«Tu non hai mai tenuto in mano il Bastone dei Giuramenti» la accusò Egwene, ancora in piedi presso l’armaci io. Verin rimase sul lato del letto, sorseggiando il suo te. La tozza donna indossava un semplice abito marrone con un taglio matronale sul petto e una spessa cintura di cuoio in vita. Le gonne erano divise e, a giudicare dagli stivali sporchi che facevano capolino da sotto l’orlo, era appena tornata alla Torre.
«Non essere sciocca.» Verin scostò una ciocca di capelli sfuggita alla sua crocchia; il castano era segnato da una pronunciata stria di grigio. «Bambina, ho tenuto in mano il Bastone dei Giuramenti e giurato su di esso prima che fosse nata tua nonna.»
«Allora i tuoi giuramenti sono stati rimossi» disse Egwene. Era possibile con il Bastone dei Giuramenti: dopotutto, Yukiri, Saerin e le altre avevano rimosso e sostituito i loro.
«Ebbene, sì» disse Verin con tono materno.
«Non mi fido di te» si ritrovò a spiattellare Egwene. «Non penso di essermi mai fidata.»
«Molto saggio» disse Verin, sorseggiando il suo te. Non era un aroma che Egwene riconosceva. «Dopotutto, sono dell’Ajah Nera.»
Egwene provò un brivido improvviso, come un freddo spuntone di ghiaccio conficcato direttamente nella schiena fin dentro il petto. Ajah Nera. Verin era Nera. Luce!
Egwene si protese all’istante verso l’Unico Potere. Ma ovviamente la radice biforcuta rese inutile il suo sforzo. Ed era stata Egwene stessa a suggerire che le venisse data! Luce, aveva perso il senno? Era stata così fiduciosa e sicura dopo la sua vittoria che non aveva previsto cosa sarebbe potuto accadere se si fosse imbattuta in una Sorella Nera. Ma chi poteva prevedere di imbattersi in una Nera? Trovarla seduta con calma sul letto, a bere te e a guardarla con quegli occhi che erano sempre sembrati sapere troppo. Quale modo migliore di nascondersi che non una modesta Marrone, sempre congedata dalle altre Sorelle per i suoi modi distratti da studiosa?
«Accidenti, questo te è davvero buono» disse Verin. «La prossima volta che vedi Laras, per favore, ringraziala da parte mia per averlo procurato. Ha giurato di averne un po’ che non era andato a male, ma non mi fidavo di lei. Non ci si può fidare molto di questi tempi, vero?»
«Cosa? Laras è un Amico delle Tenebre?» chiese Egwene.
«Cielo, no» esclamò Verin. «È molte cose, ma non un Amico delle Tenebre. Sarebbe più facile trovare un Manto Bianco che sposa una Aes Sedai che non Laras che giura fedeltà al Signore Supremo. Donna straordinaria. E piuttosto brava nel giudicare i sapori del te.»
«Cos’hai intenzione di fare con me?» domandò Egwene, costringendosi a parlare con calma. Se Verin avesse voluto ucciderla, a quest’ora l’avrebbe già fatto. Era ovvio che Verin voleva usare Egwene, e questo le avrebbe dato un’opportunità. Un’opportunità per fuggire, per capovolgere la situazione. Luce, questo era proprio un tempismo pessimo!
«Ebbene,» disse Verin «per prima cosa ti chiederò di sederti. Ti offrirei del te, ma dubito sinceramente che vorresti quello che sto bevendo.»
Pensa, Egwene!, si disse. Chiamare aiuto sarebbe stato inutile: probabilmente l’avrebbero sentita solo le novizie, dato che le sue sorveglianti Rosse se n’erano andate. Di tutti i momenti per rimanere sola! Non avrebbe mai pensato che avrebbe desiderato avere vicino delle carceriere.
Comunque, se avesse urlato, senza dubbio Verin l’avrebbe legata e imbavagliata con flussi di Aria. E se qualche novizia avesse sentito, sarebbe corsa a vedere qua! era il problema, e questo non avrebbe fatto altro che attirare anche lei nelle grinfie di Verin. Perciò Egwene tirò a se l’unico sgabello di legno della stanza e vi si sedette, con il posteriore che protestava per il legno privo di cuscini.
La stanzetta era immobile e silenziosa, fredda e sterile, dato che era stata sgombra per quattro giorni. Egwene cercò furiosamente una via di fuga.
«Mi complimento con te per quello che hai fatto qui, Egwene» disse Verin. «Ho seguito un po’ delle idiozie che stanno accadendo fra le fazioni di Aes Sedai, anche se ho deciso di non farmi coinvolgere personalmente. Era più importante continuare la mia ricerca e tenere d’occhio il giovane al’Thor. È un tipo focoso, devo dire. Quel ragazzo mi preoccupa. Non sono certa che capisca come opera il Tenebroso. Non tutto il male è… lampante come i Prescelti. I Reietti, come li chiameresti tu.»
«Lampante?» disse Egwene. «I Reietti?»
«Be’, a paragone.» Verin sorrise e si riscaldò le mani sulla tazza di te. «I Prescelti sono come un mucchio di bambini che bisticciano: ognuno cerca di urlare più forte e attirare l’attenzione del padre. E facile determinare cosa vuole ognuno di loro: potere sugli altri bambini, la prova di essere il più importante. Sono convinta che non siano intelligenza, astuzia o capacità a fare un Prescelto… anche se, ovviamente, quelle cose sono importanti. No, io credo che sia l’egoismo quello che il Signore Supremo ricerca nei suoi condottieri più insigni.» Egwene si accigliò. Stavano davvero facendo una tranquilla chiacchierata sui Reietti? «E perché sceglierebbe quella caratteristica?»
«Li rende prevedibili. Uno strumento che puoi contare che agisca come atteso è molto più prezioso di uno che non riesci a capire. O forse perché quando lottano l’uno contro l’altro, solo i più forti sopravvivono. Onestamente, non lo so. I Prescelti sono prevedibili, ma il Signore Supremo tutt’altro. Perfino dopo decenni di studio, non posso essere certa di cosa egli voglia o perché lo voglia. So solo che questa battaglia non viene combattuta nel modo in cui ritiene al’Thor.»
«E questo cosa ha a che fare con me?» domandò Egwene.
«Non molto» disse Verin, con un moto di disapprovazione verso se stessa. «Temo di essermi lasciata fuorviare. E con così poco tempo, per di piu’. Devo prestare davvero attenzione.» Sembrava ancora la piacevole, erudita Sorella Marrone. Egwene si era sempre aspettata che le Sorelle Nere fossero… diverse.
«Comunque» continuò Verin. «Stavamo parlando di quello che hai fatto qui, nella Torre. Temevo che sarei arrivata e ti avrei trovato ancora a bighellonare con i tuoi amici là fuori. Immagina la mia meraviglia nello scoprire che non solo ti eri infiltrata nel regime di Elaida, ma a quanto pare avevi rivoltato metà del Consiglio stesso contro di lei. Di sicuro hai infastidito alcuni dei miei soci, posso proprio dirtelo. Non sono affatto compiaciuti.» Verin scosse il capo, prendendo un altro sorso di te.
«Verin, io…» Egwene si interruppe. «Cosa…»
«Non c’è tempo, temo» disse Verin, sporgendosi in avanti. All’improvviso, qualcosa in lei sembrò cambiare. Anche se era sempre la stessa donna attempata — e a volte materna — la sua espressione divenne più determinata. Serrò lo sguardo su quello di Egwene, e l’intensità degli occhi di Verin la lasciò sconcertata. Questa era proprio la stessa donna?
«Grazie per assecondare le farneticazioni di una donna» disse Verin con voce più pacata.
«È stato così piacevole poter fare una chiacchierata tranquilla davanti a una tazza di te, almeno un’altra volta. Ora, ci sono alcune cose che devi sapere. Diversi anni fa, dovetti prendere una decisione. Mi ritrovai in una posizione in cui potevo contrarre i giuramenti per il Tenebroso oppure potevo rivelare che non avrei mai voluto — o avuto intenzione — di farlo, pertanto sarei stata giustiziata.
«Forse, qualcun altro avrebbe trovato un modo per aggirare questa situazione. Molti avrebbero semplicemente optato per la morte. Io, però, la considerai come un’opportunità. Vedi, una persona di rado ha un’occasione come questa, di studiare una bestia dall’interno del suo cuore, di vedere davvero cosa fa scorrere il sangue. Di scoprire dove conducono tutte quelle venuzze e capillari. Un’esperienza piuttosto straordinaria.»
«Aspetta» disse Egwene. «Ti sei unita all’Ajah Nera per studiarla?»
«Mi sono unita a loro per salvarmi la pelle» disse Verin con un sorriso. «Ci sono piuttosto affezionata, anche se Tomas continuava a lamentarsi di questi capelli bianchi. Comunque, dopo essermi unita a loro, l’opportunità di studiarle fu il modo in cui potevo trarre il meglio dalla situazione.»
«Tomas. Lui sa cos’hai fatto?»
«Lui stesso era un Amico delle Tenebre, bambina» disse Verin. «E voleva una via d’uscita. Be’, non c’è davvero una via d’uscita, non quando il Signore Supremo ha conficcato i suoi artigli dentro di te. Ma c’era un modo per combattere, una piccola compensazione per quelle azioni. Ho offerto quell’opportunità a Tomas, e credo che me ne sia stato piuttosto grato.» Egwene esitò, cercando di assorbire tutto questo. Verin era un Amico delle Tenebre, ma allo stesso tempo non lo era. «Hai detto che ti è stato piuttosto grato?»
Verin non rispose immediatamente. Si limitò a prendere un altro sorso di te. «I giuramenti che uno fa al Signore Supremo sono piuttosto specifici» proseguì infine. «E, quando sono posti su una persona in grado di incanalare, sono piuttosto vincolanti. Impossibili da infrangere. Puoi ingannare altri Amici delle Tenebre, puoi rivoltarti contro i Prescelti se riesci a giustificarlo. L’egoismo dev’essere preservato. Ma non puoi mai tradire lui. Non puoi mai tradire l’ordine stesso agli estranei. Ma i giuramenti sono specifici. Molto specifici.» Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Egwene. «‘Giuro di non tradire il Signore Supremo, di serbare i miei segreti fino all’ora della mia morte.’ Questo è ciò che ho promesso. Capisci?» Egwene abbassò lo sguardo verso la tazza fumante tra le mani di Verin. «Veleno?»
«Ci vuole un te molto speciale per far scendere dolcemente l’asputrida» disse Verin, prendendo un altro sorso. «Come ho detto, per favore, ringrazia Laras per me.»
Egwene chiuse gli occhi. Nynaeve le aveva menzionato l’asputrida: una goccia poteva uccidere. Era una morte rapida, pacifica, e spesso avveniva… entro un’ora dall’ingestione.
«Una curiosa falla nei giuramenti» disse Verin piano. «Permettere a qualcuno di tradire nell’ultima ora della propria vita. Non riesco a domandarmi se il Signore Supremo ne sia a conoscenza. Perche mai non avrebbe chiuso quella falla?»
«Forse non la considera una minaccia» disse Egwene aprendo gli occhi. «Dopotutto, che genere di Amico delle Tenebre si ucciderebbe per poter favorire il bene superiore? Non sembra il tipo di cosa che i suoi seguaci prenderebbero in considerazione.»
«Potresti avere ragione su questo» disse Verin, mettendo da parte la tazza di te. «Sarebbe saggio assicurarsi che venga eliminata con attenzione, bambina.»
«Dunque questo è tutto?» domandò Egwene, raggelata. «E Tomas?»
«Ci siamo detti i nostri addii. Sta trascorrendo la sua ultima ora con la famiglia.»
Egwene scosse il capo. Pareva una tale tragedia. «Sei venuta da me a confessare, uccidendoti in un ultimo tentativo di redenzione?»
Verin rise. «‘Redenzione’? Non credo che sarebbe così facile da guadagnare. Solo la Luce sa se ho fatto abbastanza da richiedere un tipo di redenzione molto speciale. Ma ne è valsa la pena. Valsa davvero. O forse è semplicemente quello che devo ripetere a me stessa.» Allungò la mano da un lato, tirando fuori una cartella di cuoio da sotto la coperta ripiegata ai piedi del letto di Egwene. Verin slacciò con cautela le cinghie, poi tirò fuori due oggetti: due libri, entrambi rilegati in pelle. Uno era più grosso, come un testo di consultazione, anche se non aveva alcun titolo sulla sua rilegatura rossa. L’altro era un sottile libriccino azzurro. Le copertine di entrambi erano un po’ lise dall’uso.
Verin li porse a Egwene. Esitante, lei li prese, il volume più grosso e pesante nella sua mano destra, quello azzurro leggero nella sinistra. Fece scorrere un dito sopra il cuoio liscio, accigliandosi. Quindi alzò gli occhi su Verin.
«Ogni donna nella Marrone» disse Verin «cerca di produrre qualcosa di durevole. Ricerche o studi che siano significativi. Le altre ci accusano spesso di ignorare il mondo attorno a noi. Pensano che guardiamo solo all’indietro. Be’, questo non è accurato. Se siamo distratte, è perché guardiamo avanti, verso coloro che verranno. E le informazioni, le conoscenze che raccogliamo… le lasciamo per loro. Le altre Ajah si preoccupano di migliorare l’oggi; noi desideriamo rendere migliore il domani.»
Egwene mise da parte il libriccino azzurro, guardando prima in quello rosso. Le parole erano scritte con una grafia piccola e competente, seppure poco leggibile, che riconobbe come quella di Verin. Nessuna delle frasi aveva senso. Erano farneticazioni.
«Il libro più piccolo è una chiave, Egwene» spiegò Verin. «Contiene il codice cifrato che ho utilizzato per scrivere questo tomo. Quel tomo è… l’opera. La mia opera. L’opera della mia vita.»
«Di che si tratta?» chiese Egwene piano, sospettando di conoscere già la risposta.
«Nomi, luoghi, spiegazioni» rispose Verin. «Tutto quello che ho appreso su di loro. Sui capi fra gli Amici delle Tenebre, sull’Ajah Nera. Le profezie a cui credono, gli obiettivi e le motivazioni delle differenti fazioni. Assieme a un elenco, in fondo, di ogni Sorella dell’Ajah Nera che sono riuscita a identificare.»
Egwene sussultò. «Ognuna?»
«Dubito di averle individuate tutte» disse Verin con un sorriso. «Ma penso di averne trovato la maggior parte. Te lo assicuro, Egwene. So essere piuttosto accurata.»
Egwene abbassò lo sguardo verso i libri, colma di meraviglia. Incredibile! Luce, questo era un tesoro più prezioso di quello di qualunque re. Un tesoro tanto grande quanto lo stesso Corno di Valere. Alzò lo sguardo con le lacrime agli occhi, immaginando una vita passata fra la Nera, sempre a osservare, registrare e lavorare per il bene di tutti.
«Oh, non fare così» disse Verin. Il suo volto stava iniziando a impallidire. «Hanno molti agenti fra noi, come vermi che mangiano il frutto dall’interno. Be’, pensavo che fosse ora che avessimo almeno uno di noi fra loro. Questo vale la vita di una donna. Poche persone hanno avuto l’opportunità di creare qualcosa di tanto utile e meraviglioso come il libro che hai in mano. Cerchiamo tutti di cambiare il futuro, Egwene. Io ritengo di aver potuto disporre di un’occasione per farlo.»
Verin trasse un profondo respiro, poi sollevò una mano alla testa. «Cielo. Come fa effetto rapidamente. C’è un’altra cosa che devo dirti. Apri il libro rosso, per favore.»
Egwene lo fece e trovò una sottile striscia di cuoio con dei pesi di acciaio alle estremità , del tipo usato per tenere il segno in un libro, anche se era più lunga delle altre che aveva visto.
«Avvolgilo attorno al libro,» disse Verin «mettilo in modo da segnare una pagina qualunque, poi torci le estremità in cima.»
Egwene lo fece, curiosa, infilando la striscia in una pagina a caso e chiudendo il libro. Mise quello più piccolo sopra quello più grande, poi prese le lunghe estremità del segnalibro che penzolavano giù e le intrecciò assieme. I pesi combaciavano, notò. Li congiunse.
E i libri svanirono.
Egwene li fissò. Poteva ancora sentirli fra le proprie mani, ma erano invisibili.
«Funziona solo sui libri, temo» disse Verin con uno sbadiglio. «Qualcuno dell’Epoca Leggendaria, a quanto pare, era molto preoccupato di nascondere il proprio diario agli altri.» Sorrise, ma stava diventando molto pallida.
«Grazie, Verin» disse Egwene, slacciando e svolgendo il segnalibro. I volumi ricomparvero.
«Vorrei che ci fosse qualche altro modo…»
«Ammetto che il veleno era un piano di riserva» disse Verin. «Non desidero morire; ci sono ancora cose che devo fare. Per fortuna, ne ho messe in moto diverse in modo che vi… provvedano, in caso io non tornassi. Comunque sia, il mio primo piano era trovare il Bastone dei Giuramenti, poi vedere se potevo usarlo per rimuovere i giuramenti del Signore Supremo. Purtroppo pare che il Bastone dei Giuramenti sia scomparso.»
Saerin, pensò Egwene, e le altre. Devono esserselo ripreso. «Mi spiace, Verin» disse.
«Avrebbe potuto non funzionare comunque» ribatte Verin, riaccomodandosi sul letto, disponendo il cuscino dietro i suoi capelli castani striati. «Il procedimento di contrarre quei giuramenti al Signore Supremo era… particolare. Vorrei essere stata in grado di scoprire un’altra informazione per te. Una dei Prescelti si trova nella Torre, bambina. E Mesaana, ne sono certa. Avevo sperato di essere in grado di portarti il nome sotto cui si stava nascondendo, ma le due volte che mi sono incontrata con lei, era ammantata al punto che non sono riuscita a capirlo. Quello che ho visto è registrato nel volume rosso.
«Attenta ai tuoi passi. Attenta a come colpisci. Lascerò decidere a te se provare a prenderle tutte quante assieme oppure se vuoi occuparti delle più importanti in segreto e separatamente. Forse deciderai di osservare e vedere se riesci a neutralizzare i loro complotti. Un buon interrogatorio potrebbe gettare luce su alcune delle domande a cui non sono stata in grado di rispondere. Devi prendere così tante decisioni, per una persona così giovane.» Sbadigliò, poi fece una smorfia quando il dolore la trafisse.
Egwene si alzò, dirigendosi a fianco di Verin. «Grazie, Verin. Grazie per aver scelto me per portare questo fardello.»
Verin sorrise debolmente. «Hai agito molto bene con le precedenti informazioni che ti ho fornito. Quella è stata una situazione piuttosto interessante. L’Amyrlin aveva ordinato che ti fornissi informazioni per dare la caccia alle Sorelle Nere che erano fuggite dalla Torre, perciò dovevo obbedire, perfino se gli stessi capi della Nera erano insoddisfatti per quell’ordine. Non avrei dovuto darti il ter’angreal del sogno, sai? Ma ho sempre avuto una sensazione su di te.»
«Non sono certa di meritare una tale fiducia.» Egwene abbassò lo sguardo sul libro. «Una fiducia come quella che mi hai mostrato.»
«Sciocchezze, bambina» disse Verin, sbadigliando di nuovo, gli occhi che si chiudevano.
«Tu sarai Amyrlin. Ne sono certa. E una Amyrlin dovrebbe essere ben armata con la conoscenza. Questo, fra tutte le altre cose, è il dovere più sacro della Marrone: armare il mondo con la conoscenza. Io sono ancora una di loro. Per favore, fa’ in modo che sappiano che, anche se la parola Nera potrà marchiare il mio nome per sempre, la mia anima è Marrone. Diglielo…»
«Lo farò, Verin» promise Egwene. «Ma la tua anima non è Marrone. Posso vederlo.»
Gli occhi di Verin si aprirono sbattendo le palpebre, incontrando quelli di Egwene, con un cipiglio che le corrugava la fronte.
«La tua anima è di un bianco puro, Verin» disse Egwene piano. «Come la Luce stessa.»
Verin sorrise e i suoi occhi si chiusero. Mancava ancora qualche minuto alla vera morte, ma l’incoscienza giungeva prima e rapida. Egwene si mise a sedere, tenendo la mano della donna. Elaida e il Consiglio potevano fare da se: Egwene aveva preparato i suoi semi. Mostrarsi ora e avanzare delle richieste avrebbe voluto dire estendere troppo la sua autorità.
Dopo che le pulsazioni di Verin furono scemate, Egwene prese la tazza di te avvelenato e la mise da parte, poi sollevò il piattino di fronte al naso di Verin. La superficie lucida non rifletteva alcun respiro. Controllare sembrava insensibile, ma esistevano alcuni veleni che potevano far apparire morta una persona e farla respirare appena, e se Verin avesse voluto ingannare Egwene e puntare il dito contro le Sorelle sbagliate, questo sarebbe stato un metodo strepitoso. Fu davvero duro controllare, e fece star male Egwene, ma lei era l’Amyrlin. Faceva ciò che era difficile e prendeva in considerazione tutte le possibilità.
Di sicuro nessuna Sorella veramente Nera sarebbe stata disposta a morire solo per fuorviarla in tal modo. Il suo cuore si fidava di Verin, anche se la sua mente voleva esserne certa. Lanciò un’occhiata verso la sua semplice scrivania, dove aveva appoggiato i libri. In quel momento, la porta della camera si aprì senza preavviso e una giovane Aes Sedai — abbastanza nuova allo scialle che il suo volto non appariva ancora senza età — fece capolino. Turese, una delle Sorelle Rosse. Dunque qualcuna era stata infine assegnata per sorvegliare Egwene. Il suo periodo di libertà era giunto al termine. Be’, non era il caso di piangere su quello che sarebbe potuto essere. Il tempo era stato ben speso. Desiderò che Verin fosse andata da lei una settimana prima, ma quello che era fatto era fatto.
La Sorella Rossa si accigliò alla vista di Verin, ed Egwene si affrettò a portare un dito alle labbra e scoccò alla giovane Sorella un’occhiata severa.
Egwene si precipitò alla porta. «Era appena entrata e voleva parlare con me riguardo un compito che mi aveva affidato tempo fa, prima che la Torre si dividesse. A volte possono essere stranamente ostinate, queste Sorelle Marroni.» Parole vere, fino all’ultima.
Turese annuì con aria mesta al commento sulle Marroni.
«Vorrei proprio che avesse scelto il suo letto per stendersi» disse Egwene. «Non sono sicura di cosa fare con lei ora.» Di nuovo tutto vero. Egwene aveva proprio bisogno di mettere le mani su quel Bastone dei Giuramenti. Mentire iniziava a sembrare troppo comodo in situazioni come questa.
«Dev’essere stanca per i suoi viaggi» disse Turese, con voce delicata ma decisa. «Lasciale fare come vuole; lei è Aes Sedai, e tu una semplice novizia. Non disturbarla.»
Detto questo, la Rossa chiuse la porta, ed Egwene sorrise fra se dalla soddisfazione. Poi lanciò un’occhiata al cadavere di Verin e quel sorriso svanì. Prima o poi avrebbe dovuto rivelare che Verin era morta. Come avrebbe fatto a spiegare quello? Be’, le sarebbe venuto in mente qualcosa. Se fosse stata incalzata, avrebbe potuto semplicemente dire la verità.
Prima, però, le occorreva trascorrere del tempo con quel libro. Le probabilità che le venisse portato via nel prossimo futuro erano alte, perfino col segnalibro ter’angreal. Probabilmente avrebbe dovuto conservare il cifrario separato dal libro nascosto. Forse avrebbe dovuto memorizzare e distruggere il cifrario. Tutto questo sarebbe stato più facile da pianificare se avesse saputo come erano andate le cose nel Consiglio! Elaida era stata deposta? Silviana era viva o era stata giustiziata?
C’era poco che poteva scoprire ora, non mentre era sorvegliata. Avrebbe dovuto semplicemente attendere. E leggere.
Il codice si rivelò piuttosto complesso, richiedendo buona parte del libriccino per essere spiegato. Questo era allo stesso tempo vantaggioso e frustrante. Sarebbe stato molto difficile decifrare il codice senza di esso, ma ciò lo rendeva anche quasi impossibile da memorizzare. Non sarebbe stata in grado di riuscirci prima del mattino, e a quell’ora avrebbe dovuto rivelare la reale condizione di Verin.
Osservò la donna. Verin pareva davvero dormire pacificamente. Egwene aveva tirato fuori la coperta, drappeggiandogliela fino al collo, poi le aveva tolto le scarpe e le aveva messe accanto al letto per accrescere l’illusione. Sentendosi un po’ irrispettosa, decise di girare Verin sul fianco. La Sorella Rossa aveva già fatto capolino un paio di volte, e vedere Verin in un’altra posizione sarebbe parso meno sospetto.
Terminato questo, Egwene diede un’occhiata alla sua candela per valutare quanto tempo era passato. Non c’erano finestre nella stanza, non nell’alloggio di una novizia. Mise da parte il desiderio di abbracciare il Potere e creare una sfera di luce con cui leggere. Si sarebbe fatta bastare la fiamma di quell’unica candela.
Si gettò sul suo primo compito: decifrare i nomi delle Sorelle Nere elencati in fondo al tomo. Quello era ancora più importante che memorizzare il cifrario. Doveva sapere di chi si poteva fidare.
Le ore successive furono tra le più allarmanti e sconfortanti della sua vita. Alcuni dei nomi le erano sconosciuti, molti a malapena familiari. Altri erano di donne con cui lei aveva lavorato, che aveva rispettato e di cui si era perfino fidata. Imprecò quando trovò il nome di Katerine vicino all’inizio della lista, poi sibilò dalla sorpresa quando comparve il nome di Alviarin. Aveva sentito di Elza Penfell e Galina Casban, anche se non conosceva alcuni dei nomi successivi.
Provò un vuoto nauseante dentro di se quando lesse il nome di Sheriam. Una volta Egwene aveva sospettato di quella donna, vero, ma era stato durante i suoi giorni come novizia e Ammessa. A quel tempo — i giorni in cui aveva iniziato a dare la caccia all’Ajah Nera — il tradimento di Liandrin era ancora recente. Allora Egwene aveva sospettato di chiunque. Durante l’esilio a Salidar, Egwene aveva lavorato a stretto contatto con Sheriam e quella donna era arrivata a piacerle. Ma era Nera. La stessa Custode degli Annali era Nera. Fatti forza, Egwene, pensò, continuando a scorrere la lista. Riuscì a superare sentimenti di tradimento, amarezza e rimpianto. Non avrebbe lasciato che le emozioni si mettessero in mezzo al suo compito.
Le Sorelle Nere erano sparse fra tutte le Ajah. Alcune erano Adunanti, altre erano fra le meno influenti e potenti delle Aes Sedai. E ce n’erano centinaia, poco più di duecento, stando al conto di Verin. Ventuno nella Azzurra, ventotto nella Marrone, trenta nella Grigia, trentotto nella Verde, diciassette nella Bianca, ventuno nella Gialla e uno stupefacente quarantotto nella Rossa. C’erano anche nomi di Ammesse e di novizie. Il libro commentava che quelle probabilmente erano state Amici delle Tenebre prima di entrare nella Torre Bianca, dato che l’Ajah Nera non reclutava se non tra le Aes Sedai. La rimandò a una pagina precedente per una spiegazione più esaustiva, ma Egwene continuò con l’elenco di Sorelle. Doveva conoscere i nomi di ogni donna. Ne aveva bisogno.
C’erano Sorelle Nere sia fra le Aes Sedai ribelli che fra quelle della Torre Bianca, e perfino alcune di quelle non schierate che erano state lontano dalla Torre durante la divisione. A parte Sheriam, la scoperta più sconvolgente della lista furono le Sorelle che erano Adunanti o nella Torre o fra le ribelli. Duhara Basaheen. Velina Behar. Sedore Dajenna. Delana Mosalaine, naturalmente, e anche Talene Minly. Meidani aveva ammesso con Egwene in confidenza che Talene era il membro dell’Ajah Nera che Saerin e le altre avevano scoperto, ma era fuggita dalla Torre.
Moria Karentanis. Quest’ultima era un membro dell’Ajah Azzurra, una donna che aveva indossato lo scialle per oltre cent’anni, nota per la sua saggezza e il suo equilibrio. Egwene aveva conferito con lei in numerose occasioni e aveva attinto dalla sua esperienza, supponendo che lei — una Azzurra — sarebbe stata una fra le più affidabili a sostenerla. Moria era stata una di quelle desiderose di eleggere Egwene come Amyrlin ed era stata lesta ad appoggiare Egwene in diversi momenti cruciali.
Ogni nome era come una spina attraverso la pelle di Egwene. Dagdara Finchey, che aveva guarito Egwene una volta quando era inciampata e si era storta la caviglia. Zanica, che aveva impartito a Egwene delle lezioni ed era sembrata così affabile. Larissa Lyndel. Miyasi, per cui Egwene aveva rotto le noci. Nesita. Nacelle Kayama. Nalaene Forrell, che — come Elza — era votata a Rand. Birlen Pena. Melvara. Chai Rugan.
L’elenco continuava. Ne Romanda ne Lelaine erano Nere, il che per certi versi era irritante. Essere in grado di gettare una o entrambe in catene sarebbe stato molto comodo. Perche Sheriam, ma nessuna di quelle due?
Smettila, Egwene, pensò. Non ti stai comportando in modo razionale.
Desiderare che certe Sorelle fossero Nere non l’avrebbe portata da nessuna parte.
Cadsuane non era sulla lista. E non c’era nessuna delle amiche più care di Egwene. Non si aspettava che ci fossero, ma fu comunque bello completare l’elenco senza vedere nessuno dei loro nomi. Il gruppo che dava la caccia all’Ajah Nera nella Torre Bianca era davvero legittimo, dal momento che nessuno dei loro nomi era sulla lista. L’elenco inoltre non conteneva i nomi di nessuna delle spie mandate da Salidar.
E nemmeno il nome di Elaida era sulla lista. C’era una annotazione alla fine, che spiegava come Verin avesse tenuto sotto stretta osservazione Elaida, in cerca di una prova che fosse Nera. Ma commenti da parte di Sorelle Nere la portavano a credere con forza che Elaida in persona non fosse Nera. Solo una donna instabile che a volte era frustrante per la Nera quanto per il resto della Torre.
Aveva senso, purtroppo. Sapere che Galina e Alviarin erano Nere aveva condotto Egwene a sospettare che non avrebbe trovato il nome di Elaida sulla lista. Le Nere parevano più orientate a scegliere qualcuna che potevano manipolare come Amyrlin, poi affiancarle una Custode degli Annali Nera per tenerla in riga.
Era probabile che avessero usato qualche tipo di influenza contro Elaida attraverso Galina — che, dalle annotazioni di Verin, pareva che fosse riuscita a diventare capo dell’Ajah Rossa — o Alviarin. Avevano tiranneggiato o corrotto Elaida perché facesse come volevano, pur non essendo al corrente che stava servendo la Nera. E questo aiutava a spiegare la strana caduta di Alviarin. Si era spinta troppo oltre, forse? Aveva travalicato il suo ruolo, guadagnandosi l’ira di Elaida? Sembrava plausibile, anche se non l’avrebbero saputo per certo finche Elaida non avesse parlato o Egwene non avesse potuto far interrogare Alviarin. Cosa che intendeva fare il prima possibile.
Chiuse il voluminoso tomo rosso, pensierosa, con la sua candela bruciata quasi del tutto. La giornata era quasi al termine. Forse era il momento di insistere affinche le dessero qualche informazione sullo stato della Torre.
Prima che potesse decidere come procedere a tale proposito, qualcuno bussò alla porta. Egwene alzò lo sguardo, affrettandosi a legare le cinghie del segnalibro attorno ai volumi e a farli sparire entrambi. Se avevano bussato, voleva dire che c’era qualcun altro a parte una Rossa.
«Avanti» disse.
La porta si aprì per rivelare Nicola, con i suoi grandi occhi scuri e la corporatura esile, in piedi là fuori sotto lo sguardo vigile di Turese. La Rossa non sembrava compiaciuta che Egwene avesse visite, ma la scodella fumante sul vassoio portato da Nicola indicava il motivo per cui le era stato permesso di. bussare.
Nicola rivolse la riverenza a Egwene, con il suo abito bianco da novizia che svolazzava. Il cipiglio di Turese si accentuò. Ma Nicola non lo notò. «Per Verin Sedai» disse piano, annuendo verso il letto. «Per ordine della maestra delle cucine, dopo aver sentito quanto Verin Sedai era esausta per i suoi viaggi.»
Egwene annuì, facendo un gesto verso il tavolo, nascondendo la sua eccitazione. Nicola si avvicinò rapida, posando il vassoio sul tavolo, sussurrando sottovoce: «Devo chiedere se ti fidi di lei.» Lanciò un’occhiata di nuovo verso il letto.
«Sì» rispose Egwene, coprendo il suono trascinando all’indietro uno sgabello. Dunque le sue alleate non sapevano che Verin era morta. Questo era un bene: il segreto era ancora salvo, per il momento.
Nicola annuì, poi parlò con voce più alta. «Per lei sarebbe bene mangiare quand’è caldo, anche se lascerò a te la decisione se svegliarla o meno. Mi sono stati dati ordini di avvisarti di non toccare il cibo per te stessa.»
«Non lo farò a meno che non risulti che non ne ha bisogno» replicò Egwene voltandosi. Pochi istanti più tardi, la porta si chiuse dietro Nicola.
Egwene attese alcuni dolorosi minuti che Turese aprisse l’uscio e la controllasse, trascorrendo il tempo lavandosi faccia e mani e mettendosi addosso un vestito pulito. Infine, fiduciosa che non sarebbe stata interrotta, afferrò il cucchiaio e rimestò nella zuppa. Come si era aspettata, trovò una fialetta di vetro con dentro un pezzo di carta arrotolato.
Astuto. I suoi alleati, a quanto pareva, avevano udito della presenza di Verin nella stanza di Egwene e avevano deciso di usarla come una scusa per far entrare qualcuno. Srotolò il foglio, che conteneva un’unica parola: ‘Aspetta.’
Sospirò, ma non c’era nulla da fare. Non osava tirare fuori il libro e continuare a leggere, comunque. Presto udì alcune voci al di fuori e quella che suonava come una discussione. Di nuovo qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» disse Egwene, incuriosita.
La porta si aprì e Meidani entrò nella stanza. Chiuse in modo esplicito la porta in faccia a Turese. «Madre» disse con una riverenza. La donna snella indossava un attillato vestito grigio che tirava in modo un po’ troppo ovvio sul suo ampio petto. Aveva in programma una cena con Elaida stasera? «Spiacente di averti fatto attendere.»
Egwene le rivolse un gesto noncurante. «Come sei riuscita a superare Turese?»
«È noto che Elaida… mi concede di visitarla» disse. «E la legge della Torre dice che a nessun prigioniero è impedito ricevere visite. Non poteva impedire a una Sorella di venire a trovare una semplice novizia, anche se ha cercato di insistere con le obiezioni.»
Egwene annuì e Meidani lanciò un’occhiata a Verin, accigliandosi. Poi impallidì. Le fattezze di Verin erano ceree e smorte, ed era ovvio che qualcosa non andava. Era un bene che Turese non avesse mai guardato da vicino la donna ‘addormentata’.
«Verin Sedai è morta» disse Egwene, scoccando un’occhiata alla porta.
«Madre?» chiese Meidani. «Cos’è successo? Sei stata attaccata?»
«Verin Sedai è stata avvelenata da un Amico delle Tenebre poco prima della sua conversazione con me. Era a conoscenza del veleno ed è venuta per trasmettermi delle importanti informazioni nei suoi ultimi momenti.» Era incredibile cosa potevano nascondere alcune affermazioni vere.
«Luce!» esclamò Meidani. «Un omicidio dentro la Torre Bianca? Dobbiamo dirlo a qualcuno! Radunare le guardie e…»
«Ce ne occuperemo a tempo debito» disse Egwene con fermezza. «Tieni la voce bassa e controllati. Non voglio che la guardia qui fuori senta quello che stiamo dicendo.»
Meidani impallidì, poi guardò Egwene, probabilmente domandandosi come poteva essere così insensibile. Bene. Che vedesse l’Amyrlin determinata e padrona di se. Fin quando non avesse visto una traccia del dolore, della confusione e dell’ansia che aveva dentro.
«Sì, Madre.» Meidani fece la riverenza. «Naturalmente. Mi scuso.»
«Ora, rechi notizie, suppongo?»
«Sì, Madre» disse di nuovo Meidani, ricomponendosi. «Saerin mi ha avvisato di venire da te. Ha detto che avresti avuto bisogno di sapere degli eventi della giornata.»
«È così» confermò Egwene, cercando di non mostrare la propria impazienza. Luce, era stata già capace di immaginare quella parte. Meidani non poteva procederei C’era l’Ajah Nera di cui occuparsi!
«Elaida è ancora Amyrlin,» disse Meidani «ma solo per pochissimo. Il Consiglio della Torre si è riunito e l’ha censurata formalmente. Hanno informato Elaida che l’Amyrlin non è un governante assoluto e che lei non poteva continuare a emettere decreti e avanzare pretese senza consultarle.»
Egwene annuì. «Non è una svolta inattesa» disse. Più di una Amyrlin era diventata solo un fantoccio proprio perché aveva travalicato le sue prerogative in un modo simile. Elaida se l’era cercata e questo sarebbe stato soddisfacente, se la fine dei giorni non fosse stata prossima.
«E il castigo?»
«Tre mesi» rispose Meidani. «Uno per quello che ha fatto a te. Due per comportamento non adeguato al suo ruolo.»
«Interessante» disse Egwene pensierosa.
«C’erano alcune che chiedevano di piu’, Madre. Per un momento è sembrato che potesse venire deposta seduta stante.»
«Tu eri presente?» chiese Egwene sorpresa.
Meidani annuì. «Elaida ha chiesto che i procedimenti venissero Sigillati per la Fiamma, ma la sua proposta non ha raccolto consenso. Penso che dietro questo ci fosse la sua stessa Ajah, Madre. Tutte e tre le Adunanti Rosse sono via dalla Torre. Mi domando ancora dove siano andate Duhara e le altre.»
Duhara, pensò. Una Nera. Cosa sta tramando? E le altre due? Erano tutte e tre assieme, e in tal caso potevano essere Nere anche le altre?
Avrebbe dovuto occuparsi di questo più tardi. «Come ha reagito Elaida di fronte a tutto questo?»
«Non ha detto molto, Madre» disse Meidani. «E rimasta seduta a osservare, perlopiu’. Non pareva molto compiaciuta; sono rimasta sorpresa che non abbia cominciato a farneticare.»
«Le Rosse» disse Egwene. «Se sta davvero perdendo sostegno nella sua stessa Ajah, l’avrebbero avvisata in tempo di non fare altre scenate.»
«Anche Saerin la pensa allo stesso modo» replicò Meidani. «Ha anche fatto notare che la tua insistenza nel non consentire il crollo dell’Ajah Rossa — diffusa da un gruppo di novizie che ti ha sentito parlarne — è stata parte di ciò che ha impedito che Elaida venisse deposta.»
«Be’, non mi dispiacerebbe che lo fosse» disse Egwene. «Era solo che non volevo che l’Ajah venisse sciolta. La caduta di Elaida deve avvenire in un modo tale da non far crollare la Torre assieme a lei.» Anche se, potendo tornare sui suoi passi, Egwene avrebbe potuto ritirare quelle parole che aveva pronunciato. Non voleva che nessuno pensasse che lei sosteneva Elaida. «Suppongo che l’accusa a Silviana sia stata rigettata?»
«Non del tutto, Madre» disse Meidani. «È stata trattenuta mentre il Consiglio decide cosa fare con lei. Ha comunque sfidato l’Amyrlin in maniera pubblica, e si parla di penitenze.» Egwene si accigliò. Puzzava di compromesso; probabilmente Elaida si era incontrata a porte chiuse con il capo dell’Ajah Rossa — chiunque fosse, ora che Galina era scomparsa — sviscerando i dettagli. Silviana sarebbe stata comunque punita, anche se non con altrettanta forza, ma Elaida si sarebbe sottomessa alla volontà del Consiglio. Indicava che Elaida era su un terreno cedevole, ma che poteva ancora avanzare delle pretese. Il suo sostegno all’interno della propria Ajah non era ancora del tutto eroso come Egwene aveva sperato.
A ogni modo, era una fortunata piega degli eventi. Silviana sarebbe vissuta e a Egwene — a quanto pareva — sarebbe stato permesso di tornare alla sua vita da ‘novizia’. Le Adunanti erano tanto irritate con Elaida da censurarla. Bastava un altro po’ di tempo ed Egwene era fiduciosa di poter fare in modo che venisse rovesciata e la Torre riunita. Ma osava impiegare quel tempo?
Lanciò un’occhiata al tavolo, dove i preziosi libri giacevano nascosti alla vista. Se avesse organizzato un attacco in massa contro l’Ajah Nera, questo avrebbe precipitato una battaglia? Avrebbe destabilizzato la Forre ancor di piu’? E poteva realisticamente sperare di colpirle tutte quante a quel modo? Le serviva tempo per riflettere su quelle informazioni. Per ora, questo voleva dire restare nella Torre e lavorare contro Elaida. E, purtroppo, significava anche lasciare che molte delle Sorelle Nere se ne andassero in giro indisturbate.
Ma non tutte. «Meidani,» disse Egwene «voglio che tu riferisca questo alle altre. Devono prendere in custodia Alviarin e sottoporla alla prova con il Bastone dei Giuramenti. Dì loro di correre qualunque rischio ragionevole per riuscirci.»
«Alviarin, Madre?» chiese Meidani. «Perche lei?»
«È Nera» rispose Egwene, mentre lo stomaco le si rivoltava. «E vicina al capo della loro organizzazione nella Torre. Verin è morta proprio per portarmi questa informazione.» Meidani impallidì. «Ne sei certa, Madre?»
«Ho fiducia nell’affidabilità di Verin» asserì Egwene. «Ma sarebbe comunque consigliabile che le altre rimuovessero e poi rimpiazzassero i giuramenti di Alviarin e le chiedessero se è Nera. A ogni donna dovrebbe essere concessa quell’opportunità per dar prova di se, qualunque siano le prove. Avete il Bastone dei Giuramenti, presumo?»
«Sì» rispose Meidani. «Ci è servito per dimostrare l’affidabilità di Nicola; le altre volevano reclutare alcune Ammesse e novizie, dato che possono portare messaggi dove le Sorelle non possono andare.»
Era saggio, considerate le divisioni fra le Ajah. «Perche lei?»
«Per via di quanto spesso parla alle altre di te, Madre» disse Meidani. «E ben noto che è una delle tue maggiori sostenitori fra le novizie.»
Era strano da parte di una donna che a tutti gli effetti l’aveva tradita, ma non si poteva davvero fame una colpa alla ragazza, tutto sommato.
«Non le hanno fatto contrarre tutti i Tre Giuramenti, naturalmente» disse Meidani. «Non è una Aes Sedai. Ma ha pronunciato quello sul non mentire e ha dimostrato di non essere un Amico delle Tenebre. Dopodiche gliel’hanno rimosso.»
«E tu, Meidani?» chiese Egwene. «Ti hanno rimosso il quarto giuramento?» La donna sorrise. «Sì, Madre. Grazie.»
Egwene annuì. «Va’, allora. Trasmetti il mio messaggio. Alviarin deve essere presa.» Lanciò un’occhiata al corpo di Verin. «Temo di doverti anche chiedere di portarla con te. Sarà meglio che scompaia, altrimenti sarò costretta a spiegare la sua morte nella mia stanza.»
«Ma…»
«Usa un passaggio» disse Egwene. «O il Volo Aleggiato, se non conosci la zona abbastanza bene.»
Meidani annuì, poi abbracciò la Fonte.
«Intessi qualcos’altro, prima» disse Egwene pensierosa. «Non importa cosa; un flusso che richieda molto Potere. Forse uno dei cento necessari per la prova per diventare Aes Sedai.» Meidani si accigliò, ma fece come richiesto, intessendo qualcosa di molto complicato e che richiedeva parecchio Potere. Poco dopo che ebbe iniziato, Turese fece capolino nella stanza con aria sospettosa. Il flusso le impedì di vedere la faccia di Verin, per fortuna, ma Turese non era concentrata sulla Marrone ‘addormentata’. Fissò il flusso, aprendo la bocca.
«Mi sta mostrando alcuni dei flussi che mi servirà conoscere se dovrò sottopormi alla prova per diventare Aes Sedai» disse Egwene in tono brusco, interrompendo le parole di Turese.
«È forse proibito?»
Turese le scoccò un’occhiataccia, ma si ritirò e richiuse la porta.
«Era per impedirle che mettesse dentro la testa e vedesse i flussi per i passaggi» disse Egwene. «Svelta, adesso. Prendi il corpo. Quando Turese guarderà dentro di nuovo, le dirò la verità : che tu e Verin ve ne siete andate attraverso un passaggio.»
Meidani lanciò un’occhiata al cadavere di Verin. «Ma cosa dovremmo fare col corpo?»
«Qualunque cosa sembri appropriata» disse Egwene, sempre più seccata. «Fai come meglio credi. Non ho tempo di occuparmene ora. E porta con te quella tazza: il te e avvelenato. Sbarazzatene con cautela.»
Egwene guardò la sua candela tremolante: era bruciata quasi fino al tavolo stesso. Da un Iato, Meidani sospirò piano, poi creò un passaggio. Flussi di Aria mossero il corpo di Verin attraverso l’apertura, ed Egwene la guardò andare con una punta di rimpianto. Quella donna aveva meritato di meglio. Un giorno sarebbe stato risaputo cosa aveva sofferto e cosa aveva ottenuto. Ma per qualche tempo ancora no.
Una volta che Meidani se ne fu andata con il cadavere e il te, Egwene accese un’altra candela, poi si distese sul letto, cercando di non pensare al corpo che l’aveva occupato prima. Si rilassò, pensando a Siuan. La donna sarebbe andata presto a dormire. Doveva essere avvisata su Sheriam e le altre.
Egwene aprì gli occhi nel Tel’aran’rhiod. Era nella sua stanza, o almeno nella sua versione onirica. Il letto era fatto, la porta chiusa. Mutò il suo abito in un solenne vestito verde adatto a una Amyrlin, poi si mosse verso il Giardino di Primavera della Torre. Siuan non era ancora lì, ma probabilmente era ancora un po’ troppo presto per il loro incontro.
Qui, perlomeno, si poteva non vedere la sporcizia ammassata nella città o la corruzione che operava alle radici dell’unità delle Ajah. I giardinieri della Torre si muovevano come forze naturali, piantando, coltivando e raccogliendo mentre le Amyrlin sorgevano e cadevano. Il Giardino di Primavera era più piccolo di molti altri nella Torre; era un fazzoletto di terra triangolare compresso fra due pareti. Forse in un’altra città , questo appezzamento sarebbe stato usato come deposito o semplicemente riempito di pietra. Ma nella Torre Bianca, entrambe le opzioni sarebbero state sgradevoli.
La soluzione era un piccolo giardino pieno di piante che fiorivano all’ombra. Ortensie si abbarbicavano alle pareti e spuntavano attorno alle fioriere. Cuori sanguinanti erano disposti in fila, con i loro minuscoli boccioli rosa che pendevano da delicate foglie a tre punte. Ramisetosi, con le loro sottili foglie simili a dita, e altri alberelli da ombra correvano lungo l’interno delle mura triangolari, incontrandosi in un unico punto.
Camminando avanti e indietro per i filari di alberi mentre attendeva, Egwene ripensò al fatto che Sheriam era Nera. In quante cose quella donna era coinvolta? Era stata maestra delle novizie per anni sotto il periodo di Siuan come Amyrlin. Aveva usato la sua posizione per angariare o forse per convertire altre Sorelle? C’era lei dietro l’attacco dell’Uomo Grigio così tanto tempo fa?
Sheriam aveva fatto parte del gruppo che aveva Guarito Mat Non avrebbe potuto fare nulla di malvagio all’interno di un circolo con così tante altre donne… Ma qualunque cosa la riguardasse era sospetta. C’era così tanto! Sheriam era stata una di quelle al comando di Salidar prima dell’ascesa al potere di Egwene. Cosa aveva fatto, quanta manipolazione aveva esercitato allora, quanto aveva tradito all’Ombra?
Era stata a conoscenza anzitempo dei piani di Elaida di deporre Siuan? Galina e Alviarin erano Nere, ed erano state due delle maggiori istigatrici, perciò pareva probabile che le altre Nere ne fossero state al corrente. L’esodo di metà della Torre, il raduno a Salidar, la successiva attesa e i dibattiti… Faceva tutto parte del piano del Tenebroso? E la stessa ascesa al potere di Egwene? A quanti dei fili dell’Ombra danzava legata senza saperlo?
Queste non sono che vane speculazioni, si disse con fermezza. Non procedere lungo quella strada.
Perfino senza i libri di Verin, Egwene aveva sospettato che la divisione della Torre fosse opera del Tenebroso. Era ovvio che sarebbe stato lieto che le Aes Sedai si fossero spaccate in due, invece che unite sotto una sola guida.
Solo che adesso era piu’… personale. Egwene si sentiva insozzata, abbindolata. Per un momento, si sentì la campagnola che molti la ritenevano. Se Elaida era stata una pedina delle Nere, lo stesso valeva per lei. Luce! Quanto doveva aver riso il Tenebroso nel vedere due Amyrlin rivali, ciascuna con le sue fedeli seguaci al suo fianco, contrapporsi l’una all’altra.
‘Non posso essere certa con esattezza di cosa egli voglia o perché lo voglia,’ aveva detto Verin.
‘Perfino dopo anni di studi, non posso essere certa…’ Chi poteva sapere se il Tenebroso rideva? Rabbrividì. Qualunque fosse il suo piano, lei l’avrebbe combattuto. Avrebbe resistito a lui. Gli avrebbe sputato nell’occhio, perfino se fosse stato lui a vincere, proprio come dicevano gli Aiel.
«Ma tu guarda» disse la voce di Siuan.
Egwene ruotò su se stessa, accorgendosi con disappunto che non indossava più il vestito dell’Amyrlin, ma un’armatura completa come un soldato pronto a cavalcare in battaglia. In mano reggeva un paio di lance aiel.
Bandì armatura e lance con un pensiero, tornando all’abito. «Siuan» disse bruscamente.
«Farai meglio a far comparire una sedia. E successo qualcosa.» Siuan si accigliò. «Cosa?»
«Tanto per cominciare, Sheriam e Moria sono dell’Ajah Nera.»
«Cosa?» replicò Siuan, sconcertata. «Che sciocchezza è questa?» Rimase immobile.
«Madre» aggiunse imbarazzata.
«Non è una sciocchezza» disse Egwene. «E la verità , temo. Ce ne sono altre, ma dovrò darti i loro nomi più tardi. Non possiamo ancora prenderle in custodia, Mi serve tempo per pensare ed elaborare un piano, una sera forse. Colpiremo presto. Ma fino ad allora, voglio che Sheriam e Moria siano sorvegliate. Non stare da sola con loro.»
Siuan scosse il capo dall’incredulità. «Quanto ne sei certa, Egwene?»
«Sufficientemente certa» rispose lei. «Sorvegliale, Siuan, e inizia a pensare al da farsi. Voglio sentire le tue proposte. Ci servirà un modo per prenderle in silenzio, poi dimostrare al Consiglio che quello che abbiamo fatto è giustificato.»
«Questo potrebbe essere pericoloso.» Siuan si sfregò il mento. «Spero che tu sappia cosa stai facendo, Madre.» Enfatizzò l’ultima parola.
«Se mi sbaglio,» disse Egwene «sarà solo mia responsabilità. Ma non lo penso. Come ho detto, molto è cambiato.»
Siuan chinò il capo. «Sei ancora prigioniera?»
«Non esattamente. Elaida ha…» Egwene esitò, accigliandosi. Qualcosa non andava.
«Egwene?» chiese Siuan allarmata.
«Io…» iniziò Egwene, poi fremette. Qualcosa stava tirando contro la sua mente, annebbiandola. Qualcosa la stava…
Trascinando indietro. Il Tel’aran’rhiod scomparve in un istante ed Egwene riaprì gli occhi nella sua stanza, mentre Nicola le scuoteva il braccio, agitata. «Madre» stava dicendo. «Madre!» La ragazza aveva un taglio insanguinato sulla guancia. Egwene si mise a sedere di scatto, e in quel momento l’intera Torre tremò per un esplosione. Nicola le afferrò il braccio, uggiolando dalla paura.
«Cosa sta succedendo?» domandò Egwene.
«Progenie dell’Ombra!» gridò Nicola. «Nel cielo, serpenti che gettano fiamme e flussi dell’Unico Potere. Ci stanno distruggendo! Oh, Madre. E Tarmon Gai’don!»
Egwene ebbe un istante di panico primitivo e quasi incontrollabile. Tarmon Gai’don! L’Ultima Battaglia! Udì urla in lontananza, seguite da grida di soldati o Custodi. No… no, doveva concentrarsi! Serpenti nel cielo. Serpenti che maneggiavano l’Unico Potere… o con in sella qualcuno che maneggiava l’Unico Potere. Egwene si scrollò di dosso la coperta e balzò in piedi. Non era Tarmon Gai’don, ma la situazione era quasi altrettanto pessima. I Seanchan avevano infine attaccato la Torre Bianca, proprio come Egwene aveva Sognato.
E lei non poteva incanalare nemmeno il Potere sufficiente ad accendere una candela, tantomeno per contrattaccare.