Capitolo quinto

Gran parte della scienza fisica è soltanto comprensione di fatti osservati a lungo. Nella condotta umana c’è una lunga tradizione di osservazione, ma una breve registrazione di comprensione. Per esempio, le vite umane in contatto con altre vite umane, seguono le regole di altri sistemi ecologici. Troppo spesso, tuttavia, un uomo immagina che un sistema ecologico sia composto soltanto di cose, mentre un sistema del genere funziona attraverso le azioni delle cose. Non è possibile per alcuna parte di un complesso ecologico agire sulle altre parti senza che queste a loro volta agiscano su di essa. Quindi ne consegue che è singolarmente stupido, ma stupefacentemente comune, che un individuo presuma che la società umana sia passiva e non reattiva. Egli può presumere di poter fare quello che vuole, ma inevitabilmente avviene una reazione tanto energica quanto la sua azione ed altrettanto ben diretta. In più la probabilità…

Fitzgerald,

Probabilità e condotta umana


Un’ora dopo l’alba lo zaino di Calhoun si era svuotato del cibo. I fuggiaschi si alzarono ed erano stanchi e affamati. La loro respirazione era tornata normale. Le loro pulsazioni non rimbombavano più. I loro occhi non erano più appannati, ma molto brillanti. Ma erano in uno stato avanzato di malnutrizione ed ora se ne rendevano conto. Il loro cervello aveva ripreso a ricevere una dose adeguata di ossigeno e il loro metabolismo era a un livello normale… e sapevano che stavano morendo di fame.

Calhoun fece da cuoco. Si recò alla sorgente che Helen aveva descritto. Ritornò con l’acqua. Mentre succhiavano tavolette di dolci delle sue razioni e guardavano con occhi affamati, fece una minestra con le razioni disidratate che aveva portato per sé e per Murgatroyd.

Era la prima cosa che il loro stomaco avrebbe potuto digerire.

Li guardò mentre si nutrivano. L’uomo anziano e la donna sorseggiavano delicatamente, guardandosi l’un l’altra. L’uomo con la grande barba nera mangiava con un tremendo sforzo per trattenersi. Helen dava da mangiare all’uomo più vecchio, tra una cucchiaiata e l’altra delle sue e Kim mangiava lentamente, sopra pensiero.

Calhoun continuò a rifornirli passando loro il cibo fin che non ne ebbe più da offrire. A quel punto avevano già guadagnato le forze in modo soddisfacente. Ma si era già a mattina inoltrata.

Trasse da parte Kim.

— Durante la notte, — disse, — ho preparato un’altra buona quantità di siero. Te la lascio con una siringa. Troverai altri fuggiaschi. Ti ho dato dosi massicce. Cerca di economizzare comunque. Prova con iniezioni di mezzo centimetro cubo. Forse puoi risparmiare.

— E tu che farai? — domandò Kim.

Calhoun alzò le spalle.

— Ho parecchia autorità, sembra che possa metterla in pratica, — rispose asciuttamente. — In qualità di membro del Servizio Medico ho il potere di assumere tutto il potere di una emergenza sanitaria. Voi qui avete una pestilenza. Questa è già un’emergenza. Poi la pestilenza è artificiale. E questa è la seconda emergenza. La gente che l’ha diffusa ha motivo di credere, dato il successo avuto finora, di potersi impadronire di qualunque altro mondo le piaccia. E, poiché la natura umana è quello che è, questo è il più grande rischio sanitario di tutta la storia. Devo occuparmene.

— C’è tutta una banda di assassini armati, qui, — disse Kim.

— Non mi interessano particolarmente, — ammise Calhoun. — Voglio arrivare all’uomo che è alla testa di questa faccenda. Come ti ho detto, deve avere di riserva altre pestilenze. È possibile che questa operazione sia una prova pratica su scala minore di una nuova tecnica di conquista.

— Se quei macellai ti trovano, ti uccideranno.

— È vero, — ammise Calhoun. — Ma il numero degli avvenimenti casuali che possono favorirmi è molto più grande del numero di quello che possono favorire loro. Io lavoro con la natura, loro lavorano contro. In ogni modo, come membro del Servizio Medico, devo impedire l’atterraggio di chiunque, proprio chiunque, su un pianeta colpito da pestilenza come in questo caso. E sospetto che vi siano dei piani di atterraggio. Devo istituire una quarantena efficace.

Il tono era secco. Kim lo fissò.

— Vuoi dire che tenterai di fermarli?

— Tenterò, — disse Calhoun, — di esercitare l’autorità datami dal Servizio Medico in casi come questo. Le regole della quarantena sono piuttosto severe.

— Ti uccideranno, — ripeté Kim.

Calhoun ignorò la predizione ripetuta.

— Quell’invasore vi ha trovato, — osservò, — perché sapeva che avevate bisogno di bere. Quindi ha trovato un ruscello e lo ha seguito, cercando segni di esseri umani venuti a bere. Ha trovato impronte verso la sorgente. Ho visto anche là le sue impronte. Questo è il trucco che dovete usare per trovare altri fuggiaschi. Ma passa la voce di non lasciare più tracce d’ora in avanti. Come altro consiglio, ti direi di prendere tutte le armi che puoi. Armi moderne, naturalmente. Tu hai già il fulminatore dell’uomo che ho ucciso.

— Penso, — disse Kim a denti stretti, — che ne troverò degli altri. Se i cacciatori verranno dalla città a cercare i posti dove si beve, saprò come trovare nuove armi!

— Sì — approvò Calhoun. — Dunque Murgatroyd ha prodotto gli anticorpi che vi hanno curato. Come regola generale potete attendervi che si formino anticorpi anche nel vostro sangue quando un’infezione è stata battuta. In caso di estrema emergenza, ciascuno di voi sarà probabilmente in grado di fornire anticorpi per un bel numero di vittime della pestilenza. Potete tentare con il siero delle vesciche che vi producete sulla pelle. Spesso gli anticorpi saltano fuori proprio in quel punto. Non lo garantisco, ma qualche volta funziona.

Fece una pausa. Kim Walpole disse aspramente:

— Ma tu? Non c’è niente che possiamo fare per te?

— Stavo per chiederti qualcosa, — disse Calhoun. Tirò fuori le telefoto della città fatte dallo spazio. — C’è un laboratorio nella città. Un laboratorio di biochimica. Fammi vedere dove cercarlo.

Walpole diede istruzioni precise, indicando il posto sulla foto. Calhoun annuì. Poi Kim disse ferocemente:

— Ma dimmi qualcosa che possiamo fare noi! Saremo forti, tra breve e avremo delle armi. Scenderemo lungo i corsi d’acqua fin dove i cacciatori lasciano le loro auto e ci equipaggeremo con quelle. Possiamo aiutarti!

Calhoun annuì con un cenno.

— Giusto. Se vedete il fumo di un grosso fuoco nella città e avete un buon numero di persone abbastanza robuste con voi e trovate delle automobili potete venire a vedere di che si tratta. Ma fatelo con cautela, molta cautela!

— Se tu fai il segnale, verremo, — disse Kim Walpole decisamente, — non importa anche se saremo pochi.

— Perfetto, — disse Calhoun, ma non aveva alcuna intenzione di chiamare in aiuto quelle persone indebolite e mezze morte di fame.

Si rimise in spalla il suo zaino mezzo vuoto e scivolò fuori dalla radura. Si diresse alla sorgente, che fluiva chiara e fresca da profondità invisibili. Discese lungo il ruscelletto che partiva dalla sorgente. Murgatroyd correva lungo gli argini. Odiava bagnarsi le zampe. Poco dopo, dove il sottobosco cresceva più folto vicino al limite dell’acqua, Murgatroyd piagnucolò — Ciii, Ciii! — Calhoun lo raccolse da terra e se lo mise in spalla. Murgatroyd si aggrappò deliziato mentre Calhoun camminava nel letto del ruscello. L’animaletto adorava essere portato in braccio.

Tre chilometri più avanti c’era un altro campo coltivato. Il campo era piantato con messi da tuberi di grandi dimensioni, e Calhoun passò accanto a cespugli alti fino alla sua spalla con fiori azzurri e bianchi di dieci centimetri. Riconobbe la pianta che apparteneva alla famiglia delle Solanacee (la Belladonna era ancora usata in medicina), ma non poté identificarla finché non estrasse una radice e trovò un tubero. Ma il campione di tre chili che estrasse era ancora troppo giovane e debole per essere mangiato. Murgatroyd si rifiutò di toccarlo.

Calhoun stava considerando tristemente le limitazioni dell’istruzione specializzata quando giunse alla fine del campo coltivato. C’era una superstrada. Naturalmente era nuova. La città, i campi, le superstrade, e tutte le infrastrutture della vita civilizzata erano state costruite su quel pianeta prima dell’arrivo dei coloni che erano destinati ad abitarlo. Era straordinario vedere tutti quei preparativi per una popolazione che non c’era ancora. Ma Calhoun era molto più interessato all’automobile che trovò in attesa sulla superstrada, vicino a un piccolo ponte sotto cui scorreva il ruscello.

La chiave che aveva preso all’invasore morto andava bene. Entrò nell’auto e invitò Murgatroyd a sedersi accanto a lui.

— I tipi come l’uomo che ho ucciso, Murgatroyd, — osservò, — non sono molto importanti. Sono soltanto dei macellai. Quel tipo di gente ama saccheggiare. E qui per loro non c’è niente da saccheggiare. Sono destinati ad annoiarsi. Sono destinati a diventare irrequieti. Non ci daranno molto da fare. Io mi preoccupo dell’uomo che probabilmente ha progettato la faccenda della pestilenza e certamente ne è il supervisore. Sarà lui che ci darà filo da torcere.

L’auto era in corsa verso la città in quel momento. Continuò a viaggiare.

C’erano una buona trentina di chilometri ma non incontrò un solo altro veicolo. Dopo un po’ la città si stese davanti a lui. La esaminò pensosamente. Era molto bella. Cinquanta generazioni di architetti di molti mondi si erano dati da fare con la pietra e l’acciaio, cercando la perfezione. Quella città ci si avvicinava molto. C’erano torri che scintillavano candide e bassi edifici che sembravano annidati nel terreno ricoperto di vegetazione. C’erano ponti arditi e superstrade che curvavano con grazia, e parchi messi in opera e pronti. Niente, da nessuna parte, era monotono.

La sola eccezione alla grazia era la massiccia griglia di atterraggio, di ottocento metri per mille, un merletto di mostruose travature d’acciaio con fili di rame sottili come una ragnatela avvolti attorno ad esse nelle curve complesse che richiedeva il suo funzionamento. Nel suo interno, Calhoun poteva vedere la nave degli invasori. Era atterrata nel recinto della griglia e più tardi Calhoun aveva fatto saltare i trasformatori dell’apparato. Probabilmente ora li stavano riparando. Ma la nave stava risolutamente piantata nel terreno all’interno della grande struttura che la faceva sembrare più piccola.

— L’uomo che cerchiamo sarà in quella nave, Murgatroyd, — disse Calhoun. — Avrà ben serrato i portelli esterni e interni e sarà ben protetto da pareti di acciaio al berillio di quindici centimetri. Piuttosto difficile entrarci di forza. E sarà inquieto. Un intellettuale diventato disonesto non si sente a suo agio con i macellai con cui è associato. Penso che il problema sia di farci invitare nel suo salotto. Ma non sarà semplice.

— Ciii! — disse Murgatroyd in tono di dubbio.

— Oh, ci riusciremo, — lo rassicurò Calhoun. — In un modo o nell’altro!

Tirò fuori le fotografie. Kim Walpole aveva segnato il punto dove doveva andare e la strada da percorrere. Era stato in città mentre la costruivano, conosceva anche le strade di servizio, che, essendo incassate non facevano parte della bella vista della città.

— Ma gli invasori, — spiegò Calhoun, — non si degnano di servirsi di sporche strade di servizio. Si considerano aristocratici perché sono stati mandati a fare i conquistatori, benché sia stato chiesto loro solo di fare i macellai. Mi chiedo che specie di porco governi il mondo da cui vengono.

Mise via le foto e tornò a dirigersi verso la città. Vicino alla città deviò dalla superstrada. Uno svincolo scendeva in un sottopasso. La strada del sottopasso era stata progettata per permettere ai carichi di prodotti agricoli di entrare in città. Era una strada di servizio. Correva sotto la superficie dei parchi ed entrava senza orgoglio in città. Una volta tra gli edifici, correva tra file di portali, dietro i quali si sarebbero accumulati i rifiuti da portare via come fertilizzanti per i campi. La città era stata ben progettata.

Filando lungo la strada incassata che rimbombava ai suoi passi, Calhoun vide una volta sola, un’automobile in movimento su un ponte ad ampio respiro, sospeso come una ragnatela tra due alte torri. Era molto al di sopra di lui. Nessuno lassù avrebbe guardato in basso la sporca strada di servizio.

La faccenda fu davvero molto semplice. Calhoun fermò l’auto sotto la sporgenza di un edificio a balconate alto parecchi piani. Uscì ed aperse il portone. Portò l’auto entro la parte inferiore dell’edificio, cavernosa e fino a quel momento inutilizzata. Chiuse il portone dietro di sé. Era al centro della città e la sua presenza era ignorata. Questo avveniva alle tre del pomeriggio o poco più tardi.

Salì una ripida rampa di scale nuove e giunse alla sezione che sarebbe stata usata dal pubblico. C’erano pareti di vetro che cambiavano aspetto mentre ci si muoveva tra esse. C’erano gli ascensori. Calhoun non tentò di usarli. Fece strada a Murgatroyd sulle rampe circolari che portavano in alto nel caso di una impensabile emergenza. Lui e Murgatroyd arrancarono sempre più in alto. Calhoun contava le rampe.

Al quinto livello c’erano segni di impiego, mentre tutti gli altri avevano la polverosa nitidezza di una struttura che è stata completata ma non ancora utilizzata.

— Eccoci arrivati, — disse Calhoun allegramente.

Ma aveva il fulminatore in mano quando aperse la porta del laboratorio. Era vuoto. Si guardò in giro con aria di approvazione mentre cercava il magazzino. Era un laboratorio biologico perfettamente equipaggiato ed era stato usato. I pochi medici anch’essi condannati che dovevano curare la popolazione della città avevano lavorato disperatamente contro la pestilenza. Calhoun vide le bacinelle di culture che avevano fatto, ora disseccate e morte. Una sedia era stata rovesciata, probabilmente quando il laboratorio era stato perquisito dagli invasori, nel caso che vi fosse rimasto vivo qualcuno.

Trovò il magazzino. Murgatroyd guardava con occhi brillanti mentre lui rovistava.

— Qui abbiamo le cose che gli uomini usano per curarsi a vicenda, — disse Calhoun in tono cattedratico. — Praticamente sono tutti veleni, anche se per usi speciali. Qui c’è un assortimento di spore, organismi patogeni, Murgatroyd! Hanno il loro impiego. E qui ci sono droghe che oggi sono sintetizzate, ma discendono dai veleni trovati sulle punte delle lance dei selvaggi. Grande aiuto per la medicina. E qui ci sono gli anestetici, anch’essi veleni. Contavo proprio su questi.

Scelse con molta accuratezza. Destroetile, polisolfato. Il primo contrassegnato infiammabile e pericoloso. L’altro con la dose massima ammissibile riportata sull’etichetta e il nome delle sostanze ad azione contraria che lo avrebbero neutralizzato. Li raccolse. Murgatroyd allungò una zampa. Poiché Calhoun stava portando qualcosa, anche lui voleva qualcosa da portare.

Ridiscesero la rampa circolare mentre si avvicinava il tramonto. Calhoun fece ancora delle ricerche nei livelli sotterranei dell’edificio. Trovò quello che cercava, una pistola a spruzzo per verniciare che avrebbe emesso “anelli di fumo” di vernice polverizzata su una parete o un oggetto da verniciare. Si potevano variare le dimensioni dell’anello al punto di arrivo da un paio di centimetri a un metro di diametro.

Calhoun ripulì la pistola a spruzzo. Fu molto meticoloso. Ripulì il serbatoio con il destroetile portato giù dal laboratorio, poi ammucchiò fuori di vista i barattoli vuoti.

— Questo scherzetto, — osservò mentre raccoglieva la pistola a spruzzo, — fu escogitato per usarlo contro un povero diavolo impazzito che portava una bomba in tasca per proteggersi contro immaginari assassini. La bomba avrebbe devastato tutto nel raggio di cinquecento metri, quindi l’uomo dovette essere trattato con cautela.

Si batté la tasca con aria di approvazione.

— Ora andiamo a caccia. Con un robusto atomizzatore pieno di destroetile. E ho il polisolfato e una siringa per sistemare ogni campione che colpisco. Non ti pare buono? Ma se sono costretto a usare il fulminatore, ho fallito il mio compito.

Guardò il cielo da una finestra. Era crepuscolo avanzato. Tornò al portone dalla strada di servizio. Poi uscì e lo chiuse, accuratamente dietro di sé. A piedi, consultando frequentemente le fotografie incominciò a cercare la strada verso la griglia di atterraggio. Doveva essere lì il centro delle posizioni degli invasori.

Era buio quando salì oltre le scale di servizio delle cantine di un altro edificio. Si trattava del palazzo delle comunicazioni della città ed era stato il punto chiave del procedimento di repulisti degli invasori appena atterrati. Il suo centralino aveva indicato quali appartamenti avevano i comunicatori in uso. Quando veniva una chiamata, si poteva mandare una squadra di assassini a sistemare chi aveva chiamato. Anche dopo la prima notte, poteva essere rimasta della gente isolata, singole persone, ignare di quanto stava avvenendo. Quindi ci sarebbe stato qualcuno di guardia, nel caso qualche morente chiamasse per avere il conforto di una voce umana mentre ancora viveva.

C’era un uomo di guardia. Calhoun vide una stanza illuminata. Con la pistola a spruzzo in posizione si mosse silenziosamente verso la luce. Murgatroyd zampettò fedelmente dietro di lui.

Fuori dalla porta, Calhoun regolò la sua singolare arma. Entrò. L’uomo sonnecchiava in una poltrona davanti al centralino spento. Quando Calhoun entrò, alzò la testa e sbadigliò. Si volse.

Calhoun lo cosparse di anelli di fumo, anelli a vortice. Ma gli anelli erano missili rotanti di destroetile vaporizzato, un anestetico ricavato dal cloruro di etile circa duecento anni prima e non ancora superato nei suoi usi speciali. Una sua proprietà era che un suo piccolo sbuffo di vapore produceva un impulso riflesso ad aspirare profondamente. Una seconda proprietà era che, come l’antico cloruro di etile, era l’anestetico conosciuto con l’azione più rapida.

L’uomo del centralino vide Calhoun. Le sue narici avvertirono l’odore del destroetile. Aspirò profondamente.

E cadde senza conoscenza.

Calhoun attese pazientemente fin che l’anestetico fu disperso. Era quasi unico tra i vapori poiché a temperatura ambiente era più leggero dell’aria. Si alzò verso il soffitto. Calhoun dopo un po’ si fece avanti e trasse una siringa di polisolfato. Si chinò sull’uomo incosciente. Non lo toccò in nessun altro modo.

Si voltò e uscì dalla stanza mentre Murgatroyd camminava piano accanto a lui.

Fuori, Calhoun disse: — Da medico a medico, forse non avrei dovuto farlo. Ma sto trattando con un’emergenza sanitaria, una pestilenza. Qualche volta si deve usare la psicologia per supplire alle misure normali. Considero che questo ne sia il caso. Comunque quest’uomo lo cercheranno prima degli altri. Ha un lavoro per cui la sua mancanza sarebbe notata subito.

— Ciii? — chiese Murgatroyd zelantemente.

— No, — disse Calhoun — non morirà. Non sarà tanto scortese.

All’esterno era buio pesto. Quando Calhoun uscì nella strada (si era guardato bene dal toccare qualcosa nell’ufficio per non far capire che qualcuno era entrato) era notte piena. Le stelle brillavano, ma le strade vuote e non illuminate della città erano buie.

Sembrava che nell’aria ci fosse una minaccia indistinta. Quando Calhoun si mosse lungo la strada, Murgatroyd che odiava il buio, allungò una zampa pelosa e si aggrappò alla mano di Calhoun per rassicurarsi.

Calhoun si muoveva silenziosamente e i passi di Murgatroyd erano inavvertibili. La sensazione di una città non mai abitata era impressionante. Una città addormentata sembra strana e piena di fantasmi, anche con le strade illuminate. Una città abbandonata è intollerabilmente desolata, con tutti i suoi abitanti partiti o morti. Ma una città che non è mai stata in vita, che si stende senza vita sotto il cielo notturno perché i suoi abitanti non sono mai venuti ad abitarla, quella città dà la peggiore delle sensazioni. Sembra innaturale. Sembra insensata. È come un cadavere che avrebbe potuto vivere e che non ha mai avuto un’anima, ed ora attende orribilmente che qualcosa di demoniaco vi penetri e gli dia un’apparenza di vita troppo orripilante per poterla immaginare.

Gli invasori senza dubbio sentivano quella strisciante atmosfera di orrore. In breve ce ne fu una prova. Calhoun udì piccoli rumori da ubriachi nelle strade. Li rintracciò con cautela. Trovò il posto, una finestra illuminata al pianterreno di una lunga strada ai cui lati si allineavano strutture torreggianti che raggiungevano il cielo. Le ripide pareti erano assolutamente buie. Le stelle che comparivano nella stretta striscia di cielo che si vedeva in alto erano tremendamente lontane. La stessa strada era vuota e scura, e frusciante degli echi di rumori che in realtà non erano mai stati fatti. E non c’erano assolutamente suoni naturali. Le pareti degli edifici non lasciavano passare i suoni notturni normali dell’aperta campagna. C’era un silenzio morto e soffocato e frusciante adatto a rompere i timpani di chiunque.

Salvo per il cantare degli ubriachi. Degli uomini bevevano insieme in una stanza inutilmente piccola che avevano illuminato vivamente perché sembrasse più viva. Tutt’attorno a loro c’era morte e silenzio, quindi essi facevano rumori che ritenevano festosi, costringendosi all’allegria con molte bottiglie. Dopo aver bevuto abbastanza, forse, l’illusione poteva diventare credibile. Ma era pur sempre una scia di suono pietosamente minuscola della città buia e vuota. Fuori, dove Calhoun e Murgatroyd si fermarono ad ascoltare, il rumore dei canti degli ubriachi aveva il carattere di una profonda ironia.

Calhoun grugnì, e il suono echeggiò senza fine tra le pareti nude.

— Quei tipi ci potrebbero servire, — disse freddamente. — Solo che ce ne sono troppi.

Lui e Murgatroyd andarono avanti. Si era familiarizzato con le stelle, in precedenza e sapeva di muoversi in direzione della griglia di atterraggio. Aveva fatto in modo che un uomo in servizio, al centralino, non fosse in grado di compiere il proprio dovere. Il procedimento era stato scelto accuratamente. Aveva abbattuto l’invasore con un soffio di vapore di destroetile e poi gli aveva fatto un’iniezione di polisolfato. La combinazione era normale, come solfato di magnesio e etere, secoli prima. Il polisosfato era un anestetico ausiliario, mai usato da solo perché chi lo subiva rimaneva incosciente per giorni e giorni. In chirurgia era usato in quantità che sembravano non influire per niente su un uomo, eppure il minimo soffio di destroetile lo rendeva incosciente per una operazione, mentre poteva essere richiamato alla coscienza istantaneamente. Era il più sicuro e controllabile di qualunque altro anestetico.

Ma Calhoun aveva invertito il procedimento. Aveva reso incosciente l’addetto del centralino con il vapore e poi gli aveva iniettato il polisolfato per tenerlo incosciente sessanta ore o più. Poi lo aveva lasciato. Quando l’invasore fosse stato trovato incosciente, la cosa avrebbe preoccupato gli altri macellai, moltissimo. Non avrebbero mai pensato che la sua condizione fosse il risultato di un’azione nemica. Lo avrebbero creduto in coma. Il coma era l’ultimo effetto della pestilenza che aveva donato loro un pianeta. Avrebbero creduto che il loro collega stesse morendo della pestilenza dalla quale si supponeva fossero immuni. Si sarebbero lasciati prendere dal panico, aspettandosi una morte immediata. Ma se ci fossero stati più uomini in apparente stato di coma, sarebbe stato più facile creare una completa disorganizzazione e la disperazione.

Una porta sbatté, indietro, accanto alla finestra illuminata nella desolata strada buia. Qualcuno uscì. Qualcun altro. Un terzo uomo. Si mossero lungo la strada, cantando con voci rauche e stonate e con parole imbrogliate e incerte come i loro passi. Gli echi risuonavano tra le alte pareti degli edifici. L’effetto era sovrannaturale.

Calhoun si spostò sotto una porta. Attese. Quando i tre uomini furono di fronte a lui, si presero a braccetto per mantenere l’equilibrio. Un uomo ruggì dei versi piuttosto osceni di una canzone alla quale si unì un altro, con qualche incertezza. Il terzo protestò in modo dispiaciuto. Si fermò e i tre discussero solennemente su qualcosa di indefinibile, ondeggiando mentre discutevano con la serietà di gufi ubriachi.

Calhoun alzò la pistola a spruzzo. Premette il grilletto. Verso il trio si diressero anelli invisibili di vapore destroetile. Boccheggiarono. Caddero a terra. Calhoun fece quel che doveva.

Poco dopo un uomo giaceva inconsciamente sulla strada in un coma che imitava perfettamente salvo per il dimagramento, il coma finale dei fuggiaschi della città. A qualche distanza Calhoun camminava verso la griglia di atterraggio con un secondo uomo, anch’esso incosciente, sulle spalle. Murgatroyd lo seguiva da vicino. Il terzo uomo, privo di abiti, attendeva dove avrebbe potuto essere trovato entro due o tre giorni.

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