PROLOGO

Gulf City: Nuovi Anni 14 (29.872 dopo Cristo)

Dal Diario di Charlene Bloom:

Oggi ho ricevuto notizie da Pentecoste, Wolfgang IV è morto, e come i suoi antenati era rispettato dall’intero pianeta. Insieme al messaggio ho ricevuto una fotografia di suo nipote. L’ho fissata a lungo, ma il sangue si diluisce nell’arco di sei generazioni. È stato impossibile, salvo che nella mia immaginazione, riconoscere qualunque segno dell’originale (e per me l’unico) Wolfgang, in questo suo discendente.

Il mio Wolfgang è morto, morto da molto tempo; ma la grande scommessa continua. In giornate come queste sento di essere l’unica persona dell’universo alla quale importi il risultato. Se Wolfgang è finalmente il vincitore, chi, se non io, lo saprò, e sarò qui ad applaudirlo? E se fossi io a vincere, chi, se non io, conoscerà il prezzo della vittoria?

È significativo che, innanzitutto, io registri la sua morte, prima di divulgare il rapporto su un sistema di propulsione più veloce della luce, giunto dal Mondo di Beacon. Gulf City freme per questa notizia, ma ho sentito lo stesso annuncio cento (mille?) volte prima d’oggi. La nostra battaglia per sfuggire al giogo della relatività dura da 28.000 anni; ma questa ancora oggi c’imprigiona con la stessa ineluttabilità di sempre. In pubblico io dico che la ricerca deve continuare, anche se quanto dice il Mondo di Beacon dovesse rivelarsi l’ennesimo fallimento… che la propulsione più veloce della luce sarà la più importante scoperta nella storia dell’umanità; ma dentro di me giungo a negarle perfino qualunque possibilità teorica. Se l’universo è comprensibile alla mente umana, allora deve avere alcune leggi definitive. Non mi è permesso ammetterlo, ma credo che il limite invalicabile della velocità della luce sia una di queste. A mano a mano che gli esseri umani esploreranno sempre più lontano la Galassia, saranno pur sempre obbligati a farlo strisciando a velocità subluce.

Vorrei poter credere altrimenti. Ma oggi, sopra ogni altra cosa, vorrei passare di nuovo un’altra ora con Wolfgang.


«Mi hanno detto, Eraclito, mi hanno detto

che eri morto.

Mi hanno portato notizie amare da ascoltare e

lacrime ancora più amare da spargere.

Ho pianto nel ricordare quanto spesso, tu ed io,

abbiamo stancato il sole parlando, cacciandolo

giù dal cielo.

Ma adesso che tu giaci, mio caro vecchio

ospite cariota,

una manciata di ceneri grige che da molto, molto tempo

riposano,

ancora sono sveglie le tue voci piacevoli,

i tuoi usignoli.

Poiché la morte tutto si porta via; ma questi non può

prenderli.»

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