Brian Chaney Joliet, Illinois 6 Novembre 1980

Se apriamo una disputa tra il passato e il presente, scopriremo di avere perduto il futuro.

Winston Churchill

Capitolo nono

Chaney non ebbe alcun preavviso di qualcosa di sbagliato.

La luce rossa si spense. Allungò la mano per aprire il portello, e lo aprì. La luce verde si spense. Chaney afferrò le due maniglie, e si issò in una posizione più comoda, con la testa e le spalle che sporgevano dal portello. Era solo nella stanza, come si era aspettato. Uscì dal portello, faticosamente, e scavalcò il bordo, calandosi poi lungo il fianco del veicolo fino a quando i suoi piedi non toccarono la scaletta. Il veicolo era gelido. Chaney si fermò a chiudere il portello, poi lanciò un’occhiata critica alle telecamere spia. Sperò che i tecnici del futuro approvassero la sua obbedienza al rituale.

Chaney guardò l’orologio: le dieci e tre minuti. Era previsto. Era partito meno di un minuto prima, ed era stato il terzo e ultimo a partire. Sollevò lo sguardo e vide il calendario e l’orologio appesi alla parete; controllò la data e l’ora; 6 Nov. 1980. L’orologio indicava le sette e cinquantacinque. Un termometro era stato aggiunto al gruppo degli strumenti, per indicare la temperatura esterna: gradi -0,2.

Chaney esitò, incerto sulla prossima mossa. L’ora non era giusta; avrebbero dovuto essere le dieci, più o meno otto minuti. Si ripromise di dire ai tecnici cosa ne pensava del loro sistema di guida.

Il primo lancio d’esplorazione era stato effettuato qualche minuto dopo le nove, ed era stato il maggiore Moresby a far valere i diritti del suo grado e dell’anzianità di servizio. Trenta minuti più tardi Arthur Saltus aveva seguito il maggiore nel futuro, e, trenta minuti dopo il comandante, Chaney era salito a bordo del veicolo e aveva ricevuto dal laboratorio il calcio d’avvio. Tutti gli arrivi sul “bersaglio” avrebbero dovuto essere identici ai tempi di partenza, in teoria, con una variazione in più o in meno di otto minuti. Chaney si era aspettato di emergere verso le dieci, e di trovare gli altri ad attenderlo. Il programma diceva di riunirsi nel deposito, di equipaggiarsi, e di raggiungere la città che rappresentava il loro obiettivo a bordo di automobili diverse, per effettuare una più ampia ricognizione della zona.

Katrina aveva dato a ciascuno di loro delle istruzioni accurate e complete, e poi aveva fatto i suoi auguri.

Saltus aveva detto:

— Non scende a vederci partire?

Lei aveva risposto:

— Aspetterò nella stanza di addestramento, signore.

L’orologio alla parete indicò le sette e cinquantasei.

Chaney abbandonò ogni esitazione. Girò intorno al veicolo, e andò ad aprire l’armadietto, cercando l’abito che vi aveva riposto pochi minuti prima. Una lieve sorpresa. Il suo vestito era stato lavato e stirato e adesso era appeso all’interno di un sacco di carta fornito dalla lavanderia. Accanto al suo c’erano degli altri involti, appartenenti a Moresby e a Saltus. Il suo nome era scritto sulla carta che avvolgeva il vestito, e Chaney riconobbe la scrittura della donna. Lui era arrivato per primo: anzianità di servizio.

Chaney strappò la carta e si vestì rapidamente, rendendosi conto acutamente del freddo della stanza. La camicia bianca che trovò nell’armadietto era nuova, e lui guardò con un certo interesse il colletto ondulato e disegnato. Stile 1980. Appese di nuovo il sacco vuoto e strappato nell’armadio, un ironico messaggio per i due ufficiali.

Lasciando la stanza del veicolo, Chaney percorse il corridoio bene illuminato che portava nel deposito antiatomico, sapendo che le telecamere seguivano tutti i suoi passi. Il sotterraneo, l’intero edificio, erano avvolti in una cappa di silenzio; i tecnici del laboratorio evitavano ogni contatto con lui, come lui doveva evitare loro… ma i tecnici avevano un vantaggio: potevano esaminare quello strano esemplare di uomo del passato, venuto da due anni di distanza, mentre lui poteva soltanto fare delle supposizioni su coloro che si trovavano dall’altra parte della parete. La porta era chiusa. Chaney spinse la porta del deposito, che si aprì, e le luci si accesero automaticamente, all’interno. Nella stanza non c’era nessuno.

Vide un altro orologio che segnava le otto e un minuto.

Chaney entrò nel deposito, poi si fermò, guardandosi intorno, osservando attentamente tutto ciò che si offriva al suo sguardo. A parte qualche nuovo oggetto che si trovava sul banco da lavoro, la stanza era esattamente uguale a come l’aveva vista l’ultima volta, un giorno o due prima. Il suo arrivo era atteso. Tre registratori a nastro erano stati tolti dagli scaffali, ed erano disposti sul banco, insieme a una scatola chiusa di nastri; due macchine fotografiche con tracolla erano sul banco, insieme a una cinepresa per Arthur Saltus, e una scorta di pellicole per i tre apparecchi. I re buste lunghe erano posate sulle macchine, e anche questa volta Chaney riconobbe la calligrafia di Katrina.

Chaney aprì la sua busta, sperando di trovare un messaggio personale, o qualche piccola annotazione; ma il contenuto era singolarmente freddo e impersonale, l a busta conteneva un lasciapassare d’uscita e d’entrata e dei documenti di riconoscimento, che portavano la data 6 Novembre 1980. Una piccola fotografia del suo viso corredava il documento di riconoscimento. Una breve annotazione lo avvertiva di non portare armi fuori della base.

Disse, ad alta voce: — Saltus, mi ha chiuso fuori! — Questa prova dimostrava che la donna aveva compiuto una scelta nei due anni trascorsi… a meno che lui non si lasciasse trasportare dall’immaginazione.

Chaney si preparò a uscire. Trovò un pesante cappotto e un cappello a tesa larga, da pirata, che erano della sua misura, poi si armò di macchina fotografica, registratore, pellicole di nylon e nastro. Prese da una cassetta la somma di denaro che gli parve sufficiente (c’era una moneta da un centesimo nuova fiammante che portava la data del 1980; e c’erano anche alcuni pezzi da venticinque centesimi; il conio delle monete non era cambiato), e cercò in un cassetto una penna e un blocco per appunti, e una pila funzionante. Un’ultima ispezione del deposito non gli suggerì nessun’altra idea; si era fornito di tutto il necessario, e ora era pronto a uscire.

L’orologio indicava le otto e quattordici.

Chaney scrisse un frettoloso messaggio sul retro della busta aperta, e l’appoggiò alla cinepresa: Arrivato presto per fare una nuotata. Cercherò voi dormiglioni in città. I protoni sono perfidi e infidi.

Si infilò in tasca i documenti di riconoscimento, e uscì dal deposito. Il corridoio era silenzioso e deserto come prima. Chaney salì le scale e raggiunse la porta delle operazioni, e si fermò, senza sorprendersi per il cartello che vi era stato appeso:

non portare armi ai di La’ di questa porta. la leggE federaLe proibisce il possesso di armi da fuoco a chiunque non sia appartenente alle forzE di polizia, o al personale militare in servizio attivo. disarmarsi prima di uscirE.

Chaney infilò due chiavi nelle serrature gemelle, e spinse. Un campanello suonò dietro di lui. La porta si aprì con facilità. Chaney uscì e si trovò nel gelido novembre del 1980. Erano le otto e diciannove minuti di un mattino grigio d’autunno inoltrato, e l’aria portava con sé un preannuncio di neve vicina.

Riconobbe una delle tre automobili ferme nel parcheggio, oltre la porta: era la stessa che il maggiore Moresby aveva guidato poco prima… o due anni prima… quando aveva rapito Chaney e Saltus dalla piscina per condurli al laboratorio. Le chiavi erano nel cruscotto. Avvicinandosi al veicolo, Chaney fissò per qualche istante il disco rosso e bianco del bollo di circolazione, per convincersi di essere davvero dove avrebbe dovuto essere: Illinois 1980. Altre due automobili, parcheggiate vicino alla prima, sembravano più recenti, ma non c’erano visibili cambiamenti, se non alcuni particolari trascurabili. Con buona pace del gusto del pubblico e dei fabbricanti di Detroit e delle leggi abortite sulla fabbricazione e contro l’inquinamento.

Chaney non salì subito a bordo dell’auto.

Muovendosi con prudenza, un po’ timoroso, seppure inconsciamente, di fare un incontro inatteso, girò intorno all’edificio del laboratorio, per compiere una veloce ricognizione. Nulla pareva cambiato. L’edificio era uguale a come lo ricordava: le strade e i vialetti erano in perfetto stato di manutenzione… accuditi quotidianamente dai soldati della base… i prati erano tenuti in maniera perfetta, ed erano stati preparati in vista dell’arrivo dell’inverno, gli alberi erano spogli, ma sorgevano là dove erano stati due anni prima. La massiccia porta era chiusa, e la familiare insegna nera e gialla del rifugio antiatomico era sempre appesa su di essa. Non c’era una sentinella. D’impulso, Chaney cercò di aprire la porta, ma la trovò chiusa… e questo in un certo senso poteva essere un commento sull’utilità del rifugio antiatomico che si trovava nei sotterranei dell’edificio. Chaney continuò il suo giro d’ispezione, fino a quando non si ritrovò nuovamente davanti al parcheggio.

Qualcosa era cambiato, dietro il parcheggio.

Chaney osservò lo spazio di terreno per un momento, e poi riconobbe la differenza. Quello che, due anni prima, era stato solo un prato d’erba, adesso era un giardino di fiori; i fiori erano avvizziti, ora che l’inverno era vicino, e molti petali caduti erano stati portati via, e le aiuole erano state ripulite e i rami potati; ma nei due anni trascorsi qualcuno… Katrina?… aveva fatto crescere un giardino in quello che era stato un vuoto spazio erboso.

Chaney lasciò un segno per il maggiore Moresby. Sistemò un quarto di dollaro nuovo fiammante sulla soglia di cemento della porta chiusa. Un attimo dopo girò la chiavetta di accensione, e la macchina partì verso il cancello d’uscita.

La garitta della sentinella era illuminata dall’interno, e occupata da un ufficiale e da due soldati semplici che indossavano le consuete divise della polizia militare. Il cancello era chiuso, ma non sbarrato. Oltre il cancello, la strada si stendeva verso la lontana autostrada e l’ancor più lontana città. Una linea bianca era stata dipinta di recente lungo il centro della strada.

— Sta uscendo dalla base, signore?

Chaney si voltò, sorpreso dall’improvvisa domanda. L’ufficiale era uscito dalla garitta.

— Vado in città — rispose.

— Sì, signore. Posso vedere il suo lasciapassare e i documenti di riconoscimento?

Chaney gli passò i documenti. L’ufficiale li lesse per due volte, e studiò la fotografia del documento di riconoscimento.

— Porta delle armi, signore? Ci sono delle armi, di qualsiasi tipo, a bordo dell’auto?

— No, per entrambe le domande.

— Benissimo, signore. Ricordi che Joliet ha un coprifuoco che inizia alle sei; dovrà uscire dai confini cittadini prima di quell’ora, o prepararsi a trascorrere la notte in città.

— Alle sei ripeté Chaney. Lo ricorderò. È lo stesso anche a Chicago?

— Sì, signore. — L’ufficiale lo l’issò, sbalordito. — Ma non si può entrare a Chicago da sud, da quando è stato costruito il muro. Signore, lei va a Chicago? Dovrò dare disposizioni per fornirle una scorta armata.

— No… no, non vado a Chicago. Ero solo curioso.

— Bene, signore. — Fece un segnale a una guardia, e il cancello fu aperto. — Alle sei, signore.

Chaney si allontanò. Ma la sua attenzione non era sulla strada.

L’avvertimento indicava che una parte del rapporto Indic aveva colto nel segno: le città più grandi avevano fatto dei passi radicali per controllare l’aumento della criminalità, e probabilmente la maggior parte delle amministrazioni cittadine aveva imposto dei rigidi coprifuoco dal tramonto all’alba. Un viaggiatore che non fosse uscito dalla città prima del tramonto avrebbe dovuto sistemarsi in albergo, per non restare nelle strade. Ma il riferimento al muro di Chicago lo aveva sconcertato. Questo non era stato previsto, né raccomandato. Un muro, per separare cosa da che cosa? Chicago aveva costituito un problema dei giorni delle migrazioni dal sud, intorno al 1950… ma un muro?

La sinuosa strada privata lo condusse fino all’autostrada. Si fermò allo stop, e aspettò di trovare una breccia nel traffico compatto della strada 66. Dall’altra parte dell’autostrada, un poliziotto, a bordo di un’auto ferma, appartenente al servizio di pattuglia, guardò il disco del bollo di circolazione e poi sollevò lo sguardo per osservare la faccia di Chaney. Chaney fece un gesto di saluto, e poi si tuffò nel traffico. L’auto della polizia non lasciò la sua posizione per seguirlo.

Una seconda auto di pattuglia era parcheggiata ai confini della città, e Chaney notò, con sorpresa, che due uomini, sul sedile posteriore, indossavano l’uniforme della Guardia Nazionale. Erano visibili i fucili con la baionetta in canna. Il suo viso e il bollo ebbero lo stesso esame della prima volta, e poi l’attenzione degli uomini si spostò sull’auto che lo seguiva.

Chaney disse, a voce alta (ma a suo esclusivo uso):

— Onestamente, ragazzi, io non ho intenzione di dare inizio a una rivoluzione.

La città pareva quasi normale.

Chaney trovò un parcheggio municipale vicino al centro della città e fu costretto a cercare a lungo uno dei rarissimi spazi liberi. Quando apprese che il parcheggio costava venticinque centesimi all’ora rimase scandalizzato, e infilò di malagrazia due monete nella fessura. Uno spazzino che puliva il marciapiedi, davanti alla vetrina in frantumi di un emporio, gli disse dove si trovava la biblioteca pubblica.

Chaney rimase ad aspettare sui gradini che suonassero le nove, l’ora di apertura della biblioteca. Due automobili della polizia cittadina gli passarono davanti, mentre aspettava, e ciascuna aveva a bordo un poliziotto con la mitragliatrice spianata, accanto al conducente. Fissavano lui, e lo spazzino, e tutti gli altri pedoni, con aria sorpresa e inquisitiva a un tempo.

Nella sala di lettura, una bibliotecaria gli disse:

— Buongiorno. I giornali non sono pronti.

La donna non aveva terminato di timbrare con il nome della biblioteca le prime pagine dei quotidiani. Un titolo rovesciato diceva: NEGATA LA CAUZIONE AI CSMU.

— Non ho fretta disse Chaney. — Vorrei consultare gli annuali elei Commercio e dell’Agricoltura degli ultimi due anni, e gli Ani del Congresso delle ultime settimane. — Sapeva che Saltus e Moresby avrebbero comperato i giornali non appena arrivati in città.

— Tutte le pubblicazioni governative sono nello scaffale due, alla sua sinistra. Ha bisogno di aiuto?

— No, grazie. So come cavarmela.

Trovò quello che cercava, e si preparò alla lettura.

La camera bassa del Congresso stava discutendo un progetto di riforma tributaria. Chaney rise tra sé, e notò che la data degli Atti era di appena tre settimane prima delle elezioni. Sotto certi aspetti il dibattito pareva imperniato sull’ostruzionismo, con un manipolo di rappresentanti degli stati petroliferi e minerari impegnati a sollevare eccezioni contro alcune proposte, con la motivazione che la cosiddetta riforma avrebbe semplicemente punito quei pionieri che rischiavano i loro capitali nella ricerca di nuove risorse. Il deputato del Texas ricordava ai suoi colleghi che molti dei pozzi del sud-ovest si erano prosciugati… e che i pozzi dell’Alaska dovevano ancora offrire le previste risorse. Affermava che il consumatore americano stava per affrontare un periodo di crisi, che il petrolio e la benzina avrebbero cominciato a scarseggiare paurosamente, e dava un colpo, ai programmatori governativi, affermando che l’auspicata energia a buon mercato offerta dai reattori nucleari non era mai diventata realtà.

Il deputato dell’Oregon aveva presentato una mozione, chiedendo che la proibizione di abbattere gli alberi venisse abolita, affermando che non solo esistevano dei clandestini che abbattevano gli alberi ugualmente, ma che gli speculatori stranieri stavano invadendo il mercato con legname a basso costo. Il presidente di turno aveva stabilito che la mozione non aveva alcuna attinenza con l’argomento in discussione.

Il Senato, a sua volta, apparentemente stava lavorando al solito ritmo irregolare e scriteriato.

Il senatore del Delaware discuteva gli scopi di un progetto di legge destinato a migliorare le condizioni degli indiani americani, spiegando che il progetto di legge, se approvato, avrebbe imposto all’Ufficio per gli Affari Indiani di agire nel rispetto di una precedente risoluzione approvata nel 1954, che ordinava di porre fine al controllo governativo sugli indiani e di restituire loro le risorse alle quali avevano diritto. Il senatore si lamentava del fatto che nessuna azione apprezzabile era stata intrapresa, in base alla risoluzione del 1954, e che le condizioni degli indiani erano più tristi che mai; raccomandava caldamente ai suoi colleghi di dedicare la massima considerazione al nuovo progetto di legge, e sperava che esso fosse rapidamente approvato.

Gli addetti avevano allontanato dalla tribuna del pubblico numerosi disturbatori.

Il senatore della Carolina del Sud aveva inveito contro un fenomeno da lui chiamato “un’allarmante marea di ignoranti” che si stava riversando ora dalle scuole della nazione nel governo e nell’industria. Dava la colpa della vergognosa marea alla “ristrutturazione e strumentalizzazione fatta dalla sinistra radicale sui normali piani di studi di Inglese, per mano di professori svitati e corrotti, nei nostri istituti di istruzione superiore di maggiore tradizione”, ed esortava a un rapido ritorno alle più rigorose tradizioni del passato, quando ogni studente poteva “leggere, scrivere, e parlare un buon americano, nella tradizione dei suoi padri”.

Il senatore dell’Oklahoma aveva fatto mettere agli Atti una nota completa d’informazione diramata da un’agenzia di stampa, lamentando che i direttori di giornali della nazione l’avevano o ignorata o relegata nelle pagine interne, la qual cosa rappresentava un disservizio, se non un palese sabotaggio, nello sforzo bellico degli Stati Uniti.


GRINNELL VALUTA LA SITUAZIONE

Saigon (AP): Il generale David W. Grinnell è giunto a Saigon sabato per valutare quali progressi abbia compiuto il SASF (South Asian Special Forces) nell’assumere un peso maggiore nel quadro delle operazioni militari.

Grinnell, che è giunto alla sua terza visita nella zona di guerra in due anni, ha dichiarato di essersi vivamente interessato agli sviluppi del cosiddetto Programma di Difesa Asiatico, e che è sua intenzione discuterne con i combattenti delle zone rurali maggiormente impegnati a reprimere la guerriglia per scoprire dalla loro viva voce come procedano effettivamente le cose nel programma di “asiatizzazione” del conflitto.

Essendo l’eventualità di un ulteriore impegno di truppe americane legata, in parte, all’efficacia del SASF e del programma di “asiatizzazione” del conflitto, la visita di Grinnell ha prodotto voci di una nuova concentrazione di truppe nei settori settentrionali, i più duramente colpiti. Valutazioni non ufficiali hanno stabilito in circa due milioni il numero degli americani impegnati attualmente nelle azioni di guerra in Asia, cifra che il comando militare rifiuta di confermare o di smentire.

Richiesto di commentare la possibilità di nuovi arrivi di truppe, Grinnell ha dichiarato: “Questa è una cosa che il Presidente dovrà decidere al momento giusto”. Il generale Grinnell avrà colloqui con gli esponenti militari e civili americani impegnati su tutti i fronti di guerra, prima di ritornare a Washington nel corso della prossima settimana.


Chaney chiuse il volume con un senso di disperazione, e scosse il capo. Desideroso di perdersi in argomenti meno deprimenti e più familiari, aprì una copia dell’annuario del Commercio più recente, e cercò le tabelle statistiche che, dopotutto, erano il suo pane quotidiano.

I lemming umani non erano cambiati, in fondo. Avevano sempre le stesse abitudini. Le sue previsioni erano state rispettate: le migrazioni da una zona all’altra erano indicate dalla statistica annuale sulle spedizioni e gli spostamenti nelle spedizioni di beni privati di consumo e di articoli domestici tra uno stato e l’altro; dove andava la gente, andavano anche i generi che la gente usava. Il flusso continuava a colpire la California e la Florida, come lui aveva previsto, e le altre tabelle mostravano degli aumenti corrispondenti nella quantità di generi alimentari e durevoli non originari di quegli stati. Le spedizioni di automobili (finite, nuove) in California erano diminuite, e questo lo sorprese. Aveva immaginato che il progetto di abolire le automobili nello stato entro il 1985 avrebbe dato, come risultato, un aumento accelerato… una specie di accaparramento in vista di tempi peggiori… ma le cifre attuali indicavano che le autorità dovevano avere trovato il sistema di scoraggiare e di deprimere il mercato nello stesso tempo. Una tassazione proibitiva, probabilmente. New York avrebbe dovuto prendere esempio dal successo del programma.

Chaney cominciò a riempire il suo blocco d’appunti.

Il suono misurato di una campana, fuori della biblioteca, lo riscosse dallo studio del libro, sorprendendolo; un gruppo di uomini anziani che lasciavano il settore dei quotidiani, dirigendosi verso la porta, sottolineò il passaggio del tempo. Era l’ora di pranzo.

Chaney ripose le pubblicazioni governative, e lanciò un’occhiata meditabonda alla bibliotecaria. Una ragazza aveva sostituito la donna più anziana che era stata di turno al mattino. La guardò, decidendosi a prendere una strada che, molto probabilmente, non avrebbe suscitato sospetti.

— Mi scusi.

— Sì? — La ragazza sollevò il capo da un numero di Ciao Ragazzi.

Chaney consultò il suo blocco d’appunti.

— Lei ricorda la data esatta del muro di Chicago? La prima data… la prima apparizione, l’inizio? Non riesco a rintracciarla.

La ragazza fissò l’aria, al di sopra del capo di Chaney:

— Credo che fosse agosto… no, no, era l’ultima settimana di luglio. Sono sicura che fosse l’ultima settimana di luglio. — Il suo sguardo incontrò quello di Chaney. — Abbiamo le annate delle riviste, se desidera consultarle. Posso vedere io.

Chaney avverti la sfumatura di voce.

— Non si disturbi; ci penso io. Dove sono le annate?

— Quarto scaffale, vicino alla finestra. Forse non sono in ordine cronologico.

— Le troverò lo stesso. Grazie. — Quando si voltò, la ragazza era di nuovo china sulla rivista.


Il muro di Chicago divideva in due Cermak Road.

Partiva da Burnham Park, sulla riva del lago (dove consisteva soltanto di filo spinato), dirigendosi a ovest fino ad Austin Avenue, a Cicero (dove finalmente terminava con un’altra barriera di semplice filo spinato, in un quartiere residenziale bianco). Il muro era stato costruito con cemento e blocchi di porfido, automobili rotte o rubate, autobus cittadini bruciati parzialmente, auto della polizia fatte saltare in aria o sabotate, camion saccheggiati e fracassati, mobili rovesciati, mattoni, ceneri, frammenti di marciapiede e di selciato, detriti, rifiuti, escrementi. Ne facevano parte anche due cadaveri, tra Ashland e Paulina Street. La barriera aveva cominciato a sorgere nella notte del 29 luglio, la terza notte di disordini in una vasta sommossa negra, lungo Cermak Road; era stata allungata e rinforzata ogni notte, dopo la prima, e mano a mano che l’idea si era diffusa; ora si trattava di una barricata lunga quindici miglia, che tagliava in due la città.

La comunità negra, a sud di Cermak Road, aveva iniziato la costruzione del muro al culmine della sommossa, per impedire il passaggio della polizia e delle autopompe. A finirlo erano stati sia i negri che i bianchi più estremisti. I cadaveri nelle vicinanze di Paulina Street appartenevano a degli stupidi che avevano cercato di attraversare il muro.

Non c’era traffico sul muro, né attraverso di esso, né lungo le arterie nord-sud che intersecavano Cermak Road. La metropolitana era stata fatta saltare con la dinamite in più punti; la monorotaia era stata fatta saltare in altri punti. Le ricognizioni aeree avevano scoperto che praticamente ogni strada del settore era bloccata o comunque chiusa al traffico; degli incendi divampavano, incontrollati, nei quartieri sud della zona negra, e il bestiame era stato fatto uscire dai recinti, e si aggirava libero tra le case. La polizia e contingenti dell’Esercito pattugliavano la città, da una parte del muro, mentre dei militanti negri pattugliavano le strade dall’altra parte. Il governo non aveva compiuto alcun tentativo di abbattere la barriera, o di entrare dall’altra parte, ma invece aveva preferito, apparentemente, giocare d’attesa. Il traffico ferroviario e autostradale da est e da sud era stato dirottato in modo da evitare la zona dei disordini, e i convogli e le vetture entravano nella città dalla parte “bianca” del muro, a ovest; il traffico aereo civile era stato limitato alle quote più alte. Erano stati stabiliti dei blocchi stradali sulla ferrovia e sull’autostrada 80.

Dalla parte bianca della barriera, Chicago lamentava trecento vittime e più di duemila feriti durante la sommossa e la costruzione del muro. Nessuno conosceva la cifra dei morti e dei feriti dalla parte negra della barricata.

Nella seconda settimana di agosto, l’esercito aveva circondato la zona dei disordini, e si era preparato a un lungo assedio; solo il personale autorizzato aveva il permesso di entrare, e nessuno, a eccezione dei profughi bianchi, aveva il permesso di uscire. Delle cifre incomplete fissavano il numero dei bianchi usciti dalla zona dei disordini in circa seimila, benché il numero di bianchi che abitavano nella zona della rivolta fosse assai superiore, secondo gli ultimi censimenti. Furono compiuti quotidianamente dei tentativi… coronati da scarso successo… per salvare le famiglie bianche che si ritenevano ancora in vita nella zona. Non era possibile penetrare nella zona dal nord, ma delle squadre di ricerca e di salvataggio provenienti da ovest e da sud avevano compiuto numerose incursioni, a volte spingendosi a nord fin quasi al Midway Airport. I profughi venivano alloggiati nelle cittadine di provincia, nell’Illinois e nell’Indiana.

Chicago Nord era sotto la legge marziale, con un rigido coprifuoco che andava dal tramonto all’alba. Chi si muoveva per le strade, violando il coprifuoco, nelle ore notturne, veniva abbattuto a vista, e identificato il giorno dopo, quando il cadavere poteva essere rimosso. A Chicago Sud non c’era un coprifuoco, ma le sparatorie si succedevano di giorno e di notte, senza interruzioni.

Alla fine di ottobre, una settimana prima delle elezioni, il settore nord della città era già ritornato relativamente calmo; le sparatorie dall’altra parte del muro, con la protezione delle tenebre, erano diminuite, riducendosi a semplici azioni di disturbo, ma la polizia e i soldati avevano ricevuto l’ordine di non sparare se non per rispondere al fuoco. Il rifornimento idrico era stato assicurato, ma l’elettricità era razionata.

Il mattino della domenica precedente alle elezioni, una folla di circa duecento negri disarmati si era avvicinata alle linee dell’Esercito, stazionate su Cicero Avenue, e aveva chiesto asilo.

La richiesta era stata rifiutata, e i duecento e più negri erano stati respinti. Washington aveva annunciato che l’assedio era efficace, e stava già ponendo fine alla ribellione. La fame e le malattie avrebbero abballino il muro.

Chaney attraversò la stanza, dirigendosi verso il settore dei quotidiani.

Le edizioni di mercoledì mattina confermavano le anticipazioni fornite il giorno prima: il Presidente Meeks aveva riportato la vittoria in tutti gli Stati, a eccezione di tre, ed era stato rieletto con una maggioranza senza precedenti.

Un editorialista locale plaudiva alla vittoria, e affermava che essa era stata ottenuta grazie «alla maniera magistrale nella quale il Presidente aveva trattato il Confronto di Chicago».

Brian Chaney emerse dalla biblioteca e si fermò sui gradini, sotto un freddo sole di novembre. Provava un senso di paura, di confusione… era incerto sulla strada da prendere, non sapeva dove voltarsi. Un’auto della polizia passò davanti all’edificio, con una guardia armata di mitra accanto al posto di guida.

Chaney sapeva perché entrambi lo fissavano in quel modo.

Capitolo decimo

Chaney vagabondò senza meta lungo la strada, guardando le vetrine dei negozi che non erano state fracassate, e le automobili parcheggiate accanto al marciapiede. Nessuna della automobili più nuove era cambiata sensibilmente rispetto ai modelli di due o più anni prima, parcheggiati ovunque lungo i marciapiedi; era una soddisfazione personale vedere che Detroit aveva posto fine ai cambiamenti annuali di modello, ed era ritornata al più sensato equilibrio di trent’anni prima.

Chaney si fermò a un ufficio postale, per imbucare una cartolina diretta a un vecchio amico dell’Indiana Corporation, e scoprì che il prezzo del francobollo era salito a dieci centesimi. (Si ripromise anche di non dirlo a Katrina. Probabilmente lei avrebbe affermato che, con quell’azione, Chaney aveva contaminato il futuro.)

La vetrina di un negozio di generi alimentari era completamente tappezzata di cartelli, nei quali si proclamava a lettere cubitali una sensazionale riduzione di prezzo su tutti i generi: sconti rovinosi, così affermavano i cartelli. Essendo un futurista pieno di curiosità, Chaney si avvicinò ed entrò, per controllare. Notò i prezzi delle mele, del pane, del latte, delle uova, delle bistecche di bue. Le bistecche apparivano tenere e ricche di grasso. Si soffermò davanti al bancone della carne per controllare il prezzo delle sue bistecche preferite, e scoprì che era di due dollari e quarantanove centesimi alla libbra. D’impulso, pagò novanta centesimi per una scatoletta di un prodotto chiamato Capsule Lunari, e scoprì che si trattava di caramelle vitaminiche, disponibili in tre diversi aromi. La scritta pubblicitaria posta sul bancone affermava che la NASA dava le capsule agli astronauti che vivevano sulla Luna, per aumentare il loro super-super-super-vigore.

Il negozio presentava una novità che Chaney non conosceva.

Un atrio di attesa per i clienti era fornito di comode poltrone e di un grande televisore, e Chaney sedette su una poltrona per guardare il teleschermo a colori, curioso di vedere i nuovi programmi. Ebbe una delusione. La televisione non offriva niente, all’infuori di una serie interminabile di filmetti pubblicitari che elencavano i pregi dei prodotti disponibili nel negozio; non c’era alcuno spettacolo che interrompesse la monotonia. Controllò il tempo con l’orologio: ventidue annunci pubblicitari in quarantaquattro minuti, prima che la registrazione cominciasse a ripetersi, e così all’infinito.

Solo uno dei brevi inserti gli fece una certa impressione.

Una splendida ragazza, dalla pelle dorata, era mollemente sdraiata, nuda, su una nube bianco-rosata. Una nube sensuale di fumo si formava e cambiava e si riformava per accarezzare il corpo dorato della ragazza con lingue amorevoli di vapore. La ragazza stava fumando una sigaretta dorata. Giaceva morbidamente, immersa in un’indolenza sognante, a occhi chiusi, e le anche si muovevano di quando in quando, in un euforico languore, rispondendo ai baci della nube. Non c’era alcun messaggio parlato. A intervalli regolari, durante i due minuti di proiezione, delle parole lampeggiavano sullo schermo, sotto la ragazza nuda: Beatitudine con Marijuana d’Oro.

Chaney decise che i seni della ragazza erano troppo piccoli e piatti per i suoi gusti.

Uscì dal negozio e ritornò alla sua auto, trovando infilata nel parabrezza una multa per il parcheggio eccedente la cifra versata. Il prezzo era di due dollari, se pagato in giornata. Chaney scrisse un messaggio su un foglio strappato dal blocco d’appunti, e lo infilò nella busta al posto dei due dollari; il tutto venne poi infilato in una cassetta sotto un vicino tassametro. Pensò che la polizia locale avrebbe apprezzato il suo pensiero.

Fatto questo, si mise al volante e uscì dal parcheggio, prendendo la strada che portava alla base. Mancavano alcune ore al coprifuoco, ma lui aveva finito, a Joliet… aveva quasi finito con il 1980. Gli sembrava molto più freddo e inospitale di quanto la temperatura avrebbe dovuto suggerire.

Un’autopattuglia della polizia dello stato, parcheggiata ai confini del territorio metropolitano, sorvegliò la sua uscita dalla città.


La garitta era illuminata all’interno e occupata da un ufficiale e da due soldati della polizia militare; non erano gli stessi uomini che avevano controllato il suo passaggio, al mattino, ma la routine fu la stessa.

— Sta entrando nella base, signore?

Chaney guardò l’uomo.

— Sì, pensavo di farlo.

— Posso vedere il suo lasciapassare e i documenti di riconoscimento?

Chaney consegnò i necessari documenti. L’ufficiale li studiò due volte, poi studiò la fotografia allegata al documento di riconoscimento, poi sollevò lo sguardo per confrontare la fotografia con il volto dell’uomo che gli stava davanti.

— Lei ha visitato Joliet?

— Sì.

— Ma non Chicago?

— No.

— Ha acquistato delle armi, durante il periodo trascorso fuori della base?

— No.

— Benissimo, signore. — Fece un segnale alla guardia, e il cancello fu aperto. — Prego, passi pure.

Brian Chaney passò e fece fermare l’auto nel parcheggio, dietro l’edificio del laboratorio. Le altre due automobili non c’erano, e non c’era neppure il quarto di dollaro lasciato sulla soglia.

Estrasse dalle tasche tutte le apparecchiature, e in quel momento si accorse di non avere preso neppure una foto: non aveva preso nessuna immagine di un accigliato poliziotto o di un affaccendato passante. Questa omissione, probabilmente, sarebbe stata accolta non precisamente con entusiasmo. Chaney caricò il registratore, e aprì il suo blocco d’appunti; pensava di riuscire facilmente a riempire due o tre nastri con un rapporto orale, a uso e consumo di Katrina e di Gilbert Seabrooke. La sua stenografia personale era ridotta all’estremo… e nessuno, all’infuori di lui, sarebbe stato in grado di decifrarla… ma la lunga esperienza acquisita nell’Indic gli permise di formulare un rapporto che costituiva un ragionevole riassunto degli annuari del Commercio e dell’Agricoltura. I fatti erano liberamente frammisti alle opinioni personali, e le cifre alle supposizioni dettate dall’esperienza; alla fine il rapporto assomigliava in maniera soddisfacente a una ricerca statistica ricca di notazioni sul mondo futuro: proprio quello che Seabrooke desiderava.

Nell’ultimo nastro ripeté tutto quello che ricordava delle pagine degli Atti del Congresso, e dopo una pausa domandò a Katrina se sapesse cosa stava facendo, attualmente, il generale Grinnell, perché il vecchio amico pareva appassionato dei viaggi.

Chaney lasciò tutto sul sedile, e scese dalla macchina per sgranchirsi le gambe. Guardò il cielo, a occidente, per stabilire quanto mancava a sera, e giudicò che mancassero un paio d’ore al tramonto. Il suo orologio faceva le sei e trentotto, ma era avanti due ore, rispetto all’orologio del sotterraneo; il limite di cinquanta ore, posto dai tecnici, era molto, molto lontano.

Il futurista curioso decise di fare un giro pei la base.

Camminando rapidamente, seguì la strada ben conosciuta che portava alla vecchia caserma… ma fu sorpreso di trovarla buia e silenziosa… le porte erano chiuse con pesanti lucchetti e sbarrate. Questo lo indusse a fermarsi. L’edificio abbandonato? Lui se ne era andato da quel luogo? Moresby, Saltus, lui… tutti partiti dalla base?

Quel giorno, quell’ora, quel momento si trovava a due anni di distanza dai riusciti collaudi del TDV, a due anni di distanza dal giorno in cui gli animali avevano smesso di viaggiare nel tempo, e degli uomini avevano preso il loro posto; erano passati due anni dal lancio delle esplorazioni sperimentali, e dalla data prevista per il lancio della ricognizione completa di Chicago. Tutto il lavoro era fatto e finito… la missione era compiuta. Non era ragionevole presumere che la squadra fosse stata sciolta e i singoli componenti rimandati ai loro luoghi d’origine? Moresby, Saltus, lui, ora potevano lavorare altrove. (Forse avrebbe dovuto mandare a se stesso quella cartolina destinata all’Indic.)

Né Gilbert Seabrooke né Katrina avevano mai fatto un solo accenno ai piani futuri per la squadra; aveva immaginato che tutti venissero congedati, una volta conclusa l’esplorazione della Chicago 2000, e non aveva preso in considerazione la possibilità di restare. Non riusciva a immaginare per quale motivo avrebbe voluto restare. Bene… con una riserva, naturalmente. Gli sarebbe piaciuto proporre l’idea di un lancio in direzione opposta; sarebbe stato meraviglioso cercare, vedere e frugare nell’antica Palestina, prima dell’arrivo della Decima Legione Romana… molto tempo prima del suo arrivo!

Si ritrovò sulla Strada E.

Il centro ricreativo non pareva mutato, in due anni. Il cinema non era ancora aperto, e neppure la palestra; il parcheggio era vuoto. Il Circolo Ufficiali era già illuminato e pieno di musica, ma il secondo circolo, che sorgeva vicino al primo ed era destinato ai soldati semplici, era buio e silenzioso. La piscina era chiusa per l’inverno, e il cancello era sbarrato. Chaney guardò, attraverso la palizzata di recinzione, ma vide soltanto uno spazio deserto e un telone che copriva la piscina. Le sedie e le panche, i tavoli e gli ombrelloni erano stati riposti chissà dove, ed erano rimasti solo dei ricordi che contrastavano irreparabilmente con quella fredda sera di novembre.

Voltò le spalle alla palizzata, e cominciò a vagabondare senza meta, attraverso la base. Elwood Station pareva normale, sotto tutti i punti di vista. Le automobili gli passavano accanto, dirette quasi tutte verso l’edificio della mensa; lui era l’unico pedone. Il rumore di un aeroplano gli fece sollevare il capo, e i suoi occhi frugarono il cielo. L’aereo non era visibile… immaginò che volasse sopra il banco di nubi che si andava infittendo… ma riuscì a seguirne il passaggio ascoltando il rumore; volava lungo un corridoio aereo tra Chicago e St. Louis, un corridoio parallelo alla ferrovia. Dopo pochi minuti il suono smorì in lontananza. Qualcosa di umido gli cadde sul viso, poi un altro tocco, un altro ancora… erano i primi fiocchi di neve, la neve incombente fin dalla mattinata. L’odore della neve era inconfondibile; e Chaney l’aveva riconosciuto fin dal suo arrivo.

Chaney si voltò, per tornare sui suoi passi.

Tre automobili aspettavano, fianco a fianco, nel parcheggio dietro il laboratorio. I suoi compagni erano ritornati, e nessuno di loro era rimasto a languire in una prigione di Joliet… ma lui sospettava che sarebbe stato terribilmente semplice finire in prigione. Chaney sollevò il cofano dell’auto più vicina, e posò la mano sul motore. Per poco non si scottò la mano. Abbassò il cofano immediatamente, e raccolse gli oggetti che aveva lasciato sul sedile della sua macchina.

Infilò le chiavi gemelle nelle serrature della porta delle operazioni, e spinse. Un campanello suonò da qualche parte, in basso e la porta si aprì.

— Saltus! Ehi, laggiù… Saltus!

Il suono che faceva male lo colpì, come se fosse stato un impatto fisico. Prima la fascia d’elastico che colpiva i timpani, poi il martello che picchiava in un blocco d’aria compressa, e che poi rimbalzava lentamente, con un sospiro tremulo. Il veicolo stava ritornando lungo il suo corridoio temporale, diretto al punto di partenza. Il suono faceva male.

Chaney chiuse la porta.

— Saltus?

Una figura muscolosa dai capelli color sabbia apparve sulla porta del deposito, in basso.

— Dove diavolo è stato, civile?

Chaney scese i gradini a due per volta. Arthur Saltus lo aspettava in fondo alla scala, con le mani cariche di pellicole.

— Là fuori… là fuori — rispose Chaney. — A vagabondare per questo posto dimenticato da Dio, a guardare attraverso le palizzate, a fiutare le fessure e a curiosare dalle finestre. Non ho trovato niente di niente. Penso che ce ne siamo andati da qui, comandante… licenziati e partiti, e la caserma è chiusa e sprangata. Spero che ci abbiano dato una buonuscita decente.

— Civile, ha bevuto, per caso?

— No… ma lo farei, forse. Potrebbe farmi bene. Cosa c’è nel deposito?

— Lei ha bevuto — disse in tono fermo Saltus. — E allora, cosa le è accaduto? Abbiamo cercato in tutta la città.

— Non avete guardato nella biblioteca pubblica.

— Oh, diavolo! È vero, c’era da aspettarselo, e non ci abbiamo pensato. Ricerche, sempre ricerche. Cosa ne pensa del 1980, signore?

— Non mi piace, e mi piacerà ancora meno quando ci vivrò. Quel pallone gonfiato è stato rieletto, e l’intero paese sta andando all’inferno in carrozza. Una vittoria in quarantotto stati! Ha visto i risultati delle elezioni?

— Li ho visti, e in questo momento William li avrà già passati a Seabrooke, e Seabrooke starà chiamando il presidente. Lui festeggerà la notizia questa sera. Ma io non voterò per lui, signore… so di non avere votato per lui. E se allora vivrò nel paese… o devo dire adesso?… sceglierò uno dei tre stati che hanno votato per l’altro, per il vecchio comesichiama, l’attore.

— L’Alaska, le Hawaii, e l’Utah.

— Come l’Utah?

— Asciutto, solitario, e brilla di radioattività.

— Preferisco le Hawaii. Lei tornerà in Florida?

Chaney scosse il capo.

— Mi sentirò più al sicuro in Alaska.

Rapidamente: — Non si è cacciato nei guai?

— No, per niente; ho camminato piano, con un dolce sorriso stampato sul volto. Sono stato gentile ed educato con una bibliotecaria. Non ho fatto boccacce ai poliziotto e non ho comprato carne dal droghiere. — Rise, ricordando una cosa. — Ma qualcuno dovrà dare spiegazioni su una multa per parcheggio prolungato, quando rintracceranno il numero della patente e arriveranno a questa base.

Saltus lo guardò, con aria interrogativa.

— Mi hanno multato perché avevo pagato due ore di sosta, e ne ho fatte quasi otto — spiegò Chaney. — Era una busta; io avrei dovuto mettere due dollari nella busta, e infilarla in una cassetta. Non l’ho fatto. Comandante, ho lanciato un colpo per la libertà. Ho scritto un messaggio.

Saltus lo guardò.

— Qual era il messaggio?

— Vinceremo.

Saltus cercò di reprimere una risata, ma non ci riuscì. Dopo qualche istante disse:

— Seabrooke la licenzierà, signore!

— Non ne avrà l’occasione. Penso di essere molto lontano da qui, quando verrà il 1980. Ha letto i giornali?

— I giornali! Li abbiamo comperati tutti! William si è impadronito di tutti quelli che è riuscito a trovare… e poi ha letto per prima cosa l’oroscopo. Era molto abbattuto; ha detto che i segni erano cattivi… che l’oroscopo era avverso. — Saltus si voltò, indicando molti giornali sparsi sul banco di lavoro. — Stavo fotografando i giornali, quando lei è arrivato. Preferirei copiarli a mano, piuttosto che dettarli nel registratore; fotografarli è semplice. Posso ingrandire le negative al ritorno… posso fare anche delle gigantografie, se me lo chiedono.

Chaney si avvicinò al banco di lavoro, e si chinò a guai dare una pagina che si trovava sotto la lente della macchina fotografica.

— Ho letto soltanto i risultati delle elezioni, e un editoriale.

Dopo un istante disse, in tono eccitato:

— Ha letto questo? La Cina ha invaso Formosa… l’ha occupata!

— Questo non è niente, legga il resto — lo incoraggiò Saltus. — Questo è accaduto alcune settimana fa, e adesso Washington ha addosso tutti i diavoli dell’inferno. Il Canada ha riconosciuto formalmente il fatto compiuto, e si è fatto promotore di un’iniziativa tesa a espellere Formosa dalle Nazioni Unite… per dare il suo seggio alla Cina. Si parla di una rottura delle relazioni diplomatiche, e della dislocazione di truppe alla frontiera canadese. Civile, questo sarebbe un vero pasticcio! Non me ne importa un accidente dei diplomatici e delle relazioni diplomatiche, ma abbiamo bisogno di un altro nemico più o meno dichiarato come abbiamo bisogno di un terremoto.

Chaney cercò di leggere tra le righe.

— La Cina ha bisogno del grano canadese, e a Ottawa piace l’oro cinese. Questa è stata una spina nel fianco di Washington per trent’anni. Lei è un collezionista di francobolli?

— Io? No.

— Non molti anni or sono, ai cittadini americani venne proibito di acquistare francobolli cinesi dai filatelici canadesi; era un crimine acquistarne o possederne. Washington si comportava stupidamente. — Tacque, e terminò di leggere la notizia. — Se questi fatti sono attendibili, Ottawa ha fatto un affare enorme: consegneranno grano sufficiente a sfamare due o tre province cinesi. Il prezzo di acquisto non è stato reso pubblico, e questo è significativo… la Cina ha comprato qualcosa di più del grano. Il riconoscimento diplomatico dell’invasione e l’appoggio canadese per ottenere un seggio al Palazzo di Vetro erano probabilmente inclusi nel contratto. Si tratta di un’abile operazione commerciale, comandante.

— I cinesi sono anche dei tiratori dannatamente in gamba. Gliel’ho già detto, vero? Li odio, ma non li sottovaluto, per questo. — Girò una pagina del giornale, e rimise in posizione la macchina fotografica. — A che ora è arrivato, stamattina? Come mai è stato il primo?

— Sono arrivato alle 7 e 55. Non so il perché.

— Il vecchio William è rimasto sconvolto, signore. Avremmo dovuto essere noi i primi, ma lei ha sconvolto i diritti di anzianità.

Chaney disse, con impazienza:

— Non so come spiegarlo; è accaduto, e basta. Quel giroscopio non è buono come i tecnici volevano farci credere. Forse i protoni di mercurio hanno bisogno di una regolatina, o di essere ricaricati, o di qualcosa di simile. Voi siete arrivati in tempo?

— Precisi come un orologio. William con un errore di tre o quattro minuti. Ma questa faccenda non piacerà a Seabrooke, ci scommetto.

— Io non mi sono messo a saltare di gioia; mi aspettavo di trovare lei e il maggiore ad attendermi. E ora mi chiedo cosa accadrà in un lancio più lungo. Quei protoni saranno almeno capaci di trovare il 2000?

— Se non ne sono capaci, signore, lei e io e il vecchio William continueremo a vagare nella nebbia senza bussola; dovremo scalciare e fare rapporto sul fiasco.

La macchina fotografica scattò un’altra foto.

— Ehi… ha visto le ragazze?

— Due bibliotecarie. Erano sedute.

— Signore, lei ha perduto qualcosa di buono. Portano i capelli in una maniera strana… non so descriverla… e le gonne non arrivano nemmeno a coprire il sedere. Veramente!… e siamo in novembre. Quasi tutte portano delle calze lunghissime, per tenere calde le gambe, mentre le parti posteriori gelano, e nella maggior parte dei casi il colore delle calze è uguale a quello del rossetto: rosso con rosso, azzurro con azzurro, e così via. La moda di quest’anno, immagino. Ah, quelle ragazze! — Spostò la macchina e girò la pagina. — Ho parlato con loro, le ho fotografate, ho ottenuto un numero di telefono, ho portato a pranzo una bellezza bionda… ci è costato solo otto dollari, tra tutti e due. Non è molto, tutto considerato. La gente di qui è proprio come noi, signore. È amichevole, e parla inglese. Quella città era un meraviglioso porto libero!

— Ma è naturale che la gente sia come noi — protestò Chaney. — Ci troviamo a due soli anni di distanza.

— Era una battuta, civile.

— Mi scusi.

— Non scherzate mai, nell’Indic?

— Certo che scherzavamo. Uno dei matematici ha fornito la prova che il sistema solare non esiste.

Saltus si voltò, spalancando gli occhi.

— Prove scritte?

— Sì. Erano tre pagine di formule, se ricordo bene. Lui diceva che se guardava a oriente e recitava il contenuto dei tre fogli a voce alta, tutto sarebbe sparito, puff! — Fece un gesto eloquente.

— Be’, spero che non lo faccia mai; spero che non faccia una prova, così, tanto per vedere se funziona. Ho un motivo speciale per sperarlo. — Saltus studiò il civile per qualche minuto. — Signore, lei sa tenere la bocca chiusa?

Cautamente: — Sì. È una confidenza?

— Non può dirlo nemmeno a William, o a Katrina.

Chaney si sentì a disagio.

— Io c’entro? Ha a che fare con il mio lavoro?

— No, no… lei non ha niente a che fare con questo, ma deve promettermi che non dirà niente, qualsiasi cosa accada. Io non farò rapporto, su questo argomento, al ritorno. È un segreto da conservare.

— Bene. Lo conserverò.

— Mi sono fermato in municipio disse Saltus. — E ho dato un’occhiata ai registri degli atti civili… nascite, morti, matrimoni… il suo genere di ricerche. Ho trovato quello che cercavo nel marzo scorso, otto mesi fa. — Sorrise. — La mia licenza di matrimonio.

Fu come un calcio nello stomaco.

— Katrina?

— L’unica e sola, la bella, dolce Katrina. Signore, io sono un uomo sposato! Io, un uomo sposato, a caccia di ragazze per le strade, e ne ho perfino portata una a pranzo. E adesso, come lo spiego?

Brian Chaney ricordò il messaggio trovato nella busta, appoggiata alla sua macchina fotografica: era sembrato freddo, impersonale, perfino remoto. Ricordò la caserma chiusa e sbarrata, il vuoto intorno, l’aria di abbandono. Lui e il maggiore Moresby se ne erano andati da quel luogo.

Disse: — Prepariamoci perciò ai nostri doveri, siano essi favorevoli oppure no. John Wesley, mi sembra.


Chaney tenne il viso voltato, per nascondere le sue emozioni; sospettava che l’acuto senso di perdita fosse riflesso sul suo viso, e non aveva voglia di trovare una giustificazione o una spiegazione plausibili. Ripose nell’armadietto gli abiti pesanti indossati nel corso della missione, e poi rimise al loro posto la macchina fotografica e le pellicole di nylon che non aveva usato. Estrasse i nastri dal registratore, e ripose il registratore al suo posto. All’ultimo si ricordò di infilare il lasciapassare e il documento di riconoscimento nella busta aperta che portava il suo nome, e di appoggiarla alla macchina fotografica… insieme al breve messaggio di Katrina.

Saltus aveva finito il suo lavoro, e stava estraendo le pellicole dalla macchina fotografica. Aveva lasciato i giornali sul banco, in disordine.

Chaney li radunò, mettendoli in una pila ordinata. Quando ebbe finito il riordino, vide che un titolo a caratteri di scatola, il primo della pila, diceva: “NEGATA LA CAUZIONE AI CSMU”.

— Cosa sono i CSMU? Cos’hanno fatto?

Saltus lo guardò incredulo.

— Accidenti, civile, non ha fatto niente là fuori?

— Non mi sono preoccupato dei giornali.

— Cosa diavolo… è cieco? — In tono incredulo. — Perché i poliziotti avrebbero dovuto pattugliare la città, secondo lei? Per quale motivo pensava che la polizia dello stato andasse in giro con delle mitragliatrici?

— Be’… per la faccenda di Chicago. Per il muro.

— Dio mio! — Arthur Saltus si voltò a guardarlo, apparentemente spazientito dalla sua ignoranza. — Senza offesa, Signore, ma a volte penso che lei non abbia mai lasciato quella torre d’avorio, quel banco di nubi nell’Indiana. Sembra che lei non sappia quello che succede nel mondo… ha affondato troppo il naso in quelle dannate vecchie tavole. Si svegli, Chaney! Si svegli, prima che qualcuno le faccia una brutta sorpresa. — Puntò l’indice contro i giornali accumulati sul banco di lavoro. — Questa nazione è sotto la legge marziale. CSMU significa i Capi di Stato Maggiore Uniti. Il generale Grinnell, il generale Brandon, l’ammiraglio Elstar, i pesci più grossi. Hanno tentato di giocare la carta grossa ma sono stati presi, hanno cercato il… il… quella parola francese.

— Quale parola francese?

— Quando si prende il potere…

Chaney era sbalordito. — Coup d’état?

Questa è la parola giusta. Coup d’état. Colpo di Stato. Sono entrati nella Casa Bianca per arrestare il presidente e il vicepresidente, hanno cercato di assumere il controllo del paese, con la minaccia delle armi. Hanno tentato un colpo di stato contro il nostro governo, signore! Queste cose accadono sempre in Sudamerica, le sentiamo tutti i giorni, ma proprio qui, qui nel nostro paese! — Saltus si interruppe, e compì uno sforzo visibile per controllarsi. Dopo un momento aggiunse: — Senza offesa, signore. Mi sono lasciato trasportare.

Chaney non lo ascoltava. Era già corso verso la pila di giornali.

Non era accaduto alla Casa Bianca, ma nel ritiro presidenziale di Camp David.

Poco prima di mezzanotte, lunedì sera, alla vigilia delle elezioni, la zona era rimasta al buio per un’improvvisa mancanza di corrente. Il presidente aveva chiuso la campagna per la sua rielezione e aveva raggiunto in aereo Camp David, per riposare. Un sistema d’illuminazione di emergenza non aveva funzionato, e Camp David era rimasto al buio. Duecento soldati che presidiavano il complesso arretrarono per occupare l’anello difensivo interno, secondo un piano prestabilito di emergenza, e presero posizione intorno agli edifici centrali, occupati dal presidente, dal vicepresidente, e dai loro aiutanti. Decisero di non scendere nei rifugi sotterranei, perché non esisteva alcun indizio di un attacco nemico. L’ammiraglio Elstar era in compagnia del presidente e del suo gruppo, e discuteva le future operazioni nello scacchiere asiatico.

Trenta minuti dopo l’oscuramento, un’automobile portò a Camp David i generali Grinnell e Brandon; i due alti ufficiali vennero subito fatti passare attraverso il cordone difensivo. A un ordine del generale Grinnell, i soldati fecero dietro-front e puntarono le armi contro gli edifici, formando un cordone d’isolamento; apparentemente quell’ordine era stato atteso. Allora i due generali entrarono nell’edificio centrale… con le armi puntate… e informarono il presidente e il vicepresidente che da quel momento dovevano considerarsi agli arresti militari, unitamente a tutti i civili che si trovavano nella zona delle operazioni. L’ammiraglio Elstar si unì ai colleghi e annunciò che i CSMU stavano assumendo il controllo del governo per un periodo di tempo indefinito; aveva espresso insoddisfazione per la maniera nella quale i civili avevano male amministrato il paese, e le operazioni belliche, e disse che i Capi di Stato Maggiore erano stati costretti a intraprendere quell’azione improvvisa e radicale. Il presidente, apparentemente, aveva preso la notizia con calma, e non offrì resistenza; chiese ai membri del suo gruppo di evitare ogni violenza, e di collaborare con gli ufficiali ribelli.

I civili vennero scortati in una vasta sala da pranzo, e chiusi dentro tutti insieme. Non appena furono soli, gli assistenti del presidente estrassero delle maschere antigas che erano state nascoste precedentemente nel locale; tutti i componenti del gruppo avevano indossato le maschere, e si erano nascosti sotto i pesanti tavoli, preparandosi ad attendere. Fuori si udirono dei colpi di mortaio.

L’energia elettrica ritornò all’una in punto. Gli spari cessarono.

Degli agenti dell’F.B.I., che indossavano a loro volta delle maschere antigas, sfondarono la porta, all’estremità opposta della sala, e informarono il presidente che la rivolta era terminata. I Capi di Stato Maggiore Uniti e i soldati ribelli erano stati sorpresi e sconfitti da un lancio di gas paralizzante, da un numero — che non era stato rivelato — di agenti federali e di alti ufficiali dell’FBI. Le perdite tra i soldati erano state contenute entro i minimi termini. I Capi di Stato Maggiore erano illesi.

Numerosi elicotteri trasportarono il gruppo presidenziale a Washington, dove il presidente chiese di riattivare immediatamente le reti televisive, per annunciare la notizia del tentato colpo di stato e del suo fallimento. Il Congresso fu convocato in seduta di emergenza, e, a richiesta del presidente, dichiarò il paese sotto la legge marziale. Il gioco era fatto.

Un portavoce della Casa Bianca ammise che il complotto era noto già da tempo, ma rifiutò di rivelare la fonte dell’informazione. Disse che l’azione aveva potuto giungere fino a quel punto solo per accertare il numero e l’identità dei soldati fedeli ai ribelli. Il portavoce smentì recisamente la voce che si era diffusa, secondo la quale i soldati ribelli erano stati colpiti con gas nervini. Disse che i congiurati erano stati formalmente incriminati di alto tradimento, e che veniva trattenuti in prigioni separate; rifiutò di rivelare l’ubicazione delle prigioni, limitandosi a dichiarare che erano a una certa distanza da Washington. Il portavoce rifiutò di rispondere a domande concernenti il numero degli agenti federali impiegati nell’azione; con una scrollata di spalle lasciò cadere le notizie non ufficiali che parlavano di migliaia di uomini radunati per soffocare la rivolta.

L’unica informazione sicura su questi uomini era il fatto che molti, tra loro, erano stati dislocati nelle vicinanze di Camp David, dove erano rimasti nascosti per diversi giorni, prima dell’abortito colpo di stato. Il portavoce si limitò a dire che i gruppi federali avevano coraggiosamente salvato il presidente e i suoi compagni.


Brian Chaney non si accorse dell’abbassamento delle luci, e del rumore di un elastico scagliato contro i timpani, del martello che colpiva l’aria compressa, e del sospiro lento; benché il suono facesse male. Non si accorse che Arthur Saltus se ne era andato, fino a quando non si voltò e scoprì di essere solo.

Chaney si guardò intorno, nel deposito deserto, e gridò:

— Saltus!

Non ebbe risposta.

Raggiunse la porta e gridò, nel corridoio.

— Saltus!

Gli risposero solo delle eco, e poi ci fu il silenzio. Il comandante, in quel momento, stava uscendo dal veicolo, nel punto e nel tempo di partenza.

— Ascolti la parola che viene dalla torre d’avorio, Saltus! Mi ascolti! Quanto vuole scommettere che il presidente non ha rischiato la sua preziosa pelle, sotto un pesante tavolo di legno? Quanto vuole scommettere che lui ha mandato un sosia a Camp David? Non è Riccardo Cuor di Leone, non è neppure il paladino Orlando; non avrebbe potuto essere sicuro dell’esito, malgrado tutti i piani di questo mondo. — Chaney entrò nel corridoio. — Siamo stati noi ad informarlo, idiota… siamo stati noi a passare parola. Noi gli abbiamo detto del complotto e della sua rielezione. Pensa davvero che lui possa avere il coraggio di esporsi? Sapendo che il giorno dopo sarebbe stato eletto per un altro quadriennio? Lo pensa, Saltus?

Le telecamere lo guardarono, le onnipresenti telecamere del corridoio illuminato.

Nella sala delle operazioni chiusa, il TDV ritornò per lui, e il suono si udì di nuovo.

Chaney si voltò e ritornò nel deposito. I giornali erano ammucchiati in ordine perfetto, il carico delle attrezzature era stato rimesso al suo posto, i vestiti erano appesi in ordine nell’armadietto. Lui era arrivato e si preparava a partire, e non aveva lasciato tracce del suo passaggio.

La busta aperta attirò il suo sguardo… le istruzioni di Katrina, e i documenti di riconoscimento, e il lasciapassare. Il tutto era stato trasmesso in modo freddo, distante… impassibile, riservato. La moglie di Arthur Saltus gli dava delle istruzioni all’ultimo minuto, per la buona riuscita dell’esplorazione sperimentale. Katrina viveva ancora nella base; lavorava ancora per l’Ufficio e per il progetto segreto… e, a meno che il comandante non fosse stato rispedito sul teatro di guerra, ora lui doveva vivere con la donna.

Ma la caserma era buia e sbarrata.

Brian Chaney provò la forte convinzione di essere andato via… fu certo che lui e il maggiore avevano lasciato la base. Lui non credeva nelle sfere di cristallo, nella chiaroveggenza, nei segni e nella precognizione… il maggiore Moresby poteva continuare ad avere il monopolio, nella sua biblioteca, di tutti i falsi profeti del mondo; eppure quella convinzione era profondamente radicata nella sua mente.

Lui non si trovava, a Elwood Station, lui non c’era, nel novembre del 1980.

Capitolo undicesimo

Chaney avvertì il sottile mutamento delle relazioni. Non si trattava di una cosa palpabile, che si potesse identificare e isolare, ma la sfumatura di differenza c’era.

Gilbert Seabrooke aveva organizzato un party per celebrare la vittoria, la sera del loro ritorno, e il presidente aveva telefonato dalla Casa Bianca per congratularsi con loro del buon lavoro svolto nel migliore dei modi. Aveva parlato di una ricompensa, di una medaglia che avrebbe espresso la gratitudine della nazione verso di loro… benché la nazione non sarebbe mai stata informata della sensazionale impresa. Brian Chaney rispose con un cortese grazie, e tenne a freno la lingua. Seabrooke stazionava nelle vicinanze, vigile e attento.

Il party non ebbe il successo che avrebbe potuto avere. Mancava qualche indefinibile elemento di spontaneità, qualche scintilla elusiva che, una volta accesa, avrebbe potuto trasformare un normale party in una favolosa notte di allegria e amicizia, da ricordare per tutta la vita. Chaney avrebbe ricordato sempre la festa, ma non con un senso di piacere inebriante. Aveva rinunciato allo champagne in favore del bourbon, ma bevve con molta misura. Il maggiore Moresby pareva chiuso in se stesso, tormentato, prigioniero di qualche problema interiore, e Chaney immaginò che fosse già preoccupato dell’incredibile lotta per il potere che distava ancora due anni da loro. Moresby aveva fatto un rigido, impacciato discorsetto di ringraziamento al presidente, cercando disperatamente di assicurargli, senza esprimerlo a parole, la sua fedeltà più duratura. Chaney si era sentito imbarazzato per lui.

Arthur Saltus danzava. Aveva monopolizzato Katrina, fino al punto di ignorare i suggerimenti che lei gli mormorava, avvertendolo che si comportava scorrettamente nei confronti di Chaney e del maggiore. Chaney non volle intervenire. In qualsiasi altra serata, in qualsiasi altro party, prima delle esplorazioni sperimentali, sarebbe intervenuto nel tête-à-tête il maggior numero possibile di volte, ma adesso avvertiva in Kathryn Van Hise lo stesso sottile cambiamento che avvertiva negli altri. La montagna d’informazioni portata da Joliet, dal novembre del 1980, aveva alterato molti punti di vista, e la sfarzosa cornice del party non poteva nascondere questa alterazione.

C’era un estraneo che partecipava al party, l’agente di collegamento delegato dalla sottocommissione senatoriale. Chaney si accorse che l’uomo lo guardava, senza parere.


La stanza d’addestramento offriva il solito panorama.

Il maggiore Moresby stava nuovamente studiando una mappa della zona di Chicago. Con l’indice indicava le molte strade principali e le strade laterali, le autostrade interstatali e distrettuali che col legavano Joliet alla metropoli; con l’indice seguiva anche la strada ferrata che attraversava i sobborghi di Chicago. Arthur Saltus stava studiando le fotografie che aveva scattato a Joliet. Pareva particolarmente compiaciuto della foto di una ragazza attraente, in piedi sull’angolo di una strada ventosa, che guardava un po’ il fotografo e un po’ la strada, aspettando l’arrivo di un’auto o di autobus. La fotografia rivelava la mano di un esperto nel taglio e nella composizione, e la ragazza pareva stagliarsi su uno sfondo di luce, e pareva che il vento l’accarezzasse proprio in quel momento.

— Signor Chaney?

Si voltò.

— Sì, signorina Van Hise?

— I tecnici mi hanno fornito piena assicurazione che quell’errore non si verificherà più. Hanno usato il tempo trascorso dal giorno del suo ritorno per ricostruire il giroscopio. È stata scoperta la causa, una perdita nel campo di vuoto che circondava il veicolo, e il guasto è stato riparato. L’errore è spiacevole, ma non si ripeterà.

— Ma a me piace di arrivare per primo — protestò.

È l’unica maniera in cui io posso stabilire i miei diritti di grado.

— Non accadrà più, signore.

— Forse. Come fanno loro a saperlo?

— I prossimi bersagli saranno distanziati tra loro di un anno, signore, per ottenere un più ampio panorama d’assieme. Vuole suggerire una data di suo gradimento?

— Possiamo scegliere? — Lo disse con una certa sorpresa.

— Entro termini ragionevoli, signore. Il signor Seabrooke ha invitato ciascuno di voi a suggerire una data appropriata. Naturalmente deve essere seguito il piano originario di esplorazione, ma il signor Seabrooke è pronto ad accettare le vostre idee. Se lei preferisce non suggerire una data, saranno il signor Seabrooke e i tecnici a sceglierla.

Chaney si voltò a guardare il maggiore Moresby.

— Che data ha scelto, lei?

— Il quattro luglio 1999. — Risposta prontissima.

— Perché?

— Ha un significato, dopotutto!

— Penso di sì. — Si rivolse a Saltus. — E lei?

— Il mio compleanno, civile: 23 Novembre 2000. Una bella cifra tonda, non trova? Almeno io l’ho pensato. Quello sarà il mio cinquantesimo compleanno, e non posso immaginare una maniera migliore per festeggiarlo. — Abbassò la voce, che diventò un mormorio complice. — Potrei perfino portare una bottiglia con me. Un brindisi!

Chaney considerò le varie possibilità.

Saltus interruppe i suoi pensieri.

— Adesso mi ascolti, signore… non dica a Seabrooke che lei vuole visitare Gerico nel più lungo giorno d’estate, diecimila anni fa! Questo la farebbe cacciare fuori a calci dal cancello principale. Giochi secondo le regole. Che ne direbbe di passare il Natale nel 2001? O l’ultimo dell’anno?

— No.

— Non le piacciono le feste. Non le piacciono i veglio ni. Cosa vuole?

— Non me ne importa, davvero. Quello che vogliono i tecnici mi andrà bene.

— Scelga qualcosa — lo incoraggiò Saltus.

— Oh, diciamo semplicemente oltre il 2000. Non ha molta importanza.

Katrina disse, ansiosamente:

— Signor Chaney, c’è qualcosa che non va?

— Soltanto quello — disse, indicando le fotografie ammucchiate sul tavolo davanti a Saltus, e i fogli accumulati davanti a ciascuna sedia. — In questo momento il futuro non mi pare molto attraente.

— Desidera ritirarsi?

No. Non sono il tipo che si ritira. Quando partiamo?

— Il lancio è previsto per dopodomani. Partirete a intervalli di un’ora.

Chaney guardò i fogli sul tavolo.

— Immagino che sia necessario studiarli. Dovremo seguire le regole.

— Sì, signore. Le informazioni che avete ricavato nel corso del lancio sperimentale fanno ora parte della ricognizione completa del futuro, ed ò desiderabile che ogni segmento del quadro d’assieme venga seguito fino alle sue conclusioni. Desideriamo conoscere le soluzioni finali, ovviamente, e così dovrete rintracciare l’esito di questi nuovi sviluppi. — Esitò. — Il suo ruolo nell’esplorazione è stato in parte modificato, signore.

Chaney si mise subito sulla difensiva, sospettoso.

— In quale maniera?

— Lei non andrà a Chicago.

— Non… ma cosa diavolo dovrò fare, allora?

— Potrà visitare qualsiasi altra città compresa nel raggio del limite di cinquanta ore: Elgin, Aurora, Joliet, Bloomington, una città a sua scelta, ma Chicago ora le è chiusa.

Guardò la donna, sentendosi umiliato.

— Ma questo è ridicolo! Il problema può essere risolto, completamente dimenticato, tra ventidue anni!

— Non potrà essere dimenticato con tanta facilità, signore. Sarà certamente saggio osservare ogni precauzione. Il signor Seabrooke ha deciso che lei non dovrà entrare a Chicago.

— Mi dimetto… me ne vado!

— Sì, signore, può farlo. Le verrà restituito il suo contratto con l’Indic.

— Io non mi lascerò sbattere fuori! Non me ne vado!

— Come preferisce.

— Civile… si sieda — intervenne Saltus.

Chaney scoprì con sorpresa di essere balzato in piedi. Sedette, provando un miscuglio di frustrazione e di orgoglio ferito. Strinse i pugni con forza, finché non sentì male.

Dopo qualche istante, disse:

— Mi dispiace. Chiedo scusa.

— Scuse accettate — disse allegramente Saltus. — E non si lasci turbare troppo. Seabrooke sa quello che fa… non vuole che lei finisca nudo e tremante in qualche prigione di Chicago, e non vuole che qualche dannato stupido le dia la caccia con un fucile.

Il maggiore Moresby lo stava studiando attentamente.

— Non riesco a decifrarla, Chaney. Lei ha più coraggio di quanto sospettassi, oppure è un dannato stupido.

— Quando perdo la calma sono un dannato stupido. Non posso trattenermi. — Si accorse che Katrina lo stava guardando, e si rivolse a lei. — Cosa dovrei fare, allora?

— Il signor Seabrooke desidera che lei passi la maggior parte del tempo in una biblioteca, annotando tutte le in formazioni pertinenti. Le verrà fornita una macchina fotografica munita di lenti per fotocopie, quando emergerà sul bersaglio; il suo compito specifico sarà quello di fotografare i libri e i periodici che riguardano le informazioni scoperte a Joliet.

— Lei vuole che io segua il corso degli intrighi e dei terremoti e delle guerre nella storia. Che io copi tutto… che rubi un libro di storia, se necessario.

— Potrà acquistarne uno, signore, e copiare le pagine nel deposito antiatomico.

— È davvero eccitante. Una romantica e avventurosa visita al futuro. Perché non posso portare con me il libro?

— Dovrò chiederlo al signor Seabrooke. Mi sembra ragionevole, se potrà compensare il peso eccedente.

— Katrina, io voglio uscire e vedere qualcosa… non voglio passare tutto il mio tempo in un buco.

— Potrà visitare qualsiasi altra città entro il limite di cinquanta ore, signore. Se la cosa sarà sicura.

Cupamente: — Chissà com’è Bloomington.

— Ragazze! — rispose Saltus. — Un porto che ogni marinaio sogna!

— C’è stato?

— No.

— Allora di che diavolo sta parlando?

— Cercavo solo di rallegrarla, civile. In questo modo sono utile. — Raccolse la fotografia della ragazza, e la guardò. — Scelga l’estate. È più divertente, allora.

Chaney lo guardò, ricordando una cosa, e Saltus capì e arrossì visibilmente. Posò la fotografia e tradì il suo senso di colpa lanciando un’occhiata di sbieco a Katrina.

— Speriamo di ottenere una ricognizione completa, signore — disse lei.

— Vorrei avere più di cinquanta ore da trascorrere nella biblioteca. Un lavoro di ricerca appena decente richiede diverse settimane, perfino dei mesi.

— Forse sarà possibile ritornare a intervalli regolari, naturalmente. Lo chiederò al signor Seabrooke.

Saltus: — Ehi… a proposito, Katrina, cosa succederà dopo la missione? Cosa faremo, dopo?

— Non posso darle una risposta esauriente, comandante. A questo punto delle operazioni, il programma si ferma all’esplorazione di Chicago. Non possiamo programmare altro, finché non conosceremo l’esito di questi primi due passi. Una risposta definitiva sarà data solo al vostro ritorno.

— Lei pensa che faremo qualcos’altro?

— Immagino che altri sondaggi verranno preparati, una volta terminato con pieno successo il primo e analizzati i suoi risultati. — Ma poi si affrettò ad aggiungere. — Questa è solo la mia opinione personale, comandante. Il signor Seabrooke non ha fatto alcun accenno a possibili operazioni future.

— La sua opinione mi piace, Katrina. È meglio che una vecchia tinozza nel Mare della Cina.

— Che ne è stato delle alternative? Di Gerusalemme e di Dallas? — domandò Chaney.

— Che cosa? — domandò Moresby.

La giovane donna spiegò le alternative a Moresby e a Saltus. Chaney capì che soltanto lui era stato messo al corrente delle alternative, e si domandò se non avesse rivelato involontariamente qualche segreto.

— Le alternative vengono tenute di riserva — disse Katrina. — Ma probabilmente non verranno mai tradotte in pratica. — Guardò Brian Chaney, e fece una pausa. — I tecnici stanno studiando una nuova questione, in relazione al funzionamento del veicolo; sembra che sia in dubbio la possibilità che il veicolo possa operare inversamente al corso del tempo, prima della creazione di una sorgente di energia.

— Ehi… cosa significa questo in inglese?

— Significa che io non posso andare nel passato, nell’antica Gerico — gli disse Chaney. Laggiù non c’era elettricità. Credo che Katrina abbia detto che il TDV ha bisogno di energia lungo tutta la linea, per muoversi.

Moresby: — Ma mi era parso di capire che le cavie erano state inviate a più di un anno di distanza nel passato.

— Sì, signore, questo è esatto, ma il reattore nucleare è in funzione da più di due anni. Il precedente limite nel passato del TDV era fissato al 30 Dicembre 1941, ma ora questo limite dovrà essere drasticamente rivisto. Se viene confermata la supposizione dei tecnici, e si dimostra che il veicolo non può operare prima della creazione della sua fonte di energia, il limite dovrà essere spostato a una data di due anni or sono. Non vogliamo perdere il veicolo.

— Uno di questi illuminati tecnici dovrebbe riflettere sul suo lavoro… — disse Chaney. — Stabilire un grafico o una mappa dei paradossi temporali, o qualcosa del genere. Katrina, se continua a portare avanti questa faccenda, un giorno o l’altro potrà trovarsi di fronte a un muro.

Lei arrossì e tradì una lieve esitazione.

— L’Indiana Corporation è stata interpellata su questo argomento, signore. Il signor Seabrooke ha proposto di passare tutti i dati all’Indic, per uno studio completo delle possibilità teoriche in oggetto. I tecnici si stanno accorgendo dei molti problemi esistenti.

Saltus guardò Chaney e disse: — Sheeg!

Chaney sorrise, e pensò di offrire delle scuse alla donna e a Moresby.

— È un’antica parola aramaica. Ma esprime i miei sentimenti in maniera adeguata. — Meditò per un momento. — Non riesco a decidere quello che devo fare: restare qui a creare dei paradossi, o tornare laggiù a risolverli.

Saltus disse:

— Una vera sfortuna, civile. Io sono quasi pronto a offrirmi volontario. Quasi, ho detto. Penso che mi piacerebbe stare in piedi sulle mura della città di Lar sa, accanto a lei, e guardare l’inondazione dell’Eufrate; credo che mi piacerebbe… Come?

— Le mura della città di Ur, non di Larsa.

— Be’, qualunque città fosse. Si trattava di un’alluvione, comunque, e lei ha detto che ò entrata nella Bibbia. Lei ci sa fare, potrebbe persuadermi a seguirla. — Allargò le braccia. — Ma temo che adesso sia tutto finito… non potrebbe più tornare indietro.

— Non credo che la Casa Bianca autorizzerebbe mai una esplorazione in un passato così remoto rispose Chaney. — Non vedrebbero alcun vantaggio politico nell’operazione, nessun guadagno per loro.

Il maggiore Moresby disse, seccamente:

— Chaney, lei parla come uno stupido!

— Forse. Ma se noi potessimo tornare indietro, sarei pronto a scommettere su certi obiettivi politici, ma non su altri. Come sarebbe la mappa dell’Europa se Attila fosse stato strangolato nella culla?

— Chaney, insomma!

— Come sarebbe la mappa dell’Europa, se Lenin fosse stato giustiziato per il complotto anti zarista, al posto del fratello maggiore? Come sarebbe la mappa degli Stati Uniti se Giorgio III fosse stato curato dalla sua pazzia? Se Robert E. Lee fosse morto durante l’infanzia?

— Civile, una cosa è certa come l’inferno: non le permetteranno di andare in nessun punto del passato, con idee simili in testa!

Seccamente: — Non mi aspetterei una buonuscita, comunque.

— Be’, penso di no.

Kathryn Van Hise si affrettò a intervenire.

— Per favore, signori. Sono stati presi degli appuntamenti con i medici, per le visite finali. Ora chiamerò i medici, e li informerò che state arrivando.

Chaney sorrise e fece schioccare le dita.

— Ora.

Lei si voltò.

— Signor Chaney, se vuole attendere per un momento, gradirei che mi fornisse ulteriori informazioni sui dati acquisiti nel corso della sua esplorazione.

Saltus chiese, subito curioso:

— Ehi… di che si tratta?

Lei sfogliò il fascio di fotocopie, finché non trovò la copia della trascrizione dei nastri incisi da Chaney.

— Alcune parti di questo rapporto necessitano di un’ulteriore valutazione. Se vorrà dettarmi, signor Chaney, io prenderò appunti in stenografia.

— Come desidera — le disse.

— Grazie. — Girò il capo verso gli altri. I medici vi staranno aspettando, signori.

Moresby e Saltus si alzarono. Saltus lanciò a Chaney uno sguardo d’intesa, ricordandogli la promessa. Chaney rispose con un impercettibile cenno d’assenso.

I due uomini uscirono dalla stanza d’addestramento.


Brian Chaney, nel silenzio lasciato dai due uomini che erano usciti, guardò Katrina, seduta davanti a lui, dall’altra parte del tavolo. Lei aspettò in silenzio, con le dita intrecciate sul piano del tavolo.

Chaney ricordò molte cose. I piedi nudi di Katrina nella sabbia, i calzoni delta ridottissimi e rivelatori, la blusa trasparente, il libro che aveva tenuto in mano e l’aria contenuta di disapprovazione del suo viso. Ricordò il costume da bagno ridottissimo, con i seni coperti dalle minuscole coppette, che lei aveva indossato nella piscina, e ricordò come Arthur Saltus l’aveva monopolizzata da quel giorno.

— È stato piuttosto trasparente, Katrina.

Lei continuò a scrutarlo, non ancora pronta a parlare. Chaney attese che fosse lei a parlare, conservando in mente l’immagine del primo momento in cui l’aveva vista, ai margini della spiaggia.

Finalmente: Cosa è accaduto lassù, Brian?

Chaney batté le palpebre, sorpreso per l’uso del suo nome di battesimo. Era la prima volta che Katrina lo chiamava per nome.

— Molte, molte cose.. credo che siano tutte elencate nei nostri rapporti.

Di nuovo: C osa è accaduto, lassù, Brian?

Lui scosse il capo:

— Seabrooke dovrà accontentai si dei rapporti.

— Questa faccenda non riguarda il signor Seabrooke.

Cautamente: Non so cos’altro potrei dirle.

— È accaduto qualcosa, lassù. Mi rendo conto di un cambiamento, rispetto alla nonna clic prevaleva prima dell’esperimento, e credo che se ne renda conto anche lei. Qualcosa ha creato una discordanza, un i sottile nota disarmonica che è molto difficile definire.

— Il muro di Chicago, suppongo. E la rivolta dei CSMLT.

— Sono stati dei duri colpi pei tutti, ma cos’altro c’è?

Chaney allargò le braccia, cercando una via d’uscita.

— Io ho trovato la vecchia caserma chiusa, sprangata, deserta. Credo che il maggiore e io abbiamo lasciato la base.

— Ma non il comandante Saltus?

— Forse ò andato via anche lui… non so.

— Non ne sembra molto sicuro.

— Non sono sicuro di niente. Ci è stato proibito di aprire porte, di cercare delle persone, di fare delle domande. Io non ho aperto nessuna porta. So soltanto che la vecchia caserma che ci alloggiava è stata chiusa… e non credo che Seabrooke ci abbia invitati nei suoi appartamenti.

— Cosa avrebbe fatto, se fosse stato permesso di aprire delle porte?

Chaney sorrise.

— Sarei venuto a cercarla.

— Lei crede che io mi trovassi nella base?

— Certamente! Lei ha scritto dei messaggi a ciascuno di noi… ha lasciato le ultime istruzioni nel deposito. Ho riconosciuto la sua calligrafia.

Un’esitazione. — Ha trovato prove analoghe sulla permanenza nella base di altre persone?

Con molta prudenza. — No. Il suo messaggio è stato l’unico indizio.

— Perché l’atteggiamento del comandante è cambiato?

Chaney la fissò, e per poco non si tradì.

— Davvero?

— Credo che lei si sia accorto della differenza.

— Forse. Tutti mi guardano e sembrano vedermi in una nuova luce. Mi sento paranoico, in questi giorni.

— Perché il suo atteggiamento è cambiato?

— Oh? Anche il mio?

— Lei sta eludendo le mie domande, Brian.

— Le ho detto tutto quello che posso dirle, Katrina.

Le dita intrecciate di Katrina tamburellarono nervosamente sul piano del tavolo.

— Avverto la presenza di certe riserve mentali.

— Ragazza acuta.

— C’è stata… c’è stata qualche tragedia personale, lassù? Qualcosa che ha coinvolto uno di voi?

Con prontezza: — No. — Sorrise alla donna, per togliere ogni traccia di durezza alle parole che pronunciò dopo: — E, Katrina… se lei è saggia, se è molto saggia, non mi farà più delle domande. È vero, ho certe riserve mentali; continuerò a eludere certe domande. Perché non fermarci adesso?

Lo fissò, delusa e sconcertata.

— Quando questa ricognizione sarà finita, voglio andarmene — le disse. — Farò tutto ciò che sarà necessario per completare il lavoro, quando ritorneremo, ma poi avrò finito, qui; mi piacerebbe tornare all’Indic, se è possibile; mi piacerebbe lavorare sui nuovi studi sui paradossi temporali, se è permesso, ma non voglio restare qui. Qui ho finito, Katrina.

In fretta: — È per colpa di qualcosa che lei ha scoperto lassù? Qualcosa le ha fatto prendere questa decisione, Brian?

— Ah… basta con le domande.

— Ma così mi lascia del tutto insoddisfatta!

Chaney si alzò, e accostò al tavolo la sedia vuota.

— Ogni cosa viene a ogni uomo, se solo avrà gli anni. Sembrerebbe Talleyrand, ma non ne sono molto sicuro; forse ho modificato un poco. Lei ha gli anni, Katrina. Ne viva altri due, due soltanto, e conoscerà le risposte a tutte le sue domande. Le auguro buona fortuna, e penserò spesso a lei nell’Indic… se mi riprenderanno laggiù.

Un momento di silenzio, e poi:

— La prego di non dimenticare l’appuntamento con i medici, signor Chaney.

— Ci sto andando.

— Chieda agli altri di trovarsi qui domattina alle dieci, per un’ultima seduta di istruzioni. Dobbiamo valutare quei rapporti. La ricognizione è prevista per dopodomani.

— Scenderà a vederci partire?

— No, signore. Vi aspetterò qui.

Загрузка...