A Louisville, Siegmund Kluver si sente ancora un piccolissimo ragazzo. Non riesce a persuadersi di avere lassù alcuna legittima occupazione. Uno straniero in cerca di preda. Un intruso abusivo. Quando sale alla città dei padroni della monurb si determina in lui una strana timidezza infantile che deve coscientemente ingegnarsi a nascondere. Si trova ad avere eternamente bisogno di guardarsi nervosamente alle spalle. Cercando le pattuglie che, egli teme, lo arresteranno. La severa figura muscolosa che ostruisce l’ampio corridoio. Che cosa fai qui, figliolo? Non dovresti gironzolare a questi piani. Louisville è per gli amministratori, non lo sai? E Siegmund si scusa balbettando, il volto in fiamme. E si precipita verso il pozzo di discesa.
Tenta di tenere segreto questo stupido senso di imbarazzo. Sa che la cosa non si adatta all’immagine che di lui si fanno tutti gli altri. Siegmund il freddo. Siegmund l’uomo del destino. Siegmund evidentemente destinato a Louisville fin dall’infanzia. Siegmund l’uomo-gallo spavaldo, che si apre vigorosamente la strada attraverso le più belle donne che Monade Urbana 116 può offrire.
Se soltanto sapessero. Sotto tutto questo egli è un ragazzo vulneràbile. Sotto l’apparenza, un Siegmund timido e insicuro. Che si tormenta perché sta salendo troppo in fretta. Che si scusa con se stesso per il suo successo. Siegmund l’incerto.
O anche questa è soltanto un’apparenza? Talvolta egli pensa che anche questo Siegmund nascosto, questo Siegmund privato, sia soltanto una facciata eretta da lui in modo da poter continuare a piacersi, e che sotto quella vernice nascosta di timidezza, in qualche luogo oltre la portata del suo intuito, si trovi il vero Siegmund, in tutto spietato e vanitoso e pronto ad afferrare ogni occasione quanto il Siegmund che il mondo vede dall’esterno.
Sale a Louisville quasi ogni mattina, ora. Lo vogliono come consulente. Alcuni degli uomini che sono là sulla cima hanno fatto di lui il loro favorito, Lewis Holston, Nissim Shawke, Kipling Freehouse, uomini ai più alti gradi d’autorità. Egli sa che lo stanno sfruttando e rovesciano su di lui tutti i tetri, noiosi lavori che non si sentono disposti a compiere di persona. E traggono vantaggio dalle sue ambizioni. Siegmund, prepara un rapporto sui tipi di mobilità delle classi lavoratrici. Siegmund, fa’ di corsa una classificazione degli equilibri adrenali delle città di medio livello. Siegmund, qual è il rapporto scarti-riciclaggio di questo mese? Siegmund. Siegmund. Ma anche lui li sfrutta. Si sta rendendo sempre più indispensabile, mentre essi scivolano nell’abitudine di servirsi di lui affinché pensi al posto loro. Tra un anno o due, quasi certamente, dovranno chiedergli di salire in alto nell’edificio. Forse lo faranno salire da Shanghai a Toledo o a Parigi; più probabilmente lo riceveranno direttamente a Louisville non appena si farà un posto. A Louisville prima di compiere i vent’anni! Qualcuno ha mai fatto questo prima d’ora?
Per quel tempo, forse, si sentirà a suo agio tra i membri della classe di governò.
Può vederli ridere di lui internamente. Si trovano da tanto tempo alla sommità, che hanno dimenticato che altri devono ancora lottare. Ai loro occhi, Siegmund lo sa, egli deve apparire comico, uno zelante, intraprendente approfittatore, le budella in fiamme per lo stimolo di salire più in alto. Lo tollerano perché è capace, più capace, forse, della maggior parte di loro. Ma non lo rispettano. Pensano che sia pazzo a volere così malamente qualcosa che essi hanno avuto il tempo di farsi venire a noia.
Nissim Shawke, per esempio. È forse uno dei due o tre uomini più importanti della monade. (Chi è il più importante? Neppure Siegmund lo sa. All’ultimo piano, il potere diventa un’astrazione confusa; in un certo senso, a Louisville tutti hanno un’autorità assoluta sull’intero edificio, e in un altro senso nessuno ne ha.) Shawke ha circa sessant’anni, secondo Siegmund. Sembra molto più giovane. Un uomo magro, atletico, dalla pelle olivastra, dagli occhi freddi, fisicamente possente. Vigile, prudente, un uomo di grande forza duttile. Dà l’idea di essere straordinariamente dinamico. Una fertile riserva di potenziale. Tuttavia, per quanto Siegmund riesce a vedere, non fa niente del tutto. Affida ai suoi subordinati tutti gli affari di governo, scivola attraverso i suoi uffici sulla cresta della monurb come se i problemi della monade fossero solo semplici fantasmi. Perché Shawke non deve fare, ma soltanto essere. Ora batte la fiacca e gode gli agi della sua posizione. Siede là come un principe del Rinascimento. Una parola di Nissim Shawke potrebbe scaraventare quasi tutti giù dello scarico. Un suo solo appunto potrebbe sovvertire alcuni degli indirizzi della monurb più profondamente mantenuti. Tuttavia non dà inizio a programmi, non pone il veto ad alcun progetto, evita ogni sfida. Detenere un simile potere, e rifiutare di esercitarlo, è un fatto che colpisce Siegmund come se egli si facesse gioco dell’intera idea del potere. La passività di Shawke implica il disprezzo per i valori di Siegmund. Il suo sorriso sardonico deride ogni ambizione. Nega che ci sia del merito a servire la società. Io sono qui, dice Shawke con ogni suo gesto, e questo per me è sufficiente; lasciate che la monurb badi a se stessa; chiunque volontariamente si assume il fardello di governarla è un idiota. Siegmund, che desidera ardentemente governare, trova che Shawke rovina la sua anima col dubbio. Che fare se Shawke ha ragione? Che fare se prendo il suo posto fra quindici anni e scopro che tutto è senza senso? Ma no. Shawke è ammalato, questo è tutto. La sua anima è vuota. La vita ha uno scopo, e il provvedere alla comunità adempie a questo scopo. Io sono ben qualificato per governare gli uomini miei compagni; perciò tradisco l’umanità e me stesso anche se rifiuto di compiere il mio dovere. Nissim Shawke si sbaglia. Ho pietà di lui.
Ma perché rabbrividisco quando guardo nei suoi occhi?
Poi c’è la figlia di Shawke, Rhea. Vive a Toledo, al 900° piano, ed è sposata al figlio di Kipling Freehouse, Paolo. Tra le famiglie di Louisville c’è l’abitudine di fare molti matrimoni tra i rispettivi membri. I figli degli amministratori non vanno generalmente a vivere a Louisville; Louisville è riservata a coloro che governano realmente. I loro figli, a meno che accada loro di trovare una propria sistemazione nei ranghi dell’amministrazione, vivono per la maggior parte a Parigi e a Toledo, le città poste immediatamente al di sotto di Louisville. Formano là una setta privilegiata, la progenie dei grandi. Siegmund compie molte passeggiate notturne a Parigi e a Toledo. E Rhea è una delle sue favorite.
Ha dieci anni più di Siegmund. Ha la figura flessibile, agile, di suo padre: un corpo magro, un po’ mascolino, con seni piccoli e natiche piatte e lunghi muscoli solidi. Carnagione scura; occhi che scintillano di segreto divertimento; un elegante naso affilato. Ha tre bambini soltanto. Siegmund non sa perché la sua famiglia sia così poco numerosa. Ha un’intelligenza sveglia, è istruita, bene informata. È la persona più vicina alla bisessualità che Siegmund conosca; la trova ferocemente passionale, ma lei gli ha parlato anche del piacere che prova ad amare altre donne. Tra le sue conquiste è stata la moglie di Siegmund, Mamelon, che, egli pensa, è sotto molti aspetti la versione più giovane di Rhea. Forse è per questo che trova Rhea così attraente: combina tutto quello che egli trova più interessante in Mamelon e in Nissim Shawke.
Siegmund è stato sessualmente precoce. Ha fatto i suoi primi esperimenti erotici a sette anni, due anni prima della età che nella monurb viene considerata normale. A nove anni i meccanismi del rapporto intimo gli erano familiari e perciò si meritò i più alti voti nel suo corso di relazioni fisiche, e fece così bene che gli fu concesso di iscriversi con gli undicenni. La pubertà giunse per lui a dieci anni; a undici sposò Mamelon, che aveva un anno più di lui; dopo poco, tempo la mise incinta e i Kluver uscirono dal dorm degli sposi novelli di Chicago ed ebbero un loro appartamento a Shanghai. Il sesso gli è sempre sembrato piacevole, ma ultimamente è giunto a capirne l’importanza nella formazione del carattere.
La notte passeggia assiduamente. Le giovani donne lo annoiano; preferisce quelle che hanno più di vent’anni, come Principessa Mattern e Micaela Quevedo di Shanghai. O Rhea Freehouse. Donne della loro esperienza tendono ad essere a letto migliori delle ragazzine, naturalmente. Non che questa sia la sua fondamentale preoccupazione. Non che una donna sia mai molto meglio di un’altra, e la ricerca della donna per il puro piacere non è molto importante per lui; Mamelon può dargli tutto il piacere fisico di cui egli ha bisogno. Ma sente che queste donne più anziane gli insegnano una quantità di cose del mondo, dividendo con lui implicitamente la loro esperienza. Da loro trae sottili capacità di penetrazione nella dinamica della vita degli adulti, le crisi, i conflitti, le ricompense, le profondità di carattere. Gli piace imparare. La sua maturità, ne è convinto, deriva dai suoi estensivi incontri sessuali con donne che appartengono alla generazione più vecchia.
Mamelon gli dice che generalmente si crede che egli passeggi di notte a Louisville. In realtà non è così: non oserebbe mai. Ci sono lassù donne che lo tentano, donne di trenta o quarant’anni, alcune anche più giovani, come la seconda moglie di Nissim Shawke, che è appena più vecchia di Rhea. Ma la fiducia in se stesso che fa credere ai suoi coetanei che egli sia privo di rispetto, svanisce al pensiero di avere rapporti con le mogli degli amministratori. È abbastanza audace per avventurarsi fuori di Shanghai e frequentare donne di Toledo e di Parigi. Ma Louisville? Scivolare in un letto con la moglie di Shawke, e poi dover vedere arrivare Shawke stesso che saluta freddamente, sorride, offre una tazza di eccitante — salve, Siegmund, ti diverti? No. Forse tra cinque anni, quando egli stesso vivrà a Louisville. Non ancora. Ma deve avere Rhea Freehouse e alcune altre donne della sua statura. Non è male per un inizio.
Nell’ufficio di Nissim Shawke riccamente arredato. A Louisville c’è spazio da sprecare. Shawke non ha una scrivania; tratta i suoi affari così com’è, da una tela di gravità gettata come un’amaca presso l’ampia finestra luminosa. È mattino inoltrato. Il sole è alto. Di qui si ha una vista meravigliosa sulle monurb vicine. Siegmund entra: ha ricevuto una convocazione da Shawke cinque minuti prima. Incontra con difficoltà lo sguardo freddo di Shawke. Tenta di non sembrare troppo umile, troppo ossequioso, di non stare troppo sulla difensiva, di non essere troppo ostile. «Vieni più vicino,» gli ordina Shawke. Una derisione dell’intimità; invece di costringere Siegmund a rimanere a distanza, come si richiede normalmente ai subordinati, lo fa venire tanto vicino che a Siegmund riesce impossibile mantenere gli occhi fissi in entrambi gli occhi di Shawke. L’immagine si perde; la tensione è dolorosa. Non riesce più a mettere a fuoco i lineamenti dell’uomo più anziano che appaiono contorti. Con voce appena percepibile, Shawke dice: «Vuoi occuparti tu di questo?» e agita verso Siegmund il cubo di un messaggio. È, spiega Shawke, una petizione del consiglio civico di Chicago che chiede una liberalizzazione delle restrizioni sulla proporzione dei sessi. «Vogliono una maggiore libertà nella scelta del sesso dei loro figli,» dice Shawke. «Pretendono che le norme attuali violino senza necessità le libertà individuali e siano generalmente indegne di benedizione. Puoi ascoltarlo più tardi per i dettagli. Che cosa ne pensi, Siegmund?»
Siegmund cerca nella sua mente per trovarvi una qualsiasi informazione teorica sulle proporzioni dei sessi. Non c’è molto. Lavora intuitivamente. Che genere di consiglio vuole Shawke? Normalmente vuole che gli si dica di lasciare le cose proprio come si trovano. Benissimo. Come, come giustificare le norme che regolano la proporzione dei sessi senza sembrare intellettualmente pigro? Siegmund improvvisa velocemente. Ha un vero talento nel penetrare nella logica dell’amministrazione.
Dice: «Il mio impulso è di respingere le richieste.»
«Bene. Perché?»
«La spinta dinamica di base di una monade urbana deve mirare alla stabilità e alla prevedibilità, e deve essere tenuta lontana dalla casualità. La monurb non può espandersi fisicamente e le nostre capacità di scaricare l’eccedenza sono tutt’altro che flessibili. Così abbiamo bisogno di programmare ordinatamente la crescita, sopra ogni altra cosa.»
Shawke lo guarda gelidamente di traverso e dice: «Se non ti piace l’oscenità, lasciami dire che le tue parole suonano esattamente come quelle di un propagandista della limitazione delle nascite.»
«No!» dice senza riflettere Siegmund. «Dio benedica, no! Si intende naturalmente che deve esserci una fertilità universale!» Shawke sta nuovamente ridendo di lui in silenzio. Lo stimola, lo aizza. Una vena di sadismo, il suo principale divertimento nella vita. «Quello che intendevo dire,» continua Siegmund ostinatamente, «è che all’interno della struttura di una società che incoraggia una riproduzione illimitata, siamo riusciti ad imporre certi freni ed equilibri per prevenire processi dirompenti che annullino la stabilità. Se permettessimo alla gente di scegliere a piacimento il sesso dei propri figli, potremmo avere una generazione con una percentuale di maschi del 65% e di femmine del 35%. O viceversa, secondo i capricci e le mode del momento. Se questo accadesse, come si affronterebbe la situazione nei confronti dell’eccedenza non accoppiata? Dove andrebbero gli eccedenti? Cioè, 15.000 maschi della stessa età, tutti nell’impossibilità di trovare una compagna disponibile. Non soltanto avremmo tensioni sociali straordinariamente indegne di benedizione — immagini un’epidemia di violenze! — ma quegli scapoli sarebbero perduti per il pool genetico. Si stabilirebbe un dannoso aspetto competitivo. E potrebbe essere necessario far rivivere usi antichi come la prostituzione per venire incontro ai bisogni sessuali degli scapoli. Le ovvie conseguenze di una percentuale sessuale non equilibrata in una generazione di neonati sono tanto serie che…»
«Ovviamente,» dice Shawke, senza nascondere il suo fastidio.
Ma Siegmund, impegnato nell’esposizione di una teoria, non può fermarsi facilmente. «La libertà di scegliere il sesso dei propri figli sarebbe perciò una cosa peggiore che non avere affatto dei processi di determinazione del sesso. Nei tempi del medioevo le proporzioni erano regolate da eventi biologici casuali, e naturalmente tendevano a gravitare verso la divisione 50-50, senza tener conto di speciali fattori come la guerra o l’emigrazione, che naturalmente non ci riguardano. Ma, poiché siamo capaci di controllare la percentuale dei sessi nella nostra società, dobbiamo avere cura di non permettere ai cittadini di causare un madornale squilibrio arbitrario. Non possiamo permetterà di rischiare che in un dato anno un’intera città possa optare per figlie femmine, e che si verifichino fenomeni di capriccio di massa più strani di quelli che si conoscono. Per gravi ragioni di compassione potremmo permettere a una coppia di richiedere e di ottenere il permesso di avere, dico, una femmina come prossimo neonato; ma richieste simili dovrebbero venire compensate altrove in città per assicurare la desiderata spartizione totale del 50-50, anche se questo causasse qualche angustia o inconveniente a certi cittadini. Perciò raccomanderei il mantenimento dell’attuale politica di ampio controllo sulla percentuale dei sessi, mantenendo i parametri fissati per la libera scelta ma sempre operando nella riconosciuta presunzione che il dio della monurb nell’insieme deve essere…»
«Dio benedica, Siegmund, questo basta.»
«Signore?»
«Hai espresso la tua opinione. Anche troppo. Non ti ho chiesto una dissertazione, soltanto una opinione.»
Siegmund si sente schiacciato. Indietreggia, incapace com’è di affrontare da una distanza così ravvicinata gli occhi sprezzanti, di pietra, di Shawke. «Sì, signore,» mormora. «Che farò di questo cubo, allora?»
«Prepara una risposta da inviare in mio nome. Esponi fondamentalmente quello che mi hai detto, soltanto abbellendolo un poco, facendovi entrare l’autorevole parere di qualche studioso. Parla a un sociocomputatore e convincilo a fornirti una dozzina di ragioni dal tono solenne che sostengano il fatto che una libera scelta del sesso porterebbe a uno squilibrio. Prendi qualche storico e chiedigli delle cifre su quello che realmente accadde nella società l’ultima volta in cui venne concessa la libertà sulla percentuale dei sessi. Avvolgi il tutto in un appello alla lealtà dei cittadini verso la più grande comunità. Chiaro?»
«Sì, signore.»
«E di’ loro, senza esprimerlo a chiare lettere, che la richiesta è respinta.»
«Dirò loro che ci rimettiamo all’alto consiglio per un ulteriore studio.»
«Esattamente,» dice Shawke. «Quanto tempo ti occorre per tutto questo?»
«Potrei terminare domani nel pomeriggio.»
«Prenditi tre giorni. Non precipitare le cose.» Shawke fa un gesto di congedo. Mentre Siegmund si allontana, Shawke ammicca crudelmente e dice: «Rhea ti manda i suoi saluti affettuosi.»
«Non capisco perché debba trattarmi in quel modo,» dice Siegmund, lottando per eliminare il piagnucolio dalla sua voce. «Fa così con tutti?»
È sdraiato al fianco di Rhea Freehouse. Sono nudi entrambi; questa sera non hanno ancora fatto l’amore. Sopra di loro un disegno di luci intrecciate e rotanti. Una nuova scultura di Rhea, acquistata il giorno precedente da uno degli artisti di San Francisco. La mano di Siegmund appoggiata sul seno sinistro della donna. Una piccola protuberanza di carne dura, tutto muscolo pettorale e tessuto mammario, praticamente priva di grasso. Il pollice di lui sul suo capezzolo.
Ella dice: «Mio padre ha per te un’altissima considerazione.»
«La dimostra in uno strano modo. Giocando con me, quasi burlandosi di me. Mi trova molto buffo.»
«Sei tu che lo immagini, Siegmund.»
«No. No davvero. Bene, io penso di non poterlo biasimare. Devo sembrargli ridicolo. Prendo così sul serio i problemi della vita della monade. E declamo lunghe letture teoriche. Quelle cose a lui non importano più, e io non devo aspettarmi che un uomo di sessant’anni rimanga impegnato nella sua carriera quanto lo era a trenta, ma mi fa sentire un idiota per il fatto che io stesso sono impegnato. Come se ci fosse qualcosa di inerentemente stupido in chiunque sia implicato nelle sfide amministrative.»
«Non avevo mai capito che tu lo tenessi in così poco conto.»
«Soltanto perché è così lontano dal realizzare le sue capacità. Potrebbe essere un capo così grande. E invece sta seduto lassù e ride di tutto.»
Rhea si volge verio di lui. La sua espressione è grave. «Tu lo giudichi male, Siegmund. È tanto impegnato nel realizzare il benessere di questa città quanto lo sei tu. Tu sei tanto sconcertato dalle sue maniere che non vedi quale solerte amministratore egli sia.»
«Puoi darmi un esempio di…»
«Molto spesso,» ella continua, «noi proiettiamo su altre persone i nostri atteggiamenti segreti, repressi. Se noi pensiamo, giù nel profondo, che qualcosa sia triviale o senza valore, accusiamo con indignazione altre persone di pensarla così. Se ci chiediamo segretamente se siamo tanto coscienti e devoti al dovere come diciamo di essere, ci lagniamo del fatto che altri siano fannulloni. Potrebbe essere che il tuo appassionato interesse negli affari amministrativi, Siegmund, denoti più un desiderio di scalata sociale che forti interessi filantropici, e un senso di colpa per le tue intense ambizioni tale da indurti a credere che gli altri pensino di te negli stessi termini in cui tu stesso…»
«Aspetta! Nego assolutamente…»
«Smettila, Siegmund. Non sto cercando di criticarti. Sto soltanto offrendo alcune spiegazioni delle tue afflizioni a Louisville. Se preferisci che stia zitta…»
«Continua.»
«Dirò soltanto un’altra cosa, e tu potrai odiarmi, dopo, se ti piace. Sei terribilmente giovane, Siegmund, per trovarti dove ti trovi. Tutti sanno che sei straordinariamente abile, che meriti di salire a Louisville, ma tu stesso sei a disagio per la velocità con la quale sei salito. Tenti di nasconderlo, ma non puoi nasconderlo a me. Hai paura che quella gente si offenda per la tua scalata — anche alcune persone che sono ancora sopra di te possono offendersi, tu pensi talvolta. Così sei cosciente di te stesso. Sei estremamente sensibile. Leggi ogni tipo di cose terribili nelle innocenti espressioni della gente. Se io fossi in te, Siegmund, mi rilasserei e tenterei di essere più felice. Non tormentarti per quello che la gente pensa, o sembra pensare di te. Non crucciarti per gli arrampicatori — la tua testa è fatta per la cima, non puoi mancare, puoi permetterti di riposare e di non tormentarti sulle teorie dell’amministrazione urbana. Cerca di essere più freddo. Meno preso dalle tue occupazioni, meno evidentemente dedicato alla tua carriera. Coltiva amicizie tra le persone della tua età — valuta la gente per quello che è, non per l’aiuto che può darti. Assorbì la natura umana, adoperati per essere più umano tu stesso. Va’ in giro per l’edificio; passeggia la notte a Varsavia o a Praga, qualche volta. È irregolare, ma non illegale, e scaccerà da te qualcuna delle tue tensioni. Osserva come vive la gente più semplice. Ha un significato per te qualcuna di queste cose?»
Siegmund rimane in silenzio.
«Qualcuna,» dice infine. «Anche qualcuna di più.»
«Bene.»
«Sta penetrando in me. Nessuno mi aveva mai parlato così prima d’ora.»
«Sei in collera con me?»
«No davvero.»
Rhea fa scorrere la punta delle dita lungo la guancia di lui. «Pensi di prendermi, ora? Preferirei non essere un ingegnere morale quando sono in compagnia sulla mia piattaforma.»
La mente di lui è piena delle sue parole. È umiliato ma non offeso, perché molte delle parole di Rhea suonano vere. Perduto nell’analisi di se stesso si volge verso di lei meccanicamente, accarezza i suoi seni, prende il suo posto tra le cosce di lei. Il suo ventre contro quello di lei. Tenta di combattere con una spada flessibile; è tanto preoccupato per le complicazioni della penetrazione di lei nel suo carattere che a stento si accorge di non essere capace di penetrare dentro di lei. Ella lo avverte dell’insuccesso della sua virilità. Facendolo scherzosamente ciondolare. «Non partecipi questa sera?»
«Sono stanco,» mente lui. «Sempre donne e niente sonno rendono Siegmund un debole amante.»
Rhea ride. Mette le sue labbra su di lui e egli si eccita; era la mancanza di attenzione, non la fatica, che lo tratteneva e lo stimolo della calda e umida bocca di lei lo restituisce all’occupazione adatta al momento. È pronto. Le agili gambe di lei lo circondano. Con una veloce ardente spinta penetra in lei. È la sola moneta con la quale possa ripagarla per la sua saggezza. Ora ella cessa di essere l’arbitro percettivo e maturo della sua personalità; è soltanto un’altra donna che si contorce. Sbuffa. Inarca la schiena. Freme. Rende moneta per moneta, colmandola di estasi. Mentre l’aspetta pensa come dare nuova forma alla sua immagine pubblica. Non apparire ridicolo davanti agli uomini di Louisville. Deve fare molto. Ora ella trema nell’abisso del completamento ed egli la spinge e la segue, e si calma, sudato, depresso, quando il culmine viene rapidamente spazzato via.
È di nuovo a casa, non molto tempo dopo mezzanotte. Due teste sulla sua piattaforma-letto. Mamelon sta intrattenendo un passeggiatore notturno. Niente di insolito in questo, Siegmund sa che sua moglie è una delle donne più desiderate della monurb. Per buone ragioni. Fermo presso la porta, osserva pigramente i corpi che formano un rigonfiamento sotto il lenzuolo. Mamelon emette suoni appassionati, ma a Siegmund suonano falsi e forzati, come se lei stesse illudendo un partner incompetente. L’uomo grugnisce raucamente nel parossismo finale. Siegmund prova un vago risentimento. Se stai prendendo mia moglie, concedile almeno un divertimento decente. Si spoglia e si ripulisce, e quando esce di sotto il campo di ultrasuoni la coppia è ancora sdraiata sulla piattaforma, esausta. L’uomo ansima. Mamelon semplicemente respira forte, confermando il sospetto di Siegmund che stesse fingendo. Siegmund tossisce educatamente. Il visitatore di Mamelon alza lo sguardo, evita il suo e arrossisce, allarmato. È Jason Quevedo, l’innocuo piccolo storico, il marito di Micaela. A Mamelon piace molto, sebbene Siegmund non possa capire perché. E Siegmund non capisce neppure come Jason riesca a far fronte a quella donna tempestosa che è Micaela. Non è compito mio ricercare il perché. La vista di Quevedo gli ricorda che deve visitare di nuovo presto Micaela. E anche che ha un lavoro per Jason. «Salve, Siegmund,» dice Jason, senza incontrare il suo sguardo. Scende dalla piattaforma, cerca i suoi indumenti. Mamelon strizza l’occhio al marito, Siegmund le lancia un bacio.
Egli dice: «Prima che tu te ne vada, Jason, ti avrei chiamato domani, ma te lo dico adesso. Uno schema. Una ricerca storica.»
Quevedo sembra impaziente di uscire dall’appartamento dei Kluver.
Siegmund continua: «Nissim Shawke sta preparando la risposta a una petizione di Chicago riguardo a un possibile abbandono dei regolamenti sulla percentuale dei sessi. Vuole che metta insieme un’immagine di com’era nei primi giorni della determinazione del sesso, quando la gente sceglieva il sesso dei figli senza riguardo per quello che facesse chiunque altro. Poiché il ventesimo secolo è la tua specialità, mi chiedevo se potessi…»
«Sì, certamente. Domani, prima cosa. Chiamami…» Quevedo si avvia verso la porta. È impaziente di scappare.
Siegmund dice: «Quello di cui ho bisogno è una documentazione imparzialmente dettagliata che copra dapprima il periodo medioevale a proposito delle nascite casuali, quale fosse la distribuzione dei sessi, vedi, e poi esamini il primo periodo di controllo. Mentre fai quello, parlerò a Mattern, credo, per raccogliere un computo sociale delle implicazioni politiche di…»
«È così tardi, Siegmund!» si lagna Mamelon. «Jason diceva che potrai parlare di questo domani mattina.» Quevedo annuisce. Non vuole uscire mentre Siegmund sta parlando, e tuttavia chiaramente non ha desiderio di rimanere. Siegmund capisce di essere di nuovo troppo diligente. Cambiare l’immagine, cambiare l’immagine; il lavoro può aspettare. «Benissimo,» dice. «Dio benedica, Jason, ti chiamerò domani.» Riconoscente, Quevedo se la svigna e Siegmund si sdraia accanto alla moglie. Ella dice: «Non potevi vedere che voleva correre via! È così terribilmente timido.»
«Povero Jason,» dice Siegmund. E dà dei colpi sul fianco morbido di Mamelon.
«Dove sei andato questa sera?»
«Da Rhea.»
«Interessante?»
«Molto. In modo inatteso. Mi ha detto che sono troppo zelante, che devo tentare di essere più rilassato.»
«È saggia,» dice Mamelon. «Sei d’accordo con lei?»
«Penso di sì.» Oscura le luci. «Far fronte alla frivolezza con la frivolezza, quello è il segreto. Prendere il mio lavoro come viene. Tenterò. Tenterò. Ma non posso evitare di farmi coinvolgere in quello che faccio. Questa petizione di Chicago, per esempio. Certamente, non possiamo permettere una libera scelta del sesso dei bambini! Le conseguenze sarebbero…»
«Siegmund.» Ella prende la mano di lui e la fa scivolare alla base del suo ventre. «Preferirei non ascoltare adesso tutto questo. Ho bisogno di te. Rhea non ti ha consumato del tutto, non è vero? Perché Jason questa notte non è stato molto abile.»
«Il vigore della giovinezza rimane. Lo spero.» Sì, può farcela. Bacia Mamelon e scivola dentro di lei. «Ti amo,» sussurra. Mia moglie. Mia sola vera. Devo ricordarmi di parlare a Mattern domani mattina. E a Quevedo. Mettere il rapporto sullo scrittoio di Shawke nel pomeriggio, in ogni modo. Se soltanto Shawke avesse uno scrittoio. Statistiche, citazioni, postille. Siegmund ne vede con chiarezza ogni dettaglio. Nello stesso tempo si muove in Mamelon e la porta a un rapido esplosivo orgasmo.
Siegmund sale al 975° piano. La maggior parte degli amministratori più importanti ha qui i suoi uffici — Shawke, Freehouse, Holston, Donnelly, Stevis. Siegmund porta il cubo di Chicago e il suo abbozzo della risposta di Shawke, zeppo di citazioni e dati forniti da Charles Mattern e Jason Quevedo. Si ferma nel corridoio. Qui è così tranquillo, così opulento; non ci sono bambini che ti urtino pesantemente passandoti accanto, non ci sono folle di lavoratori. Un giorno sarà mio. Ha la visione di un sontuoso appartamento su uno dei piani residenziali di Louisville, tre o anche quattro camere, e Mamelon che regna su tutto come una regina; Kipling Freehouse e Monroe Stevis che capitano a cena con le loro mogli, un occasionale, indesiderato visitatore salito da Chicago o da Shanghai, un vecchio amico; potere e conforto, responsabilità e lusso. Sì.
«Siegmund?» Una voce da un altoparlante sopra il suo capo. «Entra qui; siamo nell’ufficio di Kipling.» La voce di Shawke. Lo hanno individuato sui dispositivi. All’istante imprime al suo volto un nuovo atteggiamento, sa di avere assunto un’espressione vaga, sognante. Soltanto lavoro, ora. È stizzito perché aveva dimenticato di poter essere osservato. Gira a sinistra e si presenta all’ingresso dell’ufficio di Kipling Freehouse. La porta scivola indietro.
Una grande camera curva con una fila di finestre. Si scorge all’esterno la facciata scintillante di Monurb 117, che si assottiglia meravigliosamente alla sommità dove si trova la piattaforma di atterraggio. Siegmund è allarmato dal numero di persone appartenenti alla classe superiore che vi sono riunite. I loro volti potenti lo abbagliano. Kipling Freehouse, il capo del segretariato della progettazione dei dati, un grasso uomo dalle guance cascanti e dalle folte sopracciglia. Nissim Shawke. Il soave, gelido Lewis Holston, che indossa come sempre un elegante abito incandescente. Lo storto, piccolo Monroe Stevis. Donnelly. Kinsella. Vaughan. Un mare di grandezza. Tutti quelli che contano sono presenti, tranne pochi. Un flippo con una bomba psichica, libero in questa stanza, potrebbe paralizzare il governo della monade. Quale terribile crisi li ha radunati insieme in questo modo? Paralizzato dal timore, Siegmund riesce appena a farsi avanti. Un cherubino tra gli arcangeli. Incespica nel divenire della storia. Forse qui hanno bisogno di lui, come se non volessero prendere decisioni su qualsiasi provvedimento stiano esaminando senza che un rappresentante della nuova generazione di capi dia la sua approvazione. Siegmund è vertiginosamente lusingato dalla sua interpretazione. Farò parte dell’affare. Qualunque esso sia. La sua importanza personale cresce e lo splendore della loro aura diminuisce, ed egli si muove in uno stato d’animo che si avvicina alla spavalderia mentre si dirige verso di loro. Allora si avvede che sono presenti altre persone che non dovrebbero a rigor di logica prendere parte ad alcuna riunione politica di grande portata. Rhea Freehouse? Paolo, il suo indolente marito? E queste ragazze, non più che quindicenni, vestite di ragnatele o anche meno: amanti dei grandi, cameriere. Tutti sanno che gli amministratori di Louisville mantengono ragazze supplementari. Ma qui? Ora? Ridendo scioccamente sul margine della storia? Nissim Shawke saluta Siegmund senza alzarsi e dice: «Unisciti al party. Chiedi una droga, probabilmente l’abbiamo. Eccitante, cancella-memoria, millispan, multiplexer, tutti.»
Party? Party?
«Ho qui il rapporto sulla proporzione dei sessi. Dati storici — il sociocomputatore…»
«Mettilo via, Siegmund. Non rovinare il divertimento.»
Divertimento?
Rhea viene verso di lui. Barcolla, la sua vista è confusa, evidentemente è sotto l’effetto di uno stupefacente. Tuttavia la sua acuta intelligenza si fa strada attraverso la nebbia della droga. «Hai dimenticato quello che ti ho detto. Rilassati, Siegmund,» sussurra. Gli bacia la punta del naso. Gli sottrae il rapporto, e lo mette sullo scrittoio di Freehouse. Passa le mani sulle sue guance; le dita sono bagnate. Non sarei sorpreso se mi lasciasse addosso dello sporco. Vino. Sangue. Qulasiasi cosa. Rhea dice: «Felice Giorno del Compimento Somatico. Lo stiamo festeggiando. Puoi avere me, se ti piace, o una delle ragazze, o chiunque altro tu voglia.» Ridacchia. «Anche mio padre. Non hai mai sognato di prendere Nissim Shawke? Non rovinare soltanto la festa.»
«Sono salito quassù perché dovevo consegnare un importante documento a tuo padre.»
«Oh, ficcalo sul nesso di accesso,» dice Rhea, e si allontana, senza nascondere il suo disgusto.
Il Giorno del Completamento Somatico. L’aveva dimenticato. Il festival avrà inizio tra poche ore; dovrebbe essere con Mamelon. Ma è qui. Se ne andrà? Lo stanno guardando. Un posto per nascondersi. Affondare nell’ondulato tappeto psicosensitivo. Non rovinare la festa. La sua mente è ancora ingombra del lavoro del mattino. Poiché la casuale, o puramente biologica, determinazione del sesso dei nascituri risulta normalmente da una attendibile distribuzione statistica in una divisione relativamente simmetrica di. La rimozione dell’elemento di accidentalità introduce il pericolo che. Fu sperimentato nella preesistente città di Tokyo, tra il 1987 e il 1996 che l’incidenza di nascite di prole femminile declinò per un fattore di. I rischi non sono controbilanciati da. Perciò si raccomanda che. Il party, si accorge osservando più da vicino, è essenzialmente un’orgia. È stato ad orge in precedenza, ma non con gente di questo ambiente. «Fumi» si sollevano nell’aria. La nudità di Monroe Stevis. Un gran numero di ragazze ammucchiate. «Avanti,» muggisce Kipling Freehouse, «divertiti, Siegmund! Scegli una ragazza, qualunque ragazza!» Ride. Una ragazzina impudica gli infila nella mano una capsula. Egli trema, e la lascia cadere. Viene afferrata e inghiottita da una delle altre ragazze. Sta entrando altra gente. Dignitoso, elegante, Lewis Holston tiene una ragazza su ogni ginocchio. E un’altra sta inginocchiata davanti a lui. «Non prendi niente, Siegmund?» chiede Nissim Shawke. «Non vuoi prendere una cosa? Povero Siegmund. Se verrai a vivere a Louisville dovrai sapere tanto divertirti quanto lavorare.»
Lo sta giudicando. Sta mettendo alla prova la sua compatibilita: sarà adatto all’élite, oppure verrà relegato nelle file degli sgobboni, nella burocrazia di livello medio? Siegmund si vede retrocesso a Roma. Le sue ambizioni prendono il sopravvento. Se il sapere divertirsi è il criterio per l’ammissione, si divertirà. Sorride. «Gradirei dell’eccitante,» dice. Restare fedeli a quello che sai di poter tollerare.
«Eccitante? Arriva!»
Egli fa lo sforzo. Una ragazza dai capelli d’oro gli offre la tazza di eccitante; trangugia, pizzica la ragazza, e trangugia di nuovo. Il fluido scintillante gli scoppietta in gola. Una terza sorsata. Tracannalo; non sei tu a pagare! Lo applaudono. Rhea china il capo approvando. Indumenti vengono sfilati tutt’intorno nella camera. I divertimenti dei padroni. In questo momento i presenti devono essere una cinquantina. Una manata sulla schiena. Kipling Freehouse. Urla, assordando con cordialità: «Benissimo, ragazzo! Ero preoccupato per te, sai! Così serio, così devoto! Non sono cattive doti, ma qui bisogna essere qualcosa di più, mi segui? Uno spirito gaio. Eh? Eh?»
«Sì, signore. Capisco quello che lei vuol dire, signore.»
Siegmund si immerge nel gruppo. Seni, cosce, natiche, lingue. Profumo femminile di muschio. Una fontana di sensazioni. Qualcuno gli mette qualcosa in bocca. Inghiotte, e pochi attimi dopo sente che la parte posteriore del suo cranio si solleva. Una risata. Lo baciano. È costretto a sdraiarsi sul tappeto dalla sua assalitrice. Cerca a tastoni e sente dei piccoli seni duri. Rhea? Sì. E suo marito Paolo è vicino a lui sull’altro fianco. Una musica suona sopra di loro. Nel groviglio scopre di star dividendo una ragazza con Nissim Shawke, che gli strizza freddamente l’occhio, un sogghigno glaciale. Shawke mette alla prova la sua capacità di provare piacere. Tutti lo osservano e giudicano se è abbastanza decente per meritare la promozione alla loro classe. Lasciatevi andare! Lasciate che tutto vada per conto suo!
Con insistenza costringe se stesso a far baldoria. Molto dipende da questo. Sotto di lui 974 meravigliosi piani di monurb ed egli deve stare qui, deve sapere come si gioca. È deluso che gli amministratori siano così. Così comuni, così volgari, l’edonismo a buon mercato della classe dei governanti. Potrebbero essere duchi di Firenze, grandi di Parigi, Borgia, boiardi ubriachi. Incapace di accettare la loro immagine, Siegmund costruisce una fantasia: hanno inscenato quest’orgia soltanto per esaminare il suo carattere, per determinare se egli è in verità soltanto un tetro sgobbone oppure se possiede la larghezza di vedute che è necessaria ad un uomo di Louisville. È una follia pensare che trascorrano il loro tempo in bevute e in disordini sessuali come questo; ma essi sono flessibili, possono godere la vita, passano dal lavoro al divertimento con eguale gusto. E, se egli vuole vivere tra loro, deve dimostrare di possedere un’eguale versatilità. Lo dimostrerà. Lo dimostrerà.
Il suo cervello incrostato turbina di messaggi chimici contrastanti.
«Cantiamo!» grida disperatamente. «Cantiamo tutti!» Urla rabbiosamente:
«Se vieni da me nell’oscurità della notte
Con il tuo beneditore tutto ardente
E scivoli accanto a me
E tenti di penetrare dentro di me.»
Cantano con lui. Non riesce a sentire la propria voce. Occhi scuri scrutano nei suoi. «Dio benedica,» mormora una lunga ragazza gorgogliante. «Sei carino. Il famoso Siegmund Kluver.» Erutta bolle di eccitante.
«Ci siamo già incontrati, non è vero?»
«Una volta, credo, nell’ufficio di Nissim. Scylla Shawke.»
La moglie del grand’uomo. Sensazionale nella sua bellezza. Giovane. Giovane. Non più di venticinque. Aveva sentito dire che la prima signora Shawke, la madre di Rhea, fosse precipitata nello scarico, flippo. Un giorno o l’altro verificherà la verità della diceria. Scylla Shawke si dimena vicino a lui. I soffici capelli neri di lei ondeggiano sul volto di lui. È quasi paralizzato dal timore. Le conseguenze; questo non può essere un andare troppo lontano? Temerariamente la afferra e immerge la mano nella tunica di lei, che coopera. Saldi seni pieni. Morbide labbra umide. Può fallire questo esame per un eccesso di sfacciataggine? Non importa. Non importa. Felice Giorno del Compimento Somatico! Il corpo di lei si stringe contro il suo ed egli capisce, con emozione, che non sarebbe un problema prenderla ora, qui; in questa massa palpitante di umanità ad alto livello al piano dell’ufficio di Kipling Freehouse. Troppo lontano, troppo presto. Si libera dalla presa di Scylla. E al suo ritiro coglie un unico guizzo di disappunto e di rimprovero nei suoi occhi. Rotola: Rhea. «Perché non l’hai fatto?» ella sussurra. E Siegmund dice: «Non potevo,» proprio prima che un’altra ragazza, a gambe divaricate su di lui, si inginocchi e gli versi in bocca qualcosa di dolce e di appiccicaticcio. Sente un turbinio nel capo. «È stato uno sbaglio,» gli dice Rhea. «Ce l’aveva con te.» Le sue parole si rompono e i frammenti rimbalzano, sollevandosi in alto e vagando per la camera. Qualcosa di strano è accaduto alle luci; ogni cosa è divenuta prismatica e da tutte le superfici piane scaturisce un fulgore misterioso. Siegmund striscia attraverso il tumulto, cercando Scylla Shawke. Invece trova Nissim.
«Ora mi piacerebbe discutere con te la questione della petizione di Chicago sulla percentuale dei sessi,» gli dice l’amministratore.
Quando Siegmund ritorna al suo appartamento ore dopo, trova Mainelon che cammina per la camera con aria truce. «Dove sei stato?» chiede. «La Festa del Giorno del Completamento è quasi finita. Ho chiamato il nesso di accesso, ti ho fatto cercare per tutto l’edificio, ho…»
«Sono stato a Louisville,» dice Siegmund. «Kipling Freehouse ha dato un party.» Incespica dietro di lei. Cade a faccia in giù sulla piattaforma-letto. Prima vengono singhiozzi secchi, poi le lacrime, e quando smettono di colare il Giorno del Completamento Somatico può ben essere passato.