Ci accampammo nel forte più piccolo che era rimasto quasi intatto. I nostri uomini andarono a far legna nella foresta e, mentre si levavano in cielo le due lune, guizzarono le fiamme scoppiettanti dei fuochi. Gli uomini sedevano uno accanto all’altro, coi volti che si stagliavano nelle tenebre, illuminati dalla luce confortante e guizzante dei fuochi, in attesa che i pentoloni della cena fossero pronti. I cavalli brucavano quell’erba sconosciuta senza gustarla.
I Wersgorix catturati erano tutti raccolti in un angolo e guardati a vista da un gruppo di soldati armati di picche. Erano ancora storditi. Tutto questo a loro non sembrava ancora possibile, e quasi provai dispiacere per loro, per quanto crudele e pagano fosse il loro dominio.
Sir Roger mi mandò a chiamare perché mi unissi ai suoi Capitani che erano accampati vicino ad una delle torrette armate. Tutte le difese disponibili erano state apprestate in attesa di un contrattacco e cercando di non pensare a quali altri orribili trucchi poteva avere a disposizione il nemico.
Per le donne di più alto linguaggio erano state erette alcune tende. In maggioranza si erano già ritirate per la notte, ma Lady Catherine sedeva su uno scranno ai bordi del fuoco ed ascoltava le nostre chiacchere con la bocca tirata e esangue.
I Capitani si erano coricati per terra, esausti. Vidi Sir Owain di Montbelle che strimpellava oziosamente la sua arpa; il vecchio e temibile Sir Brian Fitz-William, coperto di cicatrici, il terzo dei tre Nobili Cavalieri di questo viaggio; il grosso Thomas Bullard che accarezzava la spada sguainata che teneva in grembo; Red John Hameward, intimidito, perché tra tutti era quello di più bassa estrazione. Un paio di paggi versavano del vino.
Sir Roger, il mio indomabile Signore, stava in piedi, con le mani allacciate dietro la schiena. Ora che si era tolto l’armatura come gli altri, dato che aveva lasciato i suoi abiti migliori nelle ceste da viaggio, avrebbe potuto essere scambiato per il più umile dei suoi sergenti, ma chiunque avesse cambiato subito idea vedendo il suo viso muscoloso, dal naso sporgente e sentendolo parlare. Per non parlare poi degli speroni che gli tintinnavano agli stivali.
Quando entrai nel cerchio di luce mi fece un cenno.
«Ah, eccoti qui, Fratello Parvus. Siediti e bevi un boccale di vino. Tu hai la testa sulle spalle e abbiamo tutti bisogno di buoni consigli stasera.»
Per un po’ passeggiò ancora avanti e indietro riflettendo, ed io non osai interromperlo con le mie sciagurate notizie. Una varietà di suoni che uscivano dal buio accentuava l’estraneità di quel mondo dalle lune gemelle. Questi non erano i grilli, le rane ed i succiacapre d’Inghilterra: questo era un ronzio, uno stridore, un canto dolce e inumano simile a quello di un liuto d’acciaio. E anche gli odori erano alieni, e questo mi disturbava ancora di più.
«Bene!», disse il mio Signore. «Per grazia di Dio abbiamo vinto il nostro primo scontro. Adesso dobbiamo decidere le prossime mosse.»
«Io credo…» Sir Owain si schiarì la gola, poi parlò in fretta: «No, signori, ne sono sicuro! Dio ci ha aiutato contro imprevedibili tradimenti, ma non sarà più con noi se mostreremo un indebito orgoglio. Noi ci siamo conquistati un raro bottino d’armi con le quali potremo compiere grandi cose a casa nostra. Perciò, torniamo subito indietro.»
Sir Roger si strinse il mento con due dita.
«Io preferirei rimanere qui,» rispose, «ma c’è molto di vero in quanto voi dite amico mio. E poi potremo sempre tornare, una volta liberata la Terrasanta, e sistemare come si deve questo nido di Demoni.»
«Sì.» convenne Sir Brian. «Siamo troppo pochi adesso ed abbiamo l’ingombro delle donne, dei bambini, dei vecchi e del bestiame. Così pochi combattenti contro un intero Impero sarebbe una follia.»
«Eppure mi piacerebbe spezzare un’altra lancia contro questi Wersgorix», osservò Alfred Edgarson. «Non ho ancora messo le mani su una sola briciola d’oro.»
«L’oro non è di nessuna utilità se non lo riportiamo a casa.» gli ricordò il Capitano Bullard. «E poi è già brutto battersi col caldo e la sete della Terrasanta. Qui non sappiamo neanche quali sono le piante velenose né com’è l’inverno. Sì, è meglio partire domani stesso.»
Un mormorio di assenso si levò tra i presenti.
Io mi scharii la gola, abbattuto. Avevo appena passato un’ora sgradevolissima con Branithar.
«Miei Signori…», cominciai a dire.
«Sì? Che c’è?»
Sir Roger mi scoccò un’occhiata inceneritrice.
«Miei Signori, io credo che non saremo più in grado di ritrovare la via del ritorno!»
«Cosa?», gridarono tutti. Parecchi balzarono in piedi. E sentii Lady Catherine che, inorridita, respirava tra i denti.
Poi spiegai loro che gli appunti wersgoriani sulla rotta per raggiungere il nostro sole erano andati perduti tra le rovine della torretta di comando. Avevo condotto io stesso le ricerche, frugando dappertutto nel tentativo di ritrovarli, ma senza successo. L’interno della torretta era bruciato e fuso in più punti, segno evidente che un raggio di fuoco vagante entrato dall’apertura, aveva colpito un cassetto spalancatosi durante il violento atterraggio ed aveva così incenerito le carte.
«Ma Branithar conosce la rotta!», protestò Red John. «L’ha percorsa lui stesso! Gliela strapperò con le tenaglie roventi, Milord, se necessario!»
«Calma, calma!», lo consigliai. «Qui non è come navigare sottocosta, dove i riferimenti sono noti. Qui ci sono milioni di stelle. Questa spedizione aveva zigzagato attraverso di esse alla ricerca di un pianeta adatto e, senza gli appunti presi dal Comandante nel corso della navigazione, si potrebbe passare tutta una vita alla ricerca del nostro sole senza mai trovarlo.»
«Ma Branithar ricorda qualcosa?», guaì Sir Owain.
«Se si ricorda un centinaio di pagine di numeri?», risposi. «No, nessuno ci riuscirebbe, e questo è tanto più vero in quanto Branithar non era il Capitano della nave né il Navigatore che teneva nota degli spostamenti; controllava le apparecchiature ed eseguiva gli altri compiti di navigazione. Il nostro prigioniero era un Nobile di rango inferiore il cui compito era di occuparsi con altri membri dell’equipaggio di quei demoniaci motori…»
«Basta.» Sir Roger si morse il labbro e fissò lo sguardo per terra. «Questo cambia tutto. Sì… La rotta del Crusader non era conosciuta in anticipo? Diciamo dal Duca che l’aveva fatta salpare?»
«No, mio Signore,» risposi. «Le navi esploratrici wersgoriane si limitano a dirigersi verso quelle direzioni che vengono decise dal Capitano, il quale indica anche quelle stelle che gli sembrano più promettenti. Così, fin quando non sono ritornate neanche il loro Duca sa dove sono stati.»
Si levò un gemito collettivo. Quelli erano uomini induriti dalle battaglie, ma tutto questo avrebbe scoraggiato anche i Nove Saggi. Sir Roger si avvicinò rigidamente a sua moglie e le posò una mano sul braccio.
«Mi spiace mia cara», mormorò.
Lei volse altrove il viso.
Sir Owain si alzò in piedi. Le nocche della mano con cui stringeva l’arpa risaltavano evidenti per la tensione.
«A questo ci avete condotto!», gridò con voce stridula. «Alla morte ed alla dannazione aldilà del cielo! Adesso siete soddisfatto?»
Sir Roger portò la mano sull’elsa della spada.
«Frenate la lingua!», ruggì. «Tutti voi avevate accettato il mio piano. Neanche uno di voi si era opposto. Nessuno è stato costretto a venire. E adesso dovremo condividere tutti insieme questo fardello, e che Dio abbia pietà di noi.»
Il giovane Cavaliere mormorò qualcosa in tono bellicoso, ma poi tornò a risedersi.
Mi fece impressione vedere con quanta rapidità il mio Signore era passato dalla disperazione al coraggio. Naturalmente era tutta una maschera che si era messo a beneficio degli altri, ma quanti uomini avrebbero saputo fare altrettanto? Sì, in verità, era proprio un condottiero senza pari. Tutto merito del sangue di Re Guglielmo il Conquistatore, un nipote bastardo del quale aveva sposato la figlia illegittima di quel Conte Goffredo, che più tardi era stato bandito per pirateria ed aveva fondato così la nobile Casata dei de Tourneville.
«Suvvia ora,» disse il Barone con una quasi certa allegria, «la situazione non è poi così disperata. Dobbiamo reagire con cuore saldo, e vedrete che la vittoria ci arriderà. Ricordatevi che abbiamo in mano nostra numerosi prigionieri che ci potranno servire come merce di scambio. E, se dobbiamo tornare a combattere, abbiamo già dimostrato che a parità di condizioni non ci possono resistere. Ammetto che loro sono di più e che sono più abili con queste armi infernali. Ma con questo? Non sarà la prima volta che degli uomini coraggiosi abilmente guidati avranno respinto sul campo un esercito apparentemente più forte.
«Alla peggio, potremo ritirarci. Abbiamo abbastanza navi celesti e potremmo evitare l’inseguimento negli abissi insondabili dello spazio. Ma io sono disposto a rimanere qui, a trattare con abilità, combattere qualora ce ne sia la necessità e conservare la mia fede in Dio. Certo Lui che ha fermato il Sole per Giosuè, potrà anche annientare un milione di Wersgorix se lo vorrà, perché la sua misericordia è senza fine. Dopo che avremo strappato le nostre condizioni al nemico, lo costringeremo a ritrovare il nostro sole ed a riempirci la nave d’oro. Non perdetevi d’animo, vi dico! Per la gloria di Dio, l’onore d’Inghilterra e l’arricchimento di tutti noi!»
Li tenne in pugno, li indusse ad una completa comunanza di spirito con lui e, alla fine, fece sì che lo applaudissero. Gli si affollarono intorno e passarono, una sull’altra, le loro mani sulla grande spada scintillante del mio Signore e si giurarono di rimanergli fedeli finché il pericolo fosse passato. Poi un’ora trascorse in piani ambiziosi… anche se per la maggior parte, ahimè, inutile, perché ben raramente Dio fa sì che succeda ciò che l’uomo si aspetta. Alla fine se ne andarono tutti a riposare.
Io vidi il mio Signore prendere la moglie per il braccio e accompagnarla nella sua tenda. Lei gli parlava in tono duro, a sussurri, e non ascoltava le sue proteste ma continuava a tormentarlo in quella notte aliena. La luna grossa che già declinava, li bagnava col suo freddo fuoco.
Le spalle di Sir Roger si ingobbirono, poi il mio Signore si voltò e si allontanò lentamente da lei, si avvolse in una coperta da sella e dormì sull’erba umida.
Era ben strano che un uomo tanto eminente tra gli altri fosse così inerme di fronte ad una donna. E, mentre giaceva lì nell’erba, incuteva compassione e pietà. Pensai che fosse un segno di cattivo augurio per tutti noi.