VIII

Bersagliati dalla pioggia fredda dell’alba, sulla pista rischiarata soltanto dal bagliore dei lampi, Ervis Carcolo, i suoi draghi e i suoi uomini partirono. Quando la prima spera di sole toccò Monte Disperazione, avevano già superato il Passo del Pianto.

Fin lì, tutto bene, esultò Ervis Carcolo. Si alzò sulle staffe per scrutare il Burrone della Stella Spezzata. Non c’era traccia delle forze di Banbeck. Attese, esplorando con lo sguardo il limitare lontano della Catena della Guardia del Nord, nera contro il cielo. Trascorse un minuto. Poi due minuti. Gli uomini battevano le mani, i draghi borbottavano e mormoravano, frenetici.

L’impazienza cominciò a formicolare lungo le costole di Carcolo, che si agitava e imprecava. Possibile che neppure il piano più semplice potesse venire realizzato senza errori? Ma poi scorse il balenio di un eliografo dalla Guglia di Barch, e un altro a sud-est, sui pendii di Monte Gethron. Carcolo agitò il braccio, segnalando al suo esercito di avanzare: la strada attraverso il Burrone della Stella Spezzata era sgombra. L’esercito della Valle Beata scese dal Passo del Pianto: prima venivano gli Assassini dal Lungo Corno, con lo sperone d’acciaio e le creste appuntite; poi l’ondeggiante marea rossa dei Rissosi, che muovevano a scatti la testa mentre correvano; e dietro il resto delle forze.

Il Burrone della Stella Spezzata si spalancava davanti a loro, un pendio ondulato cosparso di frammenti di selce d’origine meteorica che scintiUavano come fiori sul muschio verdegrigio. Da ogni parte s’innalzavano picchi maestosi, coperti di neve che sfolgorava bianca nella chiara luce del mattino: Monte Gethron, Monte Disperazione, la Guglia di Barch e, più lontano, verso sud, la Sfera dell’Anello.

Gli esploratori sopraggiunsero da destra e da sinistra. Portavano notizie identiche: non c’era traccia di Joaz Banbeck e delle sue truppe. Carcolo cominciò a gingillarsi con una possibilità nuova. Forse Joaz Banbeck non s’era degnato di scendere in campo. Quel pensiero lo infuriò e lo riempì d’una grande gioia: se era così, Joaz avrebbe pagato a caro prezzo la sua negligenza.

A metà del Burrone della Stella Spezzata trovarono un recinto occupato da duecento giovani Diavoli di Joaz Banbeck. Il recinto era affidato a due vecchi e un ragazzo, che guardavano con evidente terrore l’avanzata dell’orda della Valle Beata.

Ma Carcolo passò oltre, senza molestare il recinto. Se avesse vinto la battaglia, anche quello avrebbe fatto parte del bottino. Se avesse perduto, i giovanissimi Diavoli non avrebbero potuto fargli alcun male.

I vecchi e il ragazzo rimasero sul tetto della loro capanna di torba, e guardarono passare Carcolo e le sue truppe: gli uomini dalle uniformi nere e dai berretti neri a punta, con le falde copriorecchie incrociate e buttate all’indietro; i draghi che balzavano, strisciavano, correvano, avanzavano pesantemente, a seconda della varietà, con le scaglie lucenti; il rossocupo e il marrone dei Rissosi, la lucentezza velenosa degli Orrori Azzurri, i Diavoli verdi e neri; i Massacratori e gli Assassini grigi e bruni. Ervis Carcolo cavalcava sul fianco destro, Bast Givven alla retroguardia. Poi Carcolo fece accelerare l’andatura, assillato dal timore che Joaz potesse portare i suoi Diavoli e i suoi Massacratori sulla Scarpata del Banbeck prima che arrivasse, per respingerlo… dato e non concesso che Joaz Banbeck si fosse lasciato cogliere alla sprovvista.

Ma Carcolo raggiunse l’Orlo dei Banbeck senza che nessuno lo contrastasse.

Lanciò un grido di trionfo e agitò il berretto nell’aria. — Joaz Banbeck l’infingardo! Che provi, adesso, a salire la Scarpata dei Banbeck! — Ed Ervis Carcolo scrutò la Valle dei Banbeck con l’occhio del vincitore.

Bast Givven non mostrava di condividere il trionfo di Carcolo, e lanciava occhiate irrequiete a nord, a sud e alla retroguardia.

Carcolo l’osservò stizzito con la coda dell’occhio, e dopo un poco gli gridò: — Oh, oh! Allora? Che succede?

— Forse molto. Forse niente — disse Bast Givven, esplorando il paesaggio con lo sguardo.

Carcolo si tirò i baffi. Givven continuò, con la voce tranquilla che esasperava tanto Carcolo: — Sembra che Joaz Banbeck ci stia imbrogliando come l’altra volta.

— Perché dici così?

— Giudica tu stesso. Possibile che ci conceda un vantaggio senza esigere un interesse da strozzino?

— Assurdo! — borbottò Carcolo. — Quell’infingardo è sazio della sua ultima vittoria. — Ma si soffregò il mento e sbirciò irrequieto la Valle dei Banbeck. Vista dall’alto, sembrava stranamente tranquilla. C’era una strana inattività nei campi e nelle caserme. Carcolo si sentì gelare il cuore… poi gridò: — Guarda il vivaio: ecco là i draghi di Banbeck!

Givven socchiuse gli occhi per scrutare la valle, e lanciò a Carcolo uno sguardo di straforo. — Tre Rissosi appena nati. — Si raddrizzò, smise di osservare la valle e scrutò i picchi e le creste a nord e a est. — Supponiamo che Joaz Banbeck sia partito prima dell’alba, sia salito sull’Orlo scalando le Pendici Sdrucciolevoli, abbia attraversato il Burrone Azzurro in forze…

— E il Crepaccio Azzurro?

— Evita il Crepaccio Azzurro, aggirandolo a nord, raggiungi il Dosso di Barch, attraversa furtivamente lo Skanse e gira intorno alla Guglia di Barch…

Carcolo studiò la Catena della Guardia del Nord con un’attenzione nuova, sgomenta. Un fremito di movimento, uno scintillio di scaglie?

— Ritirata! — ruggì Carcolo. — Ci dirigiamo verso la Guglia di Barch! Sono dietro di noi!

Sconcertate, le sue truppe ruppero le file, fuggirono attraverso l’Orlo dei Banbeck, salirono tra gli aspri speroni della Guglia di Barch. Joaz, poiché la sua strategia era stata scoperta, lanciò squadre di Assassini a intercettare l’esercito della Valle Beata, per impegnarlo e trattenerlo e, possibilmente, per impedirgli di raggiungere le pendici accidentate della Guglia di Barch.

Carcolo rifletté rapidamente. Riteneva che gli Assassini costituissero le sue truppe migliori, e ne andava molto fiero. Indugiò di proposito, sperando di impegnare le truppe lanciate da Banbeck nella scaramuccia, di annientarle in fretta e di raggiungere comunque la protezione dei declivi della Guglia di Barch.

Ma gli Assassini di Banbeck non si avvicinarono, e si inerpicarono sulla Guglia. Carcolo mandò avanti i suoi Rissosi e gli Orrori Azzurri.

Tra ringhi atroci, le due schiere si scontrarono. I Rissosi di Banbeck si avventarono, furono contrastati dagli Assassini dai Grandi Passi di Carcolo, e vennero costretti a fuggire a rapidi balzi.

Il grosso delle truppe di Carcolo, eccitato alla vista dei nemici in rotta, non seppe trattenersi. I draghi deviarono dalla Guglia di Barch, e si precipitarono verso il Burrone della Stella Spezzata. Gli Assassini dai Grandi Passi raggiunsero i Rissosi di Banbeck, balzarono loro sulla schiena, li rovesciarono mentre quelli strillavano e scalciavano, e squarciarono loro i ventri rosei.

Gli Assassini dal Lungo Corno di Banbeck si avvicinarono in cerchio, si avventarono dal fianco sugli Assassini dai Grandi Passi di Carcolo, straziandoli con le corna dai puntali d’acciaio, trafiggendoli con le lance.

Tuttavia trascurarono gli Orrori Azzurri di Carcolo, che balzarono loro addosso dall’alto. Con asce e mazze abbatterono gli Assassini, dedicandosi al loro macabro svago preferito, che consisteva nel balzare su un Assassino atterrato, afferrare il corno e strappare via corno, pelle e scaglie dalla testa alla coda. Joaz Banbeck perse così trenta Rissosi e circa due dozzine di Assassini. Ma l’attacco raggiunse lo scopo, permettendogli di portare i suoi cavalieri, i Diavoli e i Massacratori giù dalla Guardia del Nord, prima che Carcolo riuscisse ad arrivare sulle pendici più alte della Guglia di Barch.

Carcolo si ritirò obliquamente su per i pendii tormentati, e mandò sei uomini al di là del burrone, al recinto dove i giovanissimi Diavoli turbinavano, impauriti dalla battaglia. Gli uomini abbatterono i cancelli, uccisero i due vecchi, spinsero i giovani Diavoli attraverso il burrone, in direzione delle truppe di Banbeck. I piccoli, isterici, obbedirono all’istinto. Si avvinghiarono al collo di tutti i draghi che incontravano, intralciandoli, poiché l’istinto dei draghi adulti impediva loro di staccarsi di dosso i piccoli con la forza.


Quell’astuzia, che era stata un’improvvisazione geniale, creò uno scompiglio enorme tra le truppe di Banbeck. Ervis Carcolo caricò con tutte le sue forze direttamente al centro dello schieramento di Joaz. Due squadre di Rissosi si spiegarono a ventaglio per aggredire gli uomini. I suoi Assassini — l’unica varietà in cui Carcolo era superiore per numero a Joaz Banbeck — vennero inviati a impegnare i Diavoli, mentre i Diavoli di Carcolo, ben curati, forti, guizzanti, serpeggiavano verso i Massacratori. Sfrecciarono sotto quelle grandi moli brune, sferzando con le code che terminavano in mazze chiodate d’acciaio del peso di cinquanta libbre, contro l’interno delle zampe dei Massacratori.

Vi fu una mischia ruggente. Le linee della battaglia erano imprecisabili. Uomini e draghi venivano schiacciati, sbranati, fatti a pezzi. L’aria sibilava di pallottole, fischiava di fendenti, riverberava di squilli di tromba, grida, urla, ruggiti e fischi.

L’avventato slancio della tattica di Carcolo conseguì risultati sproporzionati alla consistenza delle sue forze. I suoi Diavoli si addentrarono ancora di più tra le file dei Massacratori di Banbeck, impazziti e quasi impotenti, mentre gli Assassini e gli Orrori Azzurri di Carcolo tenevano a bada i Diavoli di Banbeck. Lo stesso Joaz Banbeck, assalito dai Rissosi, si salvò fuggendo: descrivendo un semicerchio, si portò alla retroguardia, raccolse una squadra di Orrori Azzurri. Furiosamente, diede il segnale della ritirata, e il suo esercito indietreggiò giù per i pendii, lasciando il terreno cosparso di corpi convulsi e scalciami.

Carcolo, abbandonando ogni esitazione, si rizzò sulla sella e segnalò di impegnare i suoi Massacratori, che fino a quel momento aveva tenuto in serbo come se fossero figli suoi.

Strillando e singultando, i Massacratori scesero pesantemente nella mischia, strappando grandi bocconi di carne a destra e a sinistra, sbranando con le branchie i draghi più piccoli, calpestando i Rissosi, afferrando Orrori Azzurri e Assassini, e scagliandosi ululanti nell’aria. Sei cavalieri di Banbeck cercarono di arrestare la carica, sparando a bruciapelo con i moschetti contro quei musi demoniaci: caddero e non si rialzarono più.

La battaglia scese precipitosamente lungo le pendici del Burrone della Stella Spezzata. Il nucleo del combattimento divenne meno concentrato, e il vantaggio della Valle Beata si dissipò. Carcolo esitò, per un lungo istante vertiginoso.

Erano accesi allo stesso modo, lui e le sue truppe: l’ebbrezza del successo inaspettato solleticava i loro cervelli… ma lì, nel Burrone della Stella Spezzata, potevano rovesciare le probabilità favorevoli alle più consistenti forze di Banbeck? La prudenza suggeriva che Carcolo si ritirasse sulla Guglia di Barch, per sfruttare al massimo la sua limitata vittoria. Già un forte plotone di Diavoli si era raggruppato e manovrava per caricare il suo scarso contingente di Massacratori. Bast Givven gli si avvicinò: si attendeva sicuramente l’ordine di ritirata. Ma Carcolo aspettava ancora, godendosi lo scompiglio provocato dai suoi sei Massacratori.

Il volto cupo di Bast Givven aveva un’espressione severa. — Ritiriamoci, ritiriamoci! Verremo annientati, quando le sue ali avanzeranno su di noi!

Carcolo l’afferrò per il gomito. — Guarda! Vedi dove si radunano quei Diavoli, vedi dov’è Joaz Banbeck? Non appena caricheranno, manda sei Assassini dai Grandi Passi da ogni lato: che gli piombino addosso, che l’uccidano!

Givven aprì la bocca per protestare, guardò nella direzione indicata da Carcolo e si allontanò per obbedire agli ordini.

I Diavoli di Banbeck avanzavano, muovendo con furtiva sicurezza verso i Massacratori della Valle Beata. Joaz, alzandosi sulla sella, seguì la loro avanzata. All’improvviso, dai due lati, gli Assassini dai Grandi Passi piombarono verso di lui. Quattro dei suoi cavalieri e sei giovani suonatori di cornetta, lanciando grida d’allarme, tornarono precipitosamente indietro per proteggerlo: vi fu il clangore dell’acciaio contro l’acciaio e dell’acciaio contro le scaglie. Gli Assassini combattevano con spade e mazze. I cavalieri, che non potevano usare i moschetti, si difesero con le corte sciabole, e caddero uno dopo l’altro.

Rizzandosi sulle zampe posteriori, il caporale degli Assassini sferrò un fendente contro Joaz, che deviò disperatamente il colpo. L’Assassino alzò temporaneamente la spada e la mazza… e da cinquanta passi di distanza una pallottola di moschetto gli penetrò nell’orecchio. Impazzito per il dolore, abbandonò le armi e crollò in avanti, addosso a Joaz, contorcendosi e scalciando. Gli Orrori Azzurri di Banbeck si buttarono all’attacco; gli Assassini sfrecciarono avanti e indietro sul caporale in convulsioni, sferrarono affondi contro Joaz, cercando di colpirlo a calci, e finalmente fuggirono davanti agli Orrori Azzurri.

Ervis Carcolo si lasciò sfuggire un gemito di disappunto. Per mezzo secondo era stato privato della vittoria. Joaz Banbeck, pesto, malconcio, forse ferito, si era salvato.

Oltre la cresta della collina sopraggiunse un cavaliere, un giovinetto disarmato che frustava un Ragno barcollante. Bast Givven lo additò a Carcolo. — Un messaggero che arriva dalla Valle.

Il ragazzo scese precipitosamente il pendio del burrone, verso Carcolo, gridando, ma il suo messaggio si perse nel frastuono della battaglia. Finalmente si avvicinò. — I Basici! I Basici!

Carcolo si accasciò come una vescica semisgonfia. — Dove?

— Una grande nave nera, larga metà della valle. Io ero su, tra l’erica, sono riuscito a fuggire. — Tese il braccio, piagnucolando.

— Parla, ragazzo! — ringhiò Carcolo con voce rauca.

— Che cosa fanno?

— Non ho visto. Sono corso da te.

Carcolo volse lo sguardo sul campo di battaglia; 1 Diavoli di Banbeck avevano quasi raggiunto i suoi Massacratori, che stavano arretrando lentamente, con le teste abbassate e le zanne protese.

Carcolo alzò le braccia, disperato. Ordinò a Givven: — Ordina la ritirata, disimpegnati!

Agitando un fazzoletto bianco, aggirò le truppe che combattevano per raggiungere il punto in cui Joaz Banbeck giaceva ancora a terra, mentre i suoi uomini sollevavano di peso l’Assassino fremente che gli era piombato sulle gambe. Joaz alzò la testa, bianco in volto quanto il fazzoletto di Carcolo. Quando lo vide, i suoi occhi si spalancarono e s’incupirono, le sue labbra si strinsero.

Carcolo proruppe: — I Basici sono tornati. Sono scesi nella Valle Beata, e stanno sterminando la mia gente.


Aiutato dai suoi cavalieri, Joaz Banbeck si rimise in piedi. Barcollando, con le braccia abbandonate e inerti lungo i fianchi, scrutò in silenzio il viso di Carcolo.

Carcolo riprese a parlare. — Dobbiamo proclamare una tregua. È una battaglia inutile. Marciamo con tutte le nostre forze nella Valle Beata e attacchiamo i mostri prima che ci annientino tutti! Ah, pensa cosa avremmo potuto fare, con le armi dei sacerdoti!

Joaz continuò a tacere. Trascorsero altri dieci secondi. Carcolo gridò furiosamente: — Avanti, cosa decidi?

Joaz parlò con voce rauca. — Niente tregua. Tu hai respinto il mio avvertimento. Hai pensato di saccheggiare la Valle dei Banbeck. Non avrò pietà di te.

Carcolo ammutolì; la bocca spalancata era un foro rosso sotto l’onda dei baffi. — Ma i Basici…

— Torna dalle tue truppe. Sei mio nemico, come i Basici. Perché dovrei scegliere tra di voi? Preparati a combattere per la tua vita: non ti concedo tregua.

Carcolo era diventato pallido quanto Joaz. — Non avrai mai pace! Anche se vincerai questa battaglia, qui al Burrone della Stella Spezzata, non godrai mai della vittoria. Ti perseguiterò fino a quando implorerai che ti uccida.

Banbeck fece un cenno ai suoi cavalieri. — Ricacciate fra i suoi questo cane, a frustate.

Carcolo fece indietreggiare il suo Ragno per sottrarsi alle fruste che lo minacciavano, lo girò e sfrecciò via.

Le sorti della battaglia erano cambiate. I Diavoli di Banbeck, adesso, avevano fatto irruzione oltre gli Orrori Azzurri. Uno dei suoi Massacratori era sparito; un altro fronteggiava tre Diavoli che avanzavano di sbieco, e sbatteva le grandi mandibole, mulinando la spada mostruosa.

I Diavoli guizzarono e fintarono con le sfere d’acciaio: poi corsero all’attacco. Il Massacratore avventò un colpo, fracassando la spada sulla corazza dei Diavoli, dura come la pietra; e quelli sfrecciarono sotto di lui, colpendo con le mazze ferrate le zampe mostruose. Il Massacratore cercò di balzar via per liberarsi, e si rovesciò maestosamente. I Diavoli gli squarciarono il ventre: a Carcolo restavano ormai soltanto cinque Massacratori.

— Indietro! — gridò. — Disimpegnatevi!

Le sue truppe risalirono la Guglia di Barch: il fronte della battaglia era un tumulto ruggente di scaglie, corazze, metallo lampeggiante. Fortunatamente per lui, Carcolo aveva alle spalle il terreno più elevato, e dopo dieci minuti terribili riuscì a dare una parvenza d’ordine alla ritirata.

Erano caduti altri due Massacratori. I tre superstiti corsero via. Afferrarono dei macigni e li scagliarono contro gli assalitori e questi, dopo una serie di sortite e di balzi, furono ben lieti di disimpegnarsi. Comunque Joaz, dopo aver udito l’annuncio di Carcolo, non era disposto a sacrificare le sue truppe.

Carcolo, roteando la spada in un gesto di sfida disperata, guidò le sue forze intorno alla Guglia di Barch, e più giù, attraverso il desolato Skanse. Joaz ritornò verso la Valle dei Banbeck. La notizia dell’incursione dei Basici era giunta a tutte le orecchie. Gli uomini cavalcavano seri e taciturni, guardando indietro e in alto. Persino i draghi sembravano contagiati, e borbottavano irrequieti tra loro.

Quando attraversarono il Burrone Azzurro, il vento quasi onnipresente si spense. Il silenzio accentuò l’oppressione.

I Rissosi, come gli uomini, cominciarono a scrutare il cielo. Joaz si chiese come potevano sapere, come potevano percepire i Basici. Esplorò anch’egli il cielo, e mentre il suo esercito scendeva dalla scarpata, gli parve di scorgere in alto, sopra Monte Gethron, un piccolo rettangolo nero che poco dopo scomparve dietro una vetta.

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