Qualcuno scrollò il braccio di Shalon. Era Sarene, e l’Aes Sedai le stava parlando. «È qui dentro,» disse Sarene «nella Sala delle Consigliere. Sotto la cupola.» Ritraendo la mano, trasse un respiro profondo e raccolse le sue redini. «È ridicolo pensare che l’effetto sia peggiore solo perché siamo vicine,» borbottò «ma la sensazione è quella.»
Shalon si riscosse con uno sforzo. Il senso di vuoto non sarebbe andato via, ma lei si costrinse a ignorarlo. Ciò nonostante, in effetti si sentiva come un frutto privato del torsolo. Erano in un’enorme piazza lastricata di pietra bianca. Al centro si ergeva un grande palazzo, una struttura rotonda tutta bianca tranne l’alta cupola azzurra in cima. Massicce colonne scanalate circondavano i due livelli superiori sotto la cupola, e un costante flusso di persone scorreva su e giù dalle ampie scale di pietra che conducevano su ambo i lari fino al secondo livello. Eccetto un paio di alti portoni di bronzo ad arco spalancati direttamente davanti a loro, il livello inferiore era tutto di pietra bianca scolpita con donne con diademi grandi più del doppio del normale e, fra loro, fascine di grano e rotoli di stoffa le cui estremità parevano increspate dal vento, e pile di lingotti che potevano stare a rappresentare oro, argento, ferro o forse tutti e tre, e sacchi da cui si rovesciavano quelle che sembravano gemme e monete. Fra i piedi delle donne, nella pietra erano sbalzate figure molto più piccole che guidavano carri e operavano forge e telai in una striscia continua. Queste persone avevano eretto un monumento per decantare il loro successo nel commercio. Questo era insensato. Quando la gente decideva che qualcuno era migliore di loro nel commercio, non solo diventava gelosa, ma si faceva ostinata e pretendeva transazioni irrisorie. E alle volte non si aveva alternativa all’accettare.
Si rese conto che Harine la stava guardando accigliata e si raddrizzò sulla sella. «Perdonami, Maestra delle Onde» disse. La Fonte era svanita, ma sarebbe tornata — certo che sarebbe tornata! — e lei aveva i suoi compiti. Si vergognava di aver ceduto alla paura, tuttavia la sensazione di vuoto rimase. Oh, Luce, il vuoto! «Sto meglio, ora. Me la caverò meglio, d’ora in poi.» Harine si limitò ad annuire, ancora accigliata, e il cuoio capelluto di Shalon le pizzicò. Quando Harine non impartiva un’attesa ramanzina, era perché intendeva fare peggio più tardi.
Cadsuane cavalcò dritto attraverso la piazza e fra i cancelli aperti della Sala delle Consigliere fino a un’ampia stanza dall’alto soffitto che sembrava il cortile di una stalla interna. Una dozzina di uomini in giacca blu, accovacciati accanto a una portantina con una spada e una mano dorate dipinte sulle porte, quando loro entrarono sollevarono lo sguardo sorpresi. Lo stesso fecero degli uomini in vesti blu che stavano togliendo i finimenti alla muta di cavalli di una carrozza col sigillo di spada e mano, e quelli che spazzavano il pavimento di pietra con grossi scopettoni. Altri due stallieri stavano conducendo dei cavalli lungo un ampio corridoio che emanava odore di fieno e letame.
Un uomo grassoccio di mezz’età dalle guance lisce si avvicinò affrettandosi sul lastricato, facendo dondolare la testa in piccoli inchini e sfregandosi le mani. Mentre gli altri uomini tenevano i lunghi capelli legati alla nuca, i suoi erano fissati con un piccolo fermaglio d’argento e la sua giacca blu pareva di lana di buona qualità con spada e mano ricamate sulla sinistra del petto. «Perdonatemi,» disse con un sorriso viscido «ma, senza offesa, temo che abbiate sbagliato direzione. Questa è la Sala delle Consigliere, e...»
«Di’ alla Prima Consigliera Barsalla che Cadsuane Melaidhrin è qui per vederla» lo interruppe Cadsuane smontando.
Il sorriso dell’uomo si trasformò in una smorfia e lui sgranò gli occhi.
«Cadsuane Melaidhrin? Pensavo che fossi...» Tagliò corto all’improvvisa occhiataccia di lei, poi tossì coprendosi con la mano e riassunse il suo smaccato sorriso. «Perdonami, Cadsuane Sedai. Permetterai che mostri a te e ai tuoi compagni una sala d’attesa dove vi possa essere dato il benvenuto mentre io informo la Prima Consigliera?» I suoi occhi si spalancarono un poco quando osservò i compagni. Era chiaro che anche lui era in grado di riconoscere delle Aes Sedai, almeno in un gruppo. Sbatté le palpebre quando vide Shalon e Harine, ma aveva autocontrollo per essere un terricolo. Non rimase a bocca aperta.
«Ti permetterò di correre a dire ad Aleis che sono qui quanto più rapidamente le gambe ti consentono, ragazzo» replicò Cadsuane slacciandosi il mantello e gettandolo sulla sella. «Dille che sarò nella cupola e che non ho tutto il giorno. Be’? Su!» Questa volta il sorriso dell’uomo non venne meno; si fece smorto, invece, ma esitò solo un momento prima di partire in una folle corsa sbraitando agli stallieri di venire a prendere i loro cavalli. Cadsuane l’aveva scacciato dalla sua attenzione non appena aveva terminato di dargli ordini, comunque. «Verin, Kumira, voi due venite con me» annunciò svelta. «Merise, tieni tutti quanti insieme e pronti finché io... Manna, torna indietro e smonta. Alanna!» Con riluttanza Alanna fece girare la sua cavalcatura dai portoni e scese a terra con un’espressione imbronciata. Il suo magro Custode, Ihvon, la osservava con aria ansiosa. Cadsuane sospirò come se la sua pazienza fosse quasi al minino. «Siediti su di lei se serve a tenerla qui, Merise» disse, porgendo le sue redini a uno stalliere piccolo e magro. «Voglio che tutti siano pronti a partire quando avrò finito con Aleis.» Merise annui e Cadsuane si voltò verso lo stalliere. «Gli serve solo un po’ d’acqua» disse, dando al suo cavallo una pacca affettuosa.
«Non l’ho fatto affaticare molto oggi.»
Shalon fu più che lieta di consegnare il proprio cavallo a uno stalliere senza istruzioni. Non le sarebbe importato se avesse ucciso quella creatura. Non sapeva quanto aveva cavalcato così stordita com’era, ma le pareva di essere stata su quella sella per ogni miglio delle centinaia di leghe fino a Cairhien, quante fossero. Si sentiva la carne sgualcita quanto i vestiti. All’improvviso si rese conto che il bel faccino di Jahar non era fra gli altri uomini. Il Custode di Verin, Tomas, un uomo tarchiato e brizzolato con l’aspetto duro come gli altri, stava conducendo il grigio animale da soma pezzato che era stato di Jahar. Dov’era andato il giovane? Di certo Merise non appariva preoccupata dalla sua assenza.
«La Prima Consigliera» borbottò Harine, lasciando che Moad l’aiutasse a scendere. Si muoveva in modo rigido come Shalon. Lui non aveva fatto che balzar giù dal suo cavallo. «È una donna importante qui, Sarene?»
«Si può dire che sia la governante di Far Madding, anche se le altre Consigliere la chiamano prima fra eguali, qualunque cosa voglia dire.»
Consegnando la propria cavalcatura a uno stalliere, Sarene non pareva affatto sgualcita. Forse prima era stata scombussolata per questo ter’angreal che sottraeva la Fonte, ma ora era tutta freddo distacco, come una statua di ghiaccio. Lo stalliere incespicò nei suoi stessi piedi guardandola in faccia.
«Una volta la Prima Consigliera assisteva le regine di Maredo, ma dalla... dissoluzione... di Maredo, molte Prime Consigliere si sono considerate le naturali eredi delle governanti di Maredo.»
Shalon sapeva che la sua conoscenza della storia dei terricoli era incerta quanto quella della geografia lontano dalla costa, ma non aveva mai sentito di alcuna nazione chiamata Maredo. Era abbastanza per Harine, però. Se la Prima Consigliera governava qui, la Maestra delle Onde del clan Shodein doveva incontrarla. Era il minimo, considerata la carica di Harine. Barcollò con determinazione nel cortile verso Cadsuane.
«Oh, sì» disse l’insopportabile Aes Sedai prima che Harine potesse solo aprire la bocca. «Anche tu verrai con me. E tua sorella. Il tuo Maestro della Spada penso di no, però. Un uomo nella cupola sarebbe già abbastanza inappropriato, ma un uomo con una spada potrebbe far cadere a terra le Consigliere in preda agli spasmi. Hai qualche domanda, Maestra delle Onde?» Harine richiuse la bocca con un udibile schiocco di denti. «Bene» mormorò Cadsuane. Shalon brontolò. Questo non stava migliorando il malumore di sua sorella nemmeno un poco. Cadsuane le condusse lungo ampi corridoi piastrellati di blu, illuminati da lampade su supporti dorati con specchi scintillanti in cui pendevano vivaci drappeggi; servitori in blu prima le guardavano sorpresi, poi facevano rapide riverenze da terricoli mentre passavano. Lei li guidò su per lunghe, ripide rampe di scale di pietra bianca sospese senza sostegni tranne dove toccavano una pallida parete, cosa che non facevano spesso. Cadsuane scivolava come un cigno, ma a una velocità tale che le gambe indolenzite di Shalon cominciarono ad avvampare. Il volto di Harine era irrigidito in una maschera di legno, per nascondere la fatica di salire velocemente le scale. Perfino Kumira sembrava un poco sorpresa, anche se l’andatura di Cadsuane non le causava alcuno sforzo apparente. La rotondeggiante piccola Verin arrancava al fianco di Cadsuane, voltandosi di tanto in tanto per sorridere verso Harine e Shalon. Talvolta Shalon pensava di odiare Verin, ma non c’era dispetto o divertimento in quei sorrisi, solo incoraggiamento. Cadsuane le condusse su per un’ultima rampa di scale a spirale, racchiusa da pareti, e all’improvviso si trovarono su una balconata con un’intricata ringhiera di metallo dorato che correva tutt’intorno... Per un momento, Shalon rimase a bocca aperta. Sopra di lei si ergeva un’arcuata cupola blu alta cento piedi o più al suo culmine. Non aveva altro sostegno che la sua stessa struttura. La sua ignoranza dei terricoli si estendeva all’architettura: in effetti, oltre alla geografia e alla storia — e alle Aes Sedai — era quasi completa, tranne forse per Cairhien. Sapeva come disegnare i progetti per un perlustratore e seguirne la costruzione, ma non riusciva nemmeno a immaginare come costruire una struttura di questo genere. Delle porte ad arco incorniciate di pietra bianca, come quella attraverso cui erano entrate, indicavano scale in altri tre posti attorno alla lunga balconata, ma erano sole e questo sembrava soddisfare Cadsuane, anche se l’unica cosa che fece fu annuire fra sé e sé. «Kumira, mostra alla Maestra delle Onde e a sua sorella il guardiano di Far Madding.» La sua voce riecheggiò flebile all’interno della vasta cupola. Portò Verin con sé a poca distanza e le due avvicinarono le teste. Non ci fu alcun’eco di quello che si sussurrarono.
«Devi perdonarle» disse piano Kumira ad Harine e a Shalon. Perfino quello produsse un lieve suono, anche se non proprio un’eco. «Pace, ma questo dev’essere imbarazzante, perfino per Cadsuane.» Si passò le dita fra i corti capelli castani e scosse la testa per rimetterli a posto. «Di rado le Consigliere sono felici di vedere delle Aes Sedai, specialmente Sorelle nate qui. Penso che preferirebbero fingere che il Potere non esista. Be’, la loro storia gli dà ragione, e per gli ultimi duemila anni hanno avuto i mezzi per sostenere quella finzione. A ogni modo, Cadsuane è Cadsuane. Di rado vede qualcuno pieno di sé e non decide di sgonfiarlo, anche quando magari indossa una corona. O il diadema di una Consigliera. La sua ultima visita fu oltre vent’anni fa, durante la Guerra Aiel, ma sospetto che quelle che se ne ricordano vorranno nascondersi sotto il letto quando verranno a sapere che è tornata.» Kumira fece un risolino divertito. Shalon non ci trovava nulla da ridere. Harine contrasse le labbra, ma sembrava come se avesse mal di pancia.
«Desiderate vedere il... guardiano?» proseguì Kumira. «Un nome buono quanto un altro, suppongo. Non c’è molto da vedere.» Si avvicinò con cautela alla ringhiera dorata e scrutò oltre come per paura di cadere, ma quegli occhi azzurri erano tornati a essere più intensi. «Darei qualunque cosa per studiarlo, ma è impossibile, ovviamente. Chissà cosa potrebbe essere in grado di fare oltre a quello che già conosciamo...» Il suo tono conteneva tanta meraviglia quanto rammarico.
Shalon non aveva paura dell’altezza, e si premette contro il metallo minuziosamente lavorato accanto alla Aes Sedai, volendo vedere questa cosa che aveva portato via la Fonte. Dopo un momento, Harine si unì a loro. Con gran sorpresa di Shalon, il dislivello che metteva a disagio Kumira era meno di venti piedi più in basso, un liscio pavimento di piastrelle blu e bianche che formavano un dedalo convoluto che aveva al centro un ovale rosso a due punte bordato di giallo. Sotto la balconata, tre donne in bianco sedevano su sgabelli disposti a uguale distanza attorno al bordo del pavimento, proprio contro la parete della cupola, e accanto a ogni donna un disco del diametro di un’intera spanna all’apparenza di cristallo appannato era stato fissato nel pavimento e decorato con un lungo cuneo sottile di cristallo limpido che puntava verso il centro della camera. Fasce di metallo circondavano i dischi caliginosi, contrassegnate come una bussola ma con scanalature minuscole fra quelle più grandi. Shalon non poteva esserne certa, ma la fascia più vicino a lei sembrava essere iscritta con numeri. Tutto qua. Nessuna sagoma mostruosa. Si era immaginata qualcosa di enorme e nero che risucchiava la luce. Serrò le mani sulla ringhiera per impedire che tremassero e bloccò le ginocchia per mantenersi immobile. Qualunque cosa ci fosse laggiù, aveva davvero rubato la Luce. Un fruscio di scarpette annunciò dei nuovi arrivi sulla balconata per la stessa porta che avevano attraversato, una dozzina di donne sorridenti con i capelli raccolti, in fluenti vesti di seta blu indossate sopra i loro abiti come giacche senza maniche, riccamente ricamate in oro e strascicate dietro di loro sul pavimento. Questa gente sì che sapeva come indicare il rango. Ogni donna indossava un grosso pendente con la forma di quell’ovale rosso bordato d’oro sospeso a una collana di pesanti anelli d’oro, e la stessa forma era ripetuta sul davanti di ogni stretto diadema dorato. Su una donna, gli ovali rossi non erano smaltati ma fatti di rubini, mentre zaffiri e pietre lunari nascondevano quasi il circoletto d’oro sulla fronte, e portava anche un pesante anello con sigillo all’indice destro. Era alta e solenne, i suoi capelli neri raccolti in una grossa crocchia pesantemente striata di bianco, anche se sul suo volto non c’erano rughe. Le altre erano alte, basse, grasse, magre, graziose e ordinarie, nessuna giovane, e ognuna di loro aveva attorno a sé un’aria di autorità, ma lei risaltava per altre ragioni oltre alle gemme. Compassione e saggezza riempivano i suoi grandi occhi scuri, e irradiava comando, non semplice autorità. A Shalon non occorreva che le venisse detto che si trattava della Prima Consigliera, ma la donna lo annunciò comunque.
«Sono Aleis Barsalla, Prima Consigliera di Far Madding.» La sua voce melliflua, profonda per una donna, sembrava emettere un proclama e attendere applausi. Il suono della sua voce che rimbalzava all’interno della cupola assomigliava a un’acclamazione. «Far Madding dà il benvenuto ad Harine din Togara Due Venti, Maestra delle Onde del clan Shodain, ambasciatore straordinario della Maestra delle Navi per gli Atha’an Miere. Che la Luce possa illuminarti e vederti prosperare. Il tuo arrivo allieta ogni cuore di Far Madding. Arrido all’opportunità di apprendere di più sugli Atha’an Miere, ma devi essere spossata dai rigori del tuo viaggio. Ho predisposto alloggi piacevoli per te nel mio palazzo. Quando avrai riposato e mangiato, potremo parlare; per nostro mutuo vantaggio, se così piace alla Luce.» Le altre allargarono le gonne delle loro vesti e fecero mezzi inchini. Harine inclinò lievemente la testa, una punta di soddisfazione nel suo sorriso. Qui, almeno, c’erano persone che le mostravano il rispetto appropriato. E molto probabilmente contribuiva il fatto che non fissassero a bocca aperta i gioielli suoi e di Shalon.
«Sembra che i messaggeri dalle porte siano veloci come sempre, Aleis» disse Cadsuane. «Nessun benvenuto per me?» Il sorriso di Aleis si affievolì per un momento e alcuni dei sorrisi delle altre svanirono del tutto mentre Cadsuane si spostava per mettersi accanto ad Harine. Quelli che restavano erano forzati. Una donna graziosa dal volto serio giunse addirittura ad accigliarsi.
«Ti siamo grati per aver portato qui la Maestra delle Onde, Cadsuane Sedai.» La Prima Consigliera non suonava particolarmente grata. Si erse in tutta la sua altezza e guardò dritto davanti a sé, oltre la testa di Cadsuane invece che verso di lei. «Sono sicura che potremo trovare qualche modo per dimostrarti la profondità della nostra gratitudine prima che tu te ne vada.»
Non avrebbe potuto rendere il suo congedo più chiaro, se non impartendo un ordine, ma l’Aes Sedai sorrise alla donna più alta. Non era esattamente un sorriso privo di contentezza, ma non era neanche minimamente divertito. «Potrei non andarmene per un po’, Aleis. Ti ringrazio per l’offerta di una sistemazione e accetto. Un palazzo sulle Alture è sempre preferibile perfino alla migliore locanda.» La Prima Consigliera sgranò gli occhi sbigottita, poi li strinse determinata.
«Cadsuane deve stare con me» disse Harine, riuscendo a non strozzare troppo la voce, prima che Aleis potesse parlare. «Dove lei non è la benvenuta, non lo sono nemmeno io.» Questa era stata parte del patto che le era stato imposto, se volevano accompagnare Cadsuane. Fra le altre cose, dovevano andare quando e dove lei diceva finché non si fossero riunite al Coramoor, e includerla in qualunque invito avessero ricevuto. Quest’ultima condizione era parsa poca cosa, al momento, specialmente a paragone del resto, ma era chiaro che la donna aveva saputo con esattezza il tipo di ricevimento che avrebbe ricevuto.
«Non occorre che tu ti avvilisca, Aleis.» Cadsuane si sporse verso la Prima Consigliera con aria di confidenza, ma non abbassò la voce. L’eco nella cupola amplificò le sue parole. «Sono sicura che tu non abbia più cattive abitudini da correggere a tutti i costi.»
Il volto della Prima Consigliera arrossì e, dietro le sue spalle, le altre Consigliere si scambiarono sguardi accigliati e interrogativi. Alcune la contemplarono come se la vedessero per la prima volta. Come ottenevano il rango e come lo perdevano? Oltre ad Aleis ce n’erano dodici, di certo una coincidenza, ma le Prime Dodici fra le Maestre delle Vele di un clan sceglievano la Maestra delle Onde, di solito una di loro, proprio come le Prime Dodici fra le Maestre delle Onde sceglievano la Maestra delle Navi. Questo era il motivo per cui Harine aveva accettato le parole di quella strana ragazza, perché lei faceva parte delle Prime Dodici. Per quello e per il fatto che due Aes Sedai avevano detto che la ragazza aveva visioni vere. Una Maestra delle Onde o perfino la Maestra delle Navi poteva essere deposta, anche se solo per cause ben precise come per evidente incompetenza o per aver perduto il senno, e le Prime Dodici dovevano pronunciarsi con parere unanime. Le cose sembravano andare diversamente fra i terricoli, e spesso in modo trascurato. Gli occhi di Aleis, ora fissi su Cadsuane, erano spaventati e pieni d’odio. Forse poteva sentire dodici paia di occhi sulla sua schiena. Le altre Consigliere la stavano soppesando. Ma se pure Cadsuane aveva scelto di immischiarsi con la politica di questo luogo, perché? E perché in modo tanto brusco?
«Un uomo ha appena incanalato» disse Verin all’improvviso. Non si era unita alle altre e stava scrutando oltre la ringhiera a dieci passi di distanza. La cupola trasportava la sua voce. «Avete avuto molti uomini che hanno incanalato di recente, Prima Consigliera?»
Shalon guardò giù e sbatté le palpebre. I cunei, che prima erano chiari, adesso erano neri e, invece di puntare verso il cuore della camera, in qualche modo si erano girati più o meno nella stessa direzione. Una delle donne laggiù era in piedi, e si piegava per studiare dove stava puntando il sottile cuneo nero lungo la fascia contrassegnata, mentre le altre due donne si stavano già precipitando verso una porta dalla sommità tondeggiante. All’improvviso Shalon comprese. La triangolazione era una materia semplice per qualunque Cercavento. Da qualche parte dietro quella porta c’era una mappa, e presto vi sarebbe stato indicato il punto dove l’uomo aveva incanalato.
«Per una donna sarebbe rosso, non nero» disse Kumira, quasi con un sussurro. Se ne stava un po’ scostata dalla ringhiera, ma la stava afferrando con entrambe le man, sporgendosi in avanti per scrutare la scena sottostante. «Avverte, individua e difende. E che altro? Le donne che l’hanno creato dovevano aver voluto di più, forse gli occorreva di più. Non sapendo cos’altro poteva essere incredibilmente pericoloso.» Lei non suonava spaventata, però. Eccitata, piuttosto.
«Un Asha’man, suppongo» disse Aleis con calma, distogliendo lo sguardo da Cadsuane. «Non possono impensierirci. Possono entrare liberamente in città, sempre che rispettino la legge.» Per quanto fosse calma, alcune delle donne dietro di lei ridacchiavano come mozzi per la prima volta fra i terricoli. «Perdonami, Aes Sedai. Far Madding ti dà il benvenuto. Temo di non conoscere il tuo nome, però.»
Verin stava ancora fissando il pavimento della cupola. Shalon lanciò un’altra occhiata oltre la ringhiera e sbatté le palpebre quando i sottili cunei neri... cambiarono. Un momento dopo erano neri e puntavano a nord, quello successivo erano limpidi e puntavano verso il centro del dedalo. Non ruotarono: prima erano in un modo, poi nell’altro.
«Tutte voi potete chiamarmi Eadwina» disse Verin. Shalon represse a malapena un sussulto. Kumira non batté nemmeno ciglio. «Ricordi la storia, Prima Consigliera?» proseguì Verin, senza alzare lo sguardo. L’assedio di Far Madding da parte di Guaire Amalasan durò solo tre settimane. «Una faccenda barbara, tutto sommato.»
«Dubito che vogliano sentir parlare di lui» disse Cadsuane bruscamente e, in effetti, per qualche ragione, più di una Consigliera parve a disagio. Per la Luce, chi era Guaire Amalasan? Il nome suonava vagamente familiare, ma Shalon non riusciva a collocarlo. Un qualche conquistatore terricolo, di certo. Aleis scoccò un’occhiata a Cadsuane, la sua bocca contratta in una smorfia. «La storia cita Guaire Amalasan come uno straordinario generale, Eadwina Sedai, forse secondo solo allo stesso Artur Hawkwing. Cosa te lo fa venire in mente?»
Shalon non aveva mai visto una delle Aes Sedai che viaggiavano con Cadsuane sfuggire ai suoi ammonimenti più casuali, tutte li accettavano senza indugio proprio come obbedivano ai suoi comandi, ma Verin stavolta non le diede retta. Non alzò lo sguardo. «Stavo solo pensando che non poteva usare il Potere, tuttavia schiacciò Far Madding come una prugna troppo matura.» La tarchiata Aes Sedai si fermò come se le fosse appena venuto in mente qualcosa. «Sai, il Drago Rinato ha eserciti a Illian e Tear, Andor e Cairhien. Per non parlare di decine di migliaia di Aiel. Davvero spietati, gli Aiel. Mi domando come tu possa essere così compiacente con questo Asha’man che si aggira qui attorno.»
«Penso che tu le abbia spaventate abbastanza» disse Cadsuane con fermezza. Verin si voltò infine dalla ringhiera dorata, i suoi occhi sgranati, un tondo uccello costiero sbigottito. Perfino le sue mani grassocce si agitavano come ali. «Oh. Io non intendevo... Oh, no. Penso che il Drago Rinato si sarebbe già mosso contro di voi se ne avesse avuto l’intenzione. No, io sospetto i Seanchan... Hai già udito di loro? Le notizie che riceviamo dall’Altara e ancora più a ovest sono davvero orribili. Sembrano spazzar via qualunque cosa gli si pari davanti. No, sospetto che loro abbiano più importanza per i suoi progetti che catturare Far Madding. A meno che tu non faccia qualcosa per suscitare la sua collera, ovviamente, o molestare i suoi seguaci. Ma sono sicura che sei troppo intelligente per fare una cosa del genere.» Parve davvero innocente. Ci fu dell’agitazione fra le Consigliere, l’increspatura provocata sulla superficie da un pesciolino mentre un pesce leone nuotava lì sotto.
Cadsuane sospirò, avendo chiaramente esaurito la pazienza. «Se vuoi discutere del Drago Rinato, Eadwina, devi farlo senza di me. Voglio lavarmi la faccia e bere tè caldo.»
La Prima Consigliera trasalì come se si fosse dimenticata dell’esistenza di Cadsuane, per quanto sembrasse incredibile. «Sì. Sì, certo. Cumere, Narvais, vorreste per cortesia scortare la Maestra delle Onde e Cadsuane Sedai a... al mio palazzo e provvedere alle loro necessità?» Quella lieve pausa fu l’unico segno di disagio che lasciò trasparire per il fatto di avere Cadsuane nella propria casa. «Desidero parlare ancora con Eadwina Sedai, se le aggrada.» Seguita dalla maggior parte delle Consigliere, Aleis si allontanò lungo la balconata. Verin parve all’improvviso allarmata e incerta mentre la prendevano con sé e se la trascinavano dietro. Shalon non credette alla sorpresa o al disagio più di quanto avesse creduto alla sua precedente innocenza. Pensava di sapere ora dove si trovava Jahar. Solo non sapeva perché.
Le donne che Aleis aveva nominato, quella graziosa che si era accigliata verso Cadsuane e una donna magra dai capelli grigi, presero la richiesta della Prima Consigliera come un comando, e forse lo era. Allargarono le vesti e fecero quei mezzi inchini, chiedendo ad Harine se le aggradava accompagnarle e annunciando con espressioni ampollose il loro piacere nello scortarla. Harine ascoltò stizzita. Potevano spargere canestri di petali di rosa sul suo cammino, se volevano, ma la Prima Consigliera l’aveva lasciata a delle sottoposte. Shalon si chiese se ci fosse qualche modo di evitare la sorella finché la sua collera non si fosse raffreddata.
Cadsuane non osservò Verin andarsene con Aleis, non apertamente, ma la sua bocca si incurvò in un debole sorriso quando svanirono attraverso la porta ad arco più vicina lungo la balconata. «Cumere e Narvais» disse bruscamente. «Sareste Cumere Powys e Narvais Maslin? Ho sentito qualcosa su di voi.» Questo distolse la loro attenzione da Harine. «Ci sono dei modelli a cui ogni Consigliera deve uniformarsi» proseguì Cadsuane fermamente, prendendole entrambe per una manica e facendole voltare verso le scale, una a ogni fianco. Scambiandosi occhiate preoccupate, loro glielo lasciarono fare, essendosi apparentemente dimenticate di Harine. Alla porta, Cadsuane si fermò per guardare indietro, ma non verso Harine o Shalon. «Kumira? Kumira!»
L’altra Aes Sedai ebbe un sussulto, e dopo aver fatto indugiare un’ultima occhiata oltre la ringhiera, si ritrasse per seguire Cadsuane. Il che non lasciò ad Harine e a Shalon altra opzione che seguirla a loro volta, o essere lasciate da sole a tentare di uscire. Shalon si affrettò dietro le altre, e Harine non fu meno rapida. Ancora tenendo le Consigliere ai suoi fianchi, Cadsuane fece strada giù per le scale a chiocciola, parlando a voce bassa. Con Kumira fra lei e le tre, Shalon non poteva udire nulla. Cumere e Narvais cercavano di parlare, ma Cadsuane non consentiva loro più di poche parole prima di ricominciare. Pareva calma, pratica. Le due con lei cominciarono a sembrare ansiose. Per la Luce, quali erano le intenzioni di Cadsuane?
«Questo posto ti turba?» chiese all’improvviso Harine.
«È come se avessi perso gli occhi.» Shalon rabbrividì per la verità di quell’affermazione. «Ho paura, Maestra delle Onde, ma, la Luce mi assista, riesco a controllarla.» Per la Luce, sperava di riuscirci. Ne aveva un disperato bisogno. Harine annuì, osservando accigliata le donne davanti a loro lungo le scale. «Non so se questo palazzo di Aleis abbia una vasca grande abbastanza perché possiamo fare il bagno insieme, e dubito che conoscano il vino al miele, ma troveremo qualcosa.» Distogliendo lo sguardo da Cadsuane e le altre, toccò in modo imbarazzato il braccio di Shalon. «Avevo paura da bambina, e tu non mi lasciavi mai sola finché la paura non passava. Nemmeno io ti lascerò sola, Shalon.»
Shalon fece un passo falso e riuscì appena a evitare di ruzzolare giù per le scale. Da quando era stata fatta Maestra delle Vele, Harine non aveva usato il suo nome se non in privato. E non era stata così amichevole in privato ancora da prima. «Grazie» disse, e con uno sforzo aggiunse: «Harine.» Sua sorella le diede un’altra pacca sul braccio e sorrise. Harine non era allenata a sorridere, ma quel goffo tentativo racchiudeva calore. Tuttavia non c’era calore nello sguardo che rivolse alle donne più avanti.
«Forse posso stipulare davvero un accordo, qui. Cadsuane ha già spostato il loro equilibrio tanto da spingerle sul bordo. Devi scoprire perché, Shalon, quando ti avvicini a lei. Vorrei infilare i canini di Aleis su una corda — allontanarsi da me senza neanche una parola! — ma non al prezzo di lasciare che Cadsuane metta il Coramoor in pericolo qui. Devi scoprirlo, Shalon.»
«Penso che Cadsuane si immischi con chiunque respiri,» replicò Shalon con un sospiro «ma tenterò, Harine. Farò del mio meglio.»
«Lo hai sempre fatto, sorella. Lo farai sempre. Lo so.»
Shalon sospirò di nuovo. Era troppo presto per mettere alla prova la profondità del rinnovato calore di sua sorella nei suoi confronti. Una confessione avrebbe potuto portarle o meno l’assoluzione, e non poteva convivere con la perdita del suo matrimonio e del suo rango in un colpo solo. Ma per la prima volta da quando Verin aveva esposto senza mezzi termini le condizioni affinché Cadsuane mantenesse il suo segreto, Shalon cominciò a prendere in considerazione l’ipotesi di una confessione.