2. L’invulnerabilità

La seconda grande scoperta perduta fu il segreto dell’invulnerabilità. Questa scoperta fu fatta nel 1952 dall’ufficiale radar della Marina degli Stati Uniti, tenente Paul Hickendorf. Si trattava di uno strumento elettronico consistente in una scatoletta che poteva essere portata agevolmente in tasca; quando si girava l’interruttore della scatola la persona che la portava veniva circondata da un campo magnetico la cui potenza — secondo i calcoli di Hickendorf, ottimo matematico — era praticamente infinita.

Il campo era anche completamente inaccessibile a qualsiasi quantità di calore e qualsiasi quantità di radiazioni.

Il tenente Hickendorf capì che un uomo o una donna o un bambino o un cane racchiusi in quel campo magnetico potevano resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno a distanza ravvicinata senza farsi nemmeno un graffio.

A quell’epoca non era ancora esplosa nessuna bomba all’idrogeno, ma proprio nei giorni in cui Hickendorf stava ultimando il suo apparecchio, la nave su cui si trovava, un incrociatore leggero, era in navigazione nell’Oceano Pacifico diretta verso un atollo chiamato Eniwetok, e tutti a bordo erano stati informati che si trovavano là per assistere al primo esperimento con la nuova arma.

Il tenente Hickendorf decise di sparire, di nascondersi sull’isola-bersaglio, di restarci finché la bomba non fosse scoppiata e di rifarsi vivo sano e salvo, dopo la deflagrazione, per dimostrare in modo inoppugnabile che la sua scoperta funzionava, che era possibile proteggersi dall’arma più potente di tutti i tempi.

Incontrò non poche difficoltà per abbandonare la nave ed eclissarsi, ma le superò con successo. Era a pochi metri dalla bomba H, dopo esserle strisciato vicino durante il conto alla rovescia, quando essa esplose.

I suoi calcoli si dimostrarono esattissimi e il tenente non subì il più piccolo danno, non venne né ferito, né graffiato, né contuso, né ustionato. Ma non aveva previsto la possibilità che accadesse una certa cosa e quella cosa accadde.

Fu scagliato via dalla superficie della terra con una velocità molto superiore a quella di fuga. Non entrò in orbita: fu semplicemente scaraventato in cielo in linea retta.

Quarantanove giorni dopo cadde sul sole, ancora completamente illeso ma sfortunatamente morto da tempo; perché l’aria contenuta nel campo magnetico era poca, appena sufficiente per qualche ora di vita e così la sua scoperta andò perduta per l’umanità almeno per tutta la durata del XX secolo.

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