INTRODUZIONE DELL’AUTORE ALL’EDIZIONE ITALIANA

È probabile che la maggior parte delle opere di fantascienza tragga spunto da un incidente casuale o da un’idea: questo è vero in modo particolare per Le guide dell’infinito (Between the Strokes of Night, 1985), e l’incidente in questione è stato di natura piuttosto prosaica.

Sul finire del 1983, mi trovai nella necessità di sviluppare un algoritmo per il lavoro che svolgo nel campo dell’elaborazione delle immagini e, una volta ultimata la parte matematica, dovetti sperimentare l’idea con dati reali. Non ritengo di essere molto abile come programmatore di computer ma, siccome ci sarebbe voluto più tempo per spiegare ad altri quello che mi serviva di quanto ne avrei impiegato provvedendo di persona, decisi di scrivere io stesso il programma in questione.

Una mattina d’ottobre, mi sedetti a tavolino e lavorai per un tempo che mi parve non essere superiore a un’ora; quando guardai l’orologio, tuttavia, constatai che erano le due e trenta passate. Assorbito in quello che stavo facendo, avevo perso cinque ore.

Più tardi, quello stesso giorno, mi sorpresi a pensare al tempo… in particolare alla differenza esistente fra il tempo soggettivo e quello oggettivo. Fin dal diciassettesimo secolo, epoca in cui Newton ha introdotto nella scienza la nozione del tempo assoluto, questo concetto ha dominato i nostri pensieri: anche se Einstein ha dimostrato che la velocità del passaggio del tempo dipende dall’osservatore, per la maggior parte di noi un’ora rimane pur sempre un’ora, una quantità ben definita che è uguale per tutti. Puntiamo la sveglia alle nove di mattina e ci diamo appuntamento per pranzo all’una, ed è certo che quando c’incontriamo, siamo concordi nell’affermare che sono trascorse quattro ore.

Ma, da un punto di vista soggettivo, quelle quattro ore possono differire enormemente. Per uno di noi che sia in attesa dei risultati di un esame medico, una mattinata può sembrare eterna, mentre per un altro, che la trascorre con la fidanzata che dovrà poi partire nel pomeriggio, le ore volano in un attimo. Infine, per una terza persona, che ha dormito tutta la mattina, quelle ore semplicemente non esistono.

Nell’universo può anche esserci un tempo oggettivo, ma esso è irrilevante per gli esseri umani: tutto quello che conta, è il modo in cui noi percepiamo il tempo, ed ognuno lo può percepire con un ritmo diverso. Un’idea comunemente accettata è che esso trascorra più in fretta per gli anziani che non per i giovani: per un bambino di cinque anni, un’ora è un tempo molto lungo, una settimana è addirittura incomprensibile. Per una persona avanti negli anni, un’ora non è nulla. Un mio amico, settantenne, mi ha detto che, ultimamente, gli sembra di fare colazione ogni quindici minuti.

La rapidità con cui il tempo scorre può variare per persone diverse. Supponiamo che questa variazione possa essere enorme… che il tempo differisca per ogni individuo secondo un fattore calcolabile in migliaia o addirittura in milioni di unità: quello che per un soggetto è un secondo, per un altro potrebbe equivalere a un’intera giornata. Per me gli anni potrebbero volare mentre voi pranzate.

Supponiamo inoltre che le suddette differenziazioni cronologiche soggettive possano essere scientificamente controllate.

Questa riflessione costituisce il nucleo di Le guide dell’infinito, ed è l’idea originale da cui è nato il libro. Naturalmente, un’idea non è una trama, e mentre sviluppavo quest’ultima ho cominciato a documentarmi sempre più sul tempo, sia nel campo scientifico che letterario, trovando ben presto la conferma che questa è una delle grandi ossessioni dell’umanità; il nostro linguaggio e la nostra poesia pullulano di frasi che esprimono da un lato la natura immutabile del tempo e, dall’altro, il nostro vano desiderio di potere in qualche modo controllare il suo inesorabile scorrere:


“Il tempo è denaro.”

“O, poter richiamare il giorno trascorso, chiedere al tempo di ritornare.”

“Tempus fugit”… il tempo fugge.

“Ma alle mie spalle io sempre sento, del Tempo il cocchio alato che rapido s’appressa.”

“Mobile il dito scrive e, avendo scritto, passa oltre”.

“Guadagneremo il tempo perduto”.

“Il tempo e la marea non aspettano nessuno”.

“Sorgi, sorgi ancora, occhio della bionda Natura, e rendi perpetuo il dì, oppure fa’ che quest’ora non sia che un anno, un mese, una settimana, un giorno naturale…”


E questi non sono che alcuni dei molteplici esempi reperibili nelle grandi opere di ogni èra e scritte in qualsiasi lingua, perché tempo e mortalità procedono mano nella mano, e noi non possiamo pensare al primo senza essere consapevoli della seconda.

Questo libro sopravviverà abbastanza a lungo da essere letto quando il tempo non avrà più alcun significato per me, personalmente? Sarebbe bello pensarlo. In ogni caso, spero che Le guide dell’infinito risulti una lettura avvincente, perché scriverlo è stato divertentissimo, in quanto il controllo scientifico del tempo soggettivo permette ad uno scrittore di fantascienza di spaziare enormemente. Con quanta frequenza capita che un libro possa cominciare in un’epoca vicina a quella attuale ed arrivare addirittura alla fine dell’intero universo… mantenendo presenti gli stessi personaggi nell’arco di tutta la narrazione?


Charles Sheffield, settembre 1988

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