3 Lyubov

Il capitano Lyubov aveva mal di testa. Il dolore cominciava piano nei muscoli della spalla destra, e di lì saliva in crescendo, fino a diventare un oppressivo rullo di tamburi al di sopra dell’orecchio destro. I centri della parola sono nella corteccia cerebrale sinistra, pensò; ma non sarebbe stato capace di dirlo a voce alta: non riusciva a parlare, o a leggere, o a dormire, o a ragionare. Emicrania.

Naturalmente l’avevano già guarito dall’emicrania una volta al college e una seconda volta con le sedute obbligatorie di Psicoterapia Profilattica dell’esercito, ma Lyubov si era ugualmente portato le pastiglie di ergotamina, quando aveva lasciato la Terra: non si sa mai. Ne aveva prese due, con un analgesico, un tranquillante, e una pastiglia digestiva per annullare gli effetti della caffeina che annullava quelli dell’ergotamina, ma lo scalpello continuava a colpire dall’interno, proprio sopra l’orecchio destro, al ritmo del grosso tamburo.

Dio! Cosa facevano gli Athshiani, quando gli veniva l’emicrania? Non si sarebbero mai messi in condizione di averla, avrebbero allontanato le tensioni mediante un sogno a occhi aperti, una settimana prima che si sviluppassero. Prova anche tu, prova a sognare a occhi aperti. Fa’ come Selver ti ha insegnato.

Selver, dato che non sapeva nulla di elettricità, non poteva afferrare realmente il principio dell’elettroencefalogramma, ma non appena aveva sentito parlare delle onde alfa e delle condizioni in cui appaiono aveva detto: «Oh, sì, intendi questo» ed erano apparsi gli inconfondibili tracciati alfa sul grafico che registrava ciò che succedeva all’interno della sua testolina verde.

Selver aveva insegnato a Lyubov come "accendere" e "spegnere" i ritmi alfa, in mezz’ora di lezione. In effetti non c’era niente di difficile. Ma non in questo momento, il mondo è troppo presente in noi, sopra l’orecchio destro sento precipitarsi il carro alato del Tempo, poiché gli Athshiani hanno bruciato Campo Smith due giorni fa e hanno ucciso duecento uomini.

Duecento e sette, per la precisione. Ogni anima viva, a eccezione del capitano.

Non c’era da stupirsi che le pillole non riuscissero a giungere al centro della sua emicrania, poiché quel centro era su un’isola, a una distanza di duecento miglia e di due giorni. Al di là dei monti, lontano lontano, come dicono le fiabe. Ceneri, distruzione. E tra le cose ch’erano andate in fumo, tutte le sue conoscenze delle Forme Viventi ad Alta Intelligenza del Pianeta 41.

Tutto polvere, fango, un mucchio di dati sbagliati e di ipotesi sbagliate.

Quasi cinque anni terrestri passati lì, e lui aveva creduto che gli Athshiani fossero incapaci di uccidere un uomo, di qualsiasi razza, la sua come la loro. Aveva scritto lunghi saggi per spiegare come e perché non potessero uccidere altri uomini. Tutto sbagliato. Mortalmente sbagliato.

Che cosa non era riuscito a vedere?

Era quasi ora di recarsi alla riunione del Quartier Generale. Cautamente, Lyubov si alzò in piedi, muovendosi tutto d’un pezzo, in modo che la parte destra della sua testa non cadesse a terra; si avvicinò alla scrivania con il passo di un uomo che cammina sott’acqua, si versò un bicchiere di vodka Standard e lo inghiottì. La vodka lo rovesciò come un guanto; lo estroverti; lo normalizzò. Si sentì meglio. Uscì, e, incapace di sopportare le scosse della motocicletta, si avviò per la lunga, polverosa strada principale di Centralville, in direzione del Quartier Generale. Passando davanti al Luau pensò con desiderio a un’altra vodka; ma il capitano Davidson stava giusto varcando la soglia, e Lyubov andò avanti per la sua strada.

Le persone scese dalla Shackleton erano già nella sala delle conferenze. Il comandante Yung, che lui già conosceva, questa volta aveva portato giù dall’orbita un paio di facce nuove. Non erano in uniforme della Marina; dopo un istante Lyubov li riconobbe, con una piccola scossa: umani non terrestri. Cercò subito di farsi presentare.

Uno dei due, un certo Or, era un Cetiano Peloso, grigio scuro, massiccio e arcigno; l’altro, Lepennon, era alto, bianco e simpatico: un Hainita. Accolsero Lyubov con interesse, e Lepennon disse: — Ho appena letto il suo rapporto sul controllo cosciente del sonno paradosso tra gli Athshiani, dottor Lyubov.

Cosa molto gradevole, come era gradevole l’essere chiamato con il suo titolo, quello che si era guadagnato, di dottore. La loro conversazione indicava che dovevano avere passato alcuni anni sulla Terra e che potevano essere degli specialisti in forme di vita intelligenti o qualcosa del genere; ma il comandante, nel presentarli, non aveva citato il loro stato e la loro posizione.

La sala si stava riempiendo. Gosse, ecologo della colonia, fece il suo ingresso, e così tutti gli alti papaveri; così il capitano Susun, capo del settore Sviluppo Planetario… vale a dire operazioni di abbattimento alberi… il cui grado di capitano, al pari di quello di Lyubov, era un’invenzione necessaria alla pace delle coscienze militari.

Il capitano Davidson entrò da solo, la schiena dritta, bello nel portamento; il suo volto scarno e angoloso era sereno, quasi severo. A tutte le porte si posero delle guardie. Ogni collo dell’esercito era rigido come un palanchino. La riunione era chiaramente un’Investigazione. Di chi è la colpa? La colpa è mia, pensò Lyubov, disperatamente; ma a causa di quella disperazione fissò il capitano Don Davidson, dall’altro lato del tavolo, con avversione e disprezzo.

Il comandante Yung aveva una voce assai pacata: — Come voi saprete, signori, la mia nave si è fermata qui, sul Pianeta 41, per consegnarvi un nuovo carico di coloni, e niente di più; la missione della Shackleton riguarda il Pianeta 88, Prestno, del Gruppo Hainita. Tuttavia questo attacco al vostro campo periferico, essendo occorso durante la settimana da noi passata qui, non può essere semplicemente ignorato; soprattutto alla luce di taluni nuovi sviluppi che dovevano esservi comunicati, nel normale corso degli eventi, in una data futura.

"Il fatto è che la condizione del Pianeta 41 come colonia terrestre è ora soggetta a revisione, e il massacro avvenuto nel vostro campo potrebbe precipitare la decisione dell’Amministrazione su questo caso. Certamente le decisioni che noi dobbiamo prendere devono essere prese rapidamente, poiché io non posso tenere qui troppo a lungo la mia nave. Ora, per prima cosa, vogliamo accertarci che tutte le informazioni pertinenti siano in possesso dei presenti.

"Il rapporto del capitano Davidson sugli eventi di Campo Smith è stato registrato, e tutti noi che eravamo sulla nave lo abbiamo ascoltato; anche coloro che sono qui presenti l’hanno ascoltato? Benissimo. Ora, se qualcuno di voi desidera rivolgere qualche domanda al capitano Davidson, prego rivolgetela. Io stesso ne ho una. «Voi siete ritornato sul luogo del campo, il giorno seguente, capitano Davidson, con un grosso elicottero e con otto soldati; avevate il permesso di un ufficiale superiore, qui alla Centrale, per quel volo?»"

Davidson si alzò in piedi. — L’avevo, signore.

— Eravate autorizzato a toccare terra e appiccare incendi alla foresta nei pressi del campo?

— No, signore.

— Voi, però, avete effettivamente appiccato incendi?

— Sì, signore. Intendevo snidare col fumo i creechie che avevano ucciso i miei uomini.

— Benissimo. Signor Lepennon?

L’alto Hainita si schiarì la gola. — Capitano Davidson — disse — voi ritenete che le persone sotto il vostro comando a Campo Smith fossero soddisfatte?

— Sì, ritengo di sì.

Il comportamento di Davidson era fermo e franco; pareva indifferente al fatto di essere nei pasticci. Naturalmente, quegli ufficiali della Marina e quegli stranieri non avevano alcuna autorità su di lui; solo al suo colonnello lui doveva rispondere del fatto di avere perduto duecento uomini e di avere effettuato una spedizione punitiva non autorizzata. Ma il suo colonnello era davanti a lui, ad ascoltare.

— Erano ben nutriti, ben alloggiati, non sottoposti a carichi di lavoro eccessivi, dunque, nei limiti di ciò che si può ottenere in un accampamento di frontiera?

— Sì.

— La disciplina che veniva mantenuta era troppo severa?

— No, non lo era.

— Che cosa, allora, secondo voi, ha motivato la rivolta?

— Non comprendo.

— Se nessuno era scontento, perché alcuni di loro hanno massacrato gli altri e hanno distrutto il campo?

Cadde un silenzio preoccupato.

— Se posso intervenire con una parola — disse Lyubov — sono stati gli indigeni locali, gli Athshiani impiegati nel campo, a unirsi all’attacco eseguito dal popolo della foresta contro gli umani terrestri. Nel suo rapporto, il capitano Davidson si è riferito agli Athshiani come ai "creechie".

Lepennon parve imbarazzato e preoccupato.

— Grazie, dottor Lyubov. Avevo del tutto frainteso. Anzi pensavo che la parola "creechie" si riferisse a una casta terrestre che eseguiva lavori di tipo servile nei campi dei taglialegna. Poiché credevo, come del resto noi tutti, che gli Athshiani fossero non aggressivi intraspecificamente, non immaginavo che potessero essere il gruppo così indicato.

"Anzi, non avevo compreso che cooperassero con voi nei vostri campi… Comunque, riesco ancora meno di prima a comprendere che cosa abbia provocato l’attacco e l’ammutinamento."

— Non saprei, signore.

— Quando avete detto che le persone sotto il vostro comando erano soddisfatte, capitano, comprendevate fra di esse anche i nativi? — chiese il Cetiano, Or, con un secco brontolio.

L’Hainita raccolse subito la domanda, e chiese a Davidson, nel suo tono di cortese partecipazione: — Gli Athshiani che vivevano nel campo erano soddisfatti, voi pensate?

— Per quanto ne posso sapere.

— Non c’era nulla di inconsueto nella loro posizione laggiù, o nel lavoro che dovevano compiere?

Lyubov percepì l’appesantirsi della tensione, come un giro del torchio, nel colonnello Dongh e nei suoi ufficiali, e anche nel comandante della nave. Ma Davidson rimase calmo e tranquillo. — Nulla d’inconsueto.

In quel momento Lyubov ebbe la certezza che solamente i suoi studi scientifici fossero stati inviati alla Shackleton; le sue proteste, perfino le sue annuali valutazioni dell’Accomodamento dei nativi alla presenza coloniale, richieste dall’Amministrazione, erano rimaste in qualche cassetto, insabbiate nel Quartier Generale. Quei due umani non terrestri non sapevano nulla dello sfruttamento a cui erano sottoposti gli Athshiani.

Il comandante Yung doveva esserne al corrente, certo; era già sceso a terra in precedenza, e aveva probabilmente visto i recinti dei creechie. In ogni caso, un comandante della Marina che faceva le rotte coloniali non poteva ignorare la realtà delle relazioni fra terrestri e Athshiani. Approvasse o no il modo in cui l’Amministrazione Coloniale conduceva i propri affari, ben poco gli sarebbe giunto come una novità.

Ma un Cetiano e un Hainita, fino a che punto potevano conoscere la situazione delle colonie terrestri, a meno che il caso non li portasse a scendere su una di esse, mentre erano in viaggio per qualche altro pianeta?

Lepennon é Or non avevano avuto la minima intenzione di scendere sul pianeta. O forse non ne avevano avuto l’intenzione, ma poi, avuta la notizia della rivolta, avevano chiesto di scendere. E perché il comandante li aveva fatti scendere? Per desiderio suo, o dei due extraterrestri? Chiunque essi fossero, davano un’impressione di autorità, si poteva fiutare in loro un soffio dell’asciutto, inebriante aroma del potere. Il mal di testa di Lyubov era sparito; si sentiva attento ed emozionato, le sue guance erano roventi.

— Capitano Davidson — disse — ho un paio di domande che riguardano il vostro incontro con i nativi due giorni fa. Voi siete certo che uno di essi fosse Sam, ossia Selver Thele?

— Così credo.

— Voi vi rendete conto che Selver ha rancori personali verso di voi?

— Non so.

— Voi non sapete? Poiché la moglie di Selver è morta nelle vostre stanze, capitano, immediatamente dopo un rapporto sessuale con voi, Selver vi ritiene responsabile della sua morte; voi non lo sapevate? Selver vi ha aggredito una volta, capitano, qui a Centralville; ve ne siete dimenticato? Ebbene, il punto è questo: l’odio personale di Selver nei riguardi del capitano Davidson può servire come parziale spiegazione o motivazione di questo attacco che non trova precedenti.

"Gli Athshiani non sono affatto incapaci di violenza personale: questo non è mai stato affermato in nessuno dei miei studi su di loro. Gli adolescenti che non hanno ancora padroneggiato la tecnica del sogno controllato o del canto competitivo lottano e fanno a pugni tra loro molto spesso, e non sempre per gioco.

"Ma Selver è un adulto e un adepto; e il suo primo attacco personale contro il capitano Davidson, attacco cui ho potuto casualmente assistere in parte, era chiaramente un tentativo di uccisione. Così come lo era, detto per inciso, anche il contrattacco del capitano. A quell’epoca io pensai che quell’attacco fosse un incidente isolato, psicotico, causato dal dolore e dalla tensione, e che una sua ripetizione fosse improbabile. Mi sbagliavo. Capitano, quando i quattro Athshiani vi sono saltati addosso in un’imboscata, così come dite nel rapporto, voi siete caduto a terra disteso?"

— Sì.

— In che posizione?

Il viso calmo di Davidson si tese e si irrigidì, e Lyubov provò una punta di rimorso. Desiderava mettere alle corde Davidson per mezzo delle sue stesse bugie, costringerlo a dire almeno una volta la verità, ma non voleva umiliarlo davanti agli altri. Accuse di violenza carnale e di omicidio contribuivano a tenere alta l’immagine che Davidson aveva di se stesso come un uomo totalmente virile, ma ora quell’immagine veniva messa in pericolo: Lyubov aveva richiamato un ritratto di lui, del soldato, del lottatore, dell’uomo freddo e duro, che veniva messo a terra da nemici alti come bambini di sei anni… Quanto costava a Davidson ricordare il momento in cui era steso a terra, e fissava dal disotto i piccoli omini verdi, quella volta, invece di guardarli dall’alto della sua statura?

— Ero sulla schiena.

— La vostra testa era tirata indietro, o voltata di lato?

— Non lo so.

— Sto cercando di appurare un fatto importante, capitano, che potrebbe spiegare perché Selver non vi abbia ucciso, sebbene avesse dei rancori verso di voi e avesse partecipato all’uccisione di duecento uomini poche ore prima. Mi chiedo se voi per caso non siate finito in una delle posizioni che, quando sono assunte da un Athshiano, bloccano nel suo antagonista ogni ulteriore aggressione fisica.

— Non lo so.

Lyubov si guardò intorno, lungo il perimetro del tavolo delle conferenze; ciascuno dei volti mostrava curiosità e un po’ di tensione.

— Queste posizioni che bloccano l’aggressione, questi gesti, possono avere un fondamento innato, possono forse nascere da un meccanismo istintivo di stimolo-risposta che ancora sopravvive, ma si sviluppano e si espandono con la vita sociale, e sono, com’è ovvio, comportamenti appresi.

"Il più forte e completo di questi stimoli è la posizione stesa a terra, sulla schiena, con gli occhi chiusi, la testa voltata in modo da offrire in pieno la gola. Io credo che un Athshiano appartenente alla cultura locale trovi impossibile ferire un nemico che abbia assunto quella posizione. Che debba fare qualcosa d’altro per dare sfogo alla sua collera o al suo impulso aggressivo… Quando tutti insieme vi hanno steso a terra, capitano, forse Selver si è messo a cantare?

— A fare che?

— Cantare.

— Non so.

Blocco. Arresto. Lyubov stava per alzare le spalle e rinunciare, quando il Cetiano disse: — Perché, signor Lyubov?

La più simpatica caratteristica del temperamento Cetiano, che di solito era piuttosto acido, era la curiosità: una curiosità intempestiva e inesauribile; un Cetiano moriva pregustandosi la morte, per la curiosità di sapere quel che veniva dopo.

— Vedete — disse Lyubov — gli Athshiani usano una sorta di canto ritualizzato per sostituire la lotta fisica. Anche in questo caso si tratta di un fenomeno sociale universale che potrebbe avere un fondamento fisiologico, sebbene sia molto difficile dimostrare che qualcosa sia "innato", "istintivo", nel comportamento degli esseri umani. Comunque, tutti i primati superiori di questo pianeta mostrano competizioni vocali tra due maschi: un mucchio di ululati e di fischi; il maschio dominante può finire col dare all’altro uno spintone, ma di solito si limitano a passare un’ora o due a cercare di superarsi l’un l’altro come potenza di suono.

"Gli Athshiani stessi vedono la somiglianza tra queste abitudini e le loro gare di canto, che si svolgono anch’esse tra maschi; ma, come essi stessi osservano, le loro gare non sono solamente dei modi per liberarsi dell’aggressività, ma anche una forma d’arte. Vince l’artista migliore. Mi chiedevo se Selver avesse cantato al di sopra del capitano Davidson, e, nel caso avesse cantato effettivamente, se l’avesse fatto perché non poteva ucciderlo o perché preferiva la vittoria senza spargimento di sangue. Queste domande sono divenute tutt’a un tratto urgenti."

— Dottor Lyubov — disse Lepennon — che efficacia hanno questi mezzi per indirizzare verso altri oggetti l’aggressività? E si tratta di comportamenti universali?

— Tra gli adulti, sì. Così affermano i miei informatori, e tutte le mie osservazioni lo hanno confermato, fino a due giorni fa. Stupro, aggressione con violenza, omicidio virtualmente non esistono fra di loro. Ci sono incidenti, ovviamente. E ci sono gli psicotici. Ma sono pochi.

— Che cosa fanno dei loro psicotici pericolosi?

— Li isolano. Alla lettera. Su piccole isole.

— Gli Athshiani sono carnivori, danno la caccia agli animali?

— Sì, la carne è il loro principale alimento.

— Meraviglioso — disse Lepennon, e la sua pelle bianca divenne ancora più pallida per il puro entusiamo. — Una società umana con un’efficace barriera contro le guerre! E quale ne è il costo, dottor Lyubov?

— Non ne sono certo, signor Lepennon. Forse il cambiamento. Sono una società statica, stabile, uniforme. Non hanno storia. Sono perfettamente integrati, e completamente non-progressisti. Si potrebbe dire che, così come la foresta in cui vivono, hanno raggiunto uno stadio di massimo sviluppo. Ma con questo non intendo dire che siano incapaci di adattamento.

— Signori, tutto ciò è molto interessante, ma riguarda un argomento un po’ troppo specialistico, e forse siamo un po’ fuori del contesto che qui desideravamo chiarire…

— No, scusatemi, colonnello Dongh, forse questo può essere il punto importante. Dicevate, dottor Lyubov?

— Be’, mi chiedo se non ci stiano dimostrando la loro adattabilità, ora. Adattando il loro comportamento a noi. Alla Colonia Terrestre. Per quattro anni si sono comportati con noi nello stesso modo in cui si comportano tra loro. Nonostante le differenze fisiche, hanno riconosciuto in noi dei membri della stessa specie, uomini come loro. Però, noi non abbiamo risposto nel modo in cui avrebbero dovuto rispondere i membri della loro specie. Noi abbiamo ignorato le risposte, il diritto e l’obbligo della non violenza. Abbiamo ucciso, violato, disperso e messo in schiavitù gli umani locali, distrutto le loro comunità e abbattuto le loro foreste. Non sarebbe affatto strano se avessero deciso che non siamo umani.

— E che pertanto possiamo essere uccisi, come gli animali, sì, sì — disse il Cetiano, godendosi quella logica; ma invece la bianca faccia di Lepennon era rigida come il marmo.

— Schiavitù? — domandò.

— Il capitano Lyubov esprime le sue opinioni personali e le sue teorie — disse il colonnello Dongh — e io sento il dovere di far rilevare che le considero probabilmente erronee, e che io e lui abbiamo già discusso in precedenza questo tipo di cose, anche se esse non riguardano il presente contesto.

"Noi non abbiamo schiavi, signore. Alcuni dei nativi svolgono un utile ruolo nella nostra comunità. I Corpi di Lavoro Autoctono Volontario tanno parte di tutti i nostri accampamenti, a eccezione di quelli provvisori. Abbiamo personale estremamente limitato per svolgere il nostro compito, ci occorrono operai e impieghiamo tutti quelli che possiamo avere, ma non su una base che possa venire chiamata schiavitù, no di certo."

Lepennon stava per dire qualcosa, ma lasciò la parola al Cetiano, che si limitò a dire: — Quanti di ciascuna razza?

Gosse rispose: — Duemilaseicentoquarantun terrestri, oggi. Io e Lyubov valutiamo che la popolazione degli indigeni locali sia di circa tre milioni.

— Avreste dovuto considerare questi dati statistici, signori, prima di alterare le tradizioni locali! — disse Or, con una risatina antipatica, sebbene perfettamente genuina.

— Siamo armati adeguatamente, ed equipaggiati per resistere a qualsiasi tipo di attacco che potrebbe venire offerto da questi nativi — disse il colonnello. — Tuttavia, sia da parte della prima Missione Esplorativa, sia dal nostro gruppo di ricerca composto di specialisti diretti dal capitano Lyubov, c’è stata una concordanza di giudizi che ci ha fatto supporre che gli abitanti di New Tahiti fossero una specie primitiva, innocua, pacifica. Ora questa informazione era ovviamente sbagliata…

Or interruppe il colonnello: — Ovviamente! Voi ritenete che la specie umana sia primitiva, innocua e pacifica, colonnello? No. Ma voi sapevate che i nativi di questo pianeta sono umani? Altrettanto umani quanto voi stesso o me, o Lepennon, dato che proveniamo tutti dallo stesso ceppo originale Hainita?

— Questa è la teoria scientifica, ho sentito dire.

— Colonnello, è la realtà storica!

— Non sono tenuto ad accettarla come una realtà — disse il vecchio colonnello, accalorandosi — e non mi piace che le opinioni mi vengano imposte dagli altri. Il fatto è che questi creechie sono alti un metro, sono coperti di pelo verde, non dormono mai e non sono quindi degli esseri umani, secondo il mio modo di giudicare!

— Capitano Davidson — disse il Cetiano — voi ritenete che i nativi siano umani, oppure no?

— Non saprei.

— Eppure voi avete avuto un rapporto sessuale, con una nativa… la moglie di questo Selver. Sareste disposto ad avere un rapporto sessuale con la femmina di un animale? E il resto di voi?

Fissò il colonnello arrossato in viso, i maggiori intenti a lanciare occhiatacce, i capitani lividi, gli specialisti servili. Sul suo volto si compose il disprezzo: — Voi non avete riflettuto fino in fondo su queste cose — disse.

Nel suo modo di pensare, la frase costituiva un insulto brutale.

Il comandante della Shackleton riuscì infine a recuperare qualche parola dall’abisso del silenzio e dell’imbarazzo.

— Dunque, signori, la tragedia di Campo Smith pare chiaramente legata all’intero rapporto tra colonia e nativi, e non si tratta affatto di un episodio insignificante o isolato. Questo è ciò che dovevamo determinare. Stando così le cose, possiamo dare un certo contributo, mirante all’alleggerimento dei vostri problemi locali. Lo scopo principale del nostro viaggio non era quello di far scendere qualche centinaio di ragazze, anche se so benissimo che le attendevano con ansia, ma di giungere a Prestno, che ha delle difficoltà, per dare al locale governo un ansible. Vale a dire un trasmettitore istantaneo di comunicazioni.

— Che? — esclamò Sereng, un ingegnere. Tutti gli sguardi si fissarono sul comandante.

— Quello che abbiamo a bordo è uno dei primi modelli, e costava il prodotto annuale di un pianeta, più o meno. Naturalmente, lo costava 27 anni fa, tempo planetario, quando abbiamo lasciato la Terra. Oggi li costruiscono in modo relativamente economico; sono equipaggiamento standard per le navi della Marina; e nel corso normale degli avvenimenti, una nave, automatica o con equipaggio umano, arriverebbe qui da voi per darne uno alla vostra colonia. Anzi, in realtà si tratta di una nave dell’Amministrazione, con equipaggio umano, che è già in viaggio e che arriverà qui tra 9,4 anni terrestri, se ricordo bene.

— Come potete dirlo? — chiese qualcuno, dando così l’imbeccata al comandante Yung, che rispose con un sorriso: — L’ho saputo per mezzo di un ansible; l’apparecchio di bordo. Signor Or, è stato il vostro popolo a inventare lo strumento; forse desiderate spiegarlo a quelli di noi che non hanno familiarità con il termine.

Il Cetiano non si addolcì.

— Non cercherò di spiegare il principio di funzionamento dell’ansible ai presenti — disse. — Il suo effetto può essere espresso semplicemente: la trasmissione istantanea di un messaggio, superando qualsiasi distanza. Uno dei due elementi deve essere situato su un corpo di grande massa, l’altro può trovarsi in un punto qualsiasi del cosmo. Fin dal suo arrivo in orbita, la Shackleton è stata in quotidiana comunicazione con la Terra, che ora dista ventisette anni-luce. Il messaggio non richiede cinquantaquattro anni per la trasmissione e la risposta, come nel caso di uno strumento elettromagnetico. Non richiede tempo. Non c’è più lo iato temporale tra i pianeti.

— Non appena siamo usciti dalla dilatazione temporale della navigazione ultra-luce e ci siamo immersi nello spazio-tempo, qui, abbiamo fatto, si potrebbe dire, una telefonata a casa — continuò il comandante, con la sua voce pacata. — E ci è stato riferito ciò che è accaduto nel corso dei ventisette anni da noi trascorsi in viaggio. Rimane lo iato temporale per i corpi solidi, ma non per l’informazione. Come voi signori potete capire, ciò è altrettanto importante per noi, intesi come specie interstellare, quanto lo fu il linguaggio stesso, all’inizio della nostra evoluzione. Avrà lo stesso effetto: rendere possibile una società.

— Io e il signor Or abbiamo lasciato la Terra ventisette anni fa, come Legati per i nostri rispettivi governi, Tau II e Hain — disse Lepennon. La sua voce era ancora civile e gentile, ma da essa era fuggito ogni calore. — Quando siamo partiti, si parlava della possibilità di costituire una sorta di lega tra i mondi civili, ora che la comunicazione era possibile. La Lega dei Mondi oggi esiste. Esiste da diciotto anni. Io e il signor Or siamo ora Emissari del Consiglio della Lega, e perciò abbiamo taluni poteri e talune responsabilità che non avevamo quando abbiamo lasciato la Terra.

I tre dell’astronave continuavano a dire queste cose: esiste un comunicatore istantaneo, esiste un supergoverno interstellare… Credeteci o no. Erano in combutta, e mentivano. Il pensiero attraversò la mente di Lyubov; lui lo valutò, decise che era un sospetto ragionevole, ma privo di giustificazioni, un meccanismo di difesa, e rinunciò a esso. Alcuni dei militari, però, abituati a dividere in compartimenti il loro modo di pensare, specialisti nell’autodifesa, avrebbero accettato senza esitazione quel sospetto, così come lui l’aveva rifiutato. Dovevano pensare che chiunque rivendicasse di possedere una nuova, improvvisa autorità fosse un bugiardo o un cospiratore. Un riflesso non meno condizionato di quello di Lyubov, al quale era stato insegnato a tenere aperta la propria mente, lo volesse o no.

— Dobbiamo accettare tutto… tutto questo sulla vostra semplice parola, signore? — disse il colonnello Dongh, con dignità e trepidazione; infatti, troppo ottuso di mente per compartimentizzare in modo chiaro, sapeva di non dover credere a Lepennon, Or e Yung, ma credeva alle loro parole e ne era allarmato.

— No — disse il Cetiano. — Non ce n’è più bisogno. Una colonia come questa doveva credere a ciò che le dicevano le navi di passaggio e messaggi radio ormai superati. Ora non dovrete più credere. Potete controllare. Intendiamo darvi l’ansible destinato a Prestno. Abbiamo dalla Lega l’autorità di farlo. Autorità ricevuta, naturalmente, per mezzo di ansible.

"La vostra colonia, qui, è molto mal messa. Peggio di quanto mi fossi raffigurato dai vostri rapporti. I vostri rapporti sono molto incompleti; la censura o la stupidità devono essere state all’opera. Ora, comunque, voi avrete l’ansible, e potrete parlare con la vostra Amministrazione Terrestre; potrete chiedere ordini, per sapere come procedere.

"Dati i profondi cambiamenti che sono avvenuti nell’organizzazione del Governo Terrestre da quando noi siamo partiti, vi raccomando di mettervi subito in contatto. Non ci sono più scuse per agire in base a ordini superati dal tempo; non ci sono più scuse per l’ignoranza; per l’autonomia irresponsabile."

Acido, il Cetiano, e, come il latte, acido rimaneva. Il signor Or si stava comportando da prepotente, e il comandante Yung avrebbe dovuto farlo star zitto. Ma poteva davvero? Che grado aveva un "Emissario del Consiglio della Lega dei Mondi"? Chi comanda, qui, si chiese Lyubov, e anche lui provò un brivido di paura. Gli era tornato il mal di capo, sotto forma di un senso di costrizione, una sorta di stretta fascia, serrata intorno alle tempie.

Fissò, all’altro capo del tavolo, le mani bianche dalle dita lunghe di Lepennon, che giacevano immobili, la destra sulla sinistra, sul legno nudo e lucido del tavolo. La pelle bianca era un difetto per i gusti estetici di Lyubov, formatisi sulla Terra, ma la serenità e la forza di quelle mani gli piacevano.

Per gli Hainiti, si diceva, la civiltà veniva in modo naturale. L’avevano da tanto tempo. Vivevano la vita socio-intellettuale con la grazia di un gatto che va a caccia in un giardino, con la sicurezza di una rondine che insegue l’estate sul mare. Erano esperti. Non avevano mai bisogno di posare, di fingere. Essi erano ciò che erano. Nessuno sembrava accomodarsi altrettanto bene entro la pelle dell’uomo. A eccezione, forse, dei piccoli ometti verdi? I creechie devianti, nani, iper-adattati, stagnanti, che altrettanto assolutamente, altrettanto onestamente, altrettanto serenamente erano ciò che erano…

Un ufficiale, Benton, chiedeva a Lepennon se lui e Or fossero su quel pianeta come osservatori per la (esitò) Lega dei Mondi, e se rivendicassero l’autorità di…

Lepennon lo interruppe educatamente: — Siamo osservatori, qui, privi del potere di comando, solo autorizzati a fare rapporto. Voi continuate a dover rispondere solamente al vostro governo sulla Terra.

Il colonnello Dongh disse, sollevato: — Allora non c’è nulla di sostanzialmente diverso…

— Voi dimenticate l’ansible — intervenne Or. — Vi istruirò sul suo funzionamento, colonnello, non appena sarà terminata questa seduta. Quindi potrete consultarvi con la vostra Amministrazione Coloniale.

— Poiché il vostro attuale problema è piuttosto urgente — disse il comandante Yung — e poiché la Terra è ora un membro della Lega e potrebbe avere cambiato qualche punto del Codice Coloniale negli ultimi anni, il suggerimento del signor Or è giusto e opportuno. Dovremmo essere molto riconoscenti al signor Or e al signor Lepennon per la loro decisione di dare a questa colonia terrestre l’ansible destinato a Prestno. La decisione è stata vostra, io non posso che unirmi. Ora resta solo da prendere un’ultima decisione, e questa devo prenderla io, servendomi come guida del vostro giudizio. Se voi pensate che la colonia sia in imminente pericolo di ulteriori e più massicci attacchi da parte dei nativi, io posso trattenere qui la mia nave per una settimana o due, come arsenale difensivo; posso anche evacuare le donne. Ancora nessun bambino, vero?

— No, signore — disse Gosse. — Quattrocentottantadue donne, adesso.

— Bene, ho spazio per trecentottanta passeggeri, e con un po’ di affollamento ne potrei accogliere altri cento; la massa aggiunta porterebbe a un allungamento del viaggio di ritorno… un anno, circa… ma la cosa è fattibile. Purtroppo, questo è tutto ciò che posso fare. Dobbiamo continuare il viaggio verso Prestno, la stella più vicina, come loro sanno, a 1,8 anni-luce di distanza. Ci fermeremo nuovamente qui nel corso del viaggio di ritorno alla Terra, ma da oggi ad allora passeranno almeno tre anni terrestri e mezzo. Potete resistere per questo tempo?

— Certo — disse il colonnello, e gli altri fecero eco. — Ora siamo avvisati e non ci faremo più cogliere di sorpresa.

— E viceversa — intervenne il Cetiano — potranno gli abitanti nativi resistere per altri tre anni terrestri e mezzo?

— Sì — disse il colonnello.

— No — disse Lyubov. Aveva continuato a tener d’occhio la faccia di Davidson, e una sorta di panico si era impadronita di lui.

— Colonnello? — disse Lepennon, educatamente.

— Siamo qui da quattro anni, ormai, e i nativi prosperano. C’è spazio a sufficienza, e più che a sufficienza, per tutti noi; come potete vedere, il pianeta è fortemente sottopopolato, e l’Amministrazione non avrebbe dato il nulla-osta a fini di colonizzazione se non fosse nelle condizioni in cui è. Quanto poi all’eventualità che qualcuno si sia messo in testa delle idee, non ci faremo cogliere una seconda volta fuori guardia: siamo informati della natura di questi indigeni, e siamo bene armati e capaci di difenderci, ma non abbiamo in programma alcuna rappresaglia.

"Sono espressamente proibite dal Codice Coloniale, anche se non so che leggi nuove possa avere emesso il nuovo governo; noi, comunque, ci limiteremo a seguire le leggi che conosciamo, come abbiamo sempre fatto, ed esse chiaramente disapprovano le ritorsioni in massa o il genocidio.

"Non manderemo alcun messaggio di richiesta di aiuto: dopotutto, una colonia a 27 anni-luce dalla madrepatria parte già con l’idea di essere lasciata a se stessa, anzi di essere del tutto autosufficiente, e non vedo come il comunicatore istantaneo possa cambiare ciò, dato che le navi e gli uomini e il materiale devono in ogni caso viaggiare tuttora a velocità prossime a quella della luce. Noi ci limiteremo a spedire alla Terra il legname, e a prenderci cura di noi stessi. Le donne non corrono alcun pericolo."

— Signor Lyubov? — disse Lepennon.

— Siamo qui da quattro anni. Non so se la cultura umana nativa riuscirà a sopravvivere per altri quattro. E per quanto riguarda l’ecologia del territorio nel suo complesso, sono certo che Gosse sarà d’accordo con me se dirò che abbiamo rovinato irrimediabilmente i biosistemi locali su una grande isola, abbiamo arrecato gravi danni a questo subcontinente Sornol, e se continueremo a disboscare al ritmo presente potremo ridurre le principali terre abitabili a un deserto nel giro di dieci anni. E questa non è colpa del Quartier Generale o dell’Ufficio Foresteria della colonia: essi si sono limitati a seguire un Piano di Sviluppo preparato sulla Terra senza una sufficiente conoscenza del pianeta da sfruttare, dei suoi bio-sistemi, o dei suoi abitanti umani indigeni.

— Signor Gosse? — chiese la voce educata.

— Be’, Raj, hai un po’ esagerato la situazione. Non si può negare che l’Isola Discarica, che è stata eccessivamente disboscata in diretta trasgressione alle mie istruzioni, è una perdita secca. Se più di una certa percentuale della foresta viene tagliata su una certa area, allora l’erba-fibra non ricresce, dovete sapere, signori, e il sistema di radici dell’erba-fibra è il principale legante del suolo disboscato; senza di esso, il suolo diviene polveroso e viene portato via molto rapidamente dall’erosione del vento e delle piogge fitte.

"Ma non posso unirmi all’affermazione che le nostre direttive di base siano sbagliate, purché vengano seguite scrupolosamente. Queste direttive sono basate su uno studio attento del pianeta. Noi abbiamo avuto un notevole successo, qui alla Centrale, seguendo il Piano: l’erosione è minima, e il terreno disboscato è ben coltivabile. Tagliare una foresta, dopotutto, non significa certamente fare un deserto… salvo forse che dal punto di vista di uno scoiattolo.

"Non possiamo prevedere con precisione come gli organismi viventi della foresta si adatteranno al nuovo ambiente di boschi, praterie, terreno coltivato previsto dal Piano di Sviluppo, ma sappiamo che ci sono buone possibilità di un’alta percentuale di adattamento e di sopravvivenza."

— È esattamente ciò che diceva dell’Alaska il Ministero per la Gestione del Suolo nel corso della Prima Carestia — disse Lyubov. Gli si era chiusa la gola, e la voce gli uscì dalle labbra con un timbro acuto e stridulo. Aveva fatto affidamento su Gosse come sostenitore. — Quanti abeti alaskani avete visto nella vostra vita, Gosse? O gufi delle nevi? O lupi? O eschimesi? La percentuale di sopravvivenza delle specie native d’Alaska nel loro habitat, dopo quindici anni di Programma di Sviluppo, era dello 0,3 per cento. Oggi è zero.

"L’ecologia forestale è delicata. Se la foresta muore, la sua fauna può morire con essa. La parola Athshiana per mondo è anche la parola che significa foresta. Io sostengo, comandante Yung, che anche se la colonia non corre forse immediati pericoli, li corre invece il pianeta…"

— Capitano Lyubov — disse il vecchio colonnello — non è corretto che questo tipo di ipotesi sia direttamente comunicato da ufficiali specialisti dello staff a ufficiali di altri rami del servizio: esse devono venire rimesse al giudizio degli ufficiali superiori della Colonia, e io non posso tollerare ulteriori tentativi come questo di fornire opinioni senza previa autorizzazione.

Colto fuori guardia dal suo stesso scoppio, Lyubov fece le scuse e cercò di apparire calmo. Se solamente non avesse perso le staffe, se la sua voce non fosse divenuta debole e stridula, se fosse stato più sicuro di sé…

Il colonnello continuò: — Ci pare evidente che voi avete fornito una valutazione gravemente erronea sull’indole pacifica e l’inaggressività dei nativi, e poiché noi contavamo su questa descrizione specialistica dei nativi come razza non aggressiva abbiamo lasciato aperta la porta alla terribile tragedia di Campo Smith, capitano Lyubov. Perciò penso che qualche altro specialista in forme viventi intelligenti dovrà ora studiarle, perché evidentemente le vostre teorie erano fondamentalmente sbagliate in una qualche misura.

Lyubov si prese il colpo senza batter ciglio. Facciamo vedere agli uomini dell’astronave che ci passiamo la colpa l’uno all’altro, come la castagna che scotta: meglio così. Maggiori dissensi mostriamo, più probabile diventa che questi Emissari ci facciano fermare e sorvegliare. E anche lui era da biasimare; anche lui si era sbagliato. Al diavolo il mio orgoglio, purché il popolo della foresta abbia una possibilità di salvezza, pensò Lyubov, e un senso così forte della propria umiliazione, un tale desiderio di sacrificio si alzarono in lui, che agli occhi gli spuntarono le lacrime.

Si accorse che Davidson lo fissava.

Si raddrizzò rigidamente, con il sangue che gli arrossava il viso, le tempie che martellavano. Non voleva farsi prendere in giro da quel porco di Davidson. Non poteva permetterselo. Possibile che Or e Lepennon non riuscissero a vedere che tipo di persona fosse Davidson, e quanto potere avesse laggiù, mentre i poteri di Lyubov, definiti "di consulenza", erano una semplice presa in giro?

Se si fossero lasciati procedere i coloni senza altri controlli che una super-radio, il massacro di Campo Smith si sarebbe trasformato quasi certamente in scusa per una sistematica aggressione contro i nativi. Uno sterminio batteriologico, assai probabilmente. La Shackleton avrebbe fatto ritorno in capo a tre anni e mezzo o quattro anni a "New Tahiti" e avrebbe trovato una prospera colonia terrestre, senza alcun Problema Creechie. Totalmente spariti. Peccato, l’epidemia, abbiamo preso ogni precauzione richiesta dal Codice Coloniale, ma si dev’essere trattato di una qualche sorta di mutazione, non avevano resistenza naturale, ma siamo riusciti a salvarne un gruppo, trasferendoli alle Isole New Falkland, nell’emisfero meridionale; ora se la passano bene, tutti e sessantadue…

La riunione non durò molto più a lungo. Quando ebbe termine, Lyubov si alzò in piedi e si curvò sul tavolo, verso Lepennon: — Dovete dire alla Lega di fare qualcosa per salvare la foresta, il popolo della foresta — mormorò in tono quasi inudibile, con la gola serrata. — Dovete farlo, vi prego dovete farlo.

L’Hainita lo fissò negli occhi; il suo sguardo era riservato, gentile, e profondo come un pozzo. Non disse nulla.

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