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Immobile, Graham fissava stupito gli anelli della corda. All’improvviso i teschi e le tibie avevano assunto un aspetto di ironica perversità: le immense orbite vuote sembravano essersi colmate di mute risate ghignanti. Adesso non era più il caso di considerare gli innumerevoli resti come preziose vestigia, e la caverna della morte appariva ai due uomini in tutta la sua orribile realtà.

Graham si scosse da quella specie di letargo che l’aveva immobilizzato per lunghi secondi, e si avvicinò al cavo ammucchiato sopra la navicella.

«Vorrei che fosse soltanto un brutto sogno» mormorò Liska, inquieto. «Credete che abbia ceduto il gancio di sicurezza? Se è andata così, la corda può essersi srotolata a causa del suo stesso peso.»

«È possibile» rispose lo scienziato. «A meno che Thomas abbia fatto un movimento falso liberando lui stesso inavvertitamente il dispositivo di sicurezza.»

L’archeologo si chinò a raccogliere l’estremità della gomena e rimase a fissarla sconcertato.

«Che cosa ne pensate?» chiese l’assistente.

«Non capisco… Una cosa è certa, però: il gancio di sicurezza non ha ceduto.»

«È stata tagliata, allora?»

«Non direi» rispose Graham continuando a esaminare la corda. «Se questa fosse l’opera di un coltello, i due terzi circa dei fili avrebbero la stessa lunghezza, ma il rimanente sarebbe sfilacciato. Invece, come potete vedere, il taglio è netto, perfettamente regolare.»

Liska esaminò a sua volta l’estremità del cavo.

«Avete ragione» ammise poi. «È molto strano… non sembra trattarsi né di una rottura incidentale, né di un taglio di coltello.»

«Si direbbe quasi che la corda sia stata recisa da forbici enormi» osservò Graham continuando a rigirare la corda tra le mani, sempre più sbalordito.

«Ma come ha potuto succedere una cosa simile?»

«È inutile fare supposizioni adesso. Il nostro problema più importante è di trovare il sistema di uscire di qui.»

«È solo questione di tempo» disse Liska, calmo. «QuandoThomassi accorgerà di quanto è successo, preleverà un nuovo cavo dal camion, lo sistemerà sull’argano e ce lo manderà giù.»

«Ma noi non sappiamo cosa può essere successo là fuori. E se è capitato qualcosa a Thomas? Se lui fosse nell’impossibilità di aiutarci? Vi rendete conto che se gli è successo qualcosa di grave noi rischiamo di ammuffire quaggiù nell’attesa di un aiuto che non arriverà? No, Liska, la cosa migliore è ispezionare la caverna per vedere se c’è un’altra via d’uscita.»

«Mi sembra una buona idea.»

«Partiremo dalla parete più vicina al punto in cui abbiamo scavato e trovato quegli interessantissimi crani. Voi procederete a destra, io andrò a sinistra finché non ci incontreremo di nuovo. Può darsi che ci sia un’apertura da qualche parte. Forniamoci di candele e di fiammiferi per non esaurire le pile.»

Liska cominciò subito a esaminare il muro minuziosamente, spostando il più possibile le ossa e spingendo le sue ricerche fino ad un’altezza di trenta metri sopra di lui. Più in alto non arrivava lo sguardo alla luce incerta delle candele. Graham prese la direzione opposta, e ben presto perse di vista il suo assistente.

L’ammasso delle ossa era molto più alto nel centro della caverna e impediva la vista da un lato all’altro.

L’archeologo cercava sulla parete iscrizioni e simboli uguali a quelli della pietra che aveva loro permesso l’entrata in quella maledetta trappola, ma il muro rimaneva ostinatamente liscio. A più riprese batté col pugno, ma gli rispose sempre un suono cupo e pieno. Continuò a cercare con accanimento una fessura o una apertura qualsiasi.

Lo scienziato si sentiva doppiamente responsabile nei riguardi del giovane Liska, primo per averlo trascinato nella pericolosa avventura, secondo per non aver previsto la caduta del cavo che li poneva in una situazione assai precaria e alla mercé del caso. Di tanto in tanto dirigeva un fascio di luce verso l’alto, al centro della trappola, sperando di veder scendere verso la navicella una nuova corda inviata da Thomas.

La deprimente atmosfera che emanava dai macabri frammenti, l’aria immobile della tomba immane angosciavano maggiormente i due uomini vivi mettendo a dura prova i loro nervi.

Quando si ritrovarono, dopo aver compiuto ognuno il proprio mezzo giro della caverna, Liska era inginocchiato. Graham gli si avvicinò.

«Trovato qualcosa?» chiese.

«Non lo so ancora, ma direi di sì. Sotto i miei piedi le ossa hanno ceduto in questo punto, quasi il loro strato fosse meno compatto che altrove, così ho pensato che valesse la pena di scavare. E voi?»

«Niente. Nemmeno la più piccola apertura. Sono terribilmente deluso.»

«Perché?»

«Perché questa sarebbe la prima volta che incappo in un luogo con un solo accesso: quello da cui siamo entrati. Non si è mai verificato un caso simile nelle mie precedenti esplorazioni. Tutte le antiche costruzioni, e in particolar modo quelle funerarie, hanno più di un ingresso.»

Così dicendo Graham si inginocchiò accanto all’assistente e lo aiutò a scavare. Effettivamente in quel posto la coltre umana era meno spessa che altrove. Dopo un po’ levò dal mucchio alcune manciate di una materia strana e secca, poi si fermò per accendere un fiammifero e avvicinarlo al muro. La fiamma arse senza tremare.

«Non filtra nemmeno un filo d’aria» commentò cupamente.

«Alquanto scoraggiante, ma continuiamo.»

Seguitarono a ingrandire la buca fino a quando la mano di Liska trovò il vuoto.

«Ci siamo!» annunciò.

L’archeologo accese un secondo fiammifero, ma anche questa volta la fiamma rimase immobile soffocando sul nascere la speranza che le parole di Liska avevano ridestato.

«Siamo al punto di partenza! Evidentemente mi sono sbagliato» mormorò Liska. «Se non c’è aria, vuol dire che siamo finiti in un vicolo cieco.»

«È proprio quello che temo» disse Graham.

Nonostante la delusione, continuarono a scavare, spostando le ossa con precauzione per non provocare crolli sull’orlo della buca già piuttosto grande. Quando l’apertura fu abbastanza ampia per permettere il passaggio di un corpo, Graham vi introdusse la testa e il busto, e protendendosi in giù il più possibile diresse in basso il raggio della torcia elettrica.

Una decina di metri più lontano, attraverso un ammasso disordinato di ossa, gli apparve l’inizio di un tunnel che sembrava continuare all’infinito oltre la portata delle lampade.

«Ecco la risposa» disse. «In questo punto il cumulo di ossa ha uno spessore di circa trenta metri…» aggiunse spostandosi sul fianco per permettere a Liska di vedere a sua volta.

Liska si lasciò sfuggire un fischio significativo.

«Ma allora in questa caverna… Quanto credete che sia larga? Cento metri? Ci devono essere comunque centinaia di migliaia di scheletri!» disse.

Per quale scopo misterioso era stato creato un simile mausoleo? E chissà dove andava a finire il tunnel che si apriva sotto di loro come l’imponente arcata di una cattedrale.

«Siete disposto a calarvi qui sotto?» chiese l’assistente strappando Graham alle sue riflessioni.

«Certo, non dobbiamo trascurare le altre possibilità!»

«Giustissimo» disse Liska, pensoso. «Uno di noi dovrà restare qui nel caso che Thomas si decida finalmente a buttarci un altro cavo.» Fece una breve pausa, poi aggiunse: «Vedete, Graham, mi è sempre piaciuta l’avventura.»

«Già. Ed ecco la vostra ricompensa» rispose lo scienziato girando lo sguardo per la caverna.

«È stato solo un caso, noi non ne abbiamo colpa.»

«D’accordo. Ma non intendo che si ripetano casi simili. Rimanendo qui c’è sempre da sperare, mentre in questo corridoio… Be’, forza! Ho intenzione di andare a vedere dove va a finire.»

«Può darsi che ci sia da camminare a lungo» disse Liska.

«E può darsi che voi dobbiate aspettare a lungo» replicò lo scienziato. Poi andò alla navicella e, spostato il mucchio di corda, si rifornì di pile di ricambio e di lampadine per la torcia elettrica. Prima di tornare vicino a Liska alzò ancora una volta gli occhi verso l’invisibile imboccatura del pozzo. Ma ancora una volta inutilmente: non vide né sentì nulla.

«Troverete viveri e acqua nei thermos» disse all’assistente. «Ci sono anche pile e razzi. Se Thomas calerà la corda, risalite immediatamente, poi rimandate giù la navicella per l’eventualità che io faccia ritorno qui. E non tentate nient’altro, mi raccomando.»

Si accostò all’orlo della buca e si lasciò scivolare lungo il pendio. Il suo ultimo sguardo in su gli permise di vedere Liska che sporgendosi nel vuoto lo guardava allontanarsi.

Toccato il fondo, Graham si rialzò e con un gesto meccanico si ripulì gli abiti ricoperti di una polvere fine come talco.

Il corridoio misurava circa due metri e mezzo di larghezza per tre di altezza, e per quanto gli era dato di vedere continuava con una perfezione geometrica: le pareti verticali e perpendicolari si univano a un soffitto che seguiva la linea lievemente curva, controbilanciando una altrettanto lieve curvatura del pavimento. Il materiale usato per la costruzione era il medesimo usato nel pozzo. Tutto liscio, tutto uniforme. Non la minima traccia di screpolatura o di unione tra masso e masso. Come il pozzo, il corridoio era una meraviglia architettonica. Si sarebbe detto che i suoi ideatori l’avessero ricavato da un unico immenso blocco, e non costruito pezzo per pezzo. Il tunnel si inoltrava nelle tenebre a perdita d’occhio seguendo una perfettissima linea retta.

Adesso Graham camminava su un pavimento pulito. Niente insudiciava la superficie levigata, non la più piccola muffa, nessuna macchia d’umidità.

E i minuti diventarono ore.

Graham continuò a camminare lungo il corridoio che sembrava non avere fine.Isuoi passi svegliavano un’eco sorda che rimbalzava contro le pareti. La torcia spingeva davanti a lui una zona di luce piccola, monotona: minuscola isola mobile nell’immensità delle tenebre. Il silenzio sepolcrale ricordava le navate di una cattedrale grandissima e deserta.

Invano l’archeologo cercava sui muri la traccia di una fessura o di un passaggio laterale o una deviazione dalla linea retta. L’aria era immobile e asciutta.

Il tempo, cadenzato dal monotono ritmo dei passi senza senso, aveva cessato di esistere per Graham. L’archeologo cominciava a essere ossessionato dalla convinzione che, qualunque fosse la durata del suo cammino, avrebbe sempre avuto davanti a sé quell’oscurità senza fine. Cominciava a provare una paura vaga, indecifrabile.

In quale momento, a quale distanza dalla caverna della morte, o più semplicemente a che ora si sarebbe verificato un cambiamento, lui non avrebbe saputo dirlo. In quel corridoio senza età si perdeva il senso del reale per sprofondare nel mondo dell’illusione e del sogno dove ogni cosa si spoglia della sua sostanza. Eppure un cambiamento si era prodotto, ma così lieve e graduale che lui non era in grado di precisare quando fosse cominciato: le tenebre gli parevano meno intense poiché riusciva a distinguere le pareti senza l’aiuto della lampadina. Per accertarsi che non si trattasse di una illusione, l’archeologo provò a spegnere la torcia. Forse i suoi occhi si erano abituati all’oscurità o forse la tensione nervosa unita alla stanchezza gli facevano vedere ciò che non era.

Fin dove poteva giungere il suo sguardo, i muri, il soffitto, il pavimento stesso emettevano una fosforescenza, che nasceva dal nulla, un luccichio sinistro e di cattivo augurio. Tutto pareva brillare di una luce fredda che lui percepiva a ondate. Pareva quasi che le pareti si allontanassero come per subire un ridimensionamento geometrico.

Tutt’intorno regnava un silenzio assoluto, e Graham sentiva su di sé il peso dell’atmosfera. E le inaudite vibrazioni della materia solida continuavano.

In certi momenti l’archeologo faticava ad avanzare come se stesse affrontando una salita assai ripida, altre volte si sentiva letteralmente catapultato in avanti quasi cadesse da una altezza infinita, ma il corridoio continuava sempre piano, sempre diritto mentre lui avvertiva su di sé gli effetti di una tensione magnetica che alternativamente lo dilatava e lo comprimeva. Aveva la sensazione di affogare e di continuare a dibattersi per allontanare la fine. Il malore che l’aveva assalito già da qualche tempo diveniva sempre più insopportabile. Il soffitto, le pareti, il pavimento si mescolavano in una specie di sarabanda selvaggia. Quello che fino a un momento prima era stato in posizione verticale, diveniva orizzontale e poi verticale di nuovo. La misteriosa fonte di luce tingeva il luogo di un colore magico, in un gioco inumano dalla forza inaudita, evocazione di un incubo terribile. Il gigantesco gorgo si dissolse infine in una cascata radioattiva. Nel caos della materia le mura si spalancarono su una gigantesca tempesta magnetica dalla quale saettavano luminescenze simili al passaggio delle meteore. Contro un impossibile disco lunare passò la fantastica cavalcata di sconosciuti Titani, e Graham si afflosciò al suolo privo di conoscenza.

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