Anne Rice La regina dei dannati

Questo libro è dedicato con amore

a Stan Rice, Christopher Rice

e John Preston.

E alla memoria

di John Dodds e William Whitehead.


Coniglio tragico

Coniglio tragico, un dipinto.

Le orecchie incrostate, verdi come il grano.

La fronte scura rivolta alle stelle.

Un dipinto appeso al muro di casa mia, solo

come sono e non sono

i conigli. Una gota enfia e rossa,

tutta Arte, il naso vibrante,

abitudine dura a morire.

Anche tu puoi essere un coniglio tragico: verde e rossa

la tua schiena, blu il tuo petto virile.

Ma se mai ti pungesse l’estro di essere tale,

bada alla Vera Carne: ti

sbalzerà dal tuo cavallo di tragedia

come uno spettro

infrange il marmo: le tue ferite risaneranno

e presto l’acqua

sarà gelosa di te.

I conigli dipinti sulla bianca carta

perdono tutta la grazia nel loro frenetico riprodursi;

e le orecchie di grano diventano corni.

E dunque attento se la vita tragica ti pare bella…

presi nella tagliola

tutti i colori son simili a sciabole del sole

e a forbici del Dio Vivente.

Stan Rice

Some Lamb (1975)


Io sono il vampiro Lestat. Vi ricordate di me? Il vampiro che è diventato una superstar del rock, quello che ha scritto l’autobiografia. Quello con i capelli biondi e gli occhi di ghiaccio e il desiderio insaziabile di non essere più invisibile e di raggiungere la fama. Ricordate? Volevo essere un simbolo del male in un secolo sfolgorante dove non c’era posto per il puro male quale io sono. Avevo addirittura creduto di poter fare un po’ di bene in questo modo… impersonando il diavolo su un palcoscenico dipinto.

Ero sulla buona strada quando ci siamo parlati l’ultima volta. Avevo appena debuttato a San Francisco, in un concerto dal vivo, il primo per me e per il mio complesso di mortali. Il nostro album era stato un trionfo. La mia autobiografìa aveva un discreto successo tra i morti e i non morti.

Quando accadde qualcosa di assolutamente imprevisto. Ecco, almeno io non l’avevo previsto affatto. E quando vi ho lasciati, ero per così dire appeso sul ciglio del proverbiale abisso.

Bene, ora è finito tutto… quello che ne seguì. Sono sopravvissuto, evidentemente. Altrimenti non starei qui a parlare con voi. E su questa storia si è posata la polvere cosmica; il piccolo strappo nel tessuto delle credenze razionali del mondo è stato rammendato o almeno chiuso.

A causa di tutto questo io sono diventato più triste e un po’ più cinico, ma anche più coscienzioso. E sono infinitamente più potente, anche se l’umano che è in me è più vicino che mai alla superfìcie: un essere angosciato e affamato che ama e detesta l’invincibile involucro immortale in cui è racchiuso.

La sete di sangue? Insaziabile, anche se fisicamente non ho mai avuto bisogno del sangue meno di adesso. Forse potrei farne a meno, ormai. Ma il desiderio che provo per tutto ciò che cammina mi dice che non avrò mai modo di farne la prova.

Sapete, non lo facevo per il solo bisogno del sangue, anche se il sangue è quanto di più sensuale una creatura possa desiderare; è l’intimità del momento… bere, uccidere… la grande danza cuore a cuore che avviene quando la vittima s’indebolisce e io mi sento espandere, assimilo la morte che, per una frazione di secondo, sfolgora immensa come la vita.

Per quanto tutto ciò sia ingannevole. La morte non può essere grande quanto la vita. È per questo che continuo a impossessarmi delle vite altrui, no? Sono lontano dalla salvezza, ora, per quanto è possibile esserlo. Il fatto di saperlo serve soltanto a peggiorare la realtà.

Naturalmente, riesco tuttora a passare per umano. Tutti noi ci riusciamo, in un modo o nell’altro, indipendentemente dalla nostra età. Colletto rialzato, cappello ben calato, occhiali scuri, mani in tasca… di solito è sufficiente. Mi piacciono i giubbotti di pelle attillati e i jeans aderenti, per il mio attuale travestimento, e un paio di semplici stivaletti neri adatti per camminare su qualunque terreno. Ma ogni tanto indosso le sete sgargianti preferite dalla gente in questi climi meridionali dove ora risiedo.

Se qualcuno mi guarda troppo attentamente, subentra un pizzico di suggestione telepatica: ciò che vedi, è del tutto normale. Un bagliore del mio vecchio sorriso, con i canini facilmente nascosti, e il mortale prosegue per la sua strada.

Ogni tanto abbandono tutti i travestimenti; esco così come sono. Capelli lunghi, una giacca di velluto che mi ricorda i tempi andati e un paio di anelli con smeraldi alla mano destra. Cammino a passo svelto tra la folla nel centro di questa città del sud deliziosamente corrotta, oppure passeggio lentamente lungo le spiagge, nella brezza tiepida e sulla sabbia candida come luna.

Nessun essere vivente mi fìssa più a lungo d’un paio di secondi. Vi sono in noi troppe altre cose inesplicabili… orrori, minacce, misteri che vi attraggono e poi, inevitabilmente, vi disincantano. E tornate alla monotonia e al prevedibile. Il principe azzurro non verrà mai, e tutti lo sanno; e forse la Bella Addormentata è morta.

Lo stesso vale per gli altri che sono sopravvissuti con me, e con me condividono questo angoletto caldo e verdeggiante dell’universo… la punta sudorientale del continente nordamericano, la scintillante metropoli di Miami, felice territorio di caccia, se mai ve n’è stato uno, per gli immortali assetati di sangue.

È bello averli con me, gli altri; anzi, è fondamentale… ed è ciò che ho sempre creduto di cercare; una grandiosa conventicola dei saggi, degli eterni, degli antichi e dei giovani spensierati.

Ma… ah, il tormento di essere anonimo tra i mortali non è mai stato più atroce per me, dato che sono un mostro avido. Il brusio sommesso delle voci sovrannaturali non può distrarmi da questa realtà. Il sapore dell’apprezzamento dei mortali era troppo seducente… gli album dei dischi nelle vetrine, i fan che saltavano e applaudivano davanti al palcoscenico. Non aveva importanza, il fatto che non mi credessero veramente un vampiro: in quel momento eravamo insieme. E gridavano il mio nome!

Adesso gli album dei dischi sono spariti, e non ascolterò più quelle canzoni. Il mio libro, Intervista con il Vampiro, rimane prudentemente mascherato da romanzi e avventure inventate di sana pianta, e forse è giusto che sia così. Ho causato anche troppi danni, come vedrete.

Il disastro, questo è quanto ho provocato con i miei giochetti. Il vampiro che avrebbe voluto essere un eroe e un martire per un momento d’assoluta importanza.

Voi penserete che avrei dovuto trame una lezione, no? Be’, è stato così. Davvero.

Ma è tanto doloroso ritirarsi nelle ombre… Lestat, il mostro senza nome che ha ripreso ad avvicinare subdolamente i mortali impotenti, del tutto ignari degli esseri come me. È così doloroso essere ridivenuto l’emarginato, eternamente al confine, in lotta con il bene e il male nell’inferno antico e privato del corpo e dell’anima.

Nel mio isolamento, oggi sogno di trovare una creatura giovane e dolce in una camera rischiarata dalla luna… una di quelle tenere teenagers, come si chiamano adesso, che ha letto il mio libro e ha ascoltato le mie canzoni, una di quelle adorabili idealiste che mi scrivevano lettere appassionate su carta profumata durante quel periodo di gloria effimera, e parlavano della poesia e della forza dell’illusione e confidavano di desiderare tanto che io fossi reale; sogno di entrare furtivamente nella sua stanza buia, dove magari il mio libro giace poggiato sul comodino con un bel segnalibro di velluto, e sogno di toccarle la spalla e di sorriderle mentre i nostri occhi s’incontrano. «Lestat! Ho sempre creduto in te. Ho sempre saputo che saresti venuto!»

Le stringo il volto tra le mani mentre mi curvo per baciarla. «Sì, tesoro», rispondo, «e non sai quanto ho bisogno di te, quanto ti amo, quanto ti ho sempre amata.»

Forse mi troverebbe più affascinante adesso, a causa di ciò che mi è accaduto… l’orrore inaspettato che ho visto, la sofferenza inevitabile che mi ha colpito. Si tratta di una verità spaventosa: il dolore può renderci più profondi, può conferire un maggiore splendore ai nostri colori e una risonanza più ricca alle nostre parole. Questo avviene se non ci distrugge, se non annienta l’ottimismo e lo spirito, la capacità di avere visioni e il rispetto per le cose semplici e indispensabili.

Vi prego di perdonarmi se sembro amareggiato.

Non ho il diritto di esserlo. Sono stato io a dare l’avvio a tutto; e, come si dice, ne sono uscito tutto d’un pezzo. Per molti della nostra specie non è stato così. Ci sono stati anche dei mortali che hanno sofferto. Questo è imperdonabile. E sicuramente, dovrò pagare per tutto ciò.

Ma vedete, ancora non capisco bene cosa sia successo. Non so se fu una tragedia, o soltanto un’avventura priva di significato, o se qualcosa di assolutamente magnifico avrebbe potuto nascere dai miei errori, qualcosa che avrebbe potuto innalzarmi dall’incoerenza e dall’incubo verso la luce ardente della redenzione.

Forse non lo saprò mai. Il fatto è che ormai è finita. E il nostro mondo, il nostro piccolo regno personale, è più piccolo, più tenebroso e sicuro che mai. Mai più sarà ciò che era.

È strano che non avessi previsto il cataclisma, anche se, per la verità, non prevedo mai la conclusione di ciò che inizio. È il rischio che affascina, il momento della possibilità infinita. Mi attrae attraverso l’eternità come nessun’altra cosa allo stesso modo.

Dopotutto, ero così anche quando vivevo duecento anni fa… irrequieto, impaziente, sempre in cerca dell’amore e di una bella rissa. Quando partii per Parigi nel decennio 1780-90 per diventare un attore, non sognavo che di iniziare… il momento in cui, ogni sera, si alzava il sipario.

Forse gli antichi avevano ragione. Mi riferisco ai veri immortali, i bevitori di sangue che sono sopravvissuti ai millenni e affermano che nessuno di noi cambia veramente con il passare del tempo, e che diventiamo sempre più ciò che siamo.

Per dirla in un altro modo, si diviene più saggi quando si vive per centinaia d’anni: ma si ha anche più tempo per subire quelle trasformazioni negative che ci attribuiscono i nemici.

E io sono lo stesso diavolo che ero un tempo, il giovane che voleva essere al centro della scena, dove tutti possono vedermi meglio e magari amarmi. Una cosa è inutile senza l’altra. E desidero tanto divertirvi, affascinarvi, indurvi a perdonarmi ogni cosa… Gli attimi casuali di contatto segreto e di riconoscimento, temo che non saranno mai sufficienti.

Ma sto correndo troppo, no?

Se avete letto la mia autobiografia, vorrete sapere di cosa sto parlando. Qual è il disastro cui alludo?

Bene, riesaminiamo la situazione. Come ho detto, scrissi il libro e incisi l’album perché volevo farmi vedere, essere riconoscibile per ciò che sono, fosse pure solamente in termini simbolici.

In quanto al rischio che i mortali potessero realmente comprendere, rendersi veramente conto che io ero esattamente ciò che dichiaravo di essere… ebbene, anche questa possibilità mi eccitava. Lasciate che ci diano la caccia, lasciate che ci annientino… in un certo senso questo era il mio desiderio più ardente. Non siamo degni di esistere; dovrebbero ucciderci. E pensate alle battaglie! Ah, combattere contro coloro che sanno davvero chi sono!

Ma non mi ero mai atteso un simile confronto; e il musicista rock era una copertura troppo meravigliosa per un demonio come me.

Fu la mia stessa gente a prendermi alla lettera e a decidere di punirmi per quanto avevo fatto. E naturalmente avevo contato anche su questo. Dopotutto avevo raccontato la nostra storia nell’autobiografia; dopo aver giurato di non tradirli mai, avevo rivelato i nostri segreti più profondi. Mi pavoneggiavo davanti ai riflettori e agli obiettivi. E se uno scienziato avesse messo le mani su di me? O, più probabilmente, se uno scrupoloso agente di polizia, per una insignificante infrazione al codice della strada cinque minuti prima del levar del sole, mi avesse messo in carcere, identificato e classificato… durante le ore del giorno, mentre ero in condizioni d’impotenza, sarei stato lì a soddisfazione dei peggiori scettici mortali di questo mondo?

Certo, non era molto probabile. Non è probabile neppure ora. (Anche se potrebbe essere molto divertente, davvero!)

Tuttavia era inevitabile che i miei simili si infuriassero per i rischi che correvo, e tentassero di bruciarmi vivo o di ridurmi in tanti pezzetti immortali. Soprattutto i giovani erano troppo stupidi per capire che eravamo al sicuro.

È con l’avvicinarsi della sera del concerto, mi sorpresi a sognare quelle battaglie. Sarebbe stato un grande piacere annientare coloro che erano malefìci quanto me, aprire un vuoto nelle file dei colpevoli, e sminuire la mia immagine.

Eppure, vedete, la gioia di essere là fuori, a far musica e teatro, a creare quei momenti di magia… alla fine il vero significato fu proprio questo. Volevo essere vivo. Volevo essere semplicemente umano. L’attore mortale che era andato a Parigi duecento anni prima e aveva incontrato la morte sul boulevard avrebbe avuto finalmente il suo momento.

Ma continuiamo con il riesame: il concerto fu un successo. Ebbi il mio momento di trionfo davanti a quindicimila fan mortali che urlavano; e c’erano con me due dei miei più grandi amori immortali, Gabrielle e Louis, le mie creature, i miei amori dai quali ero rimasto separato per troppi anni di tenebra.

Prima che la notte terminasse, sconfiggemmo i vampiri nefasti che avevano cercato di punirmi per ciò che stavo facendo. Ma in quelle scaramucce avemmo un alleato invisibile: i nostri nemici eruppero in fiamme prima di avere la possibilità di farci male.

Con l’appressarsi del mattino, ero troppo euforico per prendere sul serio il pericolo. Ignorai gli avvertimenti appassionati di Gabrielle… era troppo dolce tenerla di nuovo fra le braccia. E respinsi i sospetti tenebrosi di Louis come avevo sempre fatto.

E poi il caos, il ciglio dell’abisso…

Mentre il sole sorgeva su Carmel Valley e io chiudevo gli occhi come devono fare i vampiri in quel momento, mi accorsi di non essere solo nella mia tana sotterranea. La mia musica non aveva raggiunto soltanto i vampiri giovani: le mie canzoni avevano destato dal sonno profondo i più antichi esponenti della nostra specie.

E mi trovai in uno di quegli attimi di rischio e di possibilità. Cosa sarebbe avvenuto, poi? Sarei finalmente morto, o forse rinato?


Ora, per raccontarvi tutta la storia di ciò che accadde in seguito, devo tornare indietro nel tempo.

Devo ritornare a circa dieci notti prima del concerto fatale e devo farvi entrare nelle menti e nei cuori di altri esseri che rispondevano alla mia musica e al mio libro in modi di cui sapevo poco o nulla, allora.

In altre parole, stavano accadendo molte cose che dopo avrei dovuto ricostruire. È la ricostruzione di quei fatti che ora vi propongo.

Quindi usciremo dai confini lirici e ristretti della prima persona singolare; e come hanno fatto mille scrittori umani balzeremo nella mente e nell’anima di «molti personaggi». Galopperemo nel mondo della «terza persona» e viaggeremo a cavallo della polifonia costruita dal «punto di vista multiplo».

Attenzione però: quando altri personaggi pensano o dicono di me che sono bello o irresistibile e così via, non crediate che sia stato io a mettere nella loro mente e sulle loro labbra queste parole. Non è vero! Riporto solo quanto mi è stato detto successivamente o quello che attinsi dai loro pensieri con infallibili poteri telepatici: non mentirei mai a questo proposito, come su qualunque altra cosa. Non posso evitare d’essere un demonio affascinante. Questa è la sorte che mi è toccata. Il mostro bastardo che fece di me ciò che sono, mi scelse per il mio bell’aspetto. Questo è quanto. Sono casi che capitano spesso.

Viviamo in un mondo di casi fortuiti, in cui solo i principi estetici hanno una coerenza e solo di questi possiamo essere sicuri. Lotteremo in eterno con la ragione e il torto, e ci sforzeremo di creare e mantenere un equilibrio etico; ma il brillìo della pioggia estiva sotto i lampioni o i grandi bagliori dell’artiglieria contro un cielo notturno… ecco, questa brutale bellezza è indiscutibile.

State certi: anche se ora vi lascio, ritornerò a vele spiegate al momento appropriato. La verità è che mi dispiace di non essere sempre il narratore in prima persona! Per parafrasare David Copperfield, non so se sono l’eroe o la vittima di questa vicenda. Ma in ogni caso, non dovrei prevalere? In effetti, sono io che la narro.

Ahimè, non si tratta solo del fatto che sono il James Bond dei vampiri. La vanità può attendere. Voglio farvi sapere cosa ci accadde veramente, anche se non lo crederete mai. Almeno nella narrativa, devo avere un po’ di significato e un po’ di coerenza, altrimenti perderò la ragione.

Quindi, in attesa del momento di ritrovarci, penserò a voi, come sempre. Vi amo e vorrei che foste qui… fra le mie braccia.

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