del vecchio nei tempi magri prima del bando tedesco degli attori vivi. Se Chandagnac fosse riuscito a ricordarli, quei numeri avrebbero probabilmente riscosso successo, là.

Con una destrezza che non avrebbe mai immaginato di avere ancora, intagliò le parti anteriori delle due piccole teste di legno, realizzando dei volti rozzi ma accurati; poi tagliò delle piccole strisce di tessuto che servissero da cerniere, e quindi delle forme più grosse e complicate che fungessero da abiti. Gli ci volle non più di un altro minuto per imbastirle tutte assieme e poi per tagliare fili di spago e inchiodarli alle orecchie, alle mani, alle ginocchia e alle schiene delle sue due marionette, con le altre estremità dei fili di ogni pupazzo connesse a una croce che avrebbe tenuta stretta in mano. Controllare due marionette nello stesso tempo significava che avrebbe dovuto fare a meno di due bastoncini separati per controllare le ginocchia di ogni pupazzo, ma molto tempo addietro aveva imparato come usare le prime due dita irrigidite e tese di ogni mano per ovviare a quella mancanza.

«Benissimo, siamo pronti,» disse infine, cercando di apparire sicuro di sé, come gli aveva consigliato sempre suo padre prima di fronteggiare una platea potenzialmente ostile, com’era di sicuro quella. «Siete pregati di stare tutti seduti. Uno di voi gradirebbe lanciarmi quel… barile rotto laggiù, per favore? È meglio di niente come palcoscenico.» Con sua sorpresa, uno di loro glielo portò e si sedette ubbidiente davanti a lui. Chandagnac squadrò il barile fesso e privo di coperchio per un momento, poi sfondò con un calcio tutta la parte anteriore, tirò via le estremità delle doghe spezzate e il cerchio che era rimasto e fece un passo indietro. Annuì. «Il nostro palcoscenico.»

La maggior parte dei pirati si era seduta a terra e, perlomeno, aveva smesso di gridare, così Chandagnac, raccolse le croci con cui avrebbe manovrato i pupazzi e fece scivolare le dita nei cappi. Sollevò la marionetta le cui gambe erano infilate in rozzi calzoni — «Il nostro eroe!» disse con voce alta — e poi quella per la quale aveva cucito una gonna — «E una donna che lui incontra!»

Il suo pubblico parve trovare promettente la cosa.

La marionetta femmina fu trascinata nella parte anteriore del barile, e il maschio, a una iarda di distanza, cominciò a dirigersi verso di essa.

Chandagnac era acutamente consapevole che si trovava su una spiaggia del lato sbagliato del mondo, di fronte a una folla di assassini ubriachi. Eseguire uno spettacolo di marionette in quelle circostanze sembrava bizzarramente inappropriato quanto le ghirlande di Calendimaggio su una forca… o, gli venne in mente, come danzare e suonare strumenti musicali mentre si sta per abbordare un mercantile e uccidere più della metà della sua ciurma.

Dalla dilezione degli altri fuochi in quel momento entrò nella luce con passo strascicato l’uomo dall’aspetto più vetusto che Chandagnac avesse mai visto da quando aveva lasciato l’Inghilterra. La sua barba era lunga, i capelli stopposi avevano il colore delle ossa vecchie, e la sua faccia era antico cuoio scuro teso su un teschio. Chandagnac non riuscì a capire di quale razza fosse, ma quando diversi pirati salutarono il vecchio come “governatore” e gli fecero spazio perché si sedesse, dedusse che quello doveva essere il “vecchio squilibrato” che Skank aveva menzionato, quello che era stato l’unico abitante dell’isola quando i pirati avevano scoperto quel posto.

La marionetta maschio aveva raggiunto il barile e sembrava stesse per superarlo, ma la femmina si sporse dall’apertura come per aprire e drizzò la testa. «’Sera, signore,» disse Chandagnac in falsetto, sentendosi un imbecille. «Offrireste da bere a una signora?»

«Prego?» Chandagnac fece dire all’altro pupazzo in una grossolana parodia dell’accento dell’aristocrazia inglese. «Sono molto duro d’…»

«Per favore, parlate ad alta voce, signore,» lo interruppe la marionetta femmina. «Non sento molto bene.»

«…d’orecchi. Il mio udito…»

«Cosa avete detto, signore? Siete impaurito? Credo di capire cosa volete dire, signore, ma non dovete avere paura con me. Posso garantire…»

«No, non impaurito, udito.»

«Budino? Avete fame? Cosa c’entra il budino?»

«Ho detto che ce l’ho molto duro.»

«Oh! Oh, bene, splendido, signore, splendido, molto duro l’avete, bene, diamoci da fare e basta con questo discutere di mangiare, allora, vogliamo…»

«È una trappola!» gridò uno dei pirati dal pubblico. «Lo sta portando dritto nelle mani di una banda di arruolatori! È così che mi presero in Marina!»

«Con una donna?» gridò un altro pirata, incredulo. «Io stavo semplicemente bevendo un bicchiere — e non me n’ero scolato nemmeno metà che mi diedero una botta in testa. Mi svegliai nella scialuppa della nave.»

Davies rise mentre stappava un’altra bottiglia. «A me, mi presero con un dolce. Avevo quindici anni, e stavo tornando a casa dalla bottega di un intagliatore di legno dove ero apprendista.» Inclinò la bottiglia e bevve una lunga sorsata.

«Non possono!» gridò un altro uomo. «È illegale! Gli apprendisti che hanno meno di diciotto anni sono esonerati. Avresti dovuto parlare col capitano, Phil: ti avrebbe riportato a riva con le sue scuse.»

«La Regina Anna fece quella legge nel 1703, ma io fui arruolato quattro anni prima.» Davies sogghignò e inclinò di nuovo la bottiglia, poi si pulì i baffi e disse, «E non la fecero retroattiva.» Alzò lo sguardo su Chandagnac. «Sì, lo sta conducendo da una banda di arruolatori.»

«Uh… va bene.» Chandagnac aveva visto bande di arruolatori in azione in diversi posti, anche se la sua età, o la cittadinanza, o probabilmente una somma di denaro versata da suo padre con discrezione, avevano impedito che diventasse loro preda.

«Da questa parte, signore,» disse con voce seducente la marionetta femmina, scivolando di nuovo all’interno del barile. «Possiamo bere qualcosa prima di procedere con le altre faccende.»

La testa dell’altra marionetta si mosse su e giù ottusamente. «Prego?»

«Ho detto che conosco questo posto. Possiamo bere qualcosa?»

«Schifoso? Questo posto lo è senz’altro. Non mi stupisco: guardate questi zoticoni, non sono certo di…» La marionetta maschio la seguì dentro, e allora Chandagnac agitò i pupazzi e batté rumorosamente la punta dello stivale contro la parte posteriore del barile. «Ehi!» gridò con voce più rude, «Attenti! Prendetelo! È lui! Tenetelo giù! Ed eccovi qui, signore! Permettetemi di essere il primo a congratularmi con voi per aver iniziato una vita in mezzo al mare.»

Chandagnac aveva la speranza di riportare la storia su una direzione più usuale, ma il suo pubblico gli chiese di seguire il suo sfortunato protagonista su una nave della Marina, e così dovette inclinare il barile su un fianco affinchè fungesse da nave, e tagliare-e-imbastire in tutta fretta la gonna della femmina trasformandola in un paio di calzoni, in modo che quella marionetta potesse assumere svariati ruoli maschili.

Spinto da una platea presa dai ricordi, Chandagnac fece patire al povero protagonista — il cui accento da aristocratico era ormai svanito — ogni sorta di punizioni per mano dei temuti e disprezzati ufficiali. Gli venne tagliato un orecchio per aver replicato a un ordine con un tono che l’ufficiale decise di considerare sarcastico, ricevette una botta sui denti con una galloccia per un’altra infrazione, e poi fu “frustato da tutta la flotta”, che apparentemente significava che venne cerimoniosamente imbarcato su ognuna delle navi per essere frustato su ognuna di esse. Finalmente il pubblico gli permise di saltare dalla nave in un porto dei tropici e di raggiungere faticosamente la riva. Diversi membri del pubblico parvero perdere interesse a questo punto, e un paio si misero a tirare di scherma con dei bastoni all’esterno del circolo.

Chandagnac continuò malgrado le distrazioni, e fece nascondere il fuggitivo nella giungla affinchè attendesse l’arrivo di qualche nave pirata che avesse bisogno di un altro marinaio, ma poi quell’uomo vecchissimo balzò in piedi. «La fonte!» gridò il vecchio. «L’acqua che è torbida anche mentre sgorga dalla terra!»

«Va bene, governatore,» disse Skank, «ma stai interrompendo lo spettacolo.»

«Le facce nello spruzzo! Almas de los perdidos!»

«Sta’ zitto, Sawney!» gridò qualcun altro.

«Ah!» Il vecchio si guardò intorno con gli occhi spalancati, poi ammiccò. «L’aceto,» disse poi, solennemente come se stesse comunicando la parola d’ordine del Regno dei Cieli, «porterà via i pidocchi dal vostro corpo.»

«Non sono un cane!» gridò il nero che aveva contribuito a spingere Chandagnac a eseguire quella rappresentazione. Chandagnac ebbe l’impressione che la cosa stesse degenerando nel caos.

«Queste sono notizie che servono più alla ciurma di Charlie Vane che a noi, governatore,» disse Davies. Il capo dei pirati tese al vecchio la bottiglia che si stava lavorando, che era ancora piena per più della metà. «Perché non vai a riferirle a loro?»

Il Governatore Sawney bevve un lungo sorso e s’incamminò, rientrando nel buio, e fermandosi due volte per declamare dei brani dal tono ammonitorio del Vecchio Testamento.

A questo punto, con sollievo di Chandagnac, qualcuno gridò che la cena era pronta. Lui lasciò le marionette nel barile e si unì alla corsa verso la pentola di stufato, dove gli fu teso un piatto con sopra un caldo e umido pollo dall’aspetto gonfio. Aveva un buon profumo, tuttavia, poiché il secchio che prima aveva visto svuotare nella pentola conteneva un curry che qualcun altro della ciurma aveva trovato troppo speziato da mangiare. Così, sfilò il suo pollo dalla pelle floscia, impalò il volatile in un bastone e lo tenne sopra le fiamme. Diversi pirati che erano anche loro poco entusiasti del pollo mezzo bollito fecero la stessa cosa, e dopo che tutti ebbero mangiato, e mandato giù il dubbio cibo con altro brandy, qualcuno propose ad alta voce che il marionettista fosse il nuovo cuoco ufficiale.

L’idea suscitò grida di assenso, e Davies, che era stato fra quelli che avevano seguito l’esempio gastronomico di Chandagnac, si alzò, ebbro, in piedi. «Alzati, pup,» disse a Chandagnac.

Decidendo di considerare l’epiteto che gli era stato indirizzato come un diminutivo di puparo, Chandagnac si alzò… pur senza sorridere.

«Come ti chiami, pup?»

«John Chandagnac.»

«Shandy-che?»

«Chandagnac.» Un asse nel fuoco emise un forte schiocco, scagliando scintille nel cielo.

«All’inferno, ragazzo, la vita è troppo piccola per un nome come quello. Il tuo nome è Shandy. Ed è anche un gran bel nome, per un cuoco.» Si voltò verso gli altri pirati, sparsi come vittime di guerra sulla sabbia. «Questo è Jack Shandy,» disse, con voce abbastanza alta da essere sentita al di sopra del perpetuo mormorio. «Lui è il cuoco.»

Chiunque fosse in condizioni di capire parve compiaciuto, e Skank pose uno dei polli bolliti non richiesti su un tricorno che fece indossare a Chandagnac, mentre questi scolava un boccale di rum.

Dopodiché, per il nuovo cuoco, la sera divenne una confusione punteggiata da chiare impressioni occasionali: a un certo punto stava sguazzando nella battigia, mentre prendeva parte a una complicata danza, e la musica era un tambureggiare che faceva da contrappunto alla risacca e al vento caldo che frusciava fra le palme e al battito cardiaco dello stesso Chandagnac; più tardi si era staccato dalla danza ed era corso a riva, vagabondando a lungo fra l’acqua e la giungla, scansando i fuochi e ripetendo a se stesso in un sussurro «John Chandagnac» ancora e ancora, poiché col nuovo nome che gli era stato assegnato aveva paura di dimenticare il vecchio, là in quel mondo di assassini, di rum e di isole piccole e vivaci; e qualche tempo dopo vide una banda di bambini nudi che avevano trovato le sue marionette e le stavano facendo ballare, ma senza toccare in alcun modo le figure di legno, solo mettendo le mani a coppa vicino ad esse, e ognuna delle teste delle marionette che si agitavano stava brillando di un colore rosso opaco; e poi, finalmente, si ritrovò seduto sulla sabbia soffice, pensando che sarebbe stato ancora più confortevole sdraiarvisi. Si distese sulla schiena, si avvide di avere ancora il cappello in testa, se lo tolse goffamente, ficcò accidentalmente la mano nell’addome freddo del pollo, si lanciò in avanti per andare a vomitare un paio di iarde giù sul declivio, quindi ricadde di nuovo sulla schiena e si addormentò.

CAPITOLO TERZO

L’estate del 1718 non fu tipica per la repubblica fuorilegge dell’Isola di New Providence. Per tradizione, i pirati dei Caraibi carenavano i loro velieri di maggiori dimensioni in primavera, e quando gli scafi erano stati ripuliti dalle alghe e dai cirripedi, e tutte le bordature e le cime marce erano state rimpiazzate, riempivano le stive di cibo, acqua e del meglio del bottino invernale e poi salpavano verso nord-ovest, scivolando intorno alle Isole Berry e alle Bimini e quindi lasciando che l’eterna Corrente del Golfo li assistesse mentre seguivano la loro rotta lungo la linea costiera del Nord America. I governatori delle colonie inglesi generalmente facevano buona accoglienza ai pirati, grati per la prosperità che arrecavano le loro mercanzie a tariffe ridotte, e i Caraibi d’estate erano un fumante terreno di sviluppo per malaria, febbre gialla e ogni genere di epidemia, per non parlare degli uragani che sceglievano quella stagione, più spesso delle altre, per arrivare diretti a ovest dall’Atlantico aperto al di là delle Barbados, vorticando intorno a Cuba e risalendo per il Golfo del Messico come punte di trapano roteanti attraverso una lastra di vetro, creando e spaccando o addirittura cancellando del tutto le isole nel loro cammino.

Ma era luglio ormai, e il porto di New Providence era ancora affollato di corvette, golette e brigantini, e anche di un paio di tre alberi, e i fuochi delle cucine ancora imbrattavano l’aria al di sopra delle capanne, delle baracche e delle tende ricavate dalle vele lungo la spiaggia, e le puttane e i compratori all’ingrosso del mercato nero ancora bighellonavano fra le ciurme e scrutavano, ansiosi, le navi in arrivo; poiché era giunta notizia che Woodes Rogers era stato nominato governatore dell’isola da Re Giorgio, e il suo arrivo con la Royal Navy era atteso di giorno in giorno, in quanto avrebbe dovuto portare il Perdono del Re per tutti i pirati che volevano rinunciare alla pirateria, e la punizione prescritta dalla legge per chiunque non avesse voluto rinunciarvi.

La filosofia più diffusa frai residenti di New Providence nelle prime settimane di luglio era per lo più sintetizzata nella frase “Stai a guardare”. Pochi, come Philip Davies, erano determinati a partire prima dell’arrivo di Rogers, e pochi altri, soprattutto Charlie Vane e la sua ciurma, erano risoluti a restare e a resistere con la forza a questa incursione delle Autorità attraverso l’Atlantico; ma la maggior parte dei pirati erano inclini ad accettare l’offerta di amnistia, e ad eliminare dal loro futuro lo spettro del rituale del remo d’argento portato dal boia quando scortava un pirata condannato al patibolo e il prete e la folla e l’ultimo nodo col quale il pirata avrebbe avuto a che fare. E dopo tutto, se non avessero trovato un miglioramento sotto il nuovo regime, avrebbero sempre potuto rubare una barca e seguire il vento verso qualche altra isola. Duecento anni prima gli spagnoli si erano presi la briga di rifornire tutte le loro isole di maiali e bestiame, e un uomo poteva fare molto peggio che vivere su qualche spiaggia non sorvegliata, nutrendosi di frutta, pesce e carne seccata sopra il boucan. La vita da bucaniere era, di fatto, finita un secolo prima quando gli spagnoli avevano scacciato in mare questi inermi zingari-delle-spiagge — e se ne erano presto pentiti, perché i bucanieri sfrattati si erano rapidamente trasformati in predatori del mare — ma le isole erano ancora là.

Ora le arance punteggiavano la giungla come luccicanti monete d’oro su satin verde e velluto sgualcito, e anche quelli che erano cresciuti in Inghilterra seguivano l’esempio delle altre razze e guarnivano le loro semplici vivande con tamarindi, papaie e manghi. Avocados a centinaia pendevano grassi e verdi fra gli alberi, cadendo spesso con forti tonfi sulla sabbia e sui pirati sbalorditi che non erano abituati a vedere quelle cose nelle stagioni in cui erano mature.

La gastronomia, infatti, era diventata la parte più cospicua nella vita quotidiana del villaggio di New Providence, sia perché l’arrivo imminente di Woodes Rogers significava perlomeno il rinvio delle scorrerie piratesche, cosa che lasciava alle persone il tempo per dedicare maggiore attenzione a ciò che mangiavano, sia perché il cuoco di bordo dello Strepitoso Carmichael non solo aveva dato prova di essere competente, ma si era impegnato a preparare infornate di pane sufficienti a sfamare diverse ciurme in cambio dell’aiuto per procurare rifornimenti alimentari. Nelle tre settimane da quando il Carmichael era arrivato, per esempio, c’erano stati sette “tentativi di bouillabaisse”, nei quali quasi tutti, pirati e puttane e borsaneristi e ragazzini, si erano aggirati nel porto durante la bassa marea, armati di reti e secchi, e avevano estratto dal mare animali di ogni sorta in quantità sufficiente affinchè il cuoco preparasse un titanico stufato di pesce. E quando tutta quella roba era stata messa a bollire nelle numerose ed enormi pentole sulla spiaggia, fortemente aromatizzata con aglio e cipolle e zafferano, fu detto che le navi in arrivo avevano avvertito l’odore dello stufato molto prima di avvistare l’isola.

E mentre il mese passava e le giornate si allungavano, all’ora di cena sempre più gente si avventurava fino al luogo dove le ciurme di Davies erano raggruppate intorno al punto di ormeggio della corvetta Jenny, poiché si presumeva che la Jenny e il Carmichael avrebbero lasciato l’Isola di New Providence, portandosi via il cuoco, il sabato ventitré.

Il venerdì pomeriggio il cuoco stava spingendo una barca coi remi su per il porto dalla profonda insenatura dov’era il Carmichael; la nave adesso era stata riportata nella sua normale posizione eretta, ed era stata spinta quasi completamente in acqua. Mentre la osservava retrocedere, con le braccia muscolose e abbronzate che tiravano su i remi e spingevano in avanti la barca, Jack Shandy vide le impalcature, sezione dopo sezione, spezzate a colpi d’ascia e staccate dalla scafo, precipitare roteando nel mare.

Prima della fine del mese, si disse, dovrei essere in grado di recarmi a Kingston e a chiarire la situazione del mio credito; dopodiché, m’imbarcherò per Port-au-Prince e farò una visita alla… tenuta di famiglia.

Ora che aveva visto i colori di quei cieli occidentali e i mari e le isole, non si sentiva più disorientato dal disegno che aveva visto nella lettera che il suo avvocato aveva trovato; gli ampi porticati e le finestre di casa Chandagnac a Port-au-Prince, coi palmizi ondeggianti e le gigantesche felci arboree sullo sfondo e i pappagalli disegnati in volo, ora sembravano molto più raggiungibili, molto meno simili a un disegno di immaginarie dimore sulla luna.

Dopo la morte del vecchio François Chandagnac, suo padre, l’avvocato di John aveva localizzato un cugino fino a quel momento ignoto di Chandagnac a Bayonne, e questo cugino aveva fatto pervenire loro una raccolta di lettere di una zia di Haiti, dove John aveva sempre saputo, in modo vago, di avere un nonno e uno zio. Quelle lettere, e poi un mucchio di costose ricerche negli oscuri labirinti di atti notarili, rinunce ai diritti, omologazioni e certificazioni di nascite e morti, avevano finalmente portato alla luce l’informazione che aveva indotto John Chandagnac a rompere il fidanzamento con la figlia di un ricco mercante di carbone, a rinunciare alla sua posizione nel laboratorio tessile e a prenotare un posto a bordo dello Strepitoso Carmichael per l’altro lato del globo: John apprese che suo nonno ad Haiti aveva, nel suo testamento, lasciato la casa, la piantagione di canna da zucchero e una considerevole fortuna al suo primo figlio Francis, padre di John, ed era poi morto nel 1703; e che il giovane fratellastro di François, Sebastian, residente anch’egli ad Haiti, aveva presentato dei documenti fasulli che dichiaravano che François era morto.

Sulla base di questa frode, Sebastian aveva ereditato la tenuta… e il padre di John Chandagnac, senza neppure venire a conoscenza dell’eredità, aveva continuato a rappresentare i suoi spettacoli di marionette, in sempre crescente povertà e cattiva salute, fino a quella ultima notte in solitudine a Bruxelles nell’inverno del 1714. Suo zio, in effetti, aveva ucciso suo padre e lo aveva rapinato.

Jack Shandy socchiuse gli occhi, e spinse con maggiore forza sui remi come se questo avesse potuto condurlo più rapidamente alla presenza dello zio, mentre ricordava la conversazione avuta con la proprietaria della squallida pensione in cui suo padre era morto. Chandagnac vi si era recato non appena aveva saputo della morte del padre, e aveva spinto la donna, con l’aiuto un bel po’ di sciropposo gin Olandese, a focalizzare la di lei scarsa concentrazione sul vecchio marionettista il cui corpo era stato trasportato giù per le scale quattro giorni prima. Finalmente la donna aveva rammentato l’incidente. «Ah, oui,» aveva detto, sorridendo e annuendo, «oui. C’etait impossible de savoir ci c’etait le froid ou la faim.» Suo padre era morto per congelamento o per inedia, e non c’era stato nessuno a constatare quale morte lo avesse colto per prima.

Jack Shandy non aveva un vero piano, né un’idea ben precisa di cosa avrebbe fatto quando fosse giunto a Port-au-Prince — sebbene avesse portato il certificato di morte di suo padre per mostrarlo alle autorità francesi di Haiti — ma il suo avvocato gli aveva detto che sarebbe stato virtualmente impossibile far valere le proprie rivendicazioni in un paese situato in un altro emisfero, quindi lo stava portando dove suo zio Sabastian viveva. Poteva solo immaginare in quali problemi si sarebbe imbattuto: difficoltà di rivolgere accuse precise in qualità di straniero, di assumere un avvocato residente nel luogo, di accertare con precisione quali leggi locali — se ve n’erano! — fossero state violate… Lui sapeva, semplicemente, che avrebbe dovuto confrontarsi con lo zio, lasciare che l’uomo sapesse che il suo crimine era stato scoperto, e che aveva condotto alla morte il fratello ingannato…

Shandy tirò i remi in barca, e osservò i lunghi muscoli flettersi nelle sue braccia e nelle gambe rinvigorite, e si permise un sinistro sorriso. In aggiunta a un cannone extra, alla polvere e ai proiettili, a bordo del Carmichael era stato caricato un intero apparato magico — gli strumenti del vodun, o vudù — unitamente a un grande specchio che serviva per una particolare procedura magica; un’altra ciurma pirata ne aveva recuperati diversi, e ne aveva venduto uno a Woefully Fat, il bocor di Davies, e a Shandy era stato affidato l’incarico di trasportare a bordo quella cosa. Durante l’operazione gli era capitato di trovarsi di fronte allo specchio… e per un attimo non si era davvero riconosciuto, e aveva pensato che stava guardando uno dei pirati al di là del vetro.

Le settimane di lavoro per rimettere in efficienza il Carmichael gli avevano allargato le spalle, stretto la vita e donato un paio di nuove cicatrici sulle mani, e lui aveva realizzato che avrebbe dovuto smettere di pensare a se stesso come sbarbato e ammettere di possedere una barba — scolorita dal sole in bionde strisce irregolari, come i capelli, che per comodità adesso portava tirati all’indietro in un codino incatramato — ma era la scura abbronzatura color sigaro, acquisita durante settimane di lavoro a torso nudo sotto il sole tropicale, che realmente lo rendeva indistinguibile dagli uomini selvaggi intorno a lui.

Già, pensò, sguscerò nella tenuta rapinata da Zio Sebastian e poi, quando lui se ne andrà in giro, per scacciare i bracconieri dalla piantagione o fare qualsiasi cosa facciano i benestanti di queste pani, balzerò in piedi, terribile, e lo minaccerò con una sciabola.

Allora il suo ghigno selvaggio si ammansi, poiché ricordò l’ultima volta che aveva parlato con Beth Hurwood. Ancora una volta era riuscita ad eludere Leo Friend, e lei e Shandy si erano incamminati verso sud lungo la spiaggia nell’ora di riposo dopo il pranzo mentre la brezza rinfrescava e i pappagalli svolazzavano in stormi rauchi sopra le teste. Shandy le aveva raccontato di essersi visto nello specchio, e di come aveva pensato per un attimo che stava vedendo uno dei membri della ciurma di Davies; «Uno degli altri membri, presumo che dovrei dire,» aveva aggiunto, con forse soltanto un tocco di orgoglio adolescenziale nella voce.

Beth aveva riso con indulgenza e gli aveva preso una mano. «Tu non sei un membro John,» aveva detto. «Avresti potuto uccidere quei marinai, o sparare al vecchio Capitan Chaworth?»

Di nuovo sobrio, e sperando che l’abbronzaturra celasse l’improvviso rossore del volto, aveva mormorato, «No.»

Avevano passeggiato senza parlare ancora per un poco, e Beth non aveva allontanato la mano da quella di lui finché non avevano raggiunto il Carmichael carenato ed erano stati costretti a tornare indietro.


Mentre spingeva un po’ di più sul remo sinistro per far deviare l’imbarcazione verso la spiaggia, guardò al di sopra della spalla e vide Skank e gli altri che lo aspettavano vicino alla pila di lastre di marmo di Carrara, che almeno adesso era visibilmente più bassa di quanto lo era stata quella mattina. Dietro di loro la spiaggia bianca, accecante nel chiarore pomeridiano, saliva dolcemente fino alla confusa accozzaglia di tende e baracche, e al di là di essa fino alla giungla. Una donna in un cencioso abito purpureo stava camminando faticosamente in cima al declivio di sabbia.

Venner avanzò diguazzando quando Shandy ebbe pilotato la barca nell’acqua bassa, e quest’ultimo superò con un salto la frisata e lo aiutò a trascinarla sulla sabbia.

«Posso remare io se ti senti molto affaticato, Jack,» disse Venner, con quel sorriso invariabile come la scottatura sulle sue larghe spalle. Dietro di lui stava Mr. Bird, il nero che pensava di frequente che qualcuno lo avesse chiamato cane.

«No, va tutto bene, Venner,» disse Shandy, accovacciandosi per afferrare saldamente la lastra di marmo che stava più in alto. La sollevò, raggiunse con le gambe rìgide e una smorfia di fatica la barca, e quindi fece scivolare la lastra sulla frisata e sul traversino posteriore, e da lì sul fondo. «Al Carmichael mi calano una robusta rete: devo solo annodarla intorno a ogni blocco e far loro segno di sollevarlo.» Ritornò alla pila mentre Skank lo superava, trasportando un altro blocco.

«Bene,» disse Venner, afferrando l’altro lato del blocco sul quale Shandy si era chinato. «Il mio motto è: prenditela comoda e non sprecare sudore o sangue.»

Shandy scrutò pensieroso Venner mentre i due raggiungevano la barca con passo strascicato. Venner dava l’impressione di non fare mai completamente la sua parte in un lavoro duro, ma l’uomo aveva evitato che Shandy venisse ucciso il giorno in cui Davies aveva preso il Carmichael, e la sua filosofia del prenditela-comoda induceva Shandy a confidargli il suo piano di fuga. Venner sicuramente pensava alla prossima impresa perlomeno come a un deplorevole logorio, e se Shandy aveva intenzione di nascondersi a terra finché la Jenny e il Carmichael non fossero partiti, per poi rifarsi vivo e attendere l’arrivo del nuovo governatore dall’Inghilterra, un compagno che conosceva l’isola e le sue abitudini sarebbe stato utilissimo.

Mr. Bird aveva preso un altro dei blocchi e stava arrancando dietro di loro, guardandosi intorno con sospetto. Shandy era sul punto di chiedere a Venner di unirsi a lui dopo che il lavoro fosse finito, per discutere alcune applicazioni pragmatiche della sua filosofia, ma udì uno scalpiccio proveniente dalla parte alta del pendio e si voltò per vedere chi si stava avvicinando.

Era la donna nell’abito purpureo, e quando lui e Venner ebbero sistemato il loro blocco, Shandy si riparò gli occhi per guardarla.

«Salve, Jack,» disse lei, e Shandy realizzò che era la moglie di Jim Bonny.

«Salve, Ann,» disse. Lo infastidì realizzare che, anche se lei era un’adolescente tozza e dalla grossa corporatura coi denti storti, il suo torace gli si gelava dentro, e il cuore gli cominciava a palpitare come un martello su un terreno morbido. Sebbene in compagnia di Beth Hurwood lui si vergognasse un po’ della sua barba, dei capelli incatramati e dell’intensa abbronzatura, quando la moglie di Bonny era nei paraggi era furtivamente orgoglioso di essi.

«Ancora a zavorrare quella cosa?» disse lei, accennando con la testa al Carmichael dietro di lui. Aveva imparato quel termine mentre lo stava guardando lavorare pochi giorni prima.

«Già,» disse lui, risalendo dall’acqua e cercando di non fissarle i seni, chiaramente visibili sotto la blusa abbottonata con negligenza. Si sforzò di concentrare la mente sul suo lavoro. «O perlomeno questa è l’ultima zavorra mobile. Il Carmichael era spaventosamente instabile… s’ingavonava in maniera pazzesca in un forte vento. Quasi ci scaraventò tutti fuori bordo quando quel giorno virò per fronteggiare la Jenny.» Rammentò il tavolo della colazione che rotolava attraverso il ponte di poppa, e i tovaglioli che roteavano via nel mare esattamente al di sotto del punto dove lui e Beth si erano stretti alla battagliola l’uno all’altra… e allora si accorse che il suo sguardo era scivolato di nuovo sul seno di Ann. Si voltò verso la pila e afferrò un’altra lastra.

«Mi sembra uno lavoro davvero terribile,» disse Ann. «Devi farlo quasi tutto tu?»

Lui si strinse nelle spalle. «I mari e i climi son quello che sono; il tuo vascello deve adattarsi o affondare.» Sollevò la lastra, le voltò la schiena e avanzò a fatica verso la barca, dove Mr. Bird e Skank stavano sistemando un’altra lastra. Venner stava seduto sulla spiaggia, facendo finta di esaminare preoccupato il fondo del suo piede.

Il battito e il respiro di Shandy erano forti nella sua testa, cosicché non udì Ann diguazzare proprio dietro di lui; Skank e Mr. Bird tornarono con lunghi passi sulla riva, e quando Shandy si raddrizzò dopo aver deposto il blocco, e si voltò, scoprì che lei stava per baciarlo.

Le braccia di Ann furono intorno a lui e la bocca di lei era aperta, e contro il suo petto nudo poté avvertire i capezzoli attraverso il tessuto della blusa; come la maggior parte degli abitanti dell’isola lei odorava di sudore e di liquore, ma nel suo caso questi odori erano misti a un odore femminile talmente penetrante che Shandy dimenticò le sue decisioni su di lei e dimenticò Beth e suo padre e suo zio. Sollevò le braccia e la strinse a sé con più forza. La ragazza, unitamente al sole caldo che egli avvertiva sulla schiena e all’acqua tiepida intorno alle caviglie, parve per un momento ancorarlo all’isola come un albero, animato solo da stimoli e riflessi biologici e neppure minimamente consapevole di sé.

Poi ritornò in sé e abbassò le braccia; lei fece un passo indietro, rivolgendogli un sogghigno.

«Perché,» cominciò a gracchiare Shandy, «perché,» proseguì con più forza, «hai fatto questo?»

Lei scoppiò a ridere. «Perché? Per fortuna, uomo.»

«Attento, Jack,» disse piano Skank.

Jim Bonny si stava precipitando giù dal declivio, la faccia tonda rossa sotto una striscia di tessuto scura, e gli stivali che scalciavano nuvolette di sabbia bianca. «Shandy, figlio di una cagna!» stava strepitando. «Tu maledetto schifoso figlio di una cagna!»

Sebbene in apprensione, Shandy lo fronteggiò. «Cosa vuoi Jim?» gridò, calmo.

Bonny si arrestò di fronte alla moglie con gli stivali appena fuori dall’acqua, e per un momento parve sul punto di colpirla. Poi esitò, e il suo sguardo si allontanò da lei e si posò, torvo, su Shandy. Armeggiando, tirò fuori dalla tasca un coltello a serramanico — Shandy fece un passo indietro, afferrando il suo — ma quando ebbe fatto scattare la lama, Bonny premette la punta sul polpastrello del suo indice sinistro e spinse la lama in avanti, rapido, scagliando un paio di gocce di sangue verso Shandy, e nello stesso tempo cominciò a salmodiare un’incomprensibile nenia multilingue.

Shandy notò che il sole era improvvisamente più caldo — terribilmente più caldo — e poi Skank balzò da dietro sulla schiena di Jim Bonny e lo spinse in avanti sulle ginocchia nell’acqua, e quindi saltò via da lui e gli piantò un piede nudo fra le spalle della giacca e lo spinse con la faccia nell’acqua bassa.

Bonny si agitò, diguazzò e imprecò, ma l’improvviso sudore si raffreddò sulla faccia e sulle spalle di Shandy, e Skank entrò in acqua e assestò un calcio al braccio di Bonny. «Non stai per caso dimenticando una delle regole adesso, Jim?» domandò Skank. «Niente aggressioni vodun fra di noi, a meno che non si tratti di duello dichiarato, non è così?» Bonny si stava dibattendo per tirarsi fuori dall’acqua, ma Skank gli assestò di nuovo un calcio, più duro, e lui crollò con uno sputacchiante grido di protesta.

Shandy lanciò un’occhiata ad Ann, e rimase un po’ sorpreso nel vedere che appariva preoccupata. Mr. Bird stava osservando con evidente disapprovazione.

«Non sei un bocor,» proseguì Skank, «e ci sono dei ragazzetti sull’isola che potrebbero far bruciare la tua testa come una torcia e ridere davanti a qualsiasi stupida drogue tu usassi per fermarli, ma Shandy è nuovo e non conosce nulla di tutto questo. Credi che Davies sarà contento se gli racconterò questa cosa?»

Bonny era sgattaiolato via, e si era faticosamente rimesso in piedi. «Ma… ma lui stava baciando mia…»

Skank, minaccioso, fece un passo avanti. «Credi che sarebbe contento?»

Bonny arretrò, sollevando spruzzi. «Non dirglielo,» mormorò.

«Va’ via di qui,» gli disse Skank. «Ann… anche tu.»

Senza incontrare gli occhi di Shandy, Ann seguì il marito zuppo su per il pendio.

Shandy si voltò verso Skank. «Grazie… per qualsiasi cosa.»

«Ah, imparerai.» Skank guardò verso la barca. «Pesca già abbastanza,» disse. «Solo un altro blocco per completare il carico.»

Shandy s’incamminò verso il rozzo slittino di legno sul quale stavano i blocchi di marmo… e poi notò Venner, che non si era neppure alzato durante l’intero alterco. L’uomo stava sorridendo, amabilmente come sempre, ma tutt’a un tratto Shandy decise di non confidargli il piano di fuga.

CAPITOLO QUARTO

Poiché il Carmichael sarebbe partito il mattino dopo, la conversazione intorno ai fuochi quella notte era un intreccio fantastico di speculazioni, ammonimenti e storie impossibili. Jack Shandy, distaccato dall’ansia avvertita dal resto della ciurma di Davies, ascoltava tuttavia con grande interesse le storie di navi con equipaggi di zombi e avvistate solo a mezzanotte da uomini condannati, delle svariate precauzioni magiche che sarebbero state necessarie in Florida, così lontana dalla protezione di Compagno Premuroso e degli altri vodun loa, degli spagnoli che avrebbero potuto incontrare nel Golfo del Messico, e delle tattiche da usare contro di loro. Antiche leggende venivano raccontate ancora una volta, e Shandy ascoltò la storia del pirata Pierre le Grand, che con una minuscola barca e una manciata di uomini aveva catturato un galeone della flotta spagnola cinquant’anni prima, e udì una briosa versione della battaglia navale di quattro ore fra l’inglese Charlotte Bailey e la spagnola Nuestra Señora de Lagrimas, che terminò con l’affondamento di entrambe le navi, e quindi per un po’ i pirati cercarono di superarsi l’un l’altro con storie sulle succhia-succhia, demoni femmine che bizzarramente ed eroticamente colmano le ultime ore degli uomini naufragati sulle isole deserte.

Si presumeva che il Carmichael si sarebbe incontrato con la Queen Ann’s Revenge di Barbanera in Florida, e così ci furono anche molte chiacchiere su quel pittoresco capo pirata, e speculazioni circa la ragione per cui lui stava ritornando su quella costa non civilizzata dove, uno o due anni prima, si era spinto parecchio nell’entroterra in cerca di una sorta di centro-focale magico e ne era tornato diversi giorni dopo, zoppicante, sconfitto, malato e infestato da quegli spettri che adesso lo tormentavano come pulci su un cane.

Shandy aveva cucinato la sua migliore cena, e, sazio e leggermente ubriaco, si stava godendo moltissimo la serata… finché non notò gli altri membri della ciurma, quelli che non stavano bevendo a garganella e ridendo intorno al fuoco. Diversi si erano allontanati verso le tende, e, in un attimo di calma del vento, Shandy credette di sentire un basso singhiozzare da quella direzione, e vide Skank seduto nell’oscurità sotto un palmizio, intento ad affilare un pugnale, con un’espressione di intensa concentrazione — quasi di tristezza — sulla giovane faccia.

Shandy si alzò e s’incamminò lungo la spiaggia. Appena visibile, al di là del mezzo miglio d’acqua scura del porto, c’era il profilo dell’Isola del Maiale contro le stelle, e, più in vicinanza, poteva vedere gli alberi nudi delle navi oscillare dolcemente nella brezza e sulle basse onde. Sentì il tonfo di stivali che si avvicinavano dietro alle sue spalle, e quando si voltò verso i fuochi vide la figura scarna di Philip Davies che si dirigeva decisamente verso di lui, con una bottiglia di vino in ogni mano. Dietro di lui i musici del villaggio avevano cominciato a suonare i loro strumenti di fortuna.

«Eccoti qui,» disse con voce ebbra Davies. «Chi merita il miglior vino se non il cuoco?» Tese una delle bottiglie, che alla quale per mancanza di un cavaturaccioli era stato semplicemente spezzato il collo.

«Grazie, capitano,» disse Shandy, prendendo la bottiglia e guardando, sospettoso, il còllo dentellato.

«Chateau Latour, 1702,» disse Davies, inclinando la bottiglia per una sorsata.

Shandy annusò la sua e poi la sollevò e se ne versò un poco in bocca. Era il Bordeaux più secco e morbido che avesse mai assaggiato — e lui e suo padre ne avevano bevuti degli ottimi, a volte — ma evitò di manifestare sul volto la soddisfazione. «Huh,» disse con negligenza. «Avrei voluto rintracciare un po’ di questo quando mi sono messo a cercare gli ingredienti per lo stufato.»

«Per lo stufato.» Metà della faccia di Davies era illuminata dal chiarore del fuoco, e Shandy la vide raggrinzirsi in un ghigno acido. «Ero un ragazzino a Bristol, e una sera di Natale quando stavo per andar via dalla bottega di falegname dov’ero apprendista, alcuni ragazzi di strada sfondarono la finestra per rubare. Quello che non presero distrassero, e c’era questo…» Fece una pausa per bere un sorso di vino. «C’era questo gruppo di piccoli coristi di legno, non più grandi del tuo pollice, tutti ben dipinti, ed io vidi uno di essi cadere nella neve, e uno dei ragazzi scalciarlo con la punta della scarpa mentre scappava, ed esso rimbalzò via giù per la strada. Ricordo di aver pensato che qualsiasi cosa fosse accaduta a quel piccolo cosino di legno, non avrebbe mai più ripreso il suo posto in quel piccolo spazio da cui era caduto.» Davies si voltò verso il porto e inspirò profondamente la brezza marina. «So cosa stai architettando,» disse a Shandy sopra la spalla. «Hai saputo che Woodes Rogers verrà qui col Perdono del Re, così stai pensando di fuggire sulla spiaggia stanotte, a debita distanza dal villaggio, e di nasconderti finché il Carmichael non partirà — no, non interrompere, ti farò parlare fra un momento — per poi tornare qui, riprendere a cucinare e crogiolarti nel sole e nel rum finché Rogers non arriverà. Giusto?»

Dopo una lunga pausa, Shandy rise piano e bevve un altro sorso dell’eccellente vino. «Sembra verosimile,» ammise.

Davies annuì e si voltò per fronteggiarlo. «Sicuro,» disse, «ma stai ancora pensando nei termini di quella vetrina di bottega dalla quale sei caduto, vedi? Non tornerai mai nel luogo da dove sei venuto.» Bevve un sorso dalla bottiglia e poi sospirò e si passò una mano nei capelli neri e arruffati.

«Primo,» disse Davies: «è un’offesa capitale saltare dalla nave nel bel mezzo di un’impresa, e così se domani tornerai a bighellonare nel villaggio dopo la partenza del Carmichael, sarai ucciso… a malincuore, dal momento che sei un ragazzo simpatico e sai cucinare, ma le regole sono regole. Ricordi Vanringham?»

Shandy annuì. Vanringham era un ragazzo allegro di non più di diciotto anni, che era stato dichiarato colpevole di essersi nascosto sottocoperta quando il brigantino in cui si trovava era stato bersagliato dal fuoco di un vascello della Royal Navy. Quando la nave pirata era riuscita a tornare con grande difficoltà a New Providence, il suo capitano, un corpulento veterano di nome Burgess, aveva lasciato credere a Vanringham che la pena prescritta gli sarebbe stata condonata in considerazione della sua giovane età… e poi, quella stessa notte dopo cena, Burgess aveva seguito Vanringham e, con le lacrime che gli luccicavano negli occhi, poiché voleva bene al giovane, aveva ficcato una palla nella testa di Vanringham.

«Secondo,» proseguì Davies: «tu mi hai ferito, dopo esserti arreso. È vero: fu perché avevo appena ucciso il tuo amico quando, suppongo, avrei anche potuto fermarlo senza ammazzarlo… ma anch’egli si era arreso. In ogni caso, tu devi la tua vita al fatto che non m’importava di avere un chiarimento con Venner in quella circostanza. Ma quando ho lasciato che tu facessi la tua scelta, essa non era una scelta fra la morte su una mano e tre settimane di cibo e bevande gratis su un’isola tropicale sull’altra. Tu mi devi un duro servizio per quel taglio, ed io non ti permetterò di rompere la promessa che hai fatto.»

I musici, avendo trovato una base di cooperazione, cominciarono a suonare Greensleeves, e quella vecchia melodia malinconica era nello stesso tempo così familiare e così fuori luogo là — la canzone che rotolava via sulla spiaggia solitària, bizzarramente imitata dalle strìda allarmate degli uccelli tropicali — da far apparire tutto il Vecchio Mondo, le cose, gli dei e le filosofie, remoti e insignificanti.

«E terzo,» disse Davies, con lo spigolo duro scomparso dalla voce, «può darsi che tutti quei re e mercanti dell’altro lato dell’Atlantico stiano per vedere la fine del loro coinvolgimento in queste nuove terre. Per loro, l’Europa e l’Asia sono ancora le scacchiere di maggior interesse; non riescono a vedere questo nuovo mondo se non in termini di due finalità: come sorgente di rapido e tranquillo profitto, e come territorio di esportazione di criminali. Può essere un… raccolto sorprendente, quello che spunta da una simile semina e aratura, e Rogers forse scoprirà, al suo arrivo, che nessuno di noi necessita, né potrebbe poi beneficiare, di un perdono inviato da un uomo che regna su una fredda isoletta all’altro lato del mondo.»

La brezza marina, ora un po’ più gelida, sussurrò fra i palmizi sull’Isola del Maiale e fece ondeggiare e avvampare i fuochi dei pirati.

Le parole di Davies avevano sconvolto Shandy, e principalmente perché parvero sottrarre legittimità allo scopo per il quale lui aveva attraversato l’oceano… all’improvviso l’azione di suo zio parve pragmatica e impersonale quanto quella dei gabbiani famelici che divorano le piccole tartarughe marine, e la sua missione sconsiderata quanto il tentativo di insegnare ai gabbiani la compassione. Aprì la bocca per obiettare, ma fu bloccato da un richiamo proveniente dalla gente intorno ai fuochi alle sue spalle.

«Phil!» stava gridando qualcuno. «Capitan Davies! Uno dei ragazzi sta facendo delle domande che per me sono troppo difficili!»

Davies lasciò cadere la bottiglia sulla sabbia. «È Venner,» disse, pensieroso. «Com’era quella mossa? Sopra la lama e fingere un colpo di punta verso l’interno, poi mentre l’altro para affondare sotto — ma senza ruotare completamente — e colpirlo al fianco?»

Shandy chiuse gli occhi e se la figurò. «Giusto. E poi superarlo di lato.»

«Ho capito.» Alzando la voce, Davies disse, «Sono subito da te, Venner.»

Mentre i due uomini tornavano faticosamente verso i fuochi, Davies tirò fuori una pistola dalla cintura. «Se Venner gioca lealmente posso tenerlo a bada,» disse, piano. «Altrimenti, voglio che tu resti indietro con questa e ti assicuri che…» Smise improvvisamente di parlare ed emise una stanca risata. «Lascia stare. Dimenticavo che stavo parlando col piccolo corista di legno.» Mise via la pistola e allungò il passo.

Shandy lo seguì, in collera con se stesso. In parte perché sentiva che era sbagliato stare fuori da una disputa fra pirati — come un bambino sente che non sta bene rifiutare una sfida folle! — ma in parte, anche, nello stesso tempo, perché ne era fuori.


Con le brache tipo sottana che gli volteggiavano intorno alle ginocchia a ogni passo ponderoso, Leo Friend raggiunse il fondo del sentiero di arenaria che conduceva giù dal forte in rovina, e, sudando abbondantemente nella prigione del suo farsetto decorato con fantasiosi nastrini, si fece strada sulla sabbia in direzione dei fuochi della ciurma di Davies. Beth Hurwood avanzava accanto a lui con passo deciso, singhiozzando infuriata e cercando di districare la zampa di cane mummuficata che Friend le aveva ficcato frai capelli — «Questa ti proteggerà nel caso ci dovessimo trovare separati!» aveva abbaiato con impazienza — poco prima di trascinarla fuori dalla sua stanza senza finestre e di spingerla senza cerimonie davanti a lui sul sentiero.

Sebbene lei non avesse difficoltà nello stare al passo col laborioso giovane uomo, lui si voltava continuamente per fronteggiarla, sia per dire ansimando, «Vuoi muoverti più in fretta?,» che per sbirciare furtivamente giù per la scollatura del vestito.

Maledizione a tutti questi indugi, pensava Friend, e maledizione a questa consorteria di pazzi ai quali dobbiamo unirci per raggiungere il centro focale in Florida! Perché dovevano essere dei briganti ignoranti e litigiosi a trovarlo? Certo, se fosse stata della gente dotata di maggiore buon senso a trovarlo, Hurwood e io non saremmo stati in grado di manovrarli come stiamo facendo… e, in ogni caso, ritengo che questo Barbanera sia quasi troppo intelligente per noi. Per ora si sta tenendo nelle retrovie, lasciandoci l’onere di organizzare questo viaggio in Florida prima di unirsi a noi; avrebbe potuto procurarsi queste erbe protettive indiane semplicemente comprandole, in nome di Dio, e invece ha preferito assediare l’intera città di Charles Town, catturare nove navi e una vera e propria folla di ostaggi incluso un membro del Consiglio del Governatore, e poi chiedere la cassa di erbe medicinali come riscatto. Vorrei sapere, pensò Friend, se quell’uomo si sta semplicemente mettendo in mostra, sta facendo fare esercitazioni di battaglia alla sua ciurma, o se sta usando tutto quello spettacolo per nascondere qualche altro proposito. Ma quali piani può avere quell’uomo che coinvolgano la civilizzata e ben disciplinata costa Carolina?

Lanciò un’altra occhiata a Beth Hurwood, che era finalmente riuscita a liberare la zampa di cane dai capelli, e mentre lei la gettava via sussurrò in fretta una frase e accarezzò l’aria, e l’abito di lei si sollevò di scatto… ma Beth lo tirò con forza verso il basso prima che Friend avesse potuto vedere qualcosa di più dei ginocchi. Oh, aspetta solo un po’, ragazza, pensò lui, con la bocca secca e il cuore che batteva ancora più rapido… fra non molto sarai così bramosa di avermi da non poter tirare un respiro profondo.

Friend raggiunse con andatura goffa la calca intorno al fuoco proprio mentre Davies arrivava dal lato della spiaggia. Il capo dei pirati aveva un largo sorriso fiducioso sul volto, e Friend roteò gli occhi per l’esasperazione. Oh, risparmiaci lo spettacolo della tua audacia, capitano, pensò il grasso medico; qui non corri pericolo a causa di nessuno dei presenti… a meno che davvero non importuni me col tuo atteggiamento da sbruffone.

«Ah, ecco il nostro capitano,» gridò uno dei pirati, un uomo tarchiato coi capelli rossi e una larga e lentigginosa faccia sorridente; e sebbene qualcuno degli altri stesse guardando in cagnesco, Friend fissò quell’uomo sorridente, poiché ebbe la sensazione che fosse stato lui a lanciare la sfida. «Phil,» disse l’uomo con ardore, «qualcuno dei ragazzi qui si sta domandando per quale motivo abbiamo così duramente lavorato per equipaggiare il Carmichael, e quale profitto otterremo in rapporto ai pericoli che ci aspettano. Ho cercato di dare una risposta di massima, ma essi vogliono risposte specifiche.»

Davies scoppiò a ridere. «Mi sarei aspettato che sapessero fare di meglio che rivolgersi a te per le risposte specifiche, Venner,» disse, calmo — anche se a Friend l’apprensione che si celava dietro quell’atteggiamento tranquillo apparve evidente.

Friend vide la nuova recluta — l’amico di Elizabeth, come si chiamava? Shandy, sì — che seguiva Davies fra la calca strascicando i piedi, e per un momento il medico pensò di architettare le cose in modo che il marionettista intruso rimanesse ucciso… o, meglio, menomato, reso ebete da un colpo alla testa… ma, con riluttanza, decise che sarebbe stato abbastanza difficile impedire a una folla così numerosa e selvaggia di ammutinarsi, e cercare di spingerli a schiacciare la sua mosca personale nello stesso tempo.

Riportò la sua attenzione su Venner, la cui faccia, malgrado il sorriso, luccicava di sudore nel chiarore del fuoco. «È quello che gli ho detto, capitano,» disse, e per un momento la falsità del suo sorriso fu ovvia a tutti i presenti, «ma diversi di loro hanno detto che si rifiuteranno di salpare se stiamo per andare in quel dannato posto sulla costa della Florida dove Thatch fu infestato dagli spettri.»

Davies si strinse nelle spalle. «Chiunque di loro non sia rimasto soddisfatto della mia promessa di renderli ricchi, o che dubiti della mia parola su questo, può appartarsi con me in privato per sistemare la cosa. E chiunque voglia disertare durante un’impresa sa quali sono le pene prescritte. Fai parte di uno dei due gruppi, Venner?»

Friend, che stava guardando dal perimetro, sussurrò e sollevò una mano.

Devo lasciarlo morire, si domandò Friend, o salvarlo? Meglio lasciarlo vivere… c’è vera paura, e rabbia, in questa gente, e non voglio agitarla fino a farla divampare. Sussurrò e gesticolò di nuovo, e Venner improvvisamente s’ingobbì e vomitò sulla sabbia. Quelli vicino a lui si ritrassero, e una risata volgare ruppe la tensione.

Recitando per l’uditorio, Davies disse, «Questa non la chiamerei una risposta pertinente.»

Le grasse dita di Friend danzarono nell’aria, e Venner si raddrizzò e disse, con voce forte ma esitante, «No… Phil. Io… mi fido di te. Io… cosa sta succedendo qui? Queste non sono le mie… Ero solo ubriaco, e volevo… provocare un po’ di confusione. Tutti questi ragazzi… sanno che ti sta a cuore… che io sia dannato! …il loro interesse.»

Davies sollevò le sopracciglia per la sorpresa, poi si accigliò, sospettoso, e scrutò intorno a sé fra la folla; ma le parole di Venner erano risultate abbastanza convincenti per un pirata, il quale si fece pesantemente avanti e diede un pugno in faccia all’aspirante ammutinato.

«Porco traditore,» mormorò il pirata mentre Venner si sedeva sulla sabbia, spruzzando sangue dal naso. L’uomo si voltò verso Davies. «La tua parola è stata sempre più rapida della sua, capitano.»

Davies sorrise. «Cerca di non dimenticarlo, Tom,» disse con tono placido.

All’esterno della calca, anche Friend sorrise — era tutto molto più facile là di quanto lo fosse stato nell’emisfero orientale — e poi si voltò verso Elizabeth Hurwood. «Possiamo tornare al fortino, adesso,» le disse.

Lei lo fissò. «Questo è tutto? Siete corso fin qui, così in fretta che credevo che il cuore vi scoppiasse, solo per vedere quell’uomo vomitare e beccarsi un pugno?»

«Volevo assicurarmi che accadesse solo questo,» disse Friend con pazienza. «Andiamo, adesso.»

«No,» replicò Beth. «dal momento che siamo qui, voglio salutare John.»

Friend si voltò verso di lei, furioso, poi si trattenne. Fece un sorriso affettato e sollevò le sopracciglia. «Quel capocuoco di briganti e grattachiglie? Credo che sia qui,» disse, facendo una smorfia, «a meno che l’odore che sento non sia quello di un cane bagnato.»

«Tornatevene al forte,» disse lei, infastidita.

«Così p-puoi… fare 1-1-1’amore con lui, non è così?» farfugliò Friend, con la voce resa stridula dal disprezzo. Avrebbe voluto poter alludere agli argomenti sessuali senza balbettare. «R-rinuncia a quell’idea, mia c-c-c… Elizabeth. Tuo padre mi ha ordinato di non perderti mai di vista.» Annuì con ostentato atteggiamento moralista.

«Fate quel che volete, allora, dannato e spregevole individuo,» disse piano, e con un lampo di intuizione insolita e inopportuna Friend comprese che lei non stava usando dannato come semplice aggettivo enfatico. «Voglio andare a parlare con lui. Seguitemi oppure no.»

«Ti osserverò da qui,» disse Friend, e alzò la voce mentre lei si allontanava: «Non temere, non ti seguirò! Non voglio esporre le mie narici alla vicinanza di quell’uomo!»

Essendo terminato il confronto davanti al fuoco, alcuni pirati e prostitute che stavano nelle vicinanze guardarono verso Friend nella speranza di un divertimento supplementare… ed evidentemente qualcosa trovarono, perché ci furono sussurri, sghignazzate e risatine soffocate dietro mani ornate di gioielli.

Friend si accigliò e sollevò una mano, ma avvertì subito lo sforzo nella sua mente, così abbassò la mano e si limitò a dire «Feccia!.» Poi si allontanò con passo deciso per fermarsi su una piccola altura, con le braccià teatralmente incrociate, e si mise a fissare la figlia di Hurwood. La donna aveva trovato quello Shandy, e si erano allontanati di una dozzina di iarde per parlare.

Disprezzatemi pure, pensò, tutti voi… vi resta soltanto una settimana per farlo.

Per la prima volta in diversi anni, Friend pensò al vecchio che lo aveva avviato sulla… fece una pausa per assaporare la frase… sulla strada della divinità. Quanti anni aveva Friend? Circa otto… ma aveva già imparato il latino e il greco, e aveva letto i Principia di Newton e il De Sagis Earumque Operibus di Paracelso… e già, ricordava adesso, l’invidia per il suo intelletto e il suo fisico massiccio aveva cominciato a spingere le persone grette a disprezzarlo e a temerlo. Anche suo padre, avvedendosi e risentendosi di una grandezza che lui non avrebbe mai potuto sperare di comprendere, lo aveva tormentato, e aveva cercato di fargli iniziare degli inutili esercizi fisici e ridurre la quota di dolciumi che gli forniva lo zucchero nel sangue che il suo corpo richiedeva; solo sua madre aveva riconosciuto il suo genio, e si era resa conto che egli non avrebbe dovuto andare a scuola con gli altri bambini. Sì, aveva circa sei anni quando aveva visto quel vecchio cencioso affacciato alla finestra nera della pasticceria.

Il vecchio era ovviamente un idiota, ed era stato attirato alla finestra dall’odore di una torta di frutta appena uscita dal forno, ma stava gesticolando in maniera strana, le mani che facevano il movimento di scavare davanti a lui come se stessero incontrando resistenza nell’aria vuota; e per la prima volta nella sua vita il naso di Friend fu irritato da quell’odore che somigliava a metallo surriscaldato.

Già aggraziato e sicuro nei movimenti, a dispetto di quello che tutti pensavano della sua stazza, Friend si era silenziosamente arrampicato su una cassa dietro il vecchio per essere in grado di guardare dentro attraverso la finestra… e ciò che vide fece palpitare il suo cuore. Una torta appena fatta si stava muovendo a scatti nell’aria verso la finestra, e le sue esitazioni e i sobbalzi corrispondevano esattamente ai gesti del vecchio. La commessa del negozio stava su mani e ginocchia nell’angolo lontano, troppo occupata a controllare la violenta nausea procurata dalla vista della torta volante, e a intervalli di alcuni secondi il vecchio faceva fare una pausa alla torta mentre, ridacchiando, eseguiva altri gesti che, da quella distanza, mettevano in disordine i vestiti della ragazza.

Tremendamente eccitato, Friend era sceso dalla cassa e si era nascosto, e quindi, pochi minuti più tardi, aveva seguito il vecchio che, tutto giulivo, si allontanava saltellando con la torta rubata. Il ragazzo seguì il vecchio per tutto il giorno, osservandolo mentre si procurava il pranzo e la birra e faceva volare via sopra le loro teste le gonne delle belle ragazze, tutto questo semplicemente gesticolando e borbottando, e il respiro del piccolo Leo Friend si faceva rapido e leggero mentre diveniva chiaro che nessuna delle persone che il vecchio derubava o manipolava si rendeva conto che quel sogghignante e ammiccante vecchio vagabondo era il responsabile. Quella notte il vecchio spezzò il chiavistello di una casa disabitata e, sbadigliando cavernosamente, vi entrò.

Friend stava fuori di fronte alla casa la mattina dopo, camminando avanti e indietro mentre reggeva la torta più grande e sontuosa che era riuscito a comprare col denaro preso dal cassetto dei risparmi del padre. Era uno spettacolo che avrebbe suscitato brama in qualsiasi amante di dolciumi, e il ragazzo l’aveva ricoperta con estrema cura di glassa per celare ogni indizio dell’alterazione che lui stesso aveva apportato.

Dopo un’ora e mezza di faticoso andirivieni, col braccio paffuto che gli doleva crudelmente per la tortura di tenere sollevata la pesante torta, il piccolo Friend finalmente vide emergere il vecchio, ancora sbadigliante ma vestito, adesso, con un soprabito di velluto sgargiante foderato di taffettà. Friend, questa volta, tenne la torta un po’ più in alto mentre passava, ed esultò quando, simultaneamente, dei crampi provocati all’improvviso gli annodarono lo stomaco e la torta fluttuò via dalle sue mani.

I crampi lo fecero piegare in due e rotolare sul lastricato, ma lui si costrinse ad aprire gli occhi a dispetto del dolore e ad osservare la torta che levitava: stava salendo nell’aria, poi fece una leggera deviazione e ridiscese all’altro lato della casa. Il vecchio ridacchiante tornò dentro, e i crampi di Friend si calmarono. Il ragazzo si alzò faticosamente in piedi, raggiunse zoppicando la porta, e, silenziosamente, entrò.

Udì il vecchio che trangugiava la torta in un’altra stanza, e Friend attese nel polveroso ingresso finché il rumore del masticare non terminò e iniziò il piagnucolio. Allora entrò con coraggio nella stanza contigua, e vide il vecchio che si rotolava sul pavimento fra pezzi di mobilio indistinguibili e coperti da lenzuola. «Ho nascosto la medicina,» disse il ragazzo a voce alta. «Dimmi come fai le tue magie e te la darò.»

Dovette ripeterlo alcune volte, a voce ancora più alta, ma finalmente il vecchio comprese. Interrompendosi spesso, e facendo grande uso di gesti eloquenti quando le parole gli venivano a mancare, il vecchio spiegò al ragazzo le basi per quello scambio che era la magia, un concetto tanto semplice, ma tanto poco evidente, quanto l’utilità di un punto d’appoggio e di un paranco per incrementare in maniera appariscente la forza di sollevamento. Il ragazzo afferrò rapidamente la nozione, ma insistette affinchè il vecchio gli insegnasse subito a muovere le cose da lontano prima di andargli a prendere l’antidoto; e dopo che il giovane Friend ebbe con successo scagliato un divano contro il soffitto, con forza sufficiente a spaccare l’intonaco, il vecchio gli implorò di porre fine al suo dolore.

Friend, ridendo, si era dichiarato suo servitore, e poi era corso a casa, lasciando che il cadavere devastato fosse ritrovato dagli inquilini di quella casa quando avessero fatto ritorno.

Mentre cresceva, tuttavia, e studiava i documenti delle antiche magie — tutti così coerenti, in maniera allettante, di cultura in cultura! — giunse all’amara constatazione che le magie davvero splendide e divine erano, gradualmente attraverso i millenni, diventate impossibili. Era come se la magia fosse stata un tempo una sorgente alla quale uno stregone poteva riempire quel vaso che lui era fino all’orlo, ma che ormai fosse soltanto terra umida dalla quale solo poche gocce potevano essere ricavate, e anche con difficoltà… o come se vi fossero invisibili gradini nel cielo, ma il cielo li avesse ingranditi e separati, al punto tale che, sebbene gli antichi maghi fossero stati in grado di salire su di essi con un piccolo sforzo, adesso fosse necessaria la forza di una vita per saltare da uno di essi al successivo.

Ma lui lavorò con ciò che rimaneva, e quando ebbe quindici anni era in grado di prendere tutto ciò che voleva, e poteva costringere le persone a fare virtualmente qualsiasi cosa, contro la loro volontà… e allora tentò di dare a sua madre, che era stata l’unica a credere in lui, la possibilità di accedere a quel mondo segreto che aveva scoperto. Non riuscì mai più a ricordare con esattezza cos’era accaduto dopo… ma sapeva che il padre lo aveva colpito, e che lui era scappato dalla casa dei suoi genitori e non vi era mai più ritornato.

La sua abilità magica lo mise in grado di vivere confortevolmente per i successivi cinque anni da studente. Il miglior cibo, i migliori abiti e alloggi erano alla sua portata — anche se una profonda diffidenza nei confronti del sesso gli aveva impedito di fare qualsiasi cosa di più che avere dei perturbanti, e dimenticati, sogni che bagnavano le sue lenzuola. E così un giorno si allarmò, come potrebbe allarmarsi un uomo nel realizzare che la sua abituale dose giornaliera di laudano non gli è più sufficiente, nel realizzare che vuole… gli occorre… di più.

Perché, dopo tutto, non era quello che era in grado di fare che rendeva la magia meravigliosa, ma il prendere, la violazione della volontà di un’altra persona, il tenerla in pugno, la percezione della propria volontà che impregnava il panorama in ogni direzione; e così fu inquietante realizzare che la sua violazione degli altri era incompleta, che c’erano punti nel dipinto che resistevano alla sua volontà nella maniera in cui delle aree cosparse di cera della lastra di un litografo resistono all’inchiostro: non poteva raggiungere le loro menti. Poteva costringere la gente ad eseguire i suoi ordini, ma non poteva costringerla a volerlo. E finché ci fosse stato il più leggero fremito di protesta o di indignazione nelle menti delle persone che usava, allora il suo dominio su di loro — il suo assorbirle — non sarebbe stato assoluto.

Aveva necessità di renderlo assoluto… ma finché non incontrò Benjamin Hurwood aveva creduto che fosse impossibile.

CAPITOLO QUINTO

«Perché lo chiami così?» domandò irritata Beth Hurwood.

«Così, come? Hunsi kanzo?» disse Shandy. «È il suo titolo. Non so, mi sembra troppo familiare chiamarlo Thatch, e troppo teatrale chiamarlo Barbanera.»

«Il suo titolo? Cosa significa?»

«Significa che è un… iniziato. Che ha superato la prova del fuoco.»

«Iniziato a che cosa?» Parve turbata dal fatto che Shandy conoscesse tutte quelle cose.

Shandy fece per spiegare, poi si strinse nelle spalle. «Tutte queste cose magiche. Pur vivendo nel vecchio fortino, devi aver notato che la magia qui è usata quanto… il fuoco in Inghilterra.»

«Mi sono accorta che questa gente è superstiziosa, certo. Presumo che tutte le comunità poco istruite…» Si fermò di colpo, poi lo fissò. «Buon Dio, John… tu non credi a queste cose, no?»

Shandy si accigliò, e guardò la giungla al di là del fuoco baluginante. «Non voglio offenderti, per cui sarò franco. Questo è un mondo nuovo, e questi pirati vivono molto più intimamente con esso di quanto facciano gli Europei a Kingston e a Cartagena e a Port-au-Prince, i quali tentano di trapiantarvi quanto possono del Vecchio Mondo. Se credi nel Vecchio Testamento, allora credi in cose davvero bizzarre… e non dovresti essere così pronta a stabilire cos’è e cosa non è possibile.»

Mr. Bird gettò via il suo cibo e balzò in piedi, guardandosi intorno minaccioso senza fissare nessuno in particolare. «Io non sono un cane!» gridò rabbiosamente, con gli orecchini d’oro che scintillavano nel bagliore del fuoco. «Figlio di una cagna!»

Beth lo osservò allarmata, ma Shandy sorrise e le mormorò, «Niente di preoccupante… è una notte rara quella in cui non lo fa almeno una volta. Qualsiasi cosa lo incollerisca non ha niente a che fare con l’Isola di New Providence o il 1718.»

«Che Dio ti danni!» gridò Mr. Bird. «Io non sono un cane! Io non sono un cane! Io non sono un cane!»

«Credo che qualcuno una volta lo abbia chiamato cane,» disse piano Shandy, «e quando ha bevuto un po’ lo rammenta.»

«Evidentemente,» convenne Beth, depressa. «Ma John, intendi dirmi che tu… non so… porti degli amuleti così sarai protetto dal Compagno Premuroso?»

«No,» disse Shandy, «ma ricordo di aver sparato con la pistola allo stomaco del tuo medico che portava un amuleto del genere, quando Davies ha preso il Carmichael.

«E ascolta, durante la prima settimana che siamo stati qui, catturai un pollo, lo cucinai e lo mangiai, e il giorno dopo mi presi una brutta febbre. Il Vecchio Governatore Sawney bighellonava nelle vicinanze, farfugliando e schiacciando mosche invisibili come fa lui, e mi vide sudare e lamentarmi nella mia tenda, e subito mi chiese se avevo mangiato un pollo con delle parole scritte sul becco. Beh, avevo notato quei segni sul becco, e lo ammisi. “Lo immaginavo,” disse il governatore. “Era il pollo sul quale avevo scritto l’incantesimo della febbre di Rouncivel. Non mangiarli mai se ci sono delle scritte sui becchi… finiresti col prenderti quella cosa di cui qualcun altro vuole liberarsi. “ E allora prese un altro pollo e fece i suoi artifici, e la mattina dopo ero guarito.»

«Oh, John,» esclamò Beth, «non dirmi che credi che i sui artifici ti abbiano curato!»

Shandy fece spallucce, un po’ irritato. «Non dovevo mangiare quel pollo.» Decise di non tentare neppure di parlarle di quell’uomo che aveva visto una notte sulla spiaggia. Le sue tasche erano state tutte sfondate, e non poteva parlare perché la sua mandibola era stata bloccata con una striscia di tessuto annodata sopra la sua testa. Mentre passava davanti a Shandy, questi aveva notato che la sua giacca era stata cucita invece che abbottonata. Non era proprio il caso di dirglielo, né di dirle quello che aveva saputo dopo sulle persone che erano vestite in quel modo.

Lei abbandonò l’argomento con un gesto impaziente. «John,» disse con urgenza, «Friend non mi lascerà in pace a lungo… puoi dirmi per dove salperemo, domani mattina?»

Shandy batté le palpebre. «Tu non partirai, no?»

«Sì, mio padre…»

«Ma sei certa? Avevo creduto che, con Woodes Rogers atteso qui da un momento all’altro, la cosa più ovvia da fare per tuo padre sarebbe stata…»

«Sì, John, ne sono certa. Ho visto mio padre oggi, per la prima volta da circa una settimana, e naturalmente portava quella cassetta di legno che ha un odore così disgustoso, e mi ha detto che sarei andata anch’io. Ha proseguito continuando a ripetere come sarò protetta da ogni insidia o malattia… ma non ha pronunciato una sola parola sul luogo dove andremo, o sul perché.»

«Gesù.» Shandy tirò un profondo respiro e poi lo emise. «Beh, neppure Davies ha detto nulla, ma si mormora che siamo diretti verso un punto della costa occidentale della Florida, un luogo dove gli huns… uh, dove Barbanera accidentalmente permise che un buon numero di spettri si unissero a lui.» Le rivolse un sorriso nervoso. «Cose simili a lamprede, mi pare; o a sanguisughe. E,» aggiunse, sperando di celare l’apprensione che avvertiva, «laggiù incontreremo Barbanera in persona.»

«Dio ci aiuti,» disse lei, piano.

E anche il Compagno Premuroso, pensò Shandy.

Con un impressionante frusciare e spruzzare di sabbia e udibili grugniti di fatica, Friend si avvicinò ondeggiando e oscillando le braccia. «Ora… basta, Elizabeth,» ansimò. «La cena ci aspetta… al forte.» Si asciugò la fronte con un fazzoletto di pizzo.

Beth Hurwood guardò in direzione delle pentole dei pirati con tale espressione di desiderio che Shandy domandò, «Cena?»

«Erbe, verdure e pane nero,» sospirò lei.

«Cucina semplice ma sana,» dichiarò Friend. «Dobbiamo mantenerla in buona salute.» Anche lui lanciò un’occhiata alle pentole, fìngendo una rapida smorfia di disgusto, poi prese un braccio di Beth e la condusse via.

Un paio di individui che stavano là vicino scoppiarono a ridere e dissero a Shandy che avrebbe dovuto aspettarselo, quella ragazza sceglieva sempre uomini di bell’aspetto invece di quelli dal cuore onesto.

Anche Shandy rise, sebbene un po’ forzatamente, e si disse certo che la scelta dipendeva maggiormente dall’inesauribile buon umore di Friend e dalla sua attitudine alla vita mondana. Respinse l’offerta di altro stufato ma accettò un’altra bottiglia di Latour, e si allontanò con passo pesante dai fuochi verso sud sulla spiaggia, in direzione del Carmichael.

La prua della nave stava ancora nella strétta insenatura, sorretta da una solida impalcatura di legno e da almeno un paio di cavi che la ancoravano agli alberi, e la poppa si protendeva bassissima nel porto; ma a dispetto dell’attuale posizione goffa sembrava molto più simile alla sua nave adesso di quanto lo fosse stata durante il mese in cui era stato suo passeggero. Ora la conosceva intimamente: si era arrampicato come una scimmia sui pennoni alti quando l’avevano riattrezzata; aveva mulinato l’ascia quando avevano abbattuto il castello di prua e parte della balaustra; aveva sudato con sega e trivella quando avevano aperto nuovi portelli per altri cannoni; e, per più ore di quante avesse voglia di ricordare adesso, era stato sospeso a un’imbracatura a metà strada fra la frisata in alto e la sabbia o l’acqua in basso, e, palmo dopo palmo, aveva scalpellato alghe marine e cirripedi carbonizzati dallo scafo ed estirpato teredini, e conficcato nel legno con un martello piccole ancore galleggianti d’ottone, cesellate e rese magiche dai canti del bocor di Davies per diventare potenti amuleti contro i vermi.

E, pensò mentre le si avvicinava, domani la rimorchieremo interamente in acqua, tenderemo le sartie e salperemo. E comincerà la mia vita di pirata.

Si accorse che c’era qualcuno seduto nella sabbia sotto l’alto arco della prua, e dopo aver scrutato per un momento vide, nel chiaro di luna, che si trattava del vecchio che i pirati chiamavano sempre “governatore” — probabilmente a causa dell’incertezza che riguardava il suo nome, che Shandy aveva sentito pronunciare, variamente, Sawney, Gonsey e ’Ponsea. La scena davanti a Shandy — il vecchio seduto sotto la prua della nave — gli rammentava qualcosa che gli sfuggiva… ma, stranamente, sapeva che si trattava di qualche ritratto o di qualche storia che, per confronto, conferiva una triste dignità al vecchio Sawney. Shandy si allarmò per il fatto che vedeva, sia pure per analogia, quel vecchio lunatico come qualcosa di più di un clown abile nella magia ma semideficiente.

Allora rammentò quello che la scena gli ricordava: Giasone, ingobbito dagli anni e seduto sotto lo scafo della nave Argo, tirata a secco e abbandonata.

«Chi sei?» disse con voce tremula il vecchio quando udì gli stivali di Shandy nella sabbia.

«Jack Shandy, governatore. Volevo solo vederla per l’ultima volta in quella posizione.»

«Mi hai portato qualcosa da bere?»

«Uh, sì.» Shandy fece una pausa, fece alcune lunghe sorsate, e poi tese la bottiglia mezza piena al vecchio.

«Partirai domani?»

«Esatto,» disse Shandy, sorpreso perché il vecchio sapeva e ricordava.

«Per unirti all’hunsi kanzo e al suo cucciolo.»

Shandy guardò il vecchio socchiudendo gli occhi e si domandò se davvero, dopo tutto, si trovava in uno dei suoi periodi di lucidità. «Il suo cucciolo?»

«Bonnett. Ti ho visto manovrare i pupazzi, tu sai come far saltare quei piccoli amici quando hai i fili in mano.»

«Oh. Sì.» Shandy aveva sentito parlare del nuovo pirata Stede Bonnett, che di recente, inspiegabilmente, si era lasciato alle spalle una prospera piantagione nelle Barbados per “cercare l’avventura”, ma non gli era giunto all’orecchio che avesse qualche connessione con Barbanera. Certo, Sawney difficilmente si poteva considerare una fonte attendibile.

«Andate a nord, ho sentito,» proseguì il governatore. Fece una pausa per ingollare un po’ di vino. «In Florida.» Pronunciò il nome con un forte accento spagnolo. «Bel nome, ma paese di febbri. Conosco la zona. Ho ucciso un bel po’ di Indiani Caraibici da quelle parti, e una volta mi sono beccato da loro una brutta ferita di freccia. Guardati da loro… sono i peggiori. Cannibali. Hanno recinti pieni di donne e bambini di altre tribù… come noi abbiamo recinti pieni di bestiame.»

Shandy non ci credeva, ma per essere educato fischiò e scosse la testa. «Maledizione,» disse. «Mi terrò alla larga da loro.»

«Procurati di farlo… finché non raggiungerai quel dannato geyser, comunque. Dopodiché, se saprai come utilizzarlo, non avrai più nulla di cui preoccuparti.»

«È quello che voglio,» convenne Shandy. «Nulla di cui preoccuparmi.»

Il governatore ridacchiò e replicò in spagnolo, ma sebbene Shandy stesse imparando il rozzo spagnolo dei pirati ibridi, il dialetto del governatore lo sconfisse. Sembrava, nello stesso tempo, troppo arcaico e troppo puro. Il vecchio terminò, tuttavia, con un osceno accenno, in un inglese fin troppo fluente, alle capacità che Barbanera sperava di acquisire in quel viaggio.

Shandy rise debolmente, salutò il vecchio, e rifece la strada per la quale era venuto. Dopo un paio di dozzine di passi giunse sulla sommità di una duna di sabbia, si fermò e si voltò a guardare la nave. Era leggermente ingavonata verso di lui, e lui poteva vedere gran parte del cassero di poppa e l’estremità del ponte di poppa al di sopra dell’acqua alla sua sinistra. Cercò di determinare il punto dov’era morto Chaworth, e dove aveva colpito Davies, e dove lui e Beth si trovavano quando avevano gettato il biscotto verminoso al gabbiano. Notò che la sezione della murata alla quale si erano aggrappati era stata asportata, e rimase un po’ turbato perché non riusciva a ricordare se era stato lui stesso ad abbatterla oppure no.

Cercò di immaginare quali altri eventi avrebbero potuto, col tempo, aver luogo su quel ponte, e dopo un momento rimase spaventato nel realizzare che aveva istintivamente immaginato se stesso presente durante il loro svolgimento. È tutto sbagliato, si disse con un sorriso nervoso. Io e Beth salteremo dalla nave alla prima opportunità. Questa nave proseguirà senza di me, malgrado tutto il mio sudore — e il sangue, talvolta, quando scivolava lo scalpello — che ne ha impregnato il legno. Ho uno zio che dev’essere impiccato.

Tornò a voltarsi verso i fuochi e riprese a camminare, e gli venne in mente che non era lontano dal luogo dove aveva visto l’uomo con le tasche sfondate e la mandibola legata; e il ricordo del fatto lo fece camminare con passo più rapido, non perché l’uomo era parso minaccioso, ma a causa di quello che Davies aveva detto quando Shandy gliene aveva parlato.

Davies aveva sputato e aveva scosso la testa, infastidito. «Dev’essere Duplessis, rimasto qui dopo l’ultima sosta di Thatch. Thatch non si prende mai tutto il tempo necessario per mettere a posto le piccole cose. Duplessis era un bocor, e comprò un mucchio di loa, e ciò crea un debito dal quale neppure la morte ti può liberare. Credo proprio che Thatch lo abbia seppellito senza i vincoli appropriati.»

Shandy lo aveva fissato. «Seppellito?»

Davies gli rivolse un sogghigno, e con un accento aristocratico sprezzantemente falso citò il punto culminante della vecchia barzelletta: «È dato per… morto, capisci.» Riprendendo il suo tono normale, proseguì, «Almeno Thatch non lo ha seppellito con tutti gli stivali. Agli spettri piace aggirarsi sulle barche, e se portano le scarpe, non riesci a dormire perché si sente il loro trepestio per tutta la notte.»

Quando Shandy tornò vicino ai fuochi, la maggior parte dei pirati si erano incamminati verso le capanne o si erano distesi con le bottiglie a portata di mano per una scrupolosa, e laconica, bevuta notturna; Shandy decise di essere abbastanza brillo da riuscire a dormire, e si avviò in direzione del rifugio con la tettoia che si era costruito sugli alberi con tavole e tela da vele. Risalì il declivio di sabbia, ma si fermò quando, davanti a sé, una voce profonda quanto un organo in fondo a un pozzo minerario gli disse piano di fermarsi. Shandy scrutò, cercando di vedere nel chiaro di luna mutevole e maculato sotto i palmizi, e finalmente scorse una gigantesca figura nera seduta a gambe incrociate in un cerchio di sabbia ben delineato e accuratamente ripulito.

«Non entrare nel cerchio,» gli disse la figura senza voltarsi a guardare, e Shandy riconobbe tardivamente Woefully Fat, il bocor di Davies. Si riteneva che l’uomo fosse sordo, per cui Shandy si limitò ad annuire — realizzando mentre lo faceva che il gesto era ancora meno utile della parole, dal momento che l’uomo non lo stava guardando — e arretrò, stancamente, di un passo o due.

Woefully Fat neppure si voltò. Stava scavando nell’aria col coltello di legno che portava sempre con sé, e sembrava avere dei problemi nel muoverlo attraverso l’aria. «Raasclaat,» imprecò piano, poi brontolò, «Ah, non rieesco a far comportare bene i baastaardi. È tutta la notte che paarlo con loro.» Il bocor era cresciuto in Virginia, e, essendo sordo, non aveva mai perso quell’accento.

«Uh…,» disse Shandy, incerto, guardandosi intorno e cercando di ricordare il più vicino sentiero alternativo su per il declivio, poiché Woefully Fat aveva bloccato quella via, «uh, perché non…»

Il braccio del bocor si sollevò bruscamente, puntando il coltello verso il cielo.

Shandy, d’istinto, alzò la testa, e fra le ombre nere e irsute di due palmizi vide il guizzo di una stella cadente, simile a una linea di gesso luminoso su una lavagna lontana. Trenta secondi dopo il vento si fermò… poi riprese con forza leggermente minore.

Woefully Fat abbassò il braccio e si alzò… agilmente, a dispetto della sua spaventosa stazza. Si voltò, rivolse a Shandy un sorriso rassicurante e si spostò di lato. «Vai avanti,» disse. «Adesso è soltaaanto una linea disegnata sulla saabbia.»

«…Grazie.» Shandy passò davanti al gigante, superò con un rapido salto il cerchio e proseguì.

Udì Woefully Fat che si dirigeva a lunghi passi verso la spiaggia; l’enorme bocor ridacchiò e, con la sua voce bassa ma misteriosamente udibile, disse, «C’etait impossible de savoir ci c’etait le froid ou la faim.» Quindi, ridacchiando di nuovo, si allontanò oltre la portata dell’udito di Shandy.

Shandy si fermò, e per diversi minuti, inquieto, seguì con lo sguardo l’uomo come se intendesse andargli dietro; poi lanciò un’occhiata incerta verso le stelle, e, in silenzio, si fece strada con cautela fino al suo rifugio, lieto di averlo costruito sotto un soffitto di vegetazione particolarmente folta.

CAPITOLO SESTO

Davies forse non aveva neppure dormito… quando l’alba era ancora un tenue bagliore azzurro dietro i palmizi dell’Isola del Maiale gettò la vecchia mantellina di qualcuno sulle braci bianche e polverose di uno degli ultimi fuochi notturni, e mentre la stoffa si gonfiava, cominciava a bruciare e quindi divampava, andò avanti e indietro urlando, tirando capelli e barbe dei dormienti e scalciando i paletti di supporto da sotto le tende improvvisate. I pirati, lamentandosi, si dimenarono, si alzarono in piedi e raggiunsero il fuoco con passo strascicato, molti di loro trascinandosi dietro pezzi delle tende e delle baracche che di lì a poco avrebbero abbandonato per gettarle nelle fiamme ravvivate, e Davies diede loro il tempo di riscaldare una pentola di rum-e-birra, e di inghiottire abbastanza di quel pungente tonico da sentirsi pronti a lavorare, prima di condurli in fila giù per la spiaggia fino al punto dov’era il Carmichael.

Per un’ora tesero e issarono — poi abbassarono e risistemarono — svariati e complicati intrecci di cime e bozzelli, e pronunciarono terribili bestemmie, e caddero in acqua, e piansero lacrime di rabbia… ma quando il sole fu in alto la nave era in mare, e Davies stava percorrendo avanti e indietro la poppa a grandi passi, gridando ordini agli addetti alle vele e agli uomini della corvetta Jenny, che stava rimorchiando la nave. Per un’altra ora il Carmichael zigzagò lentamente lungo i profondi canali del porto, utilizzando il minimo della velatura e di frequente fermandosi del tutto mentre Davies e Hodge, che fungeva da capitano della Jenny, gridavano l’uno all’altro, e i membri delle ciurme degli altri vascelli, che per primi si erano alzati, stavano sulla spiaggia e urlavano rudi suggerimenti sull’acqua che si schiariva. Ma finalmente la nave giunse all’imboccatura settentrionale del porto, e poi la superò e si trovò nelle acque profonde che delimitano il Canale di Providence Nord-orientale, e Davies ordinò che tutte le vele fossero spiegate, anche i coltellacci che fiancheggiavano le vele maestre, e tutti e tre i fiocchi triangolari lungo il bompresso. Il cavo di rimorchio fu sganciato, ed entrambi i vascelli acquistarono velocità; le loro vele splendevano nel sole del mattino, ed essi virarono verso nord-ovest.

Davies aveva dichiarato che i principi della navigazione si apprendono meglio su una barca che su una nave, così Shandy era andato a dare una mano alla ciurma della Jenny. Dopo aver acquisito tanta familiarità col Carmichael, la Jenny col suo unico albero e le vele di taglio gli sembrava poco più di una scialuppa; ma portava quattordici cannoncini e dodici cannoni girevoli, e quando avevano spiegato tutte le vele dopo aver sganciato il cavo di rimorchio, lui aveva potuto avvertire attraverso le piante dei piedi nudi che era potenzialmente un vascello molto più veloce.

Il Carmichael tuttavia si mise in testa, e Shandy, al quale era stato detto di starsene in ozio e fuori dai piedi finché non fossero giunti ben al largo, si accovacciò sul ponte del castello di prua, grande a malapena quanto un tavolo, e osservò la nave che avanzava maestosamente un paio di centinaia di iarde davanti a loro, e si domandò quale luogo avesse trovato Beth per tenersi fuori dai piedi ora che la nave era stata resa così efficiente.

«Eccoti qua, Jack,» disse Skank, porgendogli una tazza di legno piena di rum prima di tornare barcollando per dare una mano ad assettare il fiocco. «Ancora un po’ e cado fuori bordo.»

«Grazie,» disse Shandy, accettandola con cautela e domandandosi se quella gente era del tutto sobria. Si voltò a guardare al di sopra dell’anca di babordo e osservò la massa frastagliata verde e porpora che era l’Isola di New Providence allontanarsi alle loro spalle sull’azzurra superficie cristallina del mare. Gli venne in mente che forse non sarebbe più tornato in quel luogo.

Skank tornò lentamente sul castello di prua e si appoggiò al sostegno di uno dei cannoncini girevoli. «Già,» disse, come avallando qualcosa che Shandy aveva detto, «forse non ci torneremo mai più. L’anno prossimo sarà più difficile vendere il nostro bottino, perché non ci sarà il solito posto concordato dove i ricchi mercanti manderanno i loro compratori.»

Shandy sorseggiò il rum. «I ricchi mercanti trattano coi pirati?»

«Beh, sicuro… come credi che facciano per diventare ricchi? E per restarlo? Naturalmente di solito non vengono di persona… mandano i loro portavoce e fiduciari per combinare gli acquisti. A volte per gli affari più grossi abbiamo anche consegnato la merce; in quante notti senza luna ho calato una scialuppa coi remi avvolti nella stoffa in qualche ignota insenatura della Giamaica o di Haiti o delle Barbados. Certo, la cosa è vantaggiosa per tutti; noi possiamo vendere la merce tremendamente a buon mercato, dal momento che non ci costa nulla.»

Non proprio per tutti, pensò Shandy. «Questi mercanti ai quali vendete… sanno che la merce è rubata?»

«Oh, sicuro, Jack, come potrebbero non saperlo? Infatti, alcuni possono anche permettersi di corrompere le pattuglie costiere della Royal Navy affinchè guardino altrove quando noi trasportiamo un carico. E Thatch stesso provvede alla maggior parte dei nostri contatti coi ricchi: Bonnet sulle Barbados — che adesso è diventato lui stesso un pirata, e questa è una cosa che non riesco proprio a capire — e Lapin e Shanderknack ad Haiti, e…»

«Chi ad Haiti?» Shandy si afferrò a una sartia tesa per mantenere l’equilibrio, e dovette consapevolmente trattenersi dal lasciar cadere la tazza.

«Lapin — che vuol dire coniglio, dicono, e si adatta perfettamente all’uomo — e Shanderknack o comunque si pronunci in francese.» Skank si accigliò, ancora ebbro. «Il tuo vero nome è qualcosa di simile a quello, no?»

«Quasi.» Shandy trasse un profondo respiro e poi fece uscire il fiato. «Questo… Shanderknack fa molti affari con v… con noi?»

«Oh, sì, è uno speculatore. Thatch non ama avere a che fare con gli speculatori. Sono sempre sul punto di diventare ricchi, capisci, ma, in qualche modo, se torni dopo un anno sono ancora al punto di prima. Quando hanno denaro non vedono l’ora di darlo a noi, e quando non ce l’hanno vogliono credito… e ai cittadini ricchi Thatch è felice di darlo.»

«Dev’essere un genere di debito molto duro da pagare,» disse Shandy, assorto.

Skank gli rivolse un sorriso compassionevole, si spinse via dal cannone girevole e s’incamminò a passo lento verso poppa.

Shandy rimase sul castello di prua, e, lentamente, un sorriso approfondì le linee della sua faccia scura, e i suoi occhi si strinsero pregustando il giorno in cui sarebbe stato in grado di utilizzare questo nuovo briciolo di informazione contro suo zio. Era lieto che i pirati si stessero recando soltanto in una zona disabitata della costa della Florida, senza che fosse in programma una scaramuccia, poiché sarebbe stato impensabile che lui rimanesse ucciso prima di imbattersi nel fratello del padre.

Non appena giunsero a nord delle secche delle Bahamas e si trovarono nelle acque profonde del Canale di Providence, Shandy fu chiamato a poppa da Hodge, lo smilzo e ghignante skipper della Jenny, e gli venne detto che avrebbe dovuto cominciare a guadagnarsi il pane… e per le successive cinque ore Shandy si trovò oberato di lavoro. Imparò a issare l’angolo di penna della vela di randa finché non si vedevano che poche increspature sulla vela maestra, in modo che fosse parallela al pennone, e non semplicemente spianata, come a lui sembrava più corretto; aveva già afferrato il fatto sconcertante che scotte e sartie erano corde, non vele, ma ora imparò dei trucchi per usare le scotte in modo da opporre con maggior profitto le vele al vento. E, essendo la Jenny talmente più agile del Carmichael che Hodge decise di concedere alla nuova recluta un assaggio delle tattiche di manovra, imparò i rudimenti per far bordeggiare il vascello nel vento, e capì quando un cambiamento della direzione del vento poteva suggerire il bordeggio. Imparò a osservare i cerchi di legno che mantenevano attaccata la vela maestra all’albero, e a capire dal loro tremolio quando l’imbarcazione dovesse deviare leggermente dal vento poiché aveva raggiunto la velocità massima.

Come per contribuire all’addestramento di Shandy, la forma a cavolfiore di un cumulonembo apparve sull’orizzonte orientale, e sebbene dovesse trovarsi ancora a molte miglia di distanza, Hodge ordinò che tutti si dessero da fare per affrontare un fortunale, “ritirando il bucato” — come disse riferendosi alle vele da terzarolare — e fece chiamare il vecchio e canuto bocor sul ponte perché fischiasse una canzone del Dahomey adatta a calmare il vento, e tendere le sartie affinchè le scotte allentate o i pennoni soggetti a spezzarsi non vi si impigliassero.

La burrasca scivolò nera attraverso il cielo color cobalto e fu su di loro prima che fosse trascorsa un’ora dal suo avvistamento — Shandy, che non aveva mai avuto occasione di prestare attenzione al tempo, rimase impressionato dalla sua velocità — e anche con la velatura ridotta al minimo l’imbarcazione s’ingavonò quando il vento la investì.

Una fitta pioggia seguì un minuto dopo, conferendo alle onde un aspetto vaporoso e indistinto, e riducendo il Carmichael a una sagoma grigia. Hodge ordinò che tutte le sartie fossero allentate dato l’inevitabile restringimento, e Shandy era sbalordito perché lo skipper non appariva minimamente impensierito dalla tempesta.

«È una cosa seria?» chiese con voce alta, nervosamente, a Hodge.

«Questa?» rispose Hodge, gridando contro il tambureggiare della pioggia sul ponte. «Naaa. Sarà solo sufficiente ad asciugarci i vestiti. Se la pioggia fosse arrivata per prima, avremmo potuto avere qualche grattacapo.»

Shandy annuì e ritornò sul castello di prua. La pioggia non era particolarmente fredda, e, come Hodge aveva puntualizzato, sarebbe stato piacevole essere liberati dal sale in modo tale che, il giorno dopo, i vestiti sarebbero stati — una volta tanto — completamente asciutti.

La prima furia dell’acquazzone si placò, e il Carmichael ridivenne chiaramente visibile davanti a loro. Chandagnac sapeva che nel giro di poche ore avrebbe dovuto scendere sottocoperta, ancora coi panni bagnati addosso, per trovarsi un angolo nel quale dormire, e sperò che Beth Hurwood avesse trovato una sistemazione più confortevole sulla nave. Si distese sulla schiena e lasciò che i muscoli doloranti si rilassassero prima del successivo compito che Hodge gli avrebbe assegnato.


I momenti liberi del giorno dopo vennero spesi nell’esercitazione coi cannoni, e Shandy, sempre abile nelle cose che richiedevano destrezza, divenne subito esperto nella complicata arte di puntare un cannoncino girevole e accendere una miccia lenta nel foro della culatta senza né far deviare la lunga canna dalla linea di tiro né bruciacchiarsi un occhio quando la carica esplodeva. Quando ebbe rapidamente fatto esplodere in schegge, una dopo l’altra, sei delle casse vuote che gli uomini a bordo del Carmichael gettavano fuori bordo come bersagli, Hodge trasformò Shandy da allievo a istruttore, e per quando calò la sera ogni uomo nella barca era diventato un tiratore sicuramente più abile di quanto lo fosse stato al mattino.

Il terzo giorno fecero altre esercitazioni di manovra, e nel pomeriggio a Shandy fu permesso di prendere la barra e di dare ordini, e nel giro di venti minuti pilotò la corvetta in un lungo ma completo giro intorno al Carmichael. Seguirono delle esercitazioni di emergenza, e quando si trovarono a far pratica delle tattiche di battaglia Davies fece far fuoco a un paio dei cannoni del Carmichael nell’acqua vicino a loro per rendere le cose più realistiche.


Shandy era orgoglioso del modo in cui adesso si arrampicava sui ponti e sul sartiame, e del fatto che — sebbene molti dei pirati protestassero contro questa attività forzata — lui si sentiva solo piacevolmente stanco quando il sole, calando e diventando color ambra, cominciava a scagliare aghi di luce dorata sulle onde. Ma questo compiacersi della sua abilità nautica evaporò quando Davies, gridando attraverso l’acqua, disse loro che troppo tempo era stato perduto la notte precedente quando si erano riposati, e che quella notte avrebbero dovuto continuare a navigare fino all’alba.

Shandy fu assegnato al turno di guardia da mezzanotte alle quattro, e la prima cosa che imparò quando scivolò sul ponte fu che navigare di notte era una faccenda umida e fredda. La rugiada era pesante, e rendeva scivolose anche le ruvide tavole del ponte, e ogni tratto di sartiame a cui si afferrava mentre si dirigeva verso poppa spillava acqua gelida lungo la sua manica. Hodge stava seduto dietro la bitta, la faccia arguta e spigolosa bizzarramente illuminata dal basso dalla lanterna dai vetri verdi che gli permetteva di osservare la bussola senza restare abbacinato; con sollievo di Shandy, gli incarichi che lo skipper gli affidò furono semplici e rari: prendere periodicamente una lanterna e controllare certe sezioni recalcitranti del sartiame, osservare avanti nella remota possibilità che un altro vascello potesse trovarsi quella notte nelle vicinanze sulla vasta superficie del mare, e assicurarsi che la lanterna sulla prua restasse accesa e continuasse a diffondere il suo tenue chiarore che doveva impedire al timoniere notturno del Carmichael di farsi troppo vicino alla corvetta o di allontanarsi troppo.

Alle quattro Hodge gli diede una tazza di rum scaldato sopra la lanterna della bitta, gli disse chi svegliare e mandare al suo posto, e poi lo mandò sottocoperta perché dormisse finché poteva.


Era quasi il meriggio del giorno dopo, martedì ventisei giugno, proprio mentre i due vascelli incontravano il flusso settentrionale della Corrente del Golfo fra le Isole Bimini e la Florida, che la nave da guerra della Royal Navy li trovò.

Quando era stata avvistata per la prima volta, una chiazza bianca sull’orizzonte meridionale, era sembrata una nave mercantile della stessa stazza del Carmichael, e diversi pirati avevano proposto, con scarso entusiasmo, di catturare quella invece di andare in Florida; poi, pochi minuti dopo, l’uomo sulla prua col telescopio aveva gridato, con eccitazione, la notizia che si trattava di un vascello della Marina Inglese.

Nei primi minuti dopo questa scoperta ci fu tensione ma non panico, poiché il Carmichael era stato modificato per aumentarne la velocità e la Jenny poteva tranquillamente virare verso le secche delle Bimini, dove in molti punti l’acqua era profonda dodici piedi o meno — la Jenny pescava soltanto otto diedi d’acqua, e poteva scivolare impunemente su secche alle quali la nave da guerra non avrebbe osato avvicinarsi.

Ma il Carmichael continuò a seguire la sua rotta verso sud-ovest, le vele splendenti e immobili nel sole tropicale, e Hodge non diede ordini per far cambiare direzione alla Jenny.

«Perché aspettiamo, capitano?» chiese un gigante dal torace nudo e dalla barba bianca. «Potremmo non riuscire a liberarci di loro se si avvicinano troppo.»

Shandy era accovacciato sulla battagliola di tribordo accanto alla barra orizzontale — chiamata, per qualche ragione, testa-di-gatto — che sosteneva l’ancora issata, e restò in attesa, guardando Hodge. Shandy credette di vedere un pallore nuovo sotto l’abbronzatura dell’uomo, ma il capitano imprecò oscenamente e scosse la testa. «Perderemmo almeno un giorno per seminarli e riprendere furtivamente la rotta, e con la pioggia di sabato e quella maledetta sosta di domenica notte già dovremo muoverci speditamente per l’incontro in Florida della vigilia della Festa del Raccolto. No, ragazzi, stavolta la Marina avrà la sua occasione. Ma, per l’inferno, il Carmichael è armato almeno quanto quella nave da guerra, e noi stessi non siamo su una barca da pesca, e abbiamo ancora Compagno Premuroso e Legba e Bosu come assi nelle maniche.»

Il vecchio corpulento fissò Hodge, incredulo; poi, come se stesse spiegando qualcosa a un bambino, indicò le vele non più lontane e disse distintamente, «Henry… è la maledetta Royal Navy.»

Hodge si voltò, incollerito, verso di lui. «E noi siamo in azione, Isaac, e io sono il capitano qui, oggi, e anche il secondo di Davies. Sangue di Dio, uomo, credi che mi piacciano questi ordini? L’hunsi kanzo ci trasformerà tutti in zombi se adesso ci tiriamo indietro… ma se andiamo avanti tutto quello che rischiarilo è la morte.»

Con inquieta sorpresa di Shandy, la ciurma trovò questo ragionamento poco propizio ma irrefutabile, e si diede da fare per prepararsi al combattimento. Le vele più leggere furono ridotte e un paio di uomini vennero mandati su con dei secchi di allume disciolto da versare sulle vele per impedire loro di incendiarsi, le sartie furono rimpiazzate da catene, i cannoni furono spinti in avanti in modo che le loro canne sporgessero dai portelli, il bocor andò a prua e cominciò a salmodiare e a scagliare frammenti di uno specchio accuratamente spezzato verso la nave inglese, e Shandy ricevette l’ordine di riempire tutti i secchi disponibili con acqua di mare, di inzuppare una vela superflua e ammucchiarla intorno ai barilotti di polvere.

Durante le ultime tre settimane Shandy si era sentito soddisfatto per come si era comportato bene quando il Carmichael era stato preso per la prima volta, ma adesso, osservando le sue mani che tremavano mentre tiravano un altro secchio d’acqua marina al di sopra dell’alta frisata, realizzò che la sua relativa freddezza era stata quel giorno il risultato dello shock, e, ancora di più, dell’ignoranza: poiché a malapena si era reso conto del fatto di essere davvero nei guai prima di uscirne. Questa volta, tuttavia, i guai si stavano avvicinando con torturante lentezza, e questa volta sapeva in anticipo, e con esattezza, in che modo un uomo poteva morire per un colpo di pistola alla testa, o di spada nell’addome.

Questa volta era talmente terrorizzato da sentirsi ubriaco… tutti i colori erano troppo vividi, tutti i rumori troppo forti, e lui si sentiva sospeso fra il pianto e il vomito, e doveva rimanere concentrato per non bagnarsi i calzoni.

Quando ebbe fatto in modo che i barilotti di polvere fossero completamente circondati da secchi pieni e coperti da tela bagnata, si precipitò di nuovo sul ponte, dove venne agguantato, gli venne consegnata una miccia già accesa, e venne spinto verso il cannoncino girevole di tribordo in prossimità della prua. «Non fare fuoco fin quando non lo dirà Hodge, Jack,» sbottò l’uomo che lo aveva spinto verso il cannone, «e non sprecare colpi.»

Guardando avanti al di sopra della canna bucherellata del suo cannone, Shandy si avvide che tutti e tre i vascelli si stavano dirigendo verso est, nel vento, il Carmichael e la Jenny in maniera più netta della nave da guerra — che adesso gli rivolgeva il profilo di tre quarti, il disegno a scacchiera beige e bianca dei portelli dei cannoni visibile lungo il suo lato sinistro.

Non posso far fuoco contro un vascello della Royal Navy, pensò. Ma se rifiuto di sparare questi uomini mi uccideranno… come pure, è ovvio, se non faccio un buon lavoro con quest’arma, la Royal Navy finirà per uccidere me, con tutti gli altri a bordo della Jenny. Mio Dio, non c’è, semplicemente, un’accettabile linea d’azione per me.

Un pennacchio di fumo bianco fuoriuscì dal fianco della nave da guerra, e un attimo dopo il rombo soffocato del cannone rotolò sul mezzo miglio di acqua azzurra che separava i vascelli, e un momento dopo un’enorme spruzzo sbocciò sulla superficie del mare alla sinistra di Shandy, torreggiò per un istante, e poi ricadde come una palata di diamanti scagliata verso l’alto.

«Ci ha superati,» gridò la voce di Hodge resa stridula dalla tensione. «È a tiro… fuoco!»

E, come a molti soldati era accaduto di scoprire con sorpresa, l’intenso, faticoso e ripetitivo addestramento che aveva ricevuto lo spinse a obbedire automaticamente all’ordine: mirò, avvicinò la miccia al foro nella culatta, e si avvicinò al cannone successivo prima di aver deciso se obbedire oppure no all’ordine. Beh, ci sei dentro adesso, pensò disperato mentre puntava il secondo cannone; puoi anche lavorare duro per i compagni dei quali condividi la sorte.

Mentre avvicinava la miccia al foro del secondo cannone, tutti e sette i cannoni di tribordo della corvetta fecero fuoco più o meno nello stesso istante, e l’imbarcazione, che fino a quel momento non si era accorto che si era ingavonata a tribordo, ritornò quasi orizzontale per il rinculo.

Allora lo Strepitoso Carmichael, che si muoveva con rapidità spaventevole data la stazza, balzò nel varco velato di fumo fra la nave da guerra e la Jenny, vicino a tal punto che Shandy poté riconoscere gli uomini nel sartiame e sentire Davies gridare, «Fuoco!» un istante prima che i cannoni di tribordo del Carmichael sparassero con un rumore simile a un tuono ravvicinato, e rendessero le vele della nave da guerra quasi invisibili per un attimo dietro una montagna ribollente di fumo bianco.

La Jenny stava mantenendo il suo angolo acuto sopravvento, alle calcagna del Carmichael, e quando il fumo dei cannoni fu lasciato indietro, Shandy rimase atterrito nel vedere la nave da guerra, apparentemente intatta, che seguiva la Jenny a sole cento iarde di distanza; ma quando Skank lo ebbe agguantato di nuovo e spinto su un altro cannone girevole, e lui automaticamente fissò lungo la canna il vascello più grande, realizzò che la nave da guerra, dopo tutto, non era intatta — la rete di sicurezza sulla parte centrale si agitava scompostamente ed era irta di elementi di alberatura caduti, e il disegno a scacchiera dei portelli dei cannoni era deturpato da una mezza dozzina di fori nuovi e irregolari — e realizzò anche che la Jenny si stava muovendo con maggiore rapidità della nave della Royal Navy e che nel giro di un minuto si sarebbe trovata in salvo davanti ad essa. Quasi certamente violando gli ordini ricevuti, Davies si era frapposto e aveva sparato contro la nave da guerra per dare alla Jenny il tempo di scappare.

«Colpisci un portello dei cannoni anteriori!» gridò Skank, e Shandy, obbediente, mirò a uno dei fusti di cannone scintillanti che sporgevano dalla prua della nave della marina e accostò la miccia al foro. Il cannoncino sparò con un boato e un sobbalzo, e scrutando attraverso il fumo acre rimase soddisfatto nel vedere polvere e schegge volare via dal portello al quale aveva mirato.

«Splendido!» abbaiò Skank. «Adesso colpisci…» Il fumo eruppe dai cannoni superstiti nel fianco della nave da guerra ma il ruggito delle esplosioni si perse nell’improvviso schianto martellante che spazzò la Jenny, e Shandy fu scagliato via con violenza dal cannone e scaraventato nella massa di uomini alle sue spalle. Assordato e stordito, si sollevò adagiandosi su un corpo immobile, cercando di aspirare aria nei polmoni senza strozzarsi col sangue e i frammenti di dente che aveva in bocca. Al di sopra del ronzio nelle orecchie era conscio delle urla di rabbia e di panico, e di un nuovo, pigro movimento del ponte sotto i suoi piedi.

Hodge stava urlando degli ordini, e Shandy finalmente rotolò su se stesso e si drizzò a sedere, tossendo e sputando. Impaurito, si esaminò il corpo, e rimase profondamente sollevato nel vedere che tutte le membra erano presentì, non ferite e apparentemente non rotte… specialmente dopo che si fu guardato intorno. Morti e feriti erano sparsi dappertutto sul vascello, le vele sopravvento erano strappate e schizzate di sangue, e il legno annerito dalle intemperie dell’albero maestro e delle frisate era stato scheggiato in più punti e mostrava il legno fresco e bianco sottostante. Sembrava, pensò Shandy, che Dio si fosse sporto dal cielo e avesse passato un rastrello dai rebbi aguzzi sull’imbarcazione.

«Barra a tribordo, Dio li maledica,» stava gridando Hodge. Lo skipper cacciò via con la mano un po’ di sangue che gli stava scorrendo sulla fronte. «E qualcuno afferri la scotta della vela maestra!»

Un uomo vicino alla barra tentò spasmodicamente di obbedire, ma cadde impotente sulle ginocchia, il sangue schiumante da un foro irregolare nel suo torace; Skank si arrampicò disperato su una pila di compagni dilaniati… ma era troppo tardi. La Jenny, priva di controllo nei momenti immediatamente successivi alla raffica di ferraglie e palle incatenate che l’aveva sferzata, si era girata su se stessa fino al punto in cui la prua aveva puntato direttamente nel vento, e per i successivi minuti sarebbe rimasta immobile, senza vita, nell’acqua. Shandy aveva sentito descrivere questa condizione come “essere in catene”, e gli venne in mente che in quel caso l’espressione poteva difficilmente essere più appropriata.

L’alto e aggraziato edificio della nave da guerra, inclinato controvento abbastanza da mantenere l’abbrivio, si accostò al lato sinistro della prua della corvetta, e mentre l’enorme scafo premeva contro il castello di prua della Jenny, spezzando le sartie e rompendo addirittura l’ancora caponata, i grappini caddero con un tonfo e un forte clangore sul ponte del vascello più piccolo, e una voce stridula gridò, «C’è una pistola esperta puntata su ognuno di voi bastardi, per cui gettate le armi, e quando lanceremo giù la scala di corda salite uno alla volta e lentamente.»

CAPITOLO SETTIMO

Sebbene degli elementi di alberatura spezzati oscillassero nella rete di protezione sopra le loro teste, il ponte della nave da guerra era sgombro e pulito in una maniera che incuteva timore. Le drizze erano avvolte a spirale in cerchi perfetti invece di giacere là dove cadevano, come di solito si verificava sulla Jenny, e Shandy cercò di tenere la testa inclinata all’indietro per non far gocciolare il sangue sul pallido e levigato legno di quercia. Il naso aveva cominciato a sanguinargli fin dalla raffica della nave della marina, l’intero lato sinistro della testa stava cominciando a dolergli, decise che il colpo doveva aver preso in pieno il cannone girevole dietro al quale si trovava lui, facendo cozzare la culatta contro la sua testa.

Assieme agli altri dieci relativamente incolumi membri della ciurma della corvetta, adesso stava sul ponte centrale della nave vicino alla ruota dell’argano, e cercava di non sentire le urla e i gemiti dei pirati gravemente feriti che erano stati lasciati distesi sul ponte della Jenny.

I marinai della Navy che stavano vicino alle battagliole e tenevano le pistole puntate sui prigionieri indossavano tutti delle aderenti casacche grigie, calzoni a strisce e berretti di cuoio, e la loro uniforme semplice e funzionale faceva apparire ridicolo l’abbigliamento pacchiano e incatramato dei pirati. Lanciando occhiate nervose agli uomini della marina, Shandy notò qualcosa nella loro espressione al di là del disprezzo e della collera, e non si sentì affatto rassicurato quando finalmente capì di che cosa si trattava: la malia morbosa di guardare degli uomini che, sebbene stessero respirando in quel momento, ben presto avrebbero smesso di respirare per sempre nel doppino di un cappio.

Sebbene il Carmichael fosse già una torre di bianco segmentato in lontananza a sud, il capitano della Navy aveva fatto calare una delle scialuppe della nave, e adesso, dal suo vantaggioso punto di vista sul ponte di poppa, scrutò nel telescopio e scoppiò a ridere. «Per Dio, Hendricks aveva ragione… uno di essi è caduto fuori bordo, e noi ce ne siamo accorti.» Si voltò e guardò i prigionieri con un sorriso largo e severo. «Pare,» gridò, «che uno dei vostri compagni non abbia sopportato di lasciarvi indietro.»

Dopo un momento di perplessità, Shandy decise che avrebbe potuto benissimo trattarsi di Beth, che aveva afferrato l’opportunità di perdersi in mare per sfuggire ai pirati e al suo folle padre. Sperò che fosse così, perché entrambi avrebbero posto finalmente fine a questo violento interludio, e Davies, Barbanera, Hurwood e Friend avrebbero potuto andarsene in Florida o all’Inferno, per quel che a loro importava.

Il pensiero gli rammentò che era giunto il momento di smettere di guardarsi intorno con gli occhi sbarrati, toccando con la lingua il varco dov’era stato di recente uno dei suoi molari, e raccontare al capitano della marina chi era, e come aveva fatto a trovarsi a brodo della corvetta.

Tirò un respiro profondo, costrinse gli occhi a mettere a fuoco, e poi, tendendo le braccia con un gesto conciliante, si allontanò dai pirati accalcati e silenziosi… e fu quasi ucciso all’istante, poiché una delle guardie gli sparò un colpo di pistola.

Shandy udì la detonazione ma sentì lo spostamento d’aria mentre la palla sfrecciava accanto al suo orecchio, e allora cadde in ginocchio, ancora con le mani sollevate. «Gesù!» strillò, «non sparate, non sto facendo nulla!»

L’attenzione del capitano di fatto era stata attirata, e lui gridò con ira a Shandy. «Che tu sia dannato, torna frai tuoi compagni!»

«Non sono miei compagni, capitano,» gridò Shandy, alzandosi con cautela e cercando di apparire calmo. «Il mio nome è… è John Chandagnac, ed ero un passeggero a bordo dello Strepitoso Carmichael prima di essere catturato da Philip Davies e dai suoi uomini. Durante quel… quell’incontro, ho ferito Davies, e così invece di avermi consentito ad andarmene con la scialuppa assieme alla ciurma, sono stato costretto, sotto pena di morte, ad arruolarmi fra quelli che mi avevano catturato. Anche un altro passeggero è stato costretto a restare, Elizabeth Hurwood, che sospetto essere la persona che è saltata dal Carmichael proprio adesso.» Voltandosi per lanciare un’occhiata ai suoi recenti compagni, Shandy non vide solo disprezzo ma vero odio, per cui aggiunse in fretta, «Mi rendo conto che ci vorrà del tempo per verificare la mia storia, ma chiedo di essere confinato da qualche parte, separato da questi uomini… giusto per essere certo di sopravvivere in modo da poter testimoniare al processo di Philip Davies.»

Il capitano era avanzato fino alla balaustra del ponte di poppa e lo stava guardando di traverso. «Davies?.» Scrutò i prigionieri intorno all’argano e poi lanciò un’occhiata all’albero della Jenny, visibile al di sopra del castello di prua. «È con voi? Ferito?»

«No,» disse Shandy. «Si trova sul Carmichael.» Annuì verso la nave che si stava allontanando.

«Ah,» disse il capitano, pensieroso. «Il suo processo allora non si farà presto.» Batté le palpebre e abbassò nuovamente lo sguardo su Shandy. «Sei un uomo catturato sul Carmichael, dunque? Ti farà piacere sapere — o forse no — che possiamo verificare la tua storia immediatamente. Abbiamo lasciato Kingston soltanto questo venerdì, e il Carmichael è stato preso, ricordo bene, circa un mese fa, così il rapporto sulla navigazione in nostro possesso dovrebbe riferire l’episodio.» Si voltò verso un guardiamarina che stava lì vicino. «Volete andare a prendere il rapporto, Mr. Nourse?»

«Signorsì, capitano.» Il giovane ufficiale scese rapidamente per la scaletta del boccaporto e scomparve di sotto.

«Per essere un uomo costretto, maneggiavi con grande abilità quel cannone,» disse Skank, alle spalle di Shandy. «Voltagabbana figlio di una cagna.» Shandy lo sentì sputare.

Il sangue affluì sul volto di Shandy mentre questi rammentava il giorno in cui Skank aveva assalito Jim Bonny per salvarlo da un — reale o immaginario — attacco magico, e desiderò voltarsi per fronteggiare Skank e pregarlo di ricordare le circostanze del suo reclutamento tre settimane e mezza prima… ma dopo un momento si limitò a dire con calma al più vicino marinaio armato, «Posso fare un altro passo avanti?»

«Sì,» disse il marinaio. «Piano.»

Shandy eseguì, ascoltando i pirati dietro di lui che discutevano di malumore per stabilire se era un codardo traditore o semplicemente un codardo pragmatico. Guardando al di sopra dell’anca di tribordo poté vedere la scialuppa che stava tornando, e strinse gli occhi contro il bagliore del sole sui remi bagnati, cercando di vedere se era davvero Beth Hurwood che stava rannicchiata a poppa.

Il capitano sollevò ancora il telescopio e scrutò la barca. «Non è nessuno che si chiami Elizabeth,» disse seccamente.

Che io sia dannato, pensò Shandy, allora si trova ancora con loro. Perché diavolo non ha pensato di gettarsi fuori bordo? Beh, non è più affar mio… è per gente come costui, o come qualche altro capitano di marina, andare a salvarla. Io vado ad Haiti. E forse Friend e suo padre non hanno intenzione di farle del male.

Sogghignò lugubremente davanti all’intenzionale ingenuità di quel pensiero; e allora si permise di ricordare, con amarezza e una per volta, le storie che aveva sentito su Barbanera — quella volta in cui l’uomo aveva deciso che la sua ciurma avrebbe tratto beneficio dal trascorrere un po’ di tempo in “un nostro inferno privato”, e così aveva fatto scendere tutti sottocoperta, dove aveva messo allegramente sul fuoco delle pentole di zolfo, e con la minaccia della pistola aveva impedito a chiunque di andarsene prima che metà della ciurma avesse perso i sensi e si fosse trovata in reale pericolo di soffocamento, e anche allora lo stesso Barbanera era stato l’ultimo a riemergere nell’aria fresca… Sebbene a quel tempo la cosa fosse vista semplicemente come uno dei suoi capricci, in seguito era stata sottolineata la natura ritualistica dell’evento, e un bocor, nell’indiscrezione dell’ubriachezza, aveva suggerito che si era trattato di un necessario rinnovamento dello status di hunsi kanzo di Barbanera, e non perfettamente riuscito in quanto nessuno della ciurma era morto. E Shandy rammentò le dicerie a proposito di un suo rapporto con quel loa davvero temuto, noto come Baron Samedi, il cui dominio è l’oltretomba e la cui segreta drogue è il fuoco che brucia lentamente, che era il motivo per cui Barbanera infilava sempre delle micce accese nei suoi capelli e nella folta barba prima di affrontare un incontro rischioso. E aveva sentito parlare di quell’abitudine all’apparenza insana ma spiegabile dal punto di vista della stregoneria, per la quale il leggendario pirata si legava in matrimonio con ogni donna che gli veniva a tiro… e Shandy pensò al futile coraggio di Beth, e alla sua natura genuinamente allegra alla quale si era abbandonata soltanto per mezzora sul ponte di poppa del Carmichael tre settimane e mezza prima.

Il guardiamarina Nourse riapparve di sotto con quello che sembrava un libro rilegato o un giornale di bordo e si arrampicò sulla scaletta del boccaporto raggiungendo il punto dove si trovava il capitano.

«Grazie,» disse il capitano, prendendo da lui il volume e ficcandosi il telescopio sotto il braccio. Sfogliò le pagine per un paio di minuti e quindi guardò Shandy con minore severità sulla sua faccia scoscesa. «Si parla di un certo John Chandagnac costretto a unirsi ai pirati.» Voltò un’altra pagina. «Quando e dove ti sei imbarcato sul Carmichael?»

«La mattina del 3 giugno, alla banchina della Batsford Company di Bristol.»

«E… vediamo… quale nave ha salpato assieme a voi attraverso il Canale di San Giorgio?»

«La Mershon. Hanno virato verso nord dopo Mizen Head, diretti a Galway e alle Isole Aran.»

Per un momento il capitano abbassò il libro e fissò Shandy come per esaminarlo ancora. «Hm…» Tornò alla pagina che prima aveva letto. «Sì, e i superstiti del Carmichael menzionano l’attacco di Chandagnac a Davies… una mossa davvero audace che sembra essere stata…»

«Ah,» esclamò Skank sprezzante. «Lo ha colto di sorpresa. Davies non stava neppure guardando.»

«Grazie, giovanotto,» disse a Skank il capitano con un sorriso gelido. «Hai efficacemente confermato quello che quest’uomo ha dichiarato. Mr. Chandagnac, potete allontanarvi da quei briganti e salire quassù.»

Shandy sospirò e si rilassò, e realizzò che era stato sotto tensione per settimane senza rendersene conto, nel vivere fra persone per le quali la violenza selvaggia era una cosa del tutto normale. Raggiunse la scaletta del boccaporto e salì sul ponte più alto. Gli ufficiali che stavano là gli fecero spazio, fissandolo con curiosità.

«Ecco,» disse il capitano, porgendogli il telescopio. «Guardate se riuscite a identificare il nostro tuffatore.»

Shandy osservò la barca che stava oscillando in vicinanza sull’acqua azzurra, e non dovette neppure guardare attraverso il telescopio. «È Davies,» disse, piano.

Il capitano tornò a voltarsi verso il giovane guardiamarina. «Lasciate quegli uomini là dove sono, Mr. Nourse,» disse, indicando la feccia depressa intorno all’argano, «ma portate Davies da me nella cabina grande. Mr. Chandagnac, vorrei che foste presente anche voi, per essere testimone delle affermazioni di Davies.»

Oh Dio, pensò Shandy. «Molto bene, capitano.»

Il capitano si avviò verso la scaletta, poi si fermò. «Ci vorranno alcuni minuti prima che il prigioniero sia condotto a bordo, Mr. Chandagnac. Il commissario di bordo vi prenderà dei vestiti fra quelli in sovrappiù, se gradirete togliervi quel… costume.»

«Grazie, capitano, lo gradisco.» Stando fra quegli ufficiali, con le loro sobrie uniformi azzurre, i bottoni d’ottone e le spalline, Chandagnac aveva cominciato a sentirsi simile a un clown nelle sue brache rosse e la cintura d’oro lavorato — sebbene un simile abbigliamento non sarebbe stato affatto fuori luogo sull’Isola di New Providence.

Alle sue spalle sentì il risolino disgustato di Skank.


Un poco più tardi, sentendosi molto più civilizzato in camicia a scacchi blu, calzoni di tela, calze di lana grigia e un paio di scarpe, Shandy sedeva a un’estremità di un lungo tavolo nella cabina grande e guardava attraverso il finestrino di poppa — era troppo grande per essere definito un portello o un oblò — il cui sportello a vetro piombato era stato spalancato per lasciar entrare la brezza nella cabina. Per la prima volta, si domandò cosa avrebbe fatto dopo aver intentato causa allo zio. Sarebbe tornato in Inghilterra e avrebbe cercato un altro posto come contabile? Scosse la testa, dubbioso. L’Inghilterra gli sembrava gelida e lontana.

Poi, e il pensiero placò quel crampo dovuto al senso di colpa che gli aveva tormentato la mente fin da quando il tuffatore era stato identificato come Davies, Shandy seppe quello che avrebbe fatto: avrebbe lavorato duro per far arrestare, condannare e imprigionare suo zio, e quindi avrebbe utilizzato l’ammontare di danaro — di certo considerevole — che gli sarebbe derivato per liberare Beth Hurwood. Avrebbe dovuto noleggiare un’imbarcazione, assumere un capitano di tempra caraibica e una ciurma di uomini duri e affamati di taglie…

Sentì degli stivali avanzare pesantemente al di là della paratia, e poi la porta si aprì e due ufficiali condussero Philip Davies nella cabina. Le braccia del capo dei pirati erano legate dietro la schiena e il lato sinistro della sua camicia fradicia era macchiato di sangue che luccicava dalla spalla alla vita, e la faccia, seminascosta dai capelli umidi e arruffati, era più pallida e tirata del solito… ma lui sogghignava mentre si destreggiava per sedersi, e quando notò Shandy gli strizzò un occhio. «Pronto per la vetrina del negozio, eh?»

«Esatto,» disse Shandy, pacato.

«Niente trucchi? Pittura ancora fresca?»

Shandy non rispose. I due ufficiali sedettero ai due lati di Davies.

La porta si aprì di nuovo e il capitano e il guardiamarina Nourse entrarono. Nourse aveva con sé penna, calamaio e carta, e si sedette accanto a Shandy, mentre il capitano si sedeva pesantemente all’altro lato del tavolo, di fronte a Davies. Ogni uomo della Royal Navy portava, evidentemente come parte dell’uniforme, una spada e una pistola.

«Annotiamo, Mr. Nourse,» disse il capitano, «che martedì ventisei giugno 1718 abbiamo tirato fuori dall’acqua il pirata, capitano Philip Davies, che era caduto fuori bordo dalla nave rubata Strepitoso Carmichael per aver ricevuto un colpo di pistola alla schiena da uno dei suoi complici.»

«Solo alla spalla,» precisò Davies a Shandy. «Credo sia stato quel grassone, Friend.»

«Perché Friend ti avrebbe sparato?» chiese John, sorpreso.

«La Jenny,» disse Davies, con uno sforzo che cominciava a incrinargli la voce, «stava scortando il Carmichael solo per… attirare il fuoco… tenere occupati eventuali nemici affinchè il Carmichael potesse proseguire senza ostacoli. Ma io ritenevo che se il Carmichael fosse tornato indietro e avesse dato un’altra sferzata a questi bastardi della marina avremmo potuto filarcela tutti assieme. Friend è andato su tutte le furie anche quando mi sono frapposto la prima volta per dare alla Jenny qualche attimo in più di respiro per poter scappare, e presumo che si sia trovato in disaccordo… fortemente… con l’idea di tornare indietro. È vero che avrei finito per disobbedire agli ordini… e così proprio quando stavo per dare l’ordine, sono stato scaraventato da un colpo di pistola al di là delle griselle di babordo.» Fece per ridere, ma trasalì e dovette accontentarsi di un ghigno spasmodico. «E avevo il Compagno Premuroso che mi teneva per mano! Credo… che la palla, in caso contrario, mi avrebbe spezzato la spina dorsale.» Il sudore gli fece luccicare il volto segnato dal dolore.

Shandy scosse tristemente la testa.

«Questo è l’onore frai ladri,» disse il capitano. «Philip Davies, sarai condotto a Kingston per essere processato per un numero considerevole di reati, il più recente dei quali è forse l’assassinio di Arthur Chaworth, legittimo capitano dello Strepitoso Carmichael.» Il capitano si schiarì la gola. «Vuoi fare qualche dichiarazione?»

Davies, che si era ingobbito, alzò lo sguardo sul capitano con un ghigno da teschio. «Wilson, no?» disse con voce fioca. «Sam Wilson, giusto? Ti riconosco. Cosa vuoi adesso? Una dichiarazione? Come in tribunale?» Scrutò il capitano con espressione interrogativa. «No, grazie, Sam. Ma dimmi…» Parve raccogliere le forze, poi parlò più in fretta. «Per caso, è vero quello che Panda Beecher mi disse una volta sul tuo conto?»

Con la bocca stretta fino a diventare pallida, il Capitano Wilson lanciò una rapida occhiata agli altri ufficiali nella stanza, e poi, quasi con un solo movimento, si alzò in piedi, sfilò la pistola, la raddrizzò e la sollevò. Shandy, che era balzato in piedi nel medesimo istante, si lanciò sul tavolo per colpire l’arma proprio mentre il capitano premeva il grilletto.

La forte detonazione fece ronzare le orecchie già maltrattate di Shandy, ma sentì il capitano gridare, «Dio vi maledica, Chandagnac, potrei farvi arrestare per questo! Nourse, datemi la vostra pistola!»

Shandy scoccò un’occhiata a Davies, che sembrava teso ma non turbato, poi a Nourse. Il giovane guardiamarina stava scuotendo la testa, inorridito.

«È un assassinio se gli sparate, Capitano,» protestò Nourse, con voce stridula. «Deve avere un processo! Se noi…»

Il Capitano Wilson bestemmiò furiosamente e, mentre sia Nourse che Shandy gli gridavano di fermarsi, si chinò sul tavolo, sfilò la pistola dalla cintura di una delle guardie di Davies, poi si ritrasse in modo da non poter essere raggiunto da nessuno, e sollevò la pistola…

…Davies gli stava indirizzando un sorriso derisorio…

…E, stordito dalla paura anche mentre lo faceva, Shandy allungò una mano verso il basso, afferrò la pistola di Nourse e fece fuoco contro il capitano.


Le due esplosioni furono quasi simultanee, ma mentre il colpo del Capitano Wilson mancò Davies e praticò un foro nel braccio dell’ufficiale alla destra di Davies, il colpo di Shandy attraversò la gola del Capitano Wilson e mandò il corpo dell’uomo, zampillante di sangue, a rimbalzare dalla paratia lontana per poi crollare con fracasso sul ponte.

Il ronzio nelle orecchie di Shandy parve provenire dall’esterno, il rumore di una seconda, netta vibrazione prolungata. Voltò la testa, con difficoltà nell’aria addensatasi per la tensione, e vide una viva sorpresa sulle facce degli altri quattro uomini nella stanza. Quello di gran lunga più stupefatto era Davies.

«Gesù Saltatore, ragazzo,» gridò, con la costernazione che aveva rimpiazzato il suo buonumore, «lo sai cos’hai fatto?»

«Ho salvato la tua vita… presumo,» disse Shandy con voce strozzata. Gli sembrava di non essere in grado di tirare un respiro profondo. «Come faremo a uscire di qui?»

L’ufficiale colpito al braccio aveva spinto indietro la sua sedia e stava cercando di raggiungere la sua pistola con la mano buona. Shandy fece un passo avanti e, quasi inconsciamente, lo colpì sopra l’orecchio con la pistola che aveva usato per uccidere il capitano; e mentre l’uomo si accasciava, scivolando dalla sedia, Shandy lasciò cadere la pistola scarica e rapidamente prese quella carica dalla cintura dell’uomo, e poi, con l’altra mano, gli sfilò anche la spada. Raddrizzandosi mentre l’uomo cadeva dalla sedia con un tonfo sordo sul ponte, Shandy raggiunse la porta e con due dita libere della mano che stringeva la spada fece scivolare il chiavistello nella posizione di “chiuso.”

«Voi due,» Shandy disse a Nourse e all’ufficiale la cui pistola era stata presa dal Capitano Wilson, «appoggiate le vostre spade sul tavolo e mettetevi vicino alla paratia di poppa. Davies, alzati e voltati.»

Davies eseguì, sebbene lo sforzo gli facesse stringere gli occhi e sbarrare i denti. Tenendo la pistola puntata contro i due ufficiali, Shandy infilò la punta della spada sotto uno degli anelli della corda che legava i polsi di Davies, e spinse. Davies vacillò, ma il filo seghettato recise la corda, e Davies se ne liberò con uno scossone proprio mentre qualcuno cominciava a bussare alla porta.

«Va tutto bene, Capitano?» gridò qualcuno all’esterno. «Chi ha sparato?»

Shandy guardò Nourse al di sopra della canna della pistola. «Di’ loro… di’ loro che Davies ha tramortito il capitano, e che è stato ucciso dagli ufficiali,» disse, piano. «Digli di andare a cercare il chirurgo della nave.»

Nourse ripeté il messaggio a voce alta, e il fremito nella sua voce conferì ad esso una giusta nota di sincerità.

Davies sollevò una mano. «E i pirati catturati,» sussurrò, «devono essere condotti via… più avanti, sul castello di prua.»

Nourse trasmise anche questo ordine, e l’uomo all’esterno lo ricevette e corse via.

«Adesso,» ripeté Shandy, disperato, «Come faremo a uscire di qui?» Lanciò un’occhiata al mare attraverso la finestra, tentato semplicemente di saltare fuori e nuotare. La povera vecchia Jenny sembrava disperatamente lontana.

Un po’ di colore era tornato sulla faccia magra di Davies, e lui stava sogghignando di nuovo. «Perché il chirurgo?»

Shandy si strinse nelle spalle. «Diversamente, la cosa sarebbe parsa poco plausibile.»

«Può darsi.» Fece scorrere la mano buona attraverso i grigi capelli umidi. «Bene! A meno che la Royal Navy non sia cambiata dai miei tempi, la santabarbara deve trovarsi due o tre ponti direttamente sotto di noi.» Si voltò verso Nourse. «Non è così?»

«Non risponderò a domande del genere,» disse Nourse, tremando.

Davies prese una delle spade dal tavolo, si avvicinò a Nourse e gli diede un leggero colpetto nella pancia con la punta. «Tu mi porterai là altrimenti ti farò male. Io sono Davies,» gli rammentò.

Nourse aveva chiaramente sentito delle storie sul suo conto, poiché la rigidezza gli scivolò dalle spalle e mormorò, «Molto bene… se mi dai la tua parola che non farai del male a me, o alla nave.»

Davies lo fissò. «Hai la mia solenne parola,» disse, piano. Poi si voltò verso Shandy. «Dietro quella porta c’è la cuccetta del capitano. Prendi delle coperte e avvolgile intorno al vecchio Wilson, assieme a quella pistola che hai preso, alle altre due e a tutte le pistole cariche che riesci a trovare. Poi tu e questo ragazzo,» annuì in direzione dell’ufficiale che era ancora cosciente, «trasporterete l’involto fino dove si trovano i ragazzi della Jenny. Direte che è il mio cadavere. Capito tutto? Bene. Ora, quando la santabarbara salterà — e salterà davvero, ho imparato a memoria un paio di versi per gli spiriti del fuoco, e non mi manca il sangue per attirare la loro attenzione — quando esploderà spunterò dal boccaporto di prua, con le armi, se Compagno Premuroso vorrà, e tu tirerai fuori dalle coperte del capitano una o altre tre pistole, e ci apriremo la strada con le armi in pugno fino alla corvetta e fileremo via. E se io non apparirò subito dopo l’esplosione, non perdete tempo ad aspettarmi.»

Nourse stava guardando Davies con la bocca aperta. «Tu…» farfugliò, «mi hai dato la tua parola!»

Davies rise. «Hai visto quanto vale. Ma ascolta, tu mi condurrai alla santabarbara altrimenti ti taglierò le orecchie e te le farò mangiare. L’ho già fatto ad altre persone che mi hanno seccato.»

Nourse distolse lo sguardo, e di nuovo Shandy ebbe l’impressione che il guardiamarina stesse ricordando qualche spaventoso aneddoto su Davies. Com’è possibile, si domandò inorridito Shandy, che io sia al fianco di questo mostro?

Un paio di minuti più tardi decisero che erano tutti pronti ad andare — Shandy e l’infelice ufficiale avevano avvolto il capitano morto, le spade e una coppia di elaborate pistole da duello in maniera tale da consentire a Shandy di tenere la propria pistola nascosta da una falda di tessuto e puntata verso l’ufficiale, e Davies si era infilato a fatica nella giacca dalle maniche imbrattate di sangue dell’ufficiale privo di sensi — quando qualcuno bussò alla porta della cabina.

Shandy sobbalzò per la sorpresa e fece quasi cadere la pistola. «È il chirurgo,» sibilò Davies, teso. Attraversò la cabina e si appoggiò alla paratia dietro i cardini della porta, poi fece cenno a Nourse con la punta della spada. «Fallo entrare.»

Nourse stava tremando anche più di Shandy, e roteò gli occhi avvilito mentre toglieva il chiavistello alla porta e la apriva. «Abbiamo portato il capitano sulla sua cuccetta,» balbettò, mentre il chirurgo entrava sollecito. Armonioso come se eseguisse un passo di danza provato più volte, Davies fece un passo avanti e colpì il vecchio chirurgo alla testa con la guardia della spada, e Nourse afferrò l’uomo mentre cadeva.

«Grande,» disse Davies con soddisfazione. «Possiamo andare.»

CAPITOLO OTTAVO

Non più di un minuto dopo Shandy e l’ufficiale tremante di paura stavano trascinando il cadavere e le spade avvolti nelle coperte attraverso il ponte. Il lungo involto si era dimostrato troppo pesante e difficile da trasportare — specialmente se Shandy doveva continuare a tenere puntata la pistola nascosta contro l’ufficiale, che reggeva il fardello dal lato dei piedi — e così erano stati costretti a trascinarlo in una posizione goffa e accovacciata, con un’andatura tremendamente lenta.

Shandy stava sudando abbondantemente, e non solo a causa del caldo sole tropicale che gli martellava la testa e inondava di luce abbagliante il ponte bianco. Era così acutamente consapevole di ogni marinaio armato come lo sarebbe stato di uno scorpione aggrappato ai suoi vestiti, e cercò di tenere la mente concentrata sul compito di trascinare l’ingombrante involto fino al castello di prua, e di non immaginare cosa sarebbe accaduto quando la santabarbara fosse esplosa, o quando i marinai avessero capito e avessero aperto il fuoco su di loro, o quando l’ufficiale dalle labbra bianche all’altro lato dell’involto avesse capito che quando fosse scoppiato il pandemonio lui si sarebbe trovato proprio in mezzo al fuoco incrociato.

Mentre avanzavano strascicando i piedi, e oltrepassavano i boccaporti della parte centrale della nave, entrambi ansimando con le bocche aperte, gli occhi dell’ufficiale non lasciarono mai la mano destra nascosta di Shandy, e questi sapeva che se la sua presa spasmodica sull’arma umida di sudore fosse scivolata, il suo compagno necroforo sarebbe istantaneamente balzato via, gridando l’allarme.

I prigionieri disarmati sul castello di prua li osservavano avvicinarsi. Avevano udito che quello che stavano portando da loro era il cadavere di Philip Davies, ed erano amaramente compiaciuti del fatto che Shandy fosse stato incaricato di trasportarlo. «Avvicinati ancora un poco, Shandy, schifosa carogna!» gridò un uomo. «Varrà la pena perdermi la mia impiccagione per metterti le mani intorno al collo.» «Questo è il tuo ringraziamento a Davies per averti lasciato vivere?» disse un altro. «Avrai gli zombi alle calcagna, non dubitare.»

Alcuni dei marinai della Navy, frai più giovani, ridacchiarono per questo accenno superstizioso.

Un lungo, concitato minuto dopo, proprio mentre stavano procedendo a fatica oltre il boccaporto prodiero… Shandy vide che il suo riluttante compagno si rendeva finalmente conto di ciò che sarebbe accaduto nel successivo paio di minuti.

«Non esiterò,» disse col fiato mozzo Shandy, ma l’ufficiale aveva lasciato bruscamente cadere i piedi del capitano e stava tornando indietro a gambe levate.

«È un trucco!» stava gridando. «Davies sta facendo saltare la santabarbara!»

Shandy emise un sospiro quasi di sollievo, poiché almeno quell’attesa silenziosa e carica di tensione era terminata. In fretta ma con cautela si accovacciò, aprì la coperta e mandò il corpo del Capitano Wilson a rotolare con un tonfo sul ponte, scalciò le armi sulla stoffa, l’avvolse a mo’ di sacco… poi si fermò per un attimo guardandosi intorno.

Soltanto uno degli uomini della marina là intorno aveva afferrato la situazione e stava puntando la pistola contro di lui. Shandy sparò senza mirare — mancandolo, ma facendogli sbagliare la mira cosicché la palla andò a scheggiare la battagliola alle spalle di Shandy — e poi, facendo oscillare l’involto di armi intorno alla testa, corse a rotta di collo in direzione del castello di prua.

Armi da fuoco esplosero e crepitarono, e lui udì palle di pistola che lo superavano sibilando e avvertì un colpo contro l’involto che si agitava dietro di lui. A pochi passi dal ponte sopraelevato del castello di prua gettò l’involto ai pirati stupefatti, e lasciò che lo slancio della contorsione lo spingesse a un salto sbilenco in direzione della scaletta del boccaporto.

Risuonando come colpi di martello, due palle di pistola si infilarono nella paratia davanti alla quale si era trovato.

Un piede toccò un piolo della scaletta e lui fu sul castello di prua, e aprì con uno strappo la cassetta delle pistole da duello. «Alla Jenny!» gridò, ansimando, mentre sfilava le pistole dalla cassetta foderata di velluto e si voltava verso la parte centrale della nave.

Ma, prima che potesse decidere a chi sparare, fu scaraventato in ginocchio mentre l’intera nave oscillava violentamente in avanti e un rombo basso profondo scosse l’aria fino in cima agli alberi e l’intera poppa della nave si gonfiò incredibilmente verso l’alto e l’esterno, dissolvendosi in una nube torreggiante di polvere e fumo e tavole roteanti. Il mare ribollente venne oscurato per dozzine di iarde, da babordo a tribordo, da quell’improvvisa nube vorticante, e butterato dagli schizzi delle cose che vi cadevano dentro, e il rombo prolungato si allontanò rotolando sulle onde.

Quindi gli alberi cominciarono a venire giù, prima con uno schioccare di corde spezzate, che, sebbene forte come colpi di pistola, poté a malapena essere udito al di sopra del rombo prolungato dell’esplosione, poi con una ponderosa e rapida caduta nell’aria fumosa, culminante nel vibrato cedimento delle reti di salvataggio e in uno schianto spacca-ossa quando gli elementi di alberatura colpirono il ponte.

Il ponte sul quale Shandy era accovacciato non era più orizzontale — era inclinato verso poppa, e proprio mentre lui lo stava notando l’inclinazione divenne più pronunciata. Shandy annaspò, lasciando cadere entrambe le pistole, e sulle mani e le ginocchia strisciò su per il castello di prua inclinato fino alla murata di babordo e si afferrò a uno dei puntelli.

Guardò verso la poppa, che ora stava in basso. La metà posteriore della nave era probabilmente sott’acqua, ma le vele lacerate e spiegazzate, e il denso fumo al di là di esse, non consentivano di esserne certi. Il cadavere del Capitano Wilson era apparentemente rotolato via mentre lui non lo stava guardando, ma vide una delle pistole da duello ancora carica roteare nell’oblio. Intorno a lui poteva sentire l’aria salire sibilando dallo scafo, e schegge di legno e di metallo ancora cadere tamburellando dal cielo nero.

Qualcuno stava scuotendogli il braccio, e quando Shandy alzò la testa vide che si trattava di Davies, con la sua giacca della Navy ridotta a brandelli, che stava a cavalcioni della battagliola e gridava al suo indirizzo. Non riuscì a comprendere le parole, ma era chiaro che Davies voleva che lui lo seguisse, così Shandy si arrampicò sulla battagliola.

Nell’acqua agitata sottostante la Jenny rollava, liberata di tutte le cime, tranne una, che la tenevano ormeggiata alla nave da guerra danneggiata, e proprio mentre lo notava vide uno dei pirati recidere l’ultima fune con la sciabola e quindi saltare dalla prua inclinata della nave nell’acqua, trenta piedi più sotto.

«Andiamo!» urlò Davies, assestando a Shandy una pesante pacca fra le spalle e poi balzando dalla murata dietro di lui.


* * *

I primi minuti a bordo della Jenny furono un incubo frenetico: una dozzina di uomini, metà dei quali feriti, facevano sforzi immani per issare le vele, metà delle quali lacerate dai colpi di cannone, nello sforzo disperato di avviarsi e allontanarsi prima che la nave da guerra affondasse, creando così una turbolenza abbastanza potente da affondare vascelli più grossi della Jenny.

Alla fine, quando la nave della Royal Navy fu affondata fino alla sua metà, e la sua enorme prua gocciolante sollevata interamente fuori dall’acqua, e le sue due scialuppe, stipate di marinai, si furono allontanate di trenta iarde a sud, la vela maestra della Jenny smise di fluttuare e si gonfiò con un tonfo. Pochi momenti dopo la corvetta cominciò a muoversi nell’acqua e Davies ordinò di allentare la barra. Si trovavano cento iarde a sud-est e stavano acquistando velocità quando la prua della nave da guerra, vomitando fumo non appena l’aria intorbidita dall’esplosione fu spinta verso l’esterno, scomparve e fu rimpiazzata da un tumulto bianco di schizzi e ribollii.

«Teniamola su un’andatura regolare mentre è… mentre facciamo l’inventario,» gridò Davies stancamente, piegandosi verso poppa. Era pallido sotto l’abbronzatura, e non sembrava avere la forza di allontanarsi dalla battagliola.

Skank assicurò la scotta del fiocco intorno a una galloccia e poi si appoggiò alla frisata per riprendere fiato. «Come… diavolo… abbiamo fatto a tirarci fuori di lì?»

Davies rise debolmente e fece un cenno in direzione di Shandy, che stava accovacciato sulla battagliola di poppa e tremava, più per lo shock che per gli abiti bagnati. «Il nostro caro Shandy si è guadagnato la fiducia del capitano con la sua storiella di essere stato reclutato con la forza… e poi, alla prima opportunità, gli ha sparato.»

Nel silenzio stupefatto che seguì questa dichiarazione, Shandy distolse lo sguardo, mettendosi a fissare quel mucchio di relitti galleggianti visibile in lontananza sulla superficie azzurro-verde del mare ogni volta che le onde sollevavano la poppa della Jenny.

Skank, dimentico della sua stanchezza, si arrampicò sui cadaveri e sul groviglio di sartiame raggiungendo la poppa. «Davvero?» chiese, con la voce resa rauca dalla meraviglia. «Tutto quel tuo io-non-c’entro-niente-con-questi era solo una recita?»

Shandy sospirò, e quando si strinse nelle spalle poté rendersi conto che la tensione era tornata a tormentargli i muscoli. Si tratta della mia vita adesso, pensò. Gli uomini in quelle scialuppe sanno chi sono. Non possono più rinviarmi a giudizio. Si voltò e sogghignò a Skank. «Esatto,» disse. «E ho dovuto renderla abbastanza convincente da ingannare anche voi, in modo da farvi reagire con naturalezza.»

Skank si accigliò, perplesso. «Ma come hai potuto fingere… ero proprio vicino a te…»

«Ve l’ho detto che ho fatto teatro per anni, non è così?» chiese Shandy con ostentata noncuranza. «Ad ogni modo, avete visto che Davies era legato quando è stato portato a bordo, no? Chi avrebbe potuto liberarlo, il capitano? E chi è stato a lanciarvi le spade?»

«Dannazione,» borbottò Skank, scuotendo la testa. «Sei in gamba.»

Davies stava guardando Shandy obliquamente, e rise piano. «Sì,» disse. «Sei un bravo attore, Jack.» Davies ammiccò e vacillò, più pallido di prima, poi scosse bruscamente la testa. «Il vecchio bocor di Hodge è sopravvissuto?»

Dopo qualche momento di ricerca, il corpo eviscerato del bocor fu rinvenuto che oscillava dall’orlo del ponte sulla stiva. «No, Phil,» fu il grido rauco che venne da una gola contratta.

«Bene, cercate il luogo dove ha nascosto i suoi spuntini corroboranti e portatemi tutto a prua.» Si voltò verso Shandy e disse, con voce più bassa. «Fegato secco, salsiccia nera e uva passa, soprattutto. I bocor si rimpinzano sempre di questa robaccia dopo aver adoperato incantesimi potenti, ed io oggi ne ho adoperato uno maledettamente difficile. Quegli spiriti del fuoco erano pronti e affamati.»

«Ho visto. Perché fegato, salsiccia e uva passa?»

«Non lo so. Sono convinti che quella roba mantiene rosse le loro gengive, ma tutti i vecchi bocor hanno gengive bianche.» Davies tirò un profondo respiro, poi gli diede una pacca sulla schiena. «Dev’esserci del rum là davanti… ne ho bisogno per svegliare il Compagno Premuroso così potrà dedicarsi alla mia spalla ferita, e scommetto che non ne rifiuterai un sorso o due.»

«No,» disse Shandy, con fervore.

«Hodge se l’è cavata?» chiese Davies a un uomo vicino a lui.

«No, Phil. Si è beccato una palla nello stomaco mentre stavamo superando la murata. Si è gettato, ma non è più riemerso.»

«Molto bene, provvederò io. Rotta a sud-est,» gridò Davies alla ciurma demoralizzata. «Quelli di voi che sono troppo feriti per lavorare, riparino le vele e le cime spezzate. Dobbiamo navigare veloci, notte e giorno, per arrivare in tempo all’appuntamento in Florida.»

«All’inferno, Phil,» si lamentò un tipo vecchio e smilzo, «siamo ridotti troppo male. Nessuno potrà biasimarci se ce ne torniamo a New Providence.»

Davies gli rivolse un sogghigno lupesco. «Da quando in qua qualcuno di noi si è preoccupato delle colpe che possono addossarci? Il Carmichael è la mia nave, e la rivoglio indietro; e credo che Ed Thatch stia per diventare Re delle Indie Occidentali, e io voglio stare seduto in alto quando il fumo si disperde. È un male che alcuni di voi siano abbastanza vecchi da ricordare i giorni pacifici della vita dei bucanieri, perché quei giorni sono finiti da un pezzo… l’estate è finita e la stagione dell’impero è qui, e per alcuni anni ancora non sarà possibile in nessun luogo dei Caraibi limitarsi a stare seduti al sole e a cuocere sul boucan bestiame spagnolo recuperato. È un mondo nuovo questo, un mondo da conquistare, e noi siamo quelli che sanno come viverci senza dover pretendere che sia un distretto dell’Inghilterra o della Francia o della Spagna. Tutto quello che può frenarci è la pigrizia.»

«Beh, Phil,» disse l’uomo, un po’ confuso da questo discorso, «la pigrizia è la cosa che mi viene meglio.»

Davies lo congedò con un gesto. «Allora obbedisci agli ordini — stai appiccicato a me e mangerai e berrai a sazietà, altrimenti sarai morto e dimenticato.» Spinse Shandy verso la prua oscillante, e quando furono là frugò sotto un mucchio di vele, e, con un grido di gioia, tirò fuori una bottiglia. Estrasse il tappo coi denti e tese la bottiglia a Shandy.

Shandy bevve diverse lunghe sorsate del liquore scaldato dal sole; sembrava fatto di vapore quanto di liquido, e quando lui tirò il fiato su dal naso dopo aver restituito la bottiglia, fu come berne un altro sorso.

«Ora dimmi,» disse Davies dopo averne tracannato altrettanto, «perché hai sparato a Wilson?»

Shandy allargò le mano. «Stava per ucciderti. Come ha detto quel guardiamarina, sarebbe stato un assassinio.»

Davies lo scrutò intensamente. «Davvero? Questa è l’unica ragione?»

Shandy annuì. «Sì, che Dio mi aiuti.»

«E quando hai indossato gli abiti nuovi, e hai detto di essere un arruolato per forza e non un vero pirata… eri sincero?»

Shandy sospirò, disperato. «Sì.»

Davies scosse la testa, stupito, e bevve un altro sorso del rum caldo.

«Uh,» disse Shandy, «chi è… era Peachy Bander?»

«Hm?»

«Potrei averne un altro po’? Grazie.» Shandy bevve diverse sorsate e restituì la bottiglia. «Percher Bandy?» disse, preso da leggera vertigine. «Capisci, quello che ti aveva detto qualcosa sul Capitano Wilson. Era vero?»

«Oh!» Davies scoppiò a ridere. «Panda Beecher! Era — ed è ancora, probabilmente — un grossista di spezie, e ha sempre convinto i capitani della Navy a trasportare la sua merce nelle stive delle navi della marina; è illegale come l’inferno, ma molti commercianti lo fanno… possono pagare il capitano abbastanza perché ne valga la pena, ma per loro è di gran lunga meglio che avere capitani di mercantili, dal momento che in questo casp dovrebbero pagare un extra per l’assicurazione o il venticinque per cento del carico per avere una scorta ufficiale della marina che tenga lontani i pirati. Sono stato nella Navy per ventiquattro anni, e so di molti capitani di marina che arrotondano la paga trattando con Panda e quelli della sua risma, anche se essere preso con le mani nel sacco significherebbe per il capitano una vergognosa corte marziale. Ho appreso il nome del capitano da uno degli uomini della scialuppa, così ho finto di ricordarlo. Non mi è parso un azzardo sperare che Wilson avesse fatto questo genere di traffici, e che avrebbe creduto che io ne fossi a conoscenza. Inoltre, negli anni novanta, Panda gestiva un paio di bordelli che in particolare servivano gli ufficiali della Navy, e ho sentito dire che le… tensioni del servizio nei Caraibi spingevano alcuni giovani ufficiali a preferire cose bizzarre — ragazzini, sai, e fruste, e variazioni orientali — e c’era la possibilità che Wilson potesse essere stato uno di quelli.»

Shandy annuì, gufesco. «E tu hai formulato la tua domanda in maniera tale che sembrasse riferirsi a una delle due faccende.»

«Esatto. E l’una o l’altra freccia, effettivamente, sembra sia giunta a segno, no? Non sapremo mai quale.» Skank arrivò, tese a Davies una borsa di tela dall’odore ripugnante e corse via a poppa, pulendosi le mani sulla battagliola. Davies tirò fuori l’estremità di una salsiccia nera e staccò un entusiastico morso. «Vedi,» proseguì, masticando, «dopo che il maledetto Trattato di Utrecht lasciò disoccupati i corsari, e rovinò la navigazione intesa come mezzo legale di sussistenza, e io divenni pirata, promisi a me stesso che non sarei mai stato impiccato. Ho visto troppe impiccagioni in questi anni. Così,» allungò la mano verso la bottiglia e ne bevve ancora un bel po’, «sono stato lieto di aver pensato a quella domanda di Panda Beecher… allo stesso modo in cui un uomo naufragato su una scogliera deserta è lieto di avere con sé una pistola.»

Shandy si accigliò davanti alla complessità della cosa; poi le sue sopracciglia si alzarono quando comprese. «Era un suicidio!» esclamò, troppo ubriaco per avere garbo. «Volevi che lui ti uccidesse quando hai detto quella cosa.»

«Lo preferivo, diciamo. A un processo e al conclusivo nodo scorsoio. Sì.» Scosse di nuovo la testa, chiaramente ancora stupefatto per il gesto di Shandy. «Solo perché sarebbe stato un assassinio?»

Shandy fece un gesto verso gli altri uomini sull’imbarcazione. «Chiunque di loro avrebbe fatto lo stesso.»

«Con la salvezza assicurata nell’altra mano?» Davies rise. «Mai. Nessuno. Ricordi Lot?»

«Prego?»

«Lot… quel tipo con la moglie che divenne di sale.»

«Oh, quel Lot.» Shandy annuì. «Sicuro.»

«Ricordi quando Geova andò nella sua casa?»

Shandy aggrottò le sopracciglia, concentrandosi. «No.»

«Beh, Geova gli disse che stava per distruggere la città, perché erano tutti bastardi. Così Lot gli disse: aspetta un momento, se riesco a trovare dieci bravi ragazzi lascerai in pace la città? Geova sbuffò e brontolò un poco, ma finalmente disse che sì, se ci fossero stati dieci uomini buoni lui non avrebbe ridotto in briciole, a calcioni, quel posto. Allora Lot, che era furbo, sai, dice, beh, e se sono tre? Geova si alza, cammina un po’ avanti e indietro, ci pensa e poi dice, va bene, facciamo tre. Allora Lot dice, e se è uno? Geova a questo punto è tutto confuso, dal momento che aveva già stabilito dentro di sé di distruggere la città, ma alla fine dice va bene, anche un solo brav’uomo. Naturalmente Lot non riuscì a trovarne neppure uno, e Geova dovette comunque bruciare la città.» Davies fece un cenno verso gli altri uomini sulla barca, un gesto che si proponeva di comprendere anche il Carmichael, e l’Isola di New Providence, e forse tutti i Caraibi. «Jack, non commettere mai l’errore di credere che ne troverebbe uno fra questi.»

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