PARTE TERZA Ottobre 2114

La verifica del nostro progresso non consiste nell’aumentare l’abbondanza di coloro che hanno molto, ma nel fornire il necessario a coloro che hanno troppo poco.

Franklin Delano Roosevelt, (Secondo Discorso di Inaugurazione)

10

Diana Covington — East Oleanta

La cosa più rimarchevole del trovarsi in una topaia fuori mano come East Oleanta avvenne quando mi resi conto che l’ECGS non sapeva dove fosse Miranda Sharifi. Era un ente governativo sofisticato e determinato ma, apparentemente, non sapevano nemmeno dove mi trovassi io. Non stavo usando nessuna delle identità che mi aveva procurato Colin Kowalski e avevo cambiato il mio personaggio tre volte lungo il tragitto verso East Oleanta. "Victoria Turner" aveva credenziali con il Fisco, con lo Stato del Texas, con la banca in cui era depositato il fondo fiduciario della sua famiglia, con gli istituti di istruzione software, con il Servizio di Assistenza Medica Nazionale, con negozi di drogheria: il mio amico ladro era bravissimo nel proprio mestiere. Abbastanza bravo da convincere Huevos Verdes… chi poteva saperlo? Mi sentivo comunque sicura che l’ECCS non ne sapesse niente.

La seconda cosa rimarchevole fu che io non chiamai l’ECGS per dire dove mi trovassi e cosa sospettassi. Lo imputai all’arroganza. Volevo essere in grado di dire: "Ecco qui Miranda Sharifi, latitudine 43°45’16 secondi — longitudine 74°50’86 secondi; è un laboratorio illegale di modificazione genetica, andate a prenderla, ragazzi" invece di dire: "Be’, penso che sia qui da qualche parte nelle vicinanze, anche se non ho prove". Se fossi stato un agente regolare il mio silenzio sarebbe risultato intollerabile. Io però non ero un agente regolare. Non ero proprio niente di regolare. Volevo, una volta nella mia incapace vita, avere successo in qualche cosa per mio conto. Lo volevo maledettamente.

Ovviamente, come quelli dell’ECGS, non sapevo con esattezza dove si trovasse Miranda Sharifi, anche se sospettavo che fosse nascosta in un qualche luogo nelle boschive Montagne Adirondack presso East Oleanta. Non avevo però la benché minima idea di dove poterla effettivamente trovare.

Fino a Lizzie Francy.


Tornai a trovare Lizzie Francy la stessa sera in cui le avevo spiegato per la prima volta alcune semplici operazioni del computer, il giorno dopo averle applicato un cerotto medico. Avevo notato come avesse cambiato colore Billy Washington quando gli avevo chiesto dell’Eden. Quel vecchio era il peggior bugiardo che avessi mai visto. Sapeva qualcosa sull’Eden: era disperatamente innamorato della ben più forte e ben più convenzionale Annie; Lizzie avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che avesse voluto. Povero Billy.

Lizzie era seduta su un orrendo sofà in sintoplastica e indossava una camicia da notte rosa; aveva i capelli suddivisi in sedici treccine raccolte in un nastro rosa. Parti elettroniche erano sparpagliate sulla coperta. La avvistai alle spalle di Billy, che mi aveva aperto la porta ma non mi voleva lasciare entrare.

— Lizzie dorme, lei.

— No, Billy. È là dietro.

— Vicki! — gridò Lizzie con la sua vocetta da bambina e qualcosa di inaspettato mi si rigirò in petto. — Sei qui!

— È ammalata, lei, troppo ammalata per ricevere gente.

— Io sto bene, io — disse Lizzie. — Lascia entrare Vicki, Billy. Ti preeeeeego.

Egli lo fece, con espressione infelice. Annie non era in giro. Io dissi: — Che cosa hai lì, Lizzie?

— Il robot per pelare le mele della cucina del caffè — rispose lei prontamente e senza alcun senso di colpa. Billy si contrasse. — Si è rotto e io l’ho fatto a pezzi, io, per vedere se riesco a ripararlo.

— E ci riesci?

— No. E tu? — Mi fissò con scuri occhi affamati. Billy uscì dall’appartamento.

— Probabilmente no — risposi. — Non sono un tecnico di robot. Fammi dare un’occhiata, però.

— Ti faccio vedere tutto, io.

Lo fece. Rimise insieme i pezzi del robot-pela-mele che aveva un semplice chip Kellor standard alimentato da energia-Y. Io ero andata a scuola con Alison Kellor la quale aveva sempre professato un disprezzo annoiato per l’impero elettronico che avrebbe un giorno ereditato. Lizzie riassemblò il robot in due minuti circa e mi mostrò come non funzionasse nonostante un chip attivo. — Vedi questo pezzettino qui, Vicki? Dove il braccio che sbuccia si inserisce nel robot? Sembra come sciolto, lui.

Dissi: — Cosa pensi che lo abbia provocato?

I grandi occhi scuri mi fissarono. — Non lo so, io.

— Io sì. — La giuntura distrutta era in duragem. Era stata in duragem, fino all’attacco del rinnegato disgregatore replicante.

— Che cosa lo ha sciolto, Vicki?

Rivoltai il robot fra le mani, alla ricerca di altre giunture in duragem. C’erano, fra le parti in plastica fisse meno durevoli, ma più economiche. Le altre non "sembravano come sciolte, loro". Ma non lo erano nemmeno alcune delle parti in duragem.

— Che cosa l’ha sciolto, Vicki? Vicki? — Sentii una mano su un braccio.

Perché le altre giunture in duragem non erano state attaccate? Perché il disgregatore aveva una specie di meccanismo a orologeria. Si era autodistrutto dopo un certo periodo di tempo e aveva anche smesso di replicarsi dopo avere prodotto un determinato numero di copie di sé. Molti dei meccanismi di nano-tecnologia avevano questo dispositivo di sicurezza.

Lizzie mi scosse il braccio. — Che cosa l’ha sciolto, Vicki? Cosa?

— Un minutissimo macchinario. Troppo piccolo perché lo si possa vedere.

— Il disgregatore di duragem? Quello che io ho visto al notiziario, io?

Subito sollevai lo sguardo. — Tu guardi i notiziari dei Muli?

Mi lanciò un’occhiata lunga e seria. Mi resi conto che per lei si trattava di un’importante decisione da prendere: fidarsi di me o no. Alla fine disse, come se fosse una risposta: — Ho quasi dodici anni, io. La mia mamma, lei, pensa ancora che ci ho sei anni.

— Oh — commentai io. — E come fa una ragazzina di dodici anni a vedere i notiziari dei Muli? Al caffè non vengono mai trasmessi.

— Non c’è niente in piena notte. Qualche notte. Io vado lì, io, e me li guardo.

— Sgattaioli fuori di casa?

Lei annuì con espressione solenne, certa che questa ammissione avrebbe fatto crollare il mondo. Aveva ragione. Non avevo mai immaginato un bambino Vivo con tanta ambizione, curiosità, intelligenza o fegato. Mi resi conto che Lizzie Francy avrebbe avuto un’esistenza difficile: sgradita sia ai Vivi, sia ai Muli.

Vidi, a quel punto, un modo per utilizzare la sua diversità.

— Lizzie ti piacerebbe stringere un patto con me? Mi guardò con aria circospetta.

— Se tu mi dici quello che io voglio sapere io ti aiuterò a imparare tutto quello che posso sul funzionamento delle macchine.

Il volto di Lizzie cambiò. Sobbalzò alle mie parole come il piccolo promettente piranha che era.

— Me lo hai promesso. Vicki, io ti ho sentito, io, e quella era una promessa. Hai detto che mi aiuterai a scoprire tutto quanto su come funzionano le macchine!

— Ho detto "tutto quello che posso". Non tutto.

— Ma me lo hai promesso, tu.

— Sì, sì, l’ho promesso. Ma in cambio tu devi rispondere a tutte le domande che io ti faccio.

Rifletté un istante tenendo la testa piegata di lato, con le sedici treccine annodate di rosa che si diramavano in direzioni differenti. Non notò alcuna trappola di rilevante importanza. — D’accordo.

— Lizzie, hai mai sentito parlare dell’Eden?

— Nella Bibbia?

— No. Qui, vicino a East Oleanta.

A dispetto del nostro accordo, lei esitò. Le dissi: — Anche tu hai fatto una promessa.

— Ho sentito Billy e la mamma, io, che ne parlavano. La mamma diceva che l’Eden non esiste per niente se non nella Bibbia. Billy, invece, lui diceva che non era tanto sicuro, lui. Ha detto che forse era un posto nelle montagne o nei boschi che i Muli non conoscono e che magari i Vivi ci potrebbero lavorare, loro. Pensavano che stavo dormendo.

Un luogo che i Muli non conoscono. Il che significava, per East Oleanta, i Muli al governo, praticamente l’unico genere che una cittadina come quella aveva mai occasione di vedere.

— Billy se ne va mai da solo nei boschi? Senza la tua mamma?

— Oh, sì, gli piace, a lui. La mamma non se ne andrebbe mai nei boschi. È troppo grassa. — Lizzie disse quest’ultima frase come fosse un dato di fatto; per qualche strano motivo pensai improvvisamente a Desdemona che mi strappava via il braccialetto di latta senza alcun senso di colpa o sotterfugio.

— Ci va spesso? Quanto tempo sta via?

— Ci va ogni due mesi, lui. Per cinque o sei giorni. Solo che adesso si sta facendo un po’ troppo vecchio, lui, dice la mamma.

— Significa che non ci andrà più?

— No, ci andrà settimana prossima, lui. Le ha detto che ci deve andare a meno che non si rompe qualcosa di importante e poi lui ha paura di lasciarci qui da sole, lui. Noi però abbiamo il cibo. — Indicò le patetiche pile di cibo sintetico privo di gusto che stava marcendo nei secchi posti negli angoli della casa.

— La settimana prossima quando?

— Martedì.

Lizzie sapeva tutto, ma che cosa sapeva Billy? Sapeva dove si trovava Miranda Sharifi?

— A che ora parte Billy quando se ne va nei boschi?

— La mattina molto presto. Vicki, come farai a insegnarmi tutto sulle macchine, tu? Quando possiamo cominciare, noi?

— Domani.

— Oggi.

— Devi ancora guarire. Hai avuto la polmonite, sai. Sai che cos’è?

Scosse la testa. Gli stupidi nastrini rosa ballonzolarono. Se fosse stata figlia mia le avrei legato le treccine con micro-fibre.

Se fosse stata mia figlia? Cristo.

— La polmonite è una malattia provocata da batteri che sono piccole macchine viventi che vengono distrutte all’interno del tuo corpo da altre piccole macchine viventi studiate per farlo. Ed è proprio da lì che cominceremo domani. Se possiedi i codici giusti esistono programmi cui puoi accedere sul terminale dell’albergo dove le persone vanno raramente… — Per la prima volta mi venne in mente che Annie avrebbe vigorosamente obbiettato a questo programma educativo. Avrei dovuto istruire Lizzie in piena notte.

— Quali codici? — Gli occhi della ragazzina erano scintillanti e acuminati come aghi in carbonio.

— Te li mostrerò domani.

— Io ho già riprogrammato, io, la porta di servo-entrata al caffè per potere entrare io e la mamma. Io le capisco le cose sul terminale dell’albergo. Dimmi soltanto un pochino "come"…

— Ciao, Lizzie.

— Dimmi solo come…

— Ciao!

Mentre chiudevo la porta lei stava nuovamente smembrando il robot per pelare le mele.


Nelle successive sei settimane, Lizzie passò tutto il suo tempo libero al terminale dell’albergo, accedendo al software educativo dell’immenso sistema bibliotecario pubblico dei Muli. Compariva nell’albergo a ore strane, la mattina presto con i capelli bagnati, provenendo dai bagni, o al tramonto, nei momenti in cui, io sospettavo, Annie pensava stesse giocando con le sue amichette Carlena e Susie, un paio di stupide fringuelle. Lizzie scompariva altrettanto repentinamente, un fuorilegge che fuggiva dalla scena del crimine scolastico per presentarsi a rapporto per pranzo o per andare in chiesa. Non sapevo se si connettesse anche in piena notte o no: io ero, giudiziosamente, addormentata. Imparava a una velocità strabiliante, non appena aveva da imparare qualcosa di importante. Non controllavo i programmi cui accedeva e commentavo soltanto quando aveva domande da pormi. Dopo il primo giorno si tuffò a capofitto sui sistemi di computer, teoria e applicazioni. Nel giro di una settimana mi mostrò come aveva riprogrammato un robot-pulitore funzionante perché ballasse, combinando, accelerando e mettendo in sequenza i normali movimenti. Quell’aggeggio roteava nella mia lugubre camera d’albergo come se avesse una crisi epilettica metallica. Lizzie rideva così forte che cadde dal letto e continuò a farlo anche sul pavimento, con le braccia conserte sullo stomaco e, ancora una volta, quello sgradito qualcosa mi si rigirò nel petto, caldo come sangue.

Nel giro di un mese aveva terminato i primi due anni di software scolastico secondario, accreditato dall’Associazione Educativa Americana, sulla scienza informatica.

Dopo sei settimane mi aveva mostrato allegramente come aveva fatto a entrare nelle banche dati dell’Impresa Haller. Sbirciai da sopra le sue spalle, chiedendomi se il software di sicurezza della Haller non avrebbe rintracciato l’intrusione fino a East Oleanta, dove non sarebbe dovuto esistere nessuno in grado di effettuare intrusioni nelle banche dati. L’ECGS monitorava forse le irruzioni industriali?

Cominciavo a essere paranoica. Doveva esserci un quarto di milione di teenager esploratori di reti che ficcavano il naso nelle banche dati delle imprese solo per il gusto di fare un colpo tecnologico.

Ma quei ragazzini erano Muli.

— Lizzie — dissi — basta con le intrusioni in rete. Mi dispiace, tesoro, ma è pericoloso.

Serrò le labbra, una sospettosa piccola Annie. — Pericoloso come?

— Potrebbero rintracciarti, venire qui e arrestarti. E mandarti in galera.

I suoi occhi neri restarono sbarrati. Aveva un certo rispetto per l’autorità, quanto meno per il potere. Una codarda piccola Annie.

— Prometti — dissi io, implacabile.

— Lo prometto, io!

— E sai cosa ti dico? Domani andrò ad Albany e ti comprerò un computer portatile e una biblioteca di cristallo. C’è sopra molto più di quello a cui tu non possa accedere da qui. Non crederai a ciò che potrai imparare a fare. — E un’unità portatile non poteva essere rintracciata. Avrei potuto utilizzare il conto di "Darla Jones" che l’alto costo di una biblioteca di cristallo e un’unità compatibile avrebbe praticamente prosciugato. Forse avrei fatto meglio ad andare più in là di Albany per l’acquisto. Forse a New York.

Lizzie mi fissò, per una volta tanto, senza parole. La boccuccia rosata disegnò una piccola O. Mi abbracciò quindi forte, sapeva di sapone distribuito dal deposito, con la voce soffocata dal mio collo.

— Vicki… una biblioteca di cristallo… oh, Vicki…

Per te. Non dissi altro. Non potevo.

Anthony, che era venuto prima di Russel e dopo Paul, mi aveva detto una volta che non esisteva ciò che veniva chiamato istinto materno e nemmeno quello paterno. Si trattava di propaganda intellettuale mirata a spingere gli umani verso una responsabilità che in effetti non volevano, ma che non potevano ammettere di non volere. Era un tour de force di pubbliche relazioni privo di genuina forza biologica,

Avevo amato uomini decisamente stupidi.


Tre giorni dopo aver portato a Lizzie la biblioteca di cristallo, mi alzai alle quattro del mattino pronta a seguire Billy nel folto del bosco.

Poteva essere il mio terzo giro in sei settimane. Lizzie mi teneva informata, causa il nostro accordo, sui piani di Billy. Mi aveva detto che lui era solito andare ogni due mesi, ma adesso si allontanava molto più di frequente.

Quella mattina stava nevicando, anche se era solamente metà ottobre. A San Francisco non avevo mai fatto molto caso alla storia della "mini-glaciazione in arrivo". Nelle Adirondack, tuttavia, non c’era grande possibilità di scelta. Tutti andavano in giro infagottati in tute invernali, sorprendentemente calde.

Billy indossava una di queste tute quando emerse dall’edificio dove era situato il suo appartamento, alle quattro e quarantacinque del mattino. Portava uno zaino di plastitessuto. Fuori era ancora buio. Si incamminò in direzione del fiume che scorreva a soli cinque o sei isolati da quello che passava per essere il centro cittadino. Lo seguii senza essere vista finché ci furono edifici a fornirmi copertura. Quando non ce ne furono più, lo lasciai allontanare dalla vista e quindi seguii le sue impronte sulla neve fresca. Un chilometro e mezzo dopo le impronte si interruppero.

Sostai sotto un pino, riflettendo sulle mie possibilità di scelta. Alle mie spalle, Billy disse tranquillamente: — Non è per niente migliorata nei boschi. Non dalla prima volta.

Mi voltai. — Come hai fatto?

— Non importa come ho fatto io. La domanda è che cosa ha intenzione di fare lei qui fuori.

— Seguirti ancora.

— Perché?

Non me lo aveva mai chiesto prima. Le altre volte che lo avevo seguito si era del tutto rifiutato di parlarmi. Aveva un aspetto insolitamente imponente lì in piedi nel paesaggio desolato, col volto raggrinzito e l’espressione grave: un Mosè Vivo. Dissi: — Billy, dov’è l’Eden?

— Sta dando la caccia a quello, eh? Non so dov’è, io, e se lo sapevo non ce la portavo lo stesso.

— Perché no?

— Perché no cosa?

— Perché non mi porteresti nell’Eden se sapessi dove si trova?

— Perché quello non è un posto per Muli.

— È forse un posto per Vivi?

Sembrò tuttavia avere compreso di avere parlato troppo. Deliberatamente appoggiò lo zaino a terra, spazzolò via la neve da un tronco caduto e si sedette con l’aria di un uomo che non aveva alcuna intenzione di alzarsi finché io non me ne fossi andata. Avrei dovuto pungolarlo offrendogli di più.

— Non è nemmeno un posto di Vivi, vero, Billy? È un posto di Insonni. Tu hai visto un Super-Insonne di Huevos Verdes, o più di uno, in questi boschi. Hanno la testa un po’ più grossa del normale e parlano come se stessero rallentando il discorso, perché è proprio quello che fanno. Pensano così più velocemente e in modo più complesso rispetto a noi. Ne hai visto uno, vero, Billy? Uomo o donna?

Egli mi fissò, un volto grave e rugoso contro il grigio e il bianco dei boschi.

— Quando è successo, Billy? In estate? O prima ancora?

Egli rispose con sforzo malcelato e mentendo spudoratamente: — Non ho mai visto nessuno, io.

Mi avvicinai a lui e gli appoggiai con fermezza una mano sulla spalla. — Si che lo hai fatto, tu. Quando è successo?

Egli fissò il terreno innevato, arrabbiato ma senza volere, o senza essere capace di mostrarlo.

— D’accordo, Billy — sospirai io. — Se non me lo vuoi dire, non dirmelo. Hai ragione, sai, non posso seguirti senza essere vista nei boschi perché non so quello che sto facendo. E ho già freddo.

Continuò a non dire nulla. Ritornai in paese arrancando a fatica. Il computer e la biblioteca di cristallo per Lizzie non erano stati tutto ciò che Darla Jones aveva acquistato a New York. Il dispositivo di rintracciamento che avevo appiccicato sulla giacca di plastitessuto dell’uomo, dietro alla spalla e sotto al collo dove lui non avrebbe potuto vederlo finché non si fosse tolto la giacca, registrava un punto fisso sul monitor portatile. Esso rimase immobile per oltre un’ora. Ma non aveva freddo?

Forse Billy Washington si era acceso un falò: il monitor non lo avrebbe mostrato. Un’ora dopo, mentre me ne stavo seduta al calduccio nella mia camera d’albergo a East Oleanta, il punto-Billy si mosse. Camminò ancora per svariate miglia nel corso della giornata, a piccoli tratti, in varie direzioni. Un uomo in cerca di qualche cosa. In nessun momento il punto scomparve, il che avrebbe significato che era sparito dietro a un campo di sicurezza a energia-Y. La stessa cosa accadde per i successivi tre giorni e notti. Egli tornò quindi a casa.

Inspiegabilmente non mi affrontò riguardo al dispositivo di rintracci amento. O non lo aveva mai trovato anche dopo avere tolto la giacca (difficile a credersi), oppure lo aveva trovato ma non aveva avuto la minima idea di cosa fosse e aveva deciso di non chiederselo nemmeno. Oppure — e questo mi sovvenne in seguito — l’aveva visto, ma aveva pensato che ce lo avesse messo qualcun altro, forse mentre lui era addormentato, e aveva voluto lasciarlo al suo posto. Qualcuno dei boschi. Qualcuno che lui voleva compiacere.

O forse non era nessuna di queste cose.


Due giorni dopo il ritorno di Billy dai boschi, Annie disse: — La ferrovia a gravità si è rotta di nuovo, lei. — Non lo disse a me. Io ero seduta nel suo appartamento, in visita a Lizzie, ma Annie doveva ancora acconsentire ufficialmente che mi trovassi lì. Non mi guardava in faccia, non mi parlava, manovrava la sua considerevole stazza attorno al posto che occupavo come se fosse un inesplicabile e sconveniente buco nero. Probabilmente Billy mi aveva fatto entrare solo perché avevo portato due bracciate di cibo e di articoli del deposito, ottenuti con il gettone "Victoria Turner" per contribuire alle crescenti scorte allineate lungo le pareti. Quel luogo puzzava vagamente come una discarica in cui non erano stati lasciati i microorganismi che consumavano i rifiuti.

— Dove sta? — chiese Billy. Intendeva dire il treno vero e proprio, fermo da qualche parte lungo il percorso magnetico.

— Proprio qui — rispose Annie. — A circa mezzo chilometro fuori dal paese, è quello che ha detto Celie Kane, lei. Alcuni di loro sono tanto furiosi da volerlo incendiare.

Lizzie sollevò con interesse lo sguardo dal terminale portatile con la preziosa biblioteca di cristallo. Non avevo assistito alla reazione di Annie al mio regalo ma me ne aveva parlato Lizzie. L’unico motivo per cui Lizzie possedeva ancora quella roba era che aveva minacciato di scappare di casa prendendo la ferrovia a gravità. Aveva dodici anni, aveva detto a sua madre, moltissimi ragazzi se ne andavano di casa a dodici anni. Suppongo che per i ragazzi Vivi fosse vero, visto che se ne andavano avanti e indietro con i loro gettoni-pasto. Era stato quello il momento in cui Annie aveva smesso di rivolgermi la parola.

Lizzie disse: — Ma i treni possono bruciare, loro?

— No — rispose brevemente Billy. — Ed è comunque contro la legge rovinarli.

Lizzie digerì l’affermazione. — Ma se nessuno può venire in treno da Albany per punire la gente che non rispetta la legge…

— Possono venire in aereo, loro, non ti pare? — schioccò seccamente Annie. — Non pensare nemmeno di non rispettare la legge, signorina!

— Non ci stavo pensando per niente, io. È Celie Kane che lo sta facendo — disse Lizzie con ragionevolezza. — E poi nessuno verrà più a East Oleanta in aereo da Albany. Tutti quei Muli hanno problemi ben più grossi di noi, loro.

— La voce dell’innocenza — dissi, ma naturalmente nessuno rispose.

Fuori, nel corridoio, qualcuno si mise a gridare. Si sentì un rumore di passi superare la nostra porta, tornare indietro e poi bussare. Billy e Annie si guardarono a vicenda. Billy aprì quindi la porta di uno spiraglio e infilò fuori la testa. — Che c’è che non va?

— Il deposito non ha aperto un’altra volta! Per la seconda settimana di fila! Stiamo per fare a pezzi quel fottutissimo posto, io ho bisogno di un’altra coperta e di stivali, io!

— Oh — disse Billy e richiuse la porta.

— Billy — dissi io misurando le parole — chi altri sa che abbiamo stipato qui cibo e articoli del deposito?

— Nessuno oltre a noi quattro — rispose lui senza incrociare il mio sguardo. Si vergognava.

— Non dirlo a nessuno. Indipendentemente da quanto dicono di avere bisogno di questa roba.

Billy guardò con espressione impotente Annie. Sapevo che era dalla mia parte. East Oleanta, avevo scoperto, aveva una prospera economia di scambio che conviveva fianco a fianco con quella ufficiale dei Muli. Conigli scuoiati, ben arrostiti su un fuoco all’aperto venivano barattati con orribili arazzi fatti a mano o tute ricamate. Noci per giocattoli, narcotici per cibo. Servizi, che andavano dalla cura dei bambini al sesso, per impianti stereo o mobili in legno fatti a mano con gli alberi della foresta. Mi immaginavo Billy scambiare qualcuna delle cose che avevamo ammassato, ma non rischiare tutto lasciando sapere a qualcuno che l’avevamo. Non essendoci la possibilità che Lizzie ne avesse bisogno.

Annie era tutta un’altra storia. Sarebbe morta per Lizzie ma aveva in sé la partecipazione, l’equità e la conformità sconsiderata che creano il senso di comunità.

Mi stiracchiai. — Penso che andrò ad assistere alla liberazione del Centro di Distribuzione Beni Supervisore Distrettuale Aaron Simon Samuelson.

Annie lanciò un’occhiata acida, senza guardarmi direttamente. Billy che sapeva che ero equipaggiata sia con uno scudo personale sia con uno storditore disse tuttavia con espressione infelice: — Faccia attenzione. — Lizzie balzò in piedi. — Anche io ci vado, io!

— Tu chiudi il becco, ragazzina! Tu non andrai proprio da nessuna parte, tu, che è così pericoloso! — Annie, ovviamente. La rottura della ferrovia a gravità invalidava temporaneamente la forza contrattuale di Lizzie: la sua minaccia di andarsene.

Lizzie serrò le labbra così tenacemente che praticamente scomparvero. Non l’avevo mai vista farlo prima di allora. Era sempre la figlia di Annie. — Anche io ci vado, io!

— No, non lo farai — dissi io. — È troppo pericoloso. Ti racconterò io che cosa succede. — Lizzie si calmò, brontolando.

Annie non mi fu grata.

Una piccola folla, circa una ventina di persone, picchiava contro la porta in pietra spugnosa del deposito utilizzando un divano come ariete. Oziai un po’ dall’altra parte della strada, appoggiandomi contro un condominio color turchese e restai a osservare.

La porta cedette.

Venti persone lanciarono un grido collettivo e si precipitarono all’interno. Quindi venti persone lanciarono un altro grido, in questo caso furioso. Esaminai i cardini della porta. Erano stati di duragem, fatti a pezzi atomo dopo atomo dai disgregatori.

— Non c’è dentro niente!

— Ci hanno preso in giro, loro!

— Fottuti bastardi…

Sbirciai dentro. La prima stanza conteneva un bancone e un terminale. Una seconda porta conduceva al deposito in cui erano allineate scaffalature vuote, contenitori vuoti, ganci appesi vuoti dove sarebbero dovuti invece esserci tute, vasi, chip musicali, sedie, robot-pulitori e attrezzi. Avvertii un brivido scendere dal collo all’inguine, un vero e proprio brivido di eccitazione frammisto in modo misterioso a paura e stupore. Allora era vero. L’economia, la struttura politica, la crisi del duragem erano realmente così gravi. Per la prima volta da oltre cento anni, da quando Kenzo Yagai aveva inventato l’energia a basso costo e rimodellato il mondo, non c’era veramente abbastanza per andare avanti. I politici stavano conservando la produzione per le città in cui risiedeva un maggior numero di votanti, cancellando aree meno popolose ó meno facilmente raggiungibili che avevano un minor numero di votanti. East Oleanta era stata cancellata.

Non sarebbe arrivato nessuno ad aggiustare la ferrovia a gravità.

La folla ululò, bestemmiando: — Fottuti Muli! Dobbiamo fotterli tutti, noi! — Udii il fragore di scansie che venivano strappate dalle pareti: forse erano dotate di fissaggi fatti di duragem.

Mi incamminai rapidamente, ma con calma, verso l’esterno. Venti persone erano abbastanza per formare una folla di rivoltosi. Lo storditore spara soltanto in una direzione alla volta e uno scudo personale, anche se infrangibile, non impedisce a colui che lo indossa di essere trattenuto in un luogo senza acqua e viveri.

All’albergo o da Annie? Qualunque posto avessi scelto, sarei potuta dover restare lì per lungo tempo.

L’albergo aveva un terminale collegato in rete che avrei potuto usare per chiamare aiuto se avessi scelto bene il momento. L’appartamento di Annie era al margine del paese che, all’improvviso, mi sembrò un posto più sicuro del pieno centro. C’era anche cibo, porte i cui cardini non erano di duragem e un proprietario che mi era già ostile. Oltre a Lizzie.

Mi diressi velocemente da Annie.

A metà strada, Billy arrivò da dietro un angolo di un edificio, portando una mazza da baseball. — Svelta, dottoressa! Da questa parte, su!

Mi bloccai all’improvviso. Tutta la paura che era stata una specie di crescente eccitamento, scomparve. — Sei venuto per proteggere "me"?

— Da questa parte! — Stava respirando a fatica e le vecchie gambe gli tremavano. Gli appoggiai una mano sul gomito per sorreggerlo.

— Billy, appoggiati contro questa parete. Sei venuto per proteggere "me"?

Egli mi afferrò la mano e mi trascinò lungo un vicolo, lo stesso che i piccoli delinquenti usavano per oziare in modo creativo quando il clima era caldo. In quel momento sentii anch’io le grida che provenivano dall’estremità opposta della strada, dal deposito. Altra gente infuriata che strillava contro i politici Muli.

Billy mi condusse lungo il vicolo, dietro ad alcuni edifici, procedendo carponi attraverso quella che sembrava una minidiscarica di rottami di scooter, pezzi di sintoplastica, materassi e altra sgradevole immondizia di grandi dimensioni. Sul retro del caffè egli fece qualcosa alla servo-entrata utilizzata dai robot-spedizionieri: si aprì. Strisciammo all’interno della cucina automatizzata che era tutta indaffarata a preparare soia sintetica che assomigliasse a tutto il resto.

— Come…

— Lizzie — boccheggiò lui — anche prima che… che imparava qualche cosa… da lei — e nonostante l’incipiente attacco di cuore, percepii il suo orgoglio. Egli scivolò lungo la parete e si concentrò per respirare più lentamente. Il suo colore febbricitante si attenuò.

Mi guardai attorno. In un angolo si trovava un secondo piccolo ammasso di cibo, coperte e articoli di prima necessità. Mi bruciarono gli occhi.

— Billy…

Stava ancora cercando di tirare il fiato. — Nessuno sa di… di questo e così non penseranno, loro a cercarla qui.

Mentre avrebbero potuto farlo nell’appartamento di Annie. Le persone mi avevano visto con Lizzie. Lui non stava proteggendo me: stava proteggendo Lizzie dall’essere associata con me.

Dissi: — Adesso l’intero paese andrà alla Bastiglia?

— Eh?

Dissi: — L’intero paese farà una rivolta, spaccherà tutto alla ricerca di qualcuno da incolpare e ferire?

Sembrò sconcertato all’idea. — Tutti? No, certo che no. Quello che sente adesso sono solo le teste calde che non sanno nemmeno, loro, cosa fare quando c’è qualcosa di diverso. E le brave persone come Jack Sawicki, lui le organizzerà tutte in modo che le cose utili possono essere fatte.

— Per esempio?

— Oh — egli agitò una mano con espressione vaga. Il respiro gli era quasi tornato alla normalità. — Mettere via coperte per tutti quelli che ne hanno veramente bisogno. Dividere la roba che non arriverà più. È arrivato un carico di soia sintetica, a noi, proprio settimana scorsa: la cucina non resterà senza per un po’ anche se non ci saranno extra. Jack si assicurerà, lui, che la gente lo sa.

A meno che la cucina non si rompa, ovviamente. Nessuno dei due lo disse, tuttavia.

Io dissi con tranquillità: — Billy, mi cercheranno a casa di Annie?

Egli fissò la parete opposta. — Potrebbero.

— Vedranno le scorte ammassate.

— La maggior parte della roba è qui. Quello che lei ha visto sono solo secchi vuoti, loro. Annie li sta infilando proprio adesso nel riciclatore.

Cercai di digerire la cosa. — Non ti fidavi di raccontarmi di questo posto. Speravi che me ne sarei andata prima di dover sapere.

Continuò a fissare la parete. I nastri trasportatori portavano ciotole di "zuppa" di sintosoia verso il riscaldatore a lampada. Guardai nuovamente la scorta: era più piccola di quanto non avessi pensato inizialmente. Se la cucina si fosse rotta, sarebbe stata solo una questione di tempo prima che che la folla di riottosi del paese ricordasse la sintosoia non trattata che doveva trovarsi da qualche parte dietro la catena del cibo. Billy doveva avere altre scorte. Nei boschi? Forse.

— Qualcuno infastidirà te, Annie o Lizzie perché io prima stavo con voi anche se non ci sto adesso?

Scosse la testa. — La gente non è così.

Ne dubitavo. — Non sarebbe meglio portare qui Lizzie?

Il suo volto corrucciato assunse un’espressione cocciuta. — Solo se sarò costretto, io. Meglio portare fuori roba e cibo.

— Quanto meno falle nascondere il terminale e la biblioteca di cristallo che le ho dato.

Egli annuì e si alzò in piedi. Le ginocchia non gli tremavano più. Recuperò la mazza da baseball e io lo abbracciai così forte e a lungo che la cosa lo sorprese tanto da farlo vacillare. Forse però lo spinsi anche leggermente.

— Grazie, Billy.

— Non c’è di che, dottoressa Turner.

Mi diede il codice della porta della servo-entrata, quindi strisciò fuori cautamente. Mi feci un giaciglio di coperte sul pavimento e mi ci sedetti dentro. Estrassi dalla tuta il monitor portatile. La cimice che avevo fissato saldamente all’interno della sua tasca quando egli aveva perso parzialmente l’equilibrio mi mostrava Billy che camminava verso l’appartamento di Annie. Quel giorno non sarebbe andato in nessun altro posto, forse non si sarebbe mosso per parecchi giorni. Quando lo avesse fatto, io volevo saperlo.

Rex, che era venuto prima di Paul e dopo Eugene, mi aveva detto una volta qualcosa di interessante riguardo alle organizzazioni. Ce ne sono essenzialmente solo due tipi in tutto il mondo, sosteneva Rex. Quando la gente del primo tipo di organizzazione o non segue le regole o diventa un’autentica rottura di palle, può essere sbattuta fuori. Da quel momento, cessa di essere parte dell’organizzazione. Queste organizzazioni includono squadre sportive, imprese, scuole private, circoli d’élite, religioni, enclavi cooperative, matrimoni e la Borsa Affari.

Quando però la gente si trova nel secondo tipo di organizzazione e non segue le regole, non può essere sbattuta fuori perché non c’è nessun altro posto dove mandarla. Indipendentemente da quanto inutili, gravosi o pericolosi siano i membri indesiderati, l’organizzazione ce li ha incollati addosso. Queste organizzazioni comprendono i carceri di massima sicurezza, le famiglie con ragazzini di nove anni dal carattere impossibile, le case di cura per malati terminali e le nazioni.

Avevo forse appena visto il mio paese sbattere fuori un’indesiderata e gravosa cittadina di votanti che aveva seguito le regole?

Appoggiai la schiena contro la parete e osservai la cucina automatizzata trasformare la soia sintetica in biscotti con scaglie di cioccolato.

11

Billy Washington — East Oleanta

Il giorno dopo che a East Oleanta hanno distrutto il deposito, il cibo ha cominciato ad arrivare via aria.

Come ho detto alla dottoressa Turner, non siamo stati tutti noi di East Oleanta. Soltanto alcuni piccoli delinquenti, più la gente come Celie Kane che era comunque sempre arrabbiata, più qualche brava persona che semplicemente non ne poteva più ed è temporaneamente impazzita. Si sono tutti calmati quando l’aereo ha cominciato a venire ogni giorno senza gli articoli del deposito ma con un sacco di roba da mangiare. Il tecnico che comandava i robot di scarico ha fatto un gran sorriso, lei, e ha detto: — Con i complimenti della Congressista Janet Carol Land. — Aveva però attorno tre robot-poliziotti e uno scintillio azzurrino che la dottoressa Turner ha detto che era uno scudo personale in dotazione ai militari.

La dottoressa Turner si è spostata dallo spazio dietro alla cucina appena un’ora prima che i robot spedizionieri cominciavano a marciarvi dentro. Ha fatto a malapena in tempo a non essere beccata. "Tutta Roma si incontra al Foro" ha detto, il che non aveva nessun senso. Si è trasferita di nuovo all’Albergo Rappresentante di Stato Anita Clara Taguchi.

Poi si è rotta la doccia nel bagno delle donne. Si è rotto un robot poliziotto. Si sono rotti i lampioni per l’illuminazione stradale oppure si è rotto qualcosa che comandava i lampioni. Abbiamo avuto un freddo periodo di aria artica e la neve non la smetteva più di venir giù.

— Maledetta neve — bofonchiava Jack Sawicki tutte le volte che lo vedevo. Le stesse parole ogni volta, come se era la neve il problema. Jack era dimagrito. Penso che non gli piaceva più essere il sindaco.

— Sono i Muli che ci stanno facendo questo — ha strillato Celie Kane. — Stanno usando il fottutissimo tempo per ammazzarci tutti quanti!

— Basta, Celie — ha detto suo padre, in modo ragionevole — nessuno può controllare il tempo, lui.

— Che ne sai "tu" di quello che possono fare loro? Sei solo un vecchio rimbambito! — E Doug Kane ha ricominciato a mangiare la sua zuppa, fissando lo spettacolo all’OLO-TV di un concerto del Sognatore Lucido.

A casa, Lizzie mi ha detto: — Sai, Billy, il signor Kane ha ragione. Nessuno "può" controllare il tempo. È un sistema caotico.

Non sapevo che cosa voleva dire. Lizzie diceva un sacco di cose che io non sapevo, da quando studiava tutti i giorni con il software e la dottoressa Turner. Adesso sapeva perfino parlare da Mulo. Ma non quando c’era sua madre in giro. Lizzie era troppo sveglia, lei, per fare una cosa come quella. Le ho sentito dire ad Annie: — Nessuno può controllare il tempo, lui. — E Annie, che stava contando ciambelle appiccicose e soiaburger che marcivano in un angolo dell’appartamento ha annuito senza ascoltare e ha detto: — È ora di andare a letto, Lizzie.

— Ma sono nel bel mezzo di…

— "Ora di andare a letto."

In piena notte qualcuno ha bussato alla porta dell’appartamento.

— B-B-Billy! Annie. F-Fatemi entrare!

Sono balzato a sedere sul divano dove che dormivo. Per un minuto ho pensato che stavo sognando. La stanza era buia come la morte.

— F-Fatemi en-entrare!

La dottoressa Turner. Sono rotolato giù dal divano. La porta della camera da letto si è aperta e Annie è venuta fuori in camicia da notte bianca con Lizzie alle spalle come un vento di coda.

— Non aprire quella porta, Billy Washington — ha detto Annie. — Vedi di non aprire quella porta, tu.

— È la dottoressa Turner — ho detto io. Non riuscivo ancora a stare in piedi tanto ero invischiato nei sogni. Ho barcollato e mi sono aggrappato all’angolo del divano. — Non ha intenzione di farci nessun male, lei.

— Nessuno entra qui dentro! Non ne abbiamo nessuna intenzione, noi!

Poi ho visto che anche lei era in preda al sonno. Ho aperto la porta.

La dottoressa Turner si è precipitata dentro, portando una valigia, ma con addosso la camicia da notte ricoperta di neve. Il suo bel visino da Mulo era bianco e le battevano i denti. — S-s-serrate la p-porta!

Annie le ha chiesto bruscamente: — C’è gente che ti dà la caccia?

— No. N-N-N-no… fatemi s-s-solo scaldare!

A quel punto ho capito. Dall’albergo al nostro appartamento non c’era tanta strada, anche se fuori era gelato, La dottoressa Turner non doveva avere così freddo, lei. L’ho afferrata per le spalle. — Che cosa è successo all’albergo, dottoressa?

— L’unità di r-r-riscaldamento si è r-r-rotta.

— L’unità di riscaldamento non si può rompere — ho detto io. Mi sembrava di essere Doug Kane che parlava con Celie. — È a energia-Y.

— N-N-Non l’impianto di circolazione. D-deve avere delle p-p-parti in duragem. — Stava in piedi vicino alla nostra unità, sfregandosi insieme le mani, col volto dello stesso bianco grigiastro di tutta la neve ammassata nelle strade.

Lizzie ha detto all’improvviso: — Sento gridare!

— S-s-stanno bruciando l’a-albergo.

— "Bruciando"? — ha chiesto Annie. — La pietra porosa non brucia!

La dottoressa Turner ha sorriso, lei, uno di quei sorrisi storti da Mulo che dicono che i Vivi stanno appena arrivando a capire quello che i Muli sapevano già. — Ci stanno provando lo stesso. Gli ho detto che questo non eliminerà il disgregatore del duragem e che è molto probabile che qualcuno resti ferito.

— Gli ha detto "questo" — ha esclamato Annie tenendo una mano appoggiata sulla larga anca. — E poi è venuta qui, con una "folla alle calcagna"…

— Nessuno mi sta seguendo. Sono decisamente troppo indaffarati a cercare di contravvenire le leggi della fisica. Inoltre, Annie, sto congelando. Dove altro sarei potuta andare? Il tecnico ha riprogrammato i codici di entrata della cucina e comunque quella sarà di nuovo piena di robot spedizionieri qualora ritornasse quell’imprevedibile aereo.

Annie l’ha guardata e lei ha guardato Annie: io mi sono accorto, io, che c’era qualcosa di storto nel discorso della dottoressa Turner. Non era una preghiera di aiuto, anche se le parole dicevano così. E non stava nemmeno tentando di suonare ragionevole. La dottoressa Turner stava realmente chiedendo: "Dove altro sarei potuta andare? Mi sapete dire un posto che non ho già menzionato?". Solo che non lo stava chiedendo ad Annie. Lo stava chiedendo a me.

E io non avevo intenzione di dirle, io, che finalmente sapevo. Dopo tutto il mio cercare, sapevo dov’era l’Eden.

— Puoi restare qui con noi — ha detto Lizzie e i suoi grandi occhi scuri hanno fissato sua madre. Io ho sentito annodarsi i muscoli della schiena. Eccoci, l’Armag-gedon fra Annie e la dottoressa Turner. Solo che non era il momento. Non ancora. Forse perché Annie aveva paura della parte dove Lizzie si sarebbe schierata.

— D’accordo — ha detto Annie — ma solo perché non posso sopportare, io, di vedere nessuno congelare a morte o venire fatto a pezzi da quei maledetti delinquenti. Ma a me non mi piace per niente.

Come se qualcuno aveva mai pensato che le poteva piacere. Io sono stato bene attento a non incrociare lo sguardo di nessuno.

Annie ha dato alla dottoressa Turner qualche coperta dal cumulo ammassato sulla parete ovest. Avevamo di tutto, lì, che affollava l’intero spazio: coperte, tute, sedie, nastri, cibo che marciva e non so cos’altro. Mi sono chiesto, io, se non dovevo lasciare il divano alla dottoressa Turner, ma lei ha steso le coperte per terra in una specie di cuccia e io ho pensato che poteva anche essere un’ospite ma aveva anche trent’anni meno di me. Oppure venti o quaranta, con i Muli non si poteva mai dire per certo.

Siamo tornati tutti a dormire, in qualche modo, ma le grida di fuori sono andate avanti per parecchio tempo. La mattina dopo l’Albergo Rappresentante di Stato Anita Clara Taguchi era distrutto. Ancora in piedi, perché la dottoressa Turner aveva ragione e la pietra spugnosa non bruciava, ma le porte e le finestre erano state strappate dai cardini, i mobili erano tutti rotti e perfino il terminale era un ammasso di pezzi di ferraglia buttati per la strada. Jack Sawicki sembrava preoccupato al riguardo. Adesso tutto quello che aveva a disposizione per parlare con Albany era il terminale del caffè. Inoltre quegli aggeggi erano costosi. La Rappresentante di Stato Taguchi doveva essere infuriata come un diavolo.

La neve veniva soffiata nelle finestre dell’albergo e scivolava sul pavimento: si poteva giurare che quel posto era deserto da anni per l’aspetto che aveva. In un certo senso quella vista mi ha stretto il cuore. Stavamo perdendo sempre di più.

Quel pomeriggio l’aereo non è arrivato e, per l’ora di cena del giorno dopo, il caffè era senza cibo.


C’è un posto a monte del fiume, più o meno a settecento metri dal paese, dove vanno i cervi. Quando avevamo un robot di guardia, quello buttava fuori pillole per i cervi in inverno. Quelle pillole avevano dentro una specie di medicina così che i cervi non potevano partorire più piccoli di quanti i boschi non ne potessero accogliere. Il robot di guardia non è mai stato sostituito da prima della storia dei procioni con la rabbia, in estate. I cervi, però, arrivano ancora nella radura. Fanno semplicemente quello che hanno sempre fatto, perché non sanno comportarsi altrimenti.

O forse sì. In quel punto il fiume scorre così impetuoso che non gela mai completamente, a meno che la temperatura non scenda a parecchi gradi sotto zero. La neve scendeva a folate attraverso la radura e si ammassava contro la collina boschiva. Si potevano avvistare due o tre cervi, di solito, senza dovere aspettare un granché.

Quando sono andato lì, io, con il vecchio fucile di Doug Kane, qualcun altro ci era arrivato prima di me. La neve era insanguinata e una carcassa mutilata era stesa vicino al corso d’acqua. La maggior parte della carne era stata rovinata da qualcuno troppo pigro o troppo stupido da macellarla nel modo giusto. Quei bastardi non si erano nemmeno presi la briga di trascinar via la carcassa dall’acqua.

Ho camminato ancora per un po’. Stava nevicando, ma non forte. La neve mi scricchiolava sotto ai piedi e il fiato mi fumava. Mi faceva male la schiena e mi dolevano le ginocchia e non ho nemmeno cercato, io, di camminare senza fare rumore. "Non andare da solo" aveva detto Annie, ma io non volevo che Annie lasciava Lizzie per conto suo. E di certo non avevo intenzione di portarmi dietro la dottoressa Turner. Si era trasferita da noi ed era una cosa buona perché i Muli hanno un sacco di cose che manco ti immagini finché non ne hai bisogno, come la medicina per Lizzie l’estate scorsa. La dottoressa Turner però era una donna di città e rovinava sempre il gioco, facendo un gran baccano fra i cespugli come un elefante. Oggi avevo bisogno di uccidere qualcosa. Avevamo bisogno di carne, noi.

Nel giro di una settimana, tutto il cibo ammassato era stato mangiato. In una pidocchiosissima settimana.

Non ne arrivava più, né per ferrovia, né per aereo, né per mezzi a gravità, da Albany. La gente ha fatto irruzione nel caffè, nella cucina dove Annie era solita cucinare budini di mele per la catena del cibo, ma lì non c’era rimasto più niente.

Mi sono spinto ancora più a monte. Quando ero un ragazzino, io, mi piaceva moltissimo andare nei boschi in inverno. Ma a quei tempi non ero fuori di cranio dal terrore. Allora non ero un vecchio pazzo con la schiena dolente e che non riesce a pensare ad altro che ai grandi occhi scuri di Lizzie affamati. Non riesco a sopportarlo, io. Mai.

Lizzie. Affamata…

Quando ho lasciato il paese, con il fucile sotto al cappotto, la gente stava correndo al caffè. Stava succedendo qualcosa ma non sapevo cosa. Non volevo nemmeno saperlo. Io volevo solo evitare che Lizzie moriva di fame.

Mi venivano in mente solo due modi per farlo: uno era cacciare nei boschi alla ricerca di cibo, l’altro era portare Lizzie e Annie nell’Eden. Io l’avevo trovato appena prima che la ferrovia a gravità si rompeva l’ultima volta. Avevo trovato un’altra volta la ragazzina dalla testa grossa nei boschi e l’avevo seguita e lei mi aveva permesso di seguirla. Avevo visto aprirsi una porta nella montagna dove non poteva esserci nessuna porta, e lei entrare e la porta richiudersi come se non c’era mai stata fin dal principio. Appena prima di chiudersi, però, la ragazza Insonne si era rivolta direttamente a me: — Non porti qui nessun altro, signor Washington a meno che non sia assolutamente necessario. Non siamo ancora pronti per voi.

Quelle erano state le parole più terrorizzanti che avevo mai sentito in vita mia.

Pronti per "cosa"?

Ma avrei portato lì Annie e Lizzie se dovevo farlo, io. Se morivano di fame. Se non avevo un altro modo per nutrirle.

Sono arrivato in un punto dove in giugno crescevano le violette dentellate. Sono crollato sulle ginocchia. Quelle hanno urlato per il dolore, ma non mi importava. Ho scavato tutti i bulbi di violetta che sono riuscito a trovare e me li sono infilati in tasca. Si possono fare arrosto. Avevo nelle tasche della tuta un po’ di ghiande da tritare in farina, un lavoro faticoso, e qualche rametto di noce americano da bollire per tirar fuori il sale.

Mi sono poi seduto su una roccia, io, ad aspettare. Me ne stavo il più silenzioso possibile. Le ginocchia mi facevano un male del diavolo. Io aspettavo.

Un coniglio dalle zampe bianche è uscito fuori dai cespugli, sulla riva opposta, proprio come se si trovava a casa sua. Distratto, tranquillo. Un coniglio non ha tanta carne da valere una pallottola. Io però avevo troppo freddo e sapevo che ben presto avrei cominciato a tremare, a quel punto non sarei più riuscito a colpire niente.

Pallottola o coniglio? Vecchio pazzo, deciditi.

Ho visto gli occhi affamati di Lizzie.

Lentamente, molto lentamente, ho sollevato il fucile, io, e ho premuto il grilletto. Il coniglio non mi ha sentito. È volato in aria ed è riatterrato, di botto. Ho attraversato il ruscello e l’ho preso.

C’era un lato buono, ci stava sotto al mio cappotto. Un cervo non ci sarebbe stato. Non volevo che nessun affamato vedeva il mio coniglio e non volevo restarmene lì in giro, dove aveva sparato il fucile. È anche troppo facile strappare via qualcosa a un vecchio.

Nessuno ci ha provato, però, prima della dottoressa Turner.

— Hai intenzione di scuoiarlo? — mi ha detto, con la voce che si alzava. Potevo anche mettermi a ridere, io, per l’espressione della sua faccia, se c’era qualcosa da ridere.

— Vuole mangiarlo con la pelle sopra?

Lei non ha risposto niente, lei. Annie ha sbuffato. Lizzie ha appoggiato il terminale e si è avvicinata per guardare.

Annie ha detto: — Come lo cuciniamo, Billy? L’unità a energia-Y non si scalda abbastanza per quello.

— Lo cuocerò io. Questa notte, vicino al fiume. Sono capace di fare un fuoco quasi senza fumo, io. Arrostirò anche i bulbi di viola nella brace. — Mi ha fatto bene vedere come Annie mi stava guardando.

Lizzie ha detto: — Ma se tu… dove stai andando, Vicki?

— Al caffè.

Ho alzato lo sguardo. Avevo le mani sporche di sangue. Dava una bella sensazione. — Perché ci va, dottoressa? Non è sicuro per lei. — I piccoli delinquenti si radunavano ancora al caffè, loro. La catena del cibo è vuota ma l’OLO-TV funziona ancora.

Lei si è messa a ridere. — Oh, non preoccuparti per me, Billy. Nessuno mi darà fastidio. Laggiù sta succedendo qualcosa e io voglio sapere di che si tratta.

— È la fame — ha detto Annie. — E non sembra diversa al caffè rispetto a come è qui. Non può lasciare in pace quei poveretti?

— Io sono una di quei "poveretti" come dici tu — ha detto la dottoressa Turner sorridendo ancora, anche se non c’era niente di buffo. — Sono affamata esattamente come loro, Annie. O come te. E andrò al caffè.

— Uffa — ha sbuffato Annie. Lei non credeva che la dottoressa Turner non si stava in qualche modo mangiando del cibo da Muli e nessuno la poteva convincere del contrario. Con Annie non è mai possibile.

Ho finito di scuoiare il coniglio e ho fatto vedere ad Annie e a Lizzie come tritare le ghiande per fare la farina. Bisogna cuocerci insieme un po’ di cenere per portar via l’amaro. Era tardo pomeriggio, già buio. Ho avvolto la carne di coniglio in una tuta estiva che tratteneva tutto l’odore dentro a meno che non eri un cane. Mi sono infilato una piccola torcia a energia-Y in tasca e sono partito in direzione del fiume, per fare un fuoco.

Solo che non sono andato al fiume.

Sempre più gente stava dirigendosi verso il caffè. Non soltanto i piccoli delinquenti ma anche la gente normale. Nel buio invernale si affrettavano un po’ piegati in avanti, ma veloci come se qualcosa gli stava dando la caccia a uno per uno. Be’, certamente c’era qualcosa che stava dando la caccia a me. Ho annusato forte per assicurarmi che nessuno poteva sentire l’odore della carne fresca di coniglio e poi sono entrato nel caffè.

Tutti stavano guardando un concerto del Sognatore Lucido: Il Guerriero.

Ho avuto la sensazione che la gente lo stava a guardare da tutta la giornata. Sempre più persone che andavano e venivano ma anche quelli che andavano via se ne tornavano poi per vederne ancora. Io immagino che se hai la pancia vuota è un aiuto se la mente si sente bene. Il concerto stava quasi terminando quando sono entrato e la gente si stava sfregando gli occhi piangendo e appariva inebetita come si fa dopo il sogno lucido. Ho visto però subito che la dottoressa Turner aveva ragione, lei. Lì stava succedendo qualcosa d’altro.

Jack Sawicki si è messo davanti all’OLO-TV e l’ha spenta, il Sognatore Lucido sulla sua carrozzella elettrica con quel sorriso che fa sempre l’effetto di una calda luce solare, è scomparso.

— Gente di East Oleanta — ha detto Jack e poi si è fermato. Doveva essersi reso conto, lui, di suonare come un qualche politico Mulo. — Ascoltate tutti. Qui siamo in un mare di merda. Però possiamo fare delle cose, noi, per aiutare noi stessi!

— Come cosa? — ha chiesto qualcuno ma senza cattiveria. Voleva davvero saperlo. Ho cercato di vedere chi era ma la folla era troppo ammassata.

— La roba da mangiare è finita — ha detto Jack. — La ferrovia a gravità non funziona. Nessuno ad Albany risponde al terminale ufficiale. Ma noi abbiamo "noi stessi". Sono undici chilometri a Coganville. Forse loro hanno cibo. Sono sulla linea della concessionaria della ferrovia a gravità, in più sono una fermata statale, hanno due probabilità che i treni viaggiano, loro. O forse il loro congressista o il supervisore o qualcun altro ha fatto in modo che il cibo gli arrivi via aria, come il nostro, solo che le loro spedizioni non si sono bloccate. Sono in un diverso distretto congressuale. Non lo sappiamo. Potremmo però arrivare lì a piedi, qualcuno di noi, e vedere. Potremmo cercare aiuto.

— Undici chilometri sulle montagne in inverno? — ha strillato Celie Kane. — Sei pazzo, proprio come ho sempre pensato, Jack Sawicki! Abbiamo per sindaco un pazzo furioso!

Nessuno però si è messo a strillare insieme con Celie. Io sono salito in piedi su una seggiola che stava contro la parete in fondo, soltanto per vedere più chiaramente. La sensazione che hai dopo un concerto del Sognatore Lucido li riempiva ancora. O forse no. Forse il concerto era sceso "dentro" di loro, a forza di guardarlo tanto. Comunque non erano infuriati contro i politici Muli che li avevano cacciati in questo casino, eccetto Celie e pochi altri come lei. Ci sono sempre persone del genere. La maggior parte delle facce che potevo vedere, però, sembravano pensose e la gente parlava a voce bassa. Qualcosa si è mosso dentro al mio stomaco che non sapevo nemmeno che si trovava lì.

— Io ci vado — ha detto Jack. — Possiamo seguire la linea della ferrovia a gravità.

— Sarà ricoperta di neve — ha detto Paulie Cenverno. — Non è passato nessun treno da due settimane a spazzarla via.

— Prendete un’unità a energia-Y — ha detto all’improvviso la voce di una donna. — Mettetela al massimo e sciogliete quello che potete!

— Io ci vado — ha detto Jim Swikehardt.

— Se vi fate una specie di lettiga da trascinare — ha esclamato Krystal Mandor — potete portare indietro più cibo.

— Se hanno il cibo, potremmo organizzare un servizio regolare…

La gente ha cominciato a discutere ma non a litigare. Dieci uomini si sono avvicinati a Jack, più Judy Farrell che è alta un metro e ottanta e può battere Jack a braccio di ferro.

Io sono sceso dalla seggiola. Mi ha cigolato un ginocchio. Mi sono fatto strada a spintoni attraverso la folla e mi sono messo in piedi vicino a Jack. — Anche io, Jack. Vengo anch’io.

Qualcuno si è messo a ridere forte e con cattiveria. Non era Celie. A un certo punto però hanno smesso tutti all’improvviso.

— Billy… — ha detto Jack con voce gentile. Ma io non l’ho lasciato finire. Ho parlato a voce molto bassa e velocemente in modo che nessuno potesse sentire a parte Jack e, in piedi accanto a lui, Ben Radisson.

— Hai intenzione di fermarmi, Jack? Se voi andate volete forse impedirmi di venirvi dietro? Vuoi mettermi KO in modo che non vi posso seguire? Lizzie ha fame. Annie non ha nessun altro oltre me. Se non riportiamo indietro cibo abbastanza da Coganville mi vuoi dire che Lizzie e Annie avranno la loro giusta parte? Con la dottoressa Turner che abita con noi?

Jack non ha detto niente. Ben Radisson ha annuito, lui, molto lentamente, guardandomi dritto in faccia. È un buon uomo. Ecco perché gli ho permesso di sentire.

La carne di coniglio mi premeva contro il petto, all’interno del cappotto. Nessuno ne poteva sentire l’odore. Nessuno poteva vedere il rigonfiamento perché, dopotutto, era solo un pezzetto di carne, un pulcioso coniglio, patetico come la polvere. Lizzie era affamata. Annie era un donnone. Io dovevo andare a Coganville, io.

Ma non lo avrei detto ad Annie. Mi avrebbe fatto fuori, prima ancora che io avevo la possibilità di salvarla.


Siamo partiti alle prime luci, dodici persone. Un numero maggiore poteva spaventare la gente di Coganville. Non volevamo quello che loro avevano bisogno per loro stessi. Soltanto l’extra.

No, non è vero. Volevamo quello che avevamo bisogno.

Mi sono alzato dal divano troppo silenziosamente per svegliare Annie o Lizzie nelle camere da letto. La dottoressa Turner nella sua cuccia di coperte, però, mi ha sentito, maledizione. Un uomo non può mai avere un po’ di privacy con i Muli.

— Che c’è, Billy? Dove stai andando? — ha sussurrato.

— Non nell’Eden — ho detto io. — Si rimetta giù, maledizione e mi lasci in pace.

— Andranno in un altro paese per cercare cibo, vero?

Mi sono ricordato che la sera prima aveva detto che se ne andava al caffè. Io però non l’avevo vista, lì. I Muli riescono a sapere sempre tutto, non si sa come. Non si sa mai quello che sanno.

— Ascolta, Billy — mi ha detto lei con grande attenzione, ma poi si è fermata quasi che non sapeva che cosa io dovevo ascoltare. Mi sono infilato tre paia di calze prima che lei si decideva.

— C’è un romanzo, scritto tanti anni fa…

— Un che? — ho chiesto io e poi mi sono maledetto. Non dovevo mai chiederle niente, io. Riusciva sempre a confondermi con le parole.

— Una storia. È su un piccolo mondo pieno di gente che credeva di mettere tutto in comune. Finché non è arrivata una carestia e alcune persone su un treno rotto avevano bisogno di cibo dal paese vicino. I passeggeri non avevano mangiato da due giorni, ma gli abitanti del paese non avevano cibo nemmeno per loro stessi e non avevano intenzione di dividere quello che avevano. — Il sussurro nella stanza buia era monotono.

Non ho potuto fare a meno di chiedere. A me mi piacciono le storie. — Che cosa è successo alla gente della ferrovia a gravità?

— La ferrovia a gravità è stata riparata in un batter d’occhio.

— Fortunati loro — ho detto io. Non c’era nessuno che riparava la "nostra" ferrovia a gravità o la cucina del caffè. Non questa volta. La dottoressa Turner lo sapeva, lei.

— Era una favola, Billy. Ardita, ispiratrice e dolce, ma una favoletta. Tu sei nei reali Stati Uniti. Portati dietro questo.

Non mi ha detto di non andare, lei. Mi ha dato piuttosto una scatoletta nera che ha spinto contro la cintura dei pantaloni e quella ci si è attaccata. Ho sentito una strana vibrazione nel petto, io. Sapevo che cosa era anche se non ne avevo mai portato uno prima e mai mi ero aspettato di farlo. Era uno scudo personale a energia.

— Toccalo qui — ha detto la dottoressa Turner — per attivarlo. E nello stesso posto per disattivarlo. Resisterà praticamente a ogni attacco che non sia di tipo nucleare.

Quando era acceso non sentivo niente. Solo un leggero solletico che poteva anche essere unicamente nella mia immaginazione. Potevo però vedere un debole scintillio attorno a me.

— Ma, Billy, non perderlo — ha detto la dottoressa Turner. — Ne ho bisogno. Potrei averne tremendamente bisogno.

— Allora perché me lo da a me? — ho detto con tono di sfida, ma lo sapevo già. Era per Lizzie. Tutto era per Lizzie. Proprio come doveva essere.

Era comunque probabile che la dottoressa Turner ne aveva un altro. I Muli non danno via nessuna cosa a meno che non ne hanno un’altra ancora per sé.

— Grazie — le ho detto più bruscamente di quanto non volevo, ma a lei non è sembrato che gliene importava.

La mattina era fredda e limpida, con quel tipico sorgere del sole rosa e dorato che trasforma la neve pulita in una specie di aureola. Non c’era vento, grazie a Dio. Il vento era una morsa profonda. Arrancavamo, noi, lungo la ferrovia a gravità verso Coganville. Nessuno parlava molto. Una volta Jim Swikehardt ha detto: "Bella" riguardo all’alba, ma nessuno ha risposto.

Inizialmente la neve non era troppo alta perché i boschi che circondavano il binario su entrambi i lati le avevano impedito di ammassarsi. In seguito si è fatta più profonda. Stan Mendoza e Bob Gleason avevano unità a energia-Y che avevano strappato da qualche edificio e le puntavano nel punti peggiori per sciogliere la neve. Le unità erano pesanti e gli uomini sbuffavano per la fatica. Procedevamo lentamente, in parte in salita, ma ce la facevamo. Io ero l’ultimo della fila.

Dopo tre chilometri il cuore mi batteva forte e le ginocchia mi dolevano. Non ho detto niente agli altri, io. Lo stavo facendo per Lizzie.

Verso mezzogiorno le nuvole si sono ammassate e ha cominciato a soffiare il vento. Ho perso il conto di quanto potevamo essere avanzati. Il vento ci soffiava direttamente in faccia. Stan e Bob giravano attorno le unità di riscaldamento tutte le volte che potevano e allora camminavamo in un’aria più calda che il vento frustava via il più velocemente possibile.

Ho cominciato a pensare, arrancando nella neve: — Perché non hanno potuto…

— Hai bisogno di riposare, Billy? — ha chiesto Jack. Potevo vedere i cristalli di ghiaccio attaccati ai peli del suo naso. — È troppo per te?

— No, sto bene — ho risposto io, non importava che era una bugia. Dovevo dire però quello che avevo cominciato: — Perché non hanno potuto, i Muli, fare un sacco di… un sacco di piccole unità di riscaldamento… portatili per tutti…

— Piano, Billy.

— …portatili da mettere nei guanti, negli s-stivali e nelle giacche… in inverno? Se l’energia-Y è davvero così… economica?

Nessuno ha risposto. Siamo arrivati a un alto ammasso e hanno rivolto le unità di riscaldamento su di esso. Si scioglieva molto lentamente. Alla fine siamo avanzati a fatica attraverso quello che era rimasto, con la neve fino alla vita, più bagnata e appiccicosa di come sarebbe stata se non avevamo cercato di squagliarla. Jack è inciampato, lui. Stan lo ha tirato su. Judy Farrell ha voltato la schiena al vento per avere un attimo di tregua e aveva le guance di quel tipico bianco e rosso che fa male in modo infernale quando finalmente si riscalda.

Non so che ora era quando siamo arrivati a Coganville. Il sole era completamente nascosto dietro alle nuvole. Non era ancora il tramonto. Il paese era tranquillo e pacifico, nessuno per le strade. Le luci scintillavano in tutte le finestre. Abbiamo percorso, noi, la strada principale fino al Caffè Congressista Joseph Nicholls Capiello e abbiamo sentito della musica. Una olo-insegna lampeggiava azzurra e rossa sul tetto: GRAZIE PER AVERE ELETTO IL SUPERVISORE DISTRETTUALE HELEN ROSE TOWSEND! Era come se lì il mondo era ancora normale, e solo noi eravamo sbagliati.

Ma io non ci credevo più, io.

Siamo entrati nel caffè. Doveva essere troppo tardi per il pranzo e troppo presto per la cena ma il caffè era pieno di gente. Stavano appendendo bandierine e festoni di sintoplastica per una serata di scommesse su una corsa di scooter. I tavolini erano stati spostati per creare capannelli e lo spazio per un ballo. L’odore del cibo del nastro trasportatore ci ha colpito nello stesso momento che ci ha colpito il caldo e giuro di avere visto le lacrime negli occhi di Stan Mendoza.

Tutti si sono zittiti quando siamo entrati.

Jack ha detto: — Chi è il sindaco qui?

— Sono io — ha risposto una donna. — Jeanette Harloff. — Aveva circa cinquant’anni, magra con i capelli argentati e grandi occhi azzurri. Il genere di Vivo che si può prendere in giro dicendo che ha modificazioni genetiche segrete anche se si sa che non è vero. È solo una cosa che la gente dice. La gente sa essere maledettamente stupida. Forse però era quello il motivo perché quella donna era sindaco. Nessuno le avrebbe permesso di essere semplicemente l’una e l’altra cosa.

Jack le ha spiegato chi eravamo e che cosa volevamo. Tutti quanti nel caffè sono stati a sentire. Qualcuno ha spento l’Olo-terminale. Si poteva sentire camminare anche un topino.

Jeanette Harloff ci ha esaminato, con estrema attenzione. I grandi occhi azzurri apparivano freddi. Alla fine, però ha detto: — La ferrovia a gravità principale è rotta ma abbiamo una rotaia e quella funziona. C’è un altro carico di cibo in arrivo per domani. Possiamo realmente fidarci del nostro Congressista. Avremo sempre cibo, noi. Prendete quello che vi serve.

Jack Sawicki ha abbassato lo sguardo a terra, lui, come se si vergognava. Tutti ci vergognavamo. Non so per che cosa. Eravamo cittadini Vivi, dopotutto.

Il sindaco e due uomini ci hanno aiutato a caricare due lettighe con tutto quello che c’era sul nastro trasportatore del cibo. Jeanette Harloff voleva che rimanevamo per la notte in albergo ma abbiamo detto tutti di no, noi. Tutti avevamo in mente la stessa cosa. La gente a casa era affamata a East Oleanta: bambini, mogli, madri, fratelli e amici, tutti con lo stomaco che brontolava e dolorava, tutti con quello sguardo sofferente negli occhi. Preferivamo tornare indietro subito anche dopo che si era fatto buio piuttosto che sentire quegli stomaci o vedere quelle facce nelle nostre menti. Ci siamo cacciati in gola il cibo della catena mentre caricavamo le lettighe, lo abbiamo cacciato nelle giacche, nei cappelli e nei guanti. Eravamo gonfi come donne incinte, noi. La gente di Coganville guardava in silenzio. Alcuni hanno lasciato il caffè con gli occhi fissi al pavimento.

Io volevo dire: anche noi avevamo fiducia nella nostra Congressista. Una volta.

C’era solo una determinata quantità di cibo pronta per la catena. Le lettighe ne potevano reggere di più. Quando esso è finito ci siamo dovuti fermare e aspettare che i robot della cucina ne preparavano ancora. In tutto quel periodo di tempo nessuno ha parlato con noi eccetto Jeanette Harloff. Nessuno.

Quando siamo usciti ci stavamo portando via una gran quantità di cibo. Guardandolo, sapevo che non sarebbe stato così tanto quando c’erano tutte quelle persone affamate di East Oleanta da nutrire. Dovevamo tornare il giorno dopo o doveva tornarci qualcun altro. Nessuno lo ha detto a Jeanette Harloff. Non sono riuscito a capire se lei se n’era già resa conto.

Il cielo aveva l’aspetto di quando dice che la maggior parte della giornata è passata. Stan Mendoza e Scotty Flye, i più giovani e forti hanno trascinato per primi le lettighe. Le guide erano plasti-spugna curvata, più liscia di quanto non poteva essere qualsiasi tipo di legno. Scivolavano con facilità sulla neve. Questa volta, almeno, avevamo il vento alle spalle.

Dopo una mezz’ora Judy Farrell ha detto: — Non possiamo nemmeno parlare col paese vicino tramite terminale, noi. Possiamo parlare con Albany o con un qualsiasi politico Mulo e otteniamo con facilità le informazioni, ma non possiamo col paese più vicino per dire che siamo senza cibo.

Jim Swikehardt ha detto: — Non lo abbiamo mai chiesto. Più divertente balzare semplicemente sulla ferrovia a gravità. Ti dà qualcosa da fare.

— E mantiene la gente separata — ha detto Ben Radisson ma non arrabbiato, solo come uno che non ci aveva mai pensato prima. — Dovevamo chiedere, noi. — Dopo quello, nessuno ha più detto niente.

Scese le tenebre il freddo si è fatto tagliente come il dolore. Riuscivo a sentire il posto vuoto nel petto dove ci soffiava attraverso il vento. Faceva un rumore dentro di me che potevo sentire fino nelle orecchie. Le luci a energia-Y facevano il tracciato illuminato a giorno ma il freddo era una cosa oscura che ci girava attorno come un animale con la rabbia. Mi sembrava che le gambe erano due ghiaccioli, pronte per spezzarsi.

Eravamo quasi arrivati. Non restava più di un chilometro e mezzo da fare. Poi si è sentito lo scoppio di una fucilata e il giovane Scotty Flye è caduto riverso, morto.

Nel giro di un minuto ci erano addosso. Ne ho riconosciuto la maggior parte anche se sapevo il nome solamente di due di loro: Clete Andrews e Ned Zalewski. Piccoli delinquenti. Dieci o dodici che venivano da East Oleanta, Pilotburg e Carter’s Fall, arrivati prima che la ferrovia a gravità si rompeva e rimasti bloccati lì. Urlavano e strillavano come se era un gioco. Hanno assalito Jack, Stan e Bob e io li ho visti cadere tutti e tre anche se Stan era un omone e Bob faceva il pugile. I delinquenti non hanno sprecato altre pallottole. Avevano i coltelli.

Ho premuto la scatoletta nera sulla cintura.

Il solletico c’era e anche lo scintillio. Un delinquente mi è balzato addosso e io l’ho sentito colpire il solido metallo. Ecco che rumore faceva. Riuscivo a sentire ogni cosa, io. Judy Farrell gridava e Jack Sawicki gemeva. Gli occhi del delinquente sotto il passamontagna si sono spalancati.

— Merda! Questo vecchio stronzo ha uno scudo!

Mi hanno colpito in tre. Solo che non ero io, ma un sottile strato durissimo a un centimetro di distanza da me, come se ero una tartaruga in un guscio impenetrabile. Non mi potevano toccare, soltanto spingere e battere contro il guscio. Alla fine il primo delinquente ha strillato qualcosa privo di parole e ha spinto il guscio così duramente che io sono rotolato giù dal margine del tracciato in un piccolo argine, ammassando neve come i pupazzi di neve che faceva rotolare Lizzie. Qualcosa nel ginocchio ha fatto crac!

Quando sono riuscito a tornare barcollando fino al tracciato della ferrovia a gravità, i delinquenti stavano scomparendo nei boschi, trascinando le lettighe.

Solamente Scotty era morto. Gli altri erano conciati male, specialmente Jack e Stan. Ferite da taglio e teste rotte e non avrei potuto dire cos’altro. Nessuno riusciva a camminare. Mi sono trascinato per l’ultimo chilometro e mezzo attraverso la neve. Alcuni uomini di East Oleanta mi sono venuti incontro a metà strada, proprio quando pensavo che non potevo riuscire a procedere oltre. Avevano sentito il colpo di fucile.

Sono andati verso gli altri. Qualcuno, non so chi, mi ha portato da Annie. Non ha detto niente del fatto che avevo uno scudo personale da Mulo. O forse a quel punto l’avevo spento. Non riesco a ricordarlo, io. Tutto quello che ricordo è di avere ripetuto in continuazione: — Non gli fate male, voi! Non gli fate male! — C’erano sei tramezzini nella tasca della mia giacca. Per Lizzie, Annie e la dottoressa Turner.

Non si è fatto tutto nero, come ha detto in seguito Annie. Tutto è diventato rosso, con lampi di luce nel ginocchio così brillanti che ho pensato che mi ammazzavano.

Ovviamente non lo hanno fatto. Quando il rosso è sparito era già il giorno dopo e io ero steso sul letto di Annie con lei addormentata al mio fianco. La dottoressa Turner era china su di me e mi faceva qualcosa al ginocchio.

Ho gracchiato: — Hanno mangiato?

— Per ora — ha detto la dottoressa Turner. Aveva una voce cupa. Quello che ha detto dopo non aveva alcun senso per me. — Bella solidarietà.

Io ho detto: — Ho portato ad Annie e Lizzie del cibo, io. — Sembrava un miracolo. Annie e Lizzie avevano qualcosa da mangiare. Lo avevo fatto io. Non ho nemmeno pensato, allora, che due tramezzini non sarebbero durati a lungo. Dovevano essere i sedativi quelli che mi annebbiavano la mente.

La faccia della dottoressa Turner è cambiata. Sembrava sconcertata, lei, come se quello che avevo detto era una specie di buona risposta a quello che aveva detto lei, anche se non lo era, perché io non avevo nemmeno capito. Ma non me ne importava niente. Annie e Lizzie avevano qualcosa da mangiare. Lo avevo fatto io.

— Oh, Billy — ha detto la dottoressa Turner, con una voce bassa, triste e angosciata come se era morto qualcuno. O qualcosa. Cosa?

Ma non era un problema mio. Io ho dormito e in tutti i miei sogni Lizzie e Annie mi sorridevano in una luce solare verde e dorata come l’estate in montagna, dove, ho scoperto in seguito, che Stan, Scotty, Jack e il qualcuno della dottoressa Turner erano tutti veramente morti, dopotutto.

12

Diana Covington — East Oleanta

Dopo che ebbero riportato Billy a casa di Annie Francy, col suo povero cuore che ansimava come un vecchio mantice e le mani che gli tremavano tanto da non essere nemmeno in grado di spegnere lo scudo personale, mi resi conto di quanto ero stata scema a non chiamare prima l’ECGS.

Ma non fu Billy che me ne fece rendere conto. Fu, ancóra una volta, Lizzie.

Sapevo che Billy non era gravemente ferito e suppongo che mi sarei dovuta preoccupare maggiormente per gli altri Vivi, specialmente per i tre morti. Il fatto era, tuttavia, che non lo ero. Avevo cambiato idea sui Vivi da quando ero arrivata a East Oleanta e Jack Sawicki, in particolare, mi sembrava un bravuomo, ma ecco: non mi importava e basta che i Vivi delinquenti avessero sopraffatto i Vivi non-delinquenti e li avessero distrutti. Noi Muli non ci eravamo mai aspettati altro. I Vivi rappresentavano sempre una forza potenzialmente pericolosa, tenuta a bada soltanto da sufficiente pane e giochi del circo, e adesso il pane si stava esaurendo e le grosse teste cominciavano a piegarsi. Tempo di Bastiglia.

Mi importava, contro ogni previsione, di Lizzie. Cominciava a essere affamata. Se avessi chiamato l’ECGS, sarebbero arrivati a precipizio ed East Oleanta non sarebbe più stato il Paese Dimenticato. Insieme con loro sarebbero arrivati cibo, medicine, trasporti, tutte le cose che i Vivi avevano imparato ad aspettarsi dal lavoro degli altri. Il che significava che Lizzie ed Annie sarebbero state nutrite.

D’altra parte, la Congressista Janet Carol Land avrebbe potuto riprendere le spedizioni aeree di cibo da un momento all’altro. Oppure la ferrovia a gravità sarebbe potuta essere riparata. Era già avvenuto parecchie volte. E se fosse successo, avrei perso la mia occasione di coprirmi di gloria consegnando Miranda Sharifi, armi, bagagli e nano-tecnologia organica illegale all’ECGS. Era anche possibile che nel momento stesso in cui avessi chiamato l’ECGS, l’Eden avrebbe captato il mio segnale, nel qual caso la signorina Sharifi avrebbe potuto traslocare ancora prima che l’ECGS riuscisse ad arrivare.

Mentre mi dibattevo tra queste tre eventualità: altruismo, vanità e praticità, Lizzie spazzò via l’intero argomento in terrificanti briciole.

— Vicki, guarda qui.

— Cos’è?

— Guarda e basta.

Eravamo sedute sul divano in sintoplastica nell’appartamento di Annie. In camera da letto Annie continuava a muoversi, occupandosi di Billy. L’unità medica aveva curato i suoi tagli, le abrasioni e il ritmo cardiaco e lui avrebbe probabilmente dovuto dormire, cosa impossibile da farsi con Annie che continuava a girellargli attorno. Dubito che gli dispiacesse. La porta della camera da letto era chiusa. Lizzie teneva in grembo il terminale e fissava il monitor con espressione corrucciata. I panini pateticamente spiaccicati di Billy le avevano fatto tornare temporaneamente un po’ di colore sulle guance smunte. Sullo schermo c’era un ologramma multicolore.

— Molto grazioso. Cos’è?

— Uno schema di probabilità Lederer.

Be’, certo che lo era. Era passato un po’ di tempo dai miei giorni di scuola. Per salvare la faccia dissi con espressione autorevole: — Alcune variabili hanno il settantotto per cento di possibilità di precedere significativamente altre variabili a livello cronologico.

— Già — rispose Lizzie con un filo di voce.

— E allora quali sono le variabili?

Invece di rispondere, Lizzie disse: — Ti ricordi il robot per pelare le mele che usavo per giocare quando ero piccola?

Due mesi prima. Confrontandola con i balzi intellettuali che aveva fatto da allora, l’estate scorsa doveva probabilmente sembrarle l’infanzia perduta.

— Lo ricordo — dissi, stando attenta a non sorridere.

— Si è rotto per la prima volta a giugno. Lo ricordo perché allora le mele erano le Kia Beauties.

Mele modificate geneticamente a calendario sfalsato per creare varietà di stagione. — E allora? — chiesi.

— La ferrovia a gravità si è rotta un po’ prima. Ad aprile, penso. E un paio di bagni prima di allora.

Non riuscivo a capire. — E allora…?

Lizzie contrasse il faccino. — Ma le prime cose a rompersi a East Oleanta risalgono a oltre un anno prima. Nella primavera del 2113.

Capii. Mi si seccò la gola. — In primavera, nel 2113? Molte rotture, Lizzie o soltanto qualcuna? Quelle che possono essere dovute a un normale consumo combinato alla ridotta manutenzione?

— Moltissime cose. Troppe cose.

— Lizzie — dissi lentamente — le due variabili che hai nello schema Lederer rappresentano forse le rotture a East Oleanta, per come le ricordi personalmente, e le citazioni della stampa prese dalla biblioteca di cristallo riguardanti diagrammi di rotture simili da qualche altra parte?

— Sì, sono loro. Io volevo, io… — Si interruppe, conscia di come fosse regredito il suo linguaggio. Continuò a fissare lo schermo. Sapeva che cosa stava guardando. — È cominciato qui, Vicki, vero? Quel disgregatore di duragem è stato rilasciato qui inizialmente. Perché è stato fatto nell’Eden. Eravamo un luogo di test. E questo significa che chiunque mandi avanti l’Eden… — La sua voce si affievolì di nuovo.

Huevos Verdes mandava avanti l’Eden. Miranda Sharifi mandava avanti l’Eden.

La decisione venne quindi presa per me, semplicemente così. Il disgregatore di duragem non poteva fare parte di una qualsiasi strategia tipo salvate-Diana-tramite-un-successo-personale-definitivo. Era troppo concretamente, urgentemente ed essenzialmente maligno. Non avevo alcun diritto di starmene seduta a giocare all’agente semiamatoriale quando sospettavo che, da qualche parte in quelle stesse montagne che ci stavano torturando con l’inverno, c’era una zona franca di Huevos Verdes che dispensava distruzione molecolare. Un minimo di correttezza esigeva che io dicessi ai miei deprecabili capi, a dispetto del loro sdegno, quello che sapevo.

Ognuno aveva una propria definizione di correttezza.

— Vicki — sussurrò Lizzie — che cosa dobbiamo fare, noi?

— Dovremo cedere — dissi.


Feci la chiamata da un luogo isolato vicino al fiume, lontana dai sospettosi occhi di Annie. Avevo proibito a Lizzie di seguirmi ma, ovviamente, lei lo aveva fatto lo stesso. L’aria era fredda ma il sole brillava. Mi misi a sedere in una depressione nella neve sulla riva del fiume e mi aprii la gamba per estrarre la ricetrasmittente.

Si trattava ovviamente di un impianto: era l’unico modo per essere assolutamente sicuri che non mi potesse venire rubata, eccetto da persone che sapevano ciò che stavano facendo. Dopo che l’ECGS l’aveva installata mi ero recata da persone che conoscevo, l’avevo fatta togliere e avevo staccato la parte col segnale di rintracciamento, che chiaramente era presente. C’era bisogno di un professionista per farlo. Non c’era invece bisogno di alcun professionista per staccare la trasmittente stessa e usarla. Poteva essere fatto con una conoscenza di base minima, un po’ di anestetico locale e un bisturi affilato: all’occorrenza poi si poteva fare anche senza l’anestetico e il bisturi.

Non ne ebbi bisogno. Feci scivolare l’impianto sotto la pelle della coscia, sigillai la piccola incisione e ripulii dal sangue l’involucro del trasmettitore. Lo dissigillai. Gli occhi neri di Lizzie erano enormi nel suo volto piccino.

Dissi: — Ti avevo detto di non venire.

— La vista del sangue non mi fa svenire!

— Bene. — Il trasmettitore era un wafer nero e piatto sul palmo della mia mano. Lizzie lo osservò con interesse.

— Usa trasformatori di onde Malkovitch, vero? — Quindi, con una voce differente: — Chiamerai il governo perché così ci viene ad aiutare?

— Sì.

— Avresti potuto chiamare prima. In qualsiasi momento?

— Sì.

Gli occhi neri restarono seri. — Allora perché non l’hai fatto?

— La situazione non era sufficientemente disperata.

Lizzie rifletté. Era tuttavia ancora una bambina, nonostante la stupefacente intelligenza, il linguaggio specifico e l’artificiosità pseudotecnica che le avevo insegnato. Aveva passato due settimane terrificanti. All’improvviso mi picchiò i pugni sulle ginocchia, deboli colpi inefficaci di mani fredde e guantate. — Avresti potuto aiutarci prima! E Billy non finiva che gli facevano male e il signor Sawicki non moriva e io non avevo così tanta, tanta fame! Potevi! Potevi!

Attivai il trasmettitore tramite codice di contatto e dissi chiaramente: "Agente Speciale Diana Covington 6084 barra A, a Colin Kowalski, 83 barra H. Emergenza Priorità Assoluta: sedici-quarantadue. Ripeto sedici-quarantadue. Inviate grande task force".

— Ho "tanta" fame — singhiozzò Lizzie contro le mie ginocchia.

Infilai in tasca il trasmettitore e la presi in braccio. Lei nascose la testa contro il mio collo: aveva il naso freddo. Guardai il fiume soffocato dal ghiaccio, il sangue dell’involucro sulla neve sporca e il cielo insolitamente azzurro. All’ECGS sarebbe occorsa forse qualche ora per arrivare da New York. I Super-Insonni, nel loro Eden nascosto, erano però già qui. Ovviamente non c’era alcuna possibilità che non avessero captato il mio messaggio. Captavano ogni cosa. Quanto meno era ciò che mi era stato detto.

Strinsi forte Lizzie ed emisi inutili mugolii materni. Il suo naso freddo mi gocciolava sul collo.

— Lizzie, ti ho mai raccontato di un cagnolino che ho visto una volta? Un cagnolino rosa modificato geneticamente che non sarebbe mai dovuto esistere, poverino?

Lei però continuò a singhiozzare, infreddolita, affamata e tradita. Era effettivamente giusto così. A quel punto la storia del cane di Stephanie Brunell sembrò sciocca perfino a me, una cosa in cui avevo un tempo creduto, in cui probabilmente ancora credevo, ma che non ricordavo più chiaramente.

Come tante altre cose.


L’ECGS si presentò nel giro di un’ora cosa che, devo ammettere, mi impressionò. Dapprima arrivarono gli aerei, quindi le aeromobili e, per la nottata, la ferrovia a gravità era in funzione ed entrava ruggendo a East Oleanta con un contingente di trenta agenti dallo sguardo tranquillo, alcuni tecnici e moltissimo cibo. I tizi del governo lavorano meglio a stomaco pieno. I tecnici si sparpagliarono per la città a riparare cose. L’ECGS sistemò il quartier generale al Caffè Congressista Janet Carol Land, estese uno scudo a energia-Y attorno alla metà di esso più lontana dai tecnici che rifornivano la catena alimentare e ordinò a tutti gli altri di restare fuori, cosa che i buoni cittadini furono felici di fare, visto che il cibo veniva dispensato dalle rovine del Deposito. Sa solo Dio come lo stessero cuocendo. Forse si stavano mangiando la sinto-soia cruda.

— Signorina Covington? Sono Charlotte Prescott. Sono temporaneamente al comando, qui, fino all’arrivo di Colin Kowalski dalla Costa Ovest. Venga con me, la prego.

Era alta, dai capelli di fiamma, assolutamente magnifica. Geni molto costosi. Aveva l’accento che si accompagna al danaroso Nord-est e occhi simili alla Foresta Pietrificata. La seguii, ma non priva di un’espressione tipica da protesta-di-piccola-Diana: spiritata, ma essenzialmente inefficace.

— Non intendo parlare finché non sarò sicura che due persone vengano nutrite. Tre, a dire il vero. Un vecchio, una bambina e la madre della bambina: potrebbero non essere in grado di cavarsela nella folla che c’è lì fuori. — Che stavo dicendo? Annie Francy se la sarebbe potuta cavare anche in mezzo all’ultima battaglia di Custer, protestando a non finire per il fatto che gli indiani non si stavano comportando correttamente.

Charlotte Prescott disse: — Di Lizzie, Francy e Billy Washington ci siamo già occupati. La guardia all’appartamento procurerà loro il cibo.

Ed era a East Oleanta da soli dieci minuti.

Charlotte Prescott e io ci sedemmo l’una dirimpetto all’altra su due sedie in sintoplastica da caffè e io le raccontai tutto ciò che sapevo. Avevo seguito Miranda Sharifi da Washington a East Oleanta dopo di che lei era sparita. L’avevo cercata per i boschi. Alcuni degli abitanti del luogo credevano che ci fosse un luogo nelle montagne chiamato Eden, probabilmente un laboratorio di modificazione genetica illegale, clandestino e schermato e io credevo che fosse il posto da cui Huevos Verdes stava liberando il disgregatore di duragem. Avevo seguito svariati abitanti del luogo nei boschi sperando di scoprire l’Eden, ma non avevo mai visto nulla e adesso ero convinta che nessuno sapesse dove, o se, questo mitico posto esistesse.

L’ultima affermazione non era del tutto vera. Sospettavo ancora che Billy Washington sapesse qualcosa. Volevo tuttavia dirlo direttamente a Colin Kowalski, di cui mi fidavo almeno parzialmente, piuttosto che a Charlotte Prescott, di cui non mi fidavo affatto. Mi ricordava molto Stephanie Brunell. Billy era un vecchio ignorante e indisponente, ma non era un cagnolino rosa e non volevo facesse la stessa fine.

La Prescott disse: — Perché non ha fatto rapporto sulla sua posizione o sulla sospetta posizione di Miranda Sharifi non appena ha raggiunto East Oleanta? O magari durante il tragitto?

— Ero abbastanza certa che l’avamposto dei Super-Insonni sarebbe stato in grado di monitorare qualsiasi strumento tecnologico avessi usato.

Era un buon colpo: nemmeno l’ECGS si vantava di potere superare in quanto a invenzioni i Super. La Prescott non palesò alcuna reazione.

— Lei stava violando ogni procedura dell’Ente.

— Non sono un agente regolare. Svolgo un ruolo da jolly per Colin Kowalski, in funzione di informatore. Lei non saprebbe, ancora adesso, della mia esistenza se lui non gliene avesse parlato.

Ancora nessuna reazione. Aveva la capacità, come una specie di rettile, di frapporre una membrana nittitante fra se stessa e qualsiasi granello di sabbia volesse intrufolarsi. Notai questo di lei: i suoi limiti, la sua rigidità derivante dall’automatica assunzione di superiorità. Non riuscii tuttavia a fare a meno di sentirmi priva di valore rispetto a lei, in un modo che non avevo provato da mesi interi. Io, con la mia tuta sgualcita turchese e i capelli incolti, lei che sembrava uscita fuori da una pubblicità olovisiva per l’Enclave di Central Park East. Perfino le sue unghie erano perfette, modificate geneticamente in rosa, così da non avere mai il bisogno di essere laccate.

L’interrogatorio proseguì. Fui onesta quanto potevo esserlo, eccetto riguardo a ciò che concerneva Billy. La cosa non alleviò il mio umore che era mediamente pessimo.

Colin Kowalski arrivò circa alle nove di sera. Ero ancora agli arresti domiciliari, o quello che erano, ma Charlotte Prescott era apparentemente a corto di domande. La catena del cibo stava funzionando, servendo un’insaziabile fila di affamati che sbirciavano con curiosità lo scudo a energia-Y, affollati in metà del loro caffè, senza potere tuttavia vedere nulla a causa dello strato esterno che era stato reso opaco in una sola direzione.

— Colin. Sono felice che tu sia qui.

Era infuriato, non lo stava nascondendo, ma teneva l’ira sotto controllo. Aveva buoni motivi per tutte e tre le cose.

— Mi avresti dovuto contattare in agosto, Diana. Forse avremmo potuto bloccare prima la diffusione del disgregatore di duragem.

— Potete fermarlo adesso? — chiesi io, ma egli non rispose. Non avevo alcuna intenzione di farmi prendere in giro. Lo afferrai per il bavero della giacca — o meglio per quello che passa per essere un bavero nella nuova moda autunnale — e dissi, lentamente e con estrema chiarezza: — Hai trovato qualcosa. Di già. Colin, mi devi dire che cosa hai trovato finora. Devi. Ti ho portato io fin qui e inoltre non c’è un solo motivo al mondo per non dirmelo. Sai maledettamente bene che oramai ci sono tuoi agenti in ogni luogo nelle vicinanze.

Indietreggiò di un passo e liberò il bavero. Restai un po’ sconcertata nel notare quanto in fretta avessi dimenticato l’intolleranza dei Muli per il contatto fisico.

Non avevo tuttavia alcuna intenzione di smetterla. Forse non sarebbe stato necessario coinvolgere Billy più di quanto non lo fosse già per avermi tenuto nell’appartamento di Annie durante l’ultimo mese. — Cosa hanno trovato i tuoi agenti, Colin?

Me lo disse, non a causa della mia insistenza ma perché non esisteva un motivo al mondo per non farlo.

— Proprio quello che sospettavi tu, Diana, un laboratorio clandestino. Schermato. Abbiamo infranto lo scudo mezz’ora fa, non appena abbiamo scoperto l’area in cui cercare. I Super erano spariti ma il disgregatore di duragem aveva origine lì, decisamente. Quei bastardi non si sono nemmeno preoccupati di distruggere le prove. Il pericoloso ricombinante e la roba di nano-tecnologia in quel laboratorio…

— Che altro hanno cucinato per noi?

— Nulla che verrà fuori — disse lui e mi fissò dritto negli occhi. Troppo direttamente. Non riuscivo a capire cosa significasse quello sguardo.

Improvvisamente capii

— Colin, no, se non esaminerete tutto con estrema precisione…

L’esplosione scosse il caffè anche se ci trovavamo, probabilmente, a chilometri e chilometri di distanza e l’ECGS aveva preventivamente lanciato uno scudo antiscoppio attorno alla zona. Uno scudo antiscoppio trattiene tuttavia solamente le schegge volanti e, in ogni, caso, nulla è in grado di attutire un’esplosione nucleare. Le persone presso la catena alimentare si misero a gridare e si tennero strette le ciotole di zuppa e le bistecche di sinto-soia. L’olo-terminale che si trovava nella metà del caffè in cui stava anche la catena del cibo e che qualcuno aveva sintonizzato sulla trasmissione dei Campionati Nazionali di Scooter, vibrò momentaneamente.

Colin disse irrigidito: — Era troppo pericoloso per essere esaminato con precisione. Qualunque cosa fosse scappata da lì. Qualunque cosa su cui stessero lavorando.

Mi alzai barcollando anche se non c’era alcun motivo per barcollare. Mantenni un tono di voce equilibrato. — Colin, il laboratorio era realmente vuoto? Miranda Sharifi e gli altri Super erano veramente spariti prima che voi arrivaste?

— Sì, erano spariti — disse Colin e incrociò il mio sguardo con una tale fermezza, con una tale schiettezza che seppi immediatamente che stava mentendo.

— Colin…

— Il tuo servizio per l’ECGS è terminato, Diana. Abbiamo apprezzato il tuo aiuto. Ti verranno accreditati sul conto corrente sei mesi di stipendio e ti verrà fornita una discreta e non specifica lettera di raccomandazione semmai ne vorrai una. Ti viene, ovviamente, impedito di vendere la storia alla stampa sotto qualsiasi forma.

— "Colin"…

Per un secondo ci fu sul suo volto un lampo di schiettezza. — Hai chiuso, Diana. È finita.

Ma, ovviamente, non lo era.


Scivolai attraverso il generale pandemonio che regnava per la strada — reporter, abitanti del paese, agenti, perfino i primi curiosi arrivati con la ferrovia a gravità appena aggiustata — senza dare nell’occhio. Con la mia logora tuta invernale, una sciarpa che mi copriva la parte inferiore del volto, i capelli sporchi come quelli di tutti gli altri a East Oleanta, sembravo proprio soltanto un Vivo confuso in più. La cosa avrebbe potuto farmi piacere, se fossi stata capace di provare piacere per una qualunque cosa in quel preciso istante. C’era qualcosa di tremendamente storto nella mia testa e non sapevo di che si trattasse. Avevo ottenuto ciò che avevo voluto: a Huevos Verdes era stato impedito di immettere nell’ambiente una piaga come quella del disgregatore del duragem. Il paese, indipendentemente dai problemi economici che non erano mutati, aveva ora quanto meno una possibilità di recuperare, non appena il meccanismo a orologeria di tutti i disgregatori liberati avesse terminato il proprio numero prestabilito di repliche. Le bambine di dodici anni potevano mangiare; i vecchi non sarebbero più stati costretti ad arrancare attraverso la neve lungo binari ferroviari inutilizzabili ed essere attaccati per il cibo che portavano. Avevo ottenuto ciò che avevo voluto.

C’era qualcosa che non mi quadrava.

Le guardie stavano lasciando l’appartamento di Annie. Passai davanti a loro nel corridoio. Nessuna delle due mi lanciò una seconda occhiata. Billy giaceva sul divano, con Annie seduta su una sedia accanto alla sua testa, le labbra serrate tanto da creare un vuoto. Lizzie era seduta sul pavimento, masticando qualcosa che poteva essere una coscia di pollo.

— Tu. Fuori — disse Annie.

La ignorai, trascinando una seconda sedia accanto a Billy. Era lo stesso tipo di sedia in sintoplastica su cui ero stata seduta dirimpetto a Charlotte Prescott dalle unghie perfette, l’unico genere di sedia su cui mi fossi mai seduta a East Oleanta. Questa però era verde veleno. — Billy. Sai che cosa è successo?

Egli parlò, così piano che dovetti sporgermi in avanti per sentirlo: — Ho sentito, io. Hanno fatto saltare in aria l’Eden.

Annie disse: — E come facevano, loro, a sapere che c’era qualcosa da far saltare in aria? "Lei" glielo ha detto, dottoressa Turner! Ha portato lei gli uomini del governo a East Oleanta!

— Se non lo avessi fatto voi stareste ancora morendo di fame — risposi seccamente. Annie riusciva sempre a tirare fuori il peggio di me. Non dubitava mai di se stessa.

Annie si calmò, fumando. Billy disse: — È davvero andato? Lo hanno fatto davvero saltare in aria?

— Sì — sentivo un groppo in gola. Solo Dio sa perché. — Billy, è lì dove facevano il disgregatore di duragem. Quella cosa che stava causando così tante rotture su ogni genere di macchinario.

Egli non rispose per lungo tempo. Pensai si fosse addormentato. Le palpebre rugose erano a mezz’asta e il cedimento delle sue mascelle mi faceva dolere il cuore.

Alla fine disse, quasi in un sussurro: — Lei ha salvato la vita del vecchio Doug Kane, lei. E avrebbero salvato anche le nostre.

Dissi in modo tagliente: — Come fai a saperlo?

Egli rispose con semplicità disarmante: — Io non lo so, io. Ma l’ho vista. Era gentile con noi, lei, anche se non avevamo con lei in comune più di… di quello che abbiamo con gli scarafaggi. Loro sanno tante cose, quelle persone. Se lei dice che la ragazzina ha fatto il disgregatore di duragem, be’, allora forse lo ha fatto. Ma è difficile da credersi. E anche se lo hanno fatto, loro, per errore, come dire…

— Sì? Sì, Billy?

— Se l’Eden è saltato per aria, lui, come faremo mai a sapere come disfarlo?

— Non lo so. Ma c’erano altri progetti nano-tecnologici in corso nell’Eden, Billy. Roba che se fosse stata liberata avrebbe potuto causare ancora più distruzioni.

Egli rifletté. — Ma dottoressa Turner…

Dissi con espressione stanca: — Non sono una dottoressa, Billy. Non sono proprio niente.

— Se il governo se ne va semplicemente in giro, lui, a far saltare per aria tutti gli Eden illegali, allora non perdiamo anche le cose buone insieme con quelle cattive? Ci sono stati quei procioni con la rabbia…

Io dissi con impazienza: — Bisogna controllare la ricerca genetica e la ricerca nano-tecnologica, Billy. Oppure qualsiasi pazzo se ne può andare in giro a inventare cose come i disgregatori.

— Mi sembra che qualche pazzo "c’era" — rispose lui, più acido di quanto non lo avessi mai sentito. — E guardi cosa è successo. I veri scienziati non riescono a trovare nessun modo per fermarlo, perché a loro non gli è mica permesso, a loro, di fare nessun esperimento da soli!

Nessuna ricerca di antidoti permessa. Non si trattava di un argomento nuovo. Lo avevo già sentito in precedenza. Mai, tuttavia, da una tale persona in una tale situazione. Billy aveva colto una fugace occhiata dell’Eden e aveva pensato che gli dèi non fossero solamente onnipotenti ma anche benevoli. Capaci di creare antidoti contro il male che essi stessi avevano provocato. Se Huevos Verdes aveva rilasciato il disgregatore di duragem, doveva essere stata un’azione deliberata, atta a distruggere la cultura che li odiava. Non riuscivo a immaginare nessun’altra ragione. Huevos Verdes aveva quasi avuto successo.

— Torna a dormire, Billy — dissi e mi alzai per andarmene. Il vecchio era tuttavia incline a parlare.

— Io "so" che non erano cattivi. Quella ragazzina, il giorno che ha salvato la vita di Doug Kane… e adesso è sparito tutto. L’Eden è davvero sparito, lui. Non potrò più andare giù lungo quel sentiero sulla montagna, io, passare nell’acqua attraverso il ruscello, io, e vedere quella porta nella collina aprirsi per potere entrare con lei…

Stava farneticando. Era ovvio: gli agenti gli avevano iniettato il siero della verità. Qualunque cosa gli fosse stata chiesta, lui avrebbe risposto. Il vaniloquio rappresentava uno degli effetti collaterali quando quel genere di farmaco cominciava a perdere la sua azione.

— Addio, Billy. Annie. — Mi mossi verso la porta.

Lizzie udì qualcosa nella mia voce. Mi si avvicinò in tutta fretta, "osso di pollo" in mano, tutta occhi e manine sottili. Aveva già un aspetto più salubre. I bambini reagivano velocemente.

— Vicki, faremo lezione domani mattina? Vicki?

La guardai e improvvisamente ebbi la sensazione completamente folle di comprendere Miranda Sharifi.

Esiste una specie di desiderio di cui non avevo mai avuto esperienza prima d’allora e che mai mi sarei aspettata di provare. Ne ho letto. L’ho perfino visto, in altre persone, anche se non in molte altre persone. È un desiderio così trafiggente, così acuto, così specifico che non esiste modo di bloccarlo, non più di quanto non si possa bloccare una lancia che ti viene scagliata con estrema precisione contro il ventre. La lancia spinge in avanti il tuo intero corpo, secondo le leggi della fisica. Cambia il modo in cui il sangue ti scorre nelle vene. Ne puoi morire.

Si dice che le madri provino quella tremanda agonia quando cercano di salvare i loro piccoli da un pericolo mortale. Non sono mai stata madre. Si dice che gli innamorati lo provino l’uno per l’altro. Non ho mai amato in quel modo, a dispetto delle scialbe imitazioni con Claude-Eugene-Rex-Paul-Anthony-Russel-David. Si dice che gli artisti e gli scienziati lo provino verso il proprio lavoro. Questo era certamente vero per Miranda Sharifi.

Quello che "io" avevo provato per Miranda Sharifi, da quando l’avevo vista a Washington, era stata invidia. Non me ne ero nemmeno accorta.

Adesso, però, no. Guardando Lizzie, sapendo che avrei lasciato East Oleanta la mattina dopo, vedendo con la coda dell’occhio il modo in cui il corpo di Annie si era spostato sulla sedia mentre ci fissava, la lancia cambiò il modo di scorrere del sangue nelle mie vene e mi portai freneticamente entrambe le mani sul ventre. — Certo, Lizzie — boccheggiai e, nel tono di voce, riconobbi quello di Colin Kowalski, conscio della superiorità di Mulo, che mentiva come i porci che siamo.


In un momento imprecisato appena prima dell’alba, alle cinque o alle sei del mattino, mi svegliai improvvisamente da un sonno irregolare. La voce di Billy mi riempì la mente: "E adesso è sparito tutto. L’Eden è davvero sparito, lui. Non potrò più andare giù lungo quel sentiero di montagna, io, passare nell’acqua attraverso il ruscello, e vedere quella porta nella collina aprirsi, io, per entrare con lei…"

Scivolai fuori dalla mia stanza nell’albergo riallestito in tutta fretta. Sul bancone si trovava un nuovo terminale, ma era decisamente troppo rischioso usarlo. Mi recai al caffè. C’era della geme, in coda davanti alla catena alimentare, mentre un animato notiziario di Muli veniva trasmesso sull’olo-terminale. I canali dei Vivi non mandavano quasi mai i notiziari. Se East Oleanta voleva vedere se stessa sull’olo-visore, doveva sintonizzarsi necessariamente su un canale di Muli.

Mi rannicchiai in un angolo, senza dare nell’occhio, e mi misi a guardare. Alla fine venne trasmessa l’esplosione, il sensazionale rintracciamento della fonte di emissione del disgregatore di duragem che aveva così tartassato il paese, primi piani di Charlotte Prescott e di Kenneth Emile Koehler, direttore dell’ECGS, a Washington. Quindi di nuovo l’esplosione. Volevo effettuare un fermo-immagine sull’olo-terminale, ma non osai. Stetti piuttosto ad ascoltare attentamente.

Un treno a gravità partì alle sette del mattino. Alle otto mi trovavo ad Albany. C’era un terminale-biblioteca pubblico alla stazione a uso dei Vivi che non avevano le idee chiare rispetto alle loro destinazioni e volevano controllare informazioni vitali, tipo la piovosità media, il luogo in cui si trovavano le piste degli scooter, longitudine o latitudine. Una insegna indicava BIBLIOTECA PUBBLICA ANNA NAOMI COLDWELL. L’insegna era drappeggiata da ragnatele. Pochi Vivi avevano le idee confuse rispetto alle loro destinazioni, o quanto meno rispetto a ciò che di esse desideravano sapere.

Infilai una delle carte di credito che l’ECGS forse non sapeva che io avessi. Il terminale disse: — In funzione. A quale paese, città, contea o stato siete interessati?

— Contea Collins, stato di New York. — Avevo la voce leggermente instabile.

— Proceda con le richieste, prego.

— Mappa dell’intera contea con indicazioni politiche e fisiche.

Quando apparve la mappa chiesi che mi venissero dati ingrandimenti di determinate sezioni, quindi che venissero ulteriormente ingrandite. L’ipertesto eseguì. La mappa mostrò latitudine e longitudine.

L’esplosione che aveva distrutto il laboratorio illegale non era avvenuta ai piedi della collina e niente affatto vicino a un ruscello.

Credevo che l’ECGS avesse distrutto un laboratorio illegale di modificazioni genetiche. Credevo che quello fosse il laboratorio che aveva rilasciato i disgregatori di duragem. Ma qualunque cosa fosse, o di chiunque fosse quel laboratorio, non si trattava dell’Eden di Billy Washington. Non era l’Eden ai piedi di una montagna e presso un ruscello, l’Eden che aveva permesso a Billy di vedere aprire la propria porta, l’Eden della salvatrice dalla testa grossa di vecchi che collassavano nei boschi. Quell’Eden c’era ancora.

Il che significava che chiunque avesse rilasciato il disgregatore di duragem, non era stato Huevos Verdes.

E allora chi era stato? E Huevos Verdes era con o contro di lui?

Da una parte la distruzione del duragem era iniziata a East Oleanta, proprio dietro l’angolo dell’Eden. Coincidenza? Ne dubitavo. Eppure Miranda Sharifi non aveva fatto nulla per fermare la diffusione del disgregatore.

Dall’altra, se i Super erano interessati alla distruzione, perché uno di loro aveva permesso a Billy Washington di vedere l’entrata dell’avamposto nelle Adirondacks e di andarsene via tranquillamente con quella conoscenza? Perché non lo avevano ucciso? Perché Miranda Sharifi aveva tentato di ottenere un permesso legale per il Depuratore Cellulare, chiarissimo dono per noi comuni mortali? Gli Insonni godevano già di quella protezione biologica ed era maledettamente certo che non avessero bisogno di denaro.

E che dire del fatto, Billy su questo aveva ragione, che se qualche laboratorio illegale fosse uscito fuori con qualcosa di anche peggiore rispetto a un disgregatore di duragem soltanto Huevos Verdes aveva il potenziale per fermarlo.

Ma lo avrebbero fatto?

Huevos Verdes era il nemico del mio paese o il suo amico in incognito?

Non era questo il genere di domande che un agente sul campo fosse tenuto a porre. Un agente sul campo era tenuto a fare ciò che gli veniva detto e a riportare ogni nuovo sviluppo significativo lungo la catena di comando. Un agente sul campo nella mia posizione avrebbe dovuto immediatamente chiamare l’ECGS. Di nuovo.

Se però lo avessi fatto, le domande non avrebbero mai ottenuto risposta. Colin Kowalski infatti pensava di conoscere già la risposta: bombardare qualunque cosa poco familiare.

Devo essere rimasta immobile in piedi davanti alla Biblioteca Pubblica Anna Naomi Coldwell per quindici minuti. I Vivi mi sfrecciavano attorno, affrettandosi per arrivare ai rispettivi treni. Un robot pulitore arrivò al trotto, strofinando il pavimento. Uno spacciatore di droga mi lanciò un’occhiata e poi si allontanò. Un tecnico, modificato geneticamente in quanto a bellezza, parlò nel suo terminale mentre percorreva la banchina.

Non mi sono mai sentita così sola.

Sono andata nuovamente verso il treno a gravità e sono tornata a East Oleanta.

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