9

Rimasero nella grande sala fino a tardi, seduti al tavolo insieme a Rok, Ceneth ed Eorth, finché la casa non tornò nel silenzio e i cani non si furono addormentati ai loro piedi.

Coren parlò dell’incontro con Tamlorn e con le guardie di Drede, e Rok lo ascoltò in silenzio, facendo girare lentamente, tra pollice e indice, una coppa di vino.

Quando Coren ebbe finito, Rok emise un brontolio.

— Il ragazzo, Tamlorn, è ancora un po’ troppo morbido — disse. — Mi chiedo che cosa avrebbe fatto Drede, se fosse stato presente.

— Avrebbe fatto quel che gli avrei ordinato di fare — disse lei.

Gli occhi scuri di Rok guizzarono su di lei.

— Sareste riuscita a controllarli tutti? — le chiese il Signore del Sirle.

— No. Ci avrebbero sopraffatto — disse lei. — Ma non sarebbe stato uno scontro piacevole, per loro.

— Però, avreste potuto controllare il Re.

— Rok… — mormorò Coren, e il fratello si affrettò ad abbassare gli occhi e ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia.

— Comunque — concluse — sono lieto che abbiate fatto ritorno sani e salvi. Sono stato uno sciocco a lasciarvi andare, pensando che poteste comportarvi come una normale coppia di marito e moglie e che poteste muovervi spensieratamente nell’Eldwold, come due fanciulli.

Coren alzò le spalle.

— È stato meglio così. Se Eorth ed Herne ci avessero accompagnato, nella casa di Sybel sarebbe scoppiata una piccola guerra, e in questo momento saremmo tutti a Mondor a leccarci le ferite, compresi gli animali. Inoltre, anche ammesso che fosse riuscito a trattenersi dal combattere, Eorth si sarebbe rotto l’osso del collo cadendo dal Drago durante il viaggio di ritorno. Eorth si riempì la coppa.

— Se non altro, non sarei stato così sciocco da lasciarmi intrappolare in un angolo da tre guardie di Drede. Con tutto il rumore che devono avere fatto risalendo il sentiero, ti saresti dovuto accorgere in tempo del loro arrivo.

Coren arrossì.

— Lo so — disse. — Avrei dovuto sentirli. Ma mi ero distratto. Il Cinghiale Cyrin mi stava raccontando della volta in cui incontrò la strega Carodin nella sua torre senza porte e rispose a sei delle sue sette domande, per poi scoprire che neanche lei sapeva rispondere all’ultima.

Eorth lo fissò con stupore.

— Un cinghiale — chiese — ti ha detto questo?

— Sì. È un cinghiale che parla.

— Oh, Coren, ci hai raccontato tante storie ridicole, ma questa le batte tutte…

— Non è una storia ridicola. È la verità. Sei tu che non vedi al di là della spada che hai in mano.

— Be’, è la giusta distanza, nelle nostre terre — rispose Eorth.

Poi guardò Sybel:

— Sta mentendo? — le chiese.

— Coren non mente mai — rispose la donna.

Eorth la fissò con incredulità. Rok disse, scoppiando a ridere:

— Eorth, non metterti a litigare con i miei ospiti. Anch’io non credevo che Coren potesse presentarsi alla mia porta in groppa a un drago, ma l’ha fatto, e adesso ci credo. Anzi, comincio a cambiare idea su certe cose che ci ha detto in passato.

Coren allungò la mano sul tavolo per prendere quella di Sybel.

— Vedi anche tu che brutta fama avevo — le disse — prima che ci sposassimo.

— Certo. Mi hai sposata per i miei animali. L’ho sempre sospettato.

— Ti ho sposata perché non hai mai riso di me. Eccetto la volta che ti ho chiesta in moglie.

Anche Eorth si appoggiò allo schienale della sedia e sorrise.

— Ha riso di te? Parlaci di quell’episodio, Coren.

— No.

— Ho riso di lui perché pensavo che l’aveste incaricato voi di chiedere la mia mano — disse Sybel. — Poi, quando ho capito che mi amava davvero, ho smesso di ridere.

Ceneth si alzò e si mise a sedere vicino al fuoco. Intorno a loro, dalla grande casa non giungeva alcun rumore; le ombre parevano appese alle pareti come tendaggi.

— Se non starai attento, Eorth — disse Ceneth — Sybel ti farà prendere dal Drago Gyld, che ti lascerà nudo sulla cima del Monte Eld, e nessuno sentirà la tua mancanza.

— Mi dispiace.

— No, non ti dispiace affatto. Sei invidioso perché non hai sposato una donna con un drago.

— Be’ — disse Rok — adesso abbiamo un drago anche noi, in cantina. Mi chiedo cosa avrebbe detto nostro padre, se fosse capitato quando c’era lui.

Eorth rise, alzando le spalle.

— Avrebbe smesso di bere — disse. — Ma, un momento fa, pensavo a una cosa.

— Pensavi? — chiese Ceneth con finta sorpresa. — E che cosa?

— Che se Sybel avesse una figlia, potrebbe sposare Tamlorn e controllarlo; in due generazioni, i Signori del Sirle diventerebbero Re di Eldwold.

— Non credo che Tamlorn sia disposto ad aspettare quindici anni, prima di sposarsi — disse Rok, asciutto.

— Comunque, potrebbe sposarsi con una ragazza del Sirle — disse Ceneth.

— La figlia di Herne, Vivet, compie dodici anni quest’estate.

— Drede non glielo permetterebbe mai.

— Sì? Il ragazzo ha in pugno la volontà di Drede; può convincerlo a fare quello che vuole.

— E chi può convincere Tamlorn a prestarsi a questo piano?

— Sybel, naturalmente.

Coren picchiò la mano sul tavolo, facendo traballare il vino nelle coppe. Stringendo il pugno, fissò i fratelli: Rok, grande e dai folti capelli biondi; Ceneth, dai capelli neri e lisci e gli occhi impassibili come quelli di un gatto; Eorth, lento e possente, volubile come una foglia. Eorth disse, arrossendo:

— Scusa, parlavo a vanvera.

— Certo.

— Anche noi — disse Ceneth, e per un istante rinfocolò la brace con la punta dello stivale. Poi si voltò, posò la mano sulla spalla di Coren e disse:

— Non succederà più.

Coren sospirò e accennò un debole sorriso.

— No — rispose. — Succederà ancora. Conosco questa casa. E so quanto poco valore abbiano le parole, in questi giorni. Come il volo del drago, alla fine mettono solo voglia di dormire.

— Sgradevole, ma vero — disse Rok.

Per qualche tempo, nessuno parlò più. Il fuoco si ridusse a una singola fiamma che danzava sulla brace. Eorth sbadigliò, rivelando denti bianchi e lucenti come quelli della Gatta Moriah.

— È tardi — disse, come se se ne fosse accorto soltanto in quel momento.

Anche Ceneth annuì.

— Vado a dormire.

Passò accanto a Sybel, le prese la mano e la baciò. — Signora, abbiate pazienza con noi.

Lei gli sorrise. — Siete così cortese che non c’è nessuna difficoltà ad averla.

Ceneth li lasciò. Gli altri continuarono a bere quanto restava del vino, mentre le torce si spegnevano pian piano e le ombre si addensavano attorno a loro. Coren posò la coppa sul tavolo e soffocò uno sbadiglio.

— Coren, va’ a letto — gli disse Sybel. — Sei stanco.

— Vieni anche tu.

— Tra un momento. Devo parlare con Rok, a proposito di Gyld.

— Sempre Rok. Ti aspetto.

— E poi voglio fare un bagno.

— Oh, allora…

Tirò indietro la sedia, si alzò in piedi e si sporse sul tavolo per baciarle la fronte.

— Non tenere sveglio Rok per troppo tempo — la avvertì. — Alla sua età, ha bisogno di sonni regolari.

— Alla mia età… — mormorò Rok. — Se non altro, non sono talmente torpido e sordo da diventare facile preda del primo sciocco al servizio di Drede.

— Dei tre primi sciocchi — lo corresse Coren. — Ne sono occorsi tre. Buona notte.

— Buona notte — disse Rok. Accanto a lui, Eorth ciondolava la testa e si lasciava sfuggire di mano la coppa. Rok gliela tolse e la posò sul tavolo.

— Eorth! — lo chiamò, ma l’altro cominciò a russare piano. Rok scosse la testa e tornò a rivolgersi a Sybel.

— Mi spiace di avervi assillato con le nostre richieste — disse. — Coren, comunque, ha ragione. Da quando Drede ci ha fermato a Terbrec, qui si parla molto e si combina poco.

S’interruppe per un attimo.

— Che cosa intendevate dirmi? — riprese poi.

Lei lo guardò attentamente. La sala era buia: la rischiarava soltanto la fiamma di un’ultima torcia. Sullo sfondo del silenzio che avvolgeva l’antica costruzione di pietra, si udiva distintamente il rumore del respiro di Eorth. Sybel si sporse verso Rok; i suoi occhi, nel fissare il Signore del Sirle, erano neri e immoti come la superficie di uno stagno di Fyrbolg illuminato dalla luna.

— Una cosa — disse infine — che non ho mai detto ad alcuno.

Rok non disse niente. Anche Eorth rimase in silenzio per un istante: mentre russava si era sentito improvvisamente mancare il fiato e si era svegliato. Ora li guardava con stupore, battendo gli occhi.

— Eorth, va’ a dormire — gli disse il fratello, seccato.

Eorth si sollevò pesantemente in piedi.

— Vado.

Rok contino a osservarlo mentre si allontanava. Poi si voltò verso Sybel, socchiudendo gli occhi.

— Dite.

Sybel appoggiò le mani sul tavolo e intrecciò tra loro le dita.

— Coren vi ha parlato del mago che mi ha chiamato a sé?

Rok annuì.

— Ci ha detto che eravate stata catturata… chiamata… da un mago molto potente che era attratto da voi, che il mago è morto e che voi siete ritornata libera. Non ci ha detto come è morto il mago.

— Lasciamo da parte, per il momento, questo particolare — disse Sybel. — Coren non sa che il mago era stato pagato da Drede perché mi catturasse e mi rendesse… obbediente ai suoi ordini, in modo che Drede potesse sposarmi senza avere paura di me.

— Obbediente… come?

Lei storse leggermente le labbra, poi tornò impassibile.

— Drede l’aveva pagato per distruggere una parte della mia mente, quella che sceglie e decide di propria volontà. Avrei conservato i miei poteri, ma Drede ne avrebbe avuto il comando. E io sarei stata… felice di obbedirgli.

Rok rimase a bocca aperta per la sorpresa.

— E sarebbe riuscito a fare una cosa simile?

— Sì. Era padrone della mia mente in un modo completo: più di quanto una persona qualsiasi sia normalmente padrona della propria. Io sarei stata controllata completamente da Drede; avrei fatto qualsiasi cosa lui mi avesse chiesto, senza fare domande e senza essere sfiorata dalla tentazione di oppormi, e poi, una volta esaudita la sua richiesta, sarei stata felice di averlo soddisfatto. Ecco cosa voleva.

Rilassò finalmente le dita; sollevò bruscamente una mano, come per tagliare l’aria.

— Per questo — disse — lo distruggerò.

Rok, appoggiato con la schiena alla sedia, esalò lentamente il respiro.

— Per questo avete sposato Coren? — le chiese. — Come parte della vostra vendetta?

— Sì.

— Non lo amate? — chiese, in tono quasi preoccupato.

— Lo amo — rispose lei, e appoggiò le mani sul tavolo.

— Lo amo — ripeté, piano. — È gentile, è buono ed è saggio: tutte cose che io non sono affatto, e, se dovessi perderlo, mi mancherebbero queste sue qualità. Proprio per questa ragione, non voglio che sappia cosa ho nel cuore. Potrebbe odiarmi per quello che faccio. Io… io non mi piaccio molto, in questo periodo. Ma voglio che Drede paghi.

“Voglio che anche Drede conosca la paura e la disperazione che ho provato nella sua torre. E, in parte, comincia già a conoscerle. Tamlorn mi ha riferito che è terrorizzato… e, dico io, ha dei buoni motivi per esserlo. Voglio la guerra tra lui e il Sirle, e voglio togliere a Drede ogni potere. Vi aiuterò a due condizioni.”

— Ditele — mormorò Rok, con un filo di voce.

— Che Coren non venga a conoscenza della parte da me svolta. E che Tamlorn non venga usato in alcun modo contro Drede. In cambio di questo, chiamerò i Signori di Niccon e di Hilt ad allearsi a voi contro Drede; userò contro Drede i miei animali; e per raccogliere e armare uomini vi darò il tesoro di un Re.

Rok la guardò senza parlare. Sybel gli vide la gola muoversi come se trangugiasse.

— Voi siete un sogno divenuto realtà, Signora — mormorò poi. — Dove prenderete il tesoro?

— Me lo farò dare dal Drago Gyld. Nel corso dei secoli ha ammassato una tale quantità d’oro che sarebbe sufficiente ad armare ogni uomo e ogni bambino dell’Eldwold. Se glielo chiederò, me ne darà una parte.

“Vedete, quel giorno è stato catturato anche il Falco Ter, e anche lui è stato costretto a fare da spettatore, impotente, mentre Drede e Mithran mettevano a punto il loro piano. Questa mattina, quando sono giunta sul Monte Eld, tutti gli animali sapevano ciò che ci avevano fatto.”

— Ma come siete sfuggita al mago, se era così potente?

— L’ha ucciso il Rommalb.

— Il Rommalb…

Sybel vide che cercava quel nome nella memoria. Poi Rok disse:

— L’incubo notturno… Come ha fatto?

— Lo ha… schiacciato.

Rok era sconvolto. Alla luce del focolare, sulla sua faccia non si muoveva neppure un muscolo.

— Ed è la creatura che Coren ha incontrato in casa vostra?

Lei annuì.

— Sì, e non è stato un incontro piacevole. Ma Coren è riuscito a fare una cosa che pochi altri uomini hanno fatto.

— Quale?

— È sopravvissuto.

Sybel raddrizzò la schiena e serrò i pugni.

— A fargli incontrare il Rommalb — spiegò — non sono stata io. È stata colpa del Cinghiale Cyrin, e la cosa mi ha terrorizzato. Ma Coren è molto più saggio di quanto mi aspettassi.

— Davvero — disse Rok. — È più saggio di quanto ci aspettassimo tutti. Perché non mandate contro Drede questo Rommalb?

— Perché voglio assaporare lentamente la mia vendetta — rispose Sybel. — Voglio che Drede sappia di momento in momento che cosa gli sta succedendo, e in che modo, e per colpa di chi. Le cose che teme di più al mondo sono da un lato la forza e l’energia del Sirle, e dall’altro me.

“Quel giorno è salito sulla torre di Mithran aspettandosi di trovare una donna che gli sorrideva, gli prendeva la mano ed eseguiva i suoi ordini. Invece non ha più trovato la donna, e il suo grande mago era steso a terra, con tutte le ossa spezzate.

“Da quel giorno, Drede vive nel terrore. Adesso, con il vostro aiuto, le sue stesse paure lo distruggeranno.”

Rok mosse lentamente la testa da una parte all’altra.

— Siete davvero spietata — disse.

— Certo. Se non accetterete la mia offerta, andrò a dormire e non se ne parlerà più. Ma con il Sirle o senza il Sirle, intendo distruggere Drede.

— Questa vostra vendetta — osservò Rok — coinvolge tante cose importanti per voi… l’amore di Coren, l’amore di Tamlorn. Volete metterle a repentaglio?

— Ho pensato a lungo a questo piano, una notte dopo l’altra. Conosco i rischi. So che se Coren scoprirà che mi sono servita di lui, o se Tamlorn sospetterà che intendo distruggere suo padre, saranno feriti in modo insopportabile e io perderò tutto ciò che amo al mondo. Ma la mia decisione è quella che vi ho comunicato.

— Ne siete certa?

Lei lo fissò negli occhi, senza battere ciglio.

— In un modo o nell’altro, lo farò.

Rok inspirò lentamente l’aria e poi la esalò.

— Allora, penso che lo farete come alleata del Sirle.


La costruzione del giardino per gli animali cominciò quella primavera, non appena il terreno si fu ammorbidito, e continuò per tutta la lunga estate.

Uno alla volta, Sybel chiamò nel Sirle i suoi animali: per primo il Cigno Nero, che prese posto in un piccolo laghetto di acqua cristallina, pieno di sassi levigati e di pesci che avevano il colore del fuoco.

Sybel andò a trovare il Cigno quando lo vide lentamente planare sul giardino e posarsi, nero come la notte e regale come un sovrano, sull’acqua immobile senza neppure incresparla.

Nei pensieri di Sybel, la voce del Cigno si levò melodiosa come un canto:

“È piccolo, ma grazioso.”

“Rok” gli disse Sybel “vuole mettere, in centro, una fontana di marmo bianco”.

“Che cosa raffigurerà, Sybel?”

“Due cigni con le ali tese, che volano verso l’alto e che si sfiorano con il becco.”

“Oh. E per quella faccenda che ti riguarda, Sybel?”

“La risolveremo. Presto.”

“Io sono pronto, se hai bisogno di me.”

Chiamò Gyld dalla cantina scura e umida in cui si trovava e il Drago tornò nuovamente a dormire in una grotta ombreggiata dagli alberi, rinfrescata da un rivolo del Fiume Slinoon che passava sotto le mura, scorreva davanti a lui e poi andava a defluire nel lago del Cigno.

Una ricchezza incommensurabile in gemme, coppe e monete d’oro lampeggiava adesso nell’ombra attorno a Gyld, poiché aveva insegnato a Sybel la strada per raggiungere la sua caverna e Rok aveva inviato Eorth, Bor e Herne a prelevare in segreto il tesoro.

Quando erano ritornati, tre giorni più tardi, i tre uomini erano esausti, sovraccarichi e pieni di reverenziale timore.

— Non siamo riusciti a portarlo tutto — disse Bor, rivolto a Rok e a Sybel.

Si strofinò gli occhi stanchi, come per cancellare una visione che non si lasciava descrivere a parole.

— Rok — riprese. — In certi punti, dovevamo farci strada in mezzo a uno strato di monete d’argento che ci arrivava alla caviglia. Nella caverna abbiamo visto le ossa di tre uomini, e su un teschio c’era una corona regale. E quello è l’animale che abbiamo messo nella nostra cantina con tanta disinvoltura!

— Non dovete avere paura di lui — disse Sybel. — Adesso è vecchio e non ha altri desideri che quello di potersi crogiolare nei propri sogni, circondato dall’oro che possiede. La caverna gli piace molto.

— Con quell’oro potreste comprarvi un regno — disse Herne, con una luce inquieta negli occhi azzurri.

Rok sollevò leggermente un angolo delle labbra.

— Già — disse.

Poi Sybel chiamò il Leone, e con lui la grande Gatta dagli occhi verdi: giunsero di notte e attraversarono come due forme di velluto i campi del Sirle illuminati dalla luna.

Sybel si recò ad accoglierli al cancello ed essi entrarono silenziosamente nel giardino, dove l’erba bisbigliava sotto i loro passi e gli alberi fioriti, immobili sullo sfondo del cielo notturno, parevano trasformati in argento dalla luce delle stelle.

“Prima dell’inverno vi prepareremo un ambiente riscaldato in cui abitare” disse Sybel. “Mi spiace che, per il momento, non possiate andare e venire liberamente nelle mie stanze, come facevate sul Monte Eld. Spero che in questi mesi gli abitanti del castello imparino a non avere paura di voi. Il posto è piccolo, ma isolato, e nessuno vi disturberà.”

Il Leone Gules si stese ai suoi piedi, nell’erba alta. La Gatta Moriah si mise a esplorare la zona, silenziosa come un’ombra, mentre il Cigno Nero continuava a galleggiare nel sonno sul suo lago inargentato.

“Il Signore del Sirle ha fatto molto per te, Bianca Signora” disse Gules. “Gli hai già parlato?”

“Sì. Gli ho offerto l’Eldwold. Ha accettato.”

Gules emise un breve ruggito dal profondo della gola. “Bene.” L’indomani mattina, anche Coren si recò a salutare gli animali. Portò con sé i fratelli, che assistettero in silenzio, mentre Gules faceva a pezzi un daino ucciso per lui da Coren.

Ceneth trasse un lungo respiro, a denti stretti.

— E voi — chiese — siete in grado di controllarlo?

Sybel annuì.

— Quando erano sul Monte Eld — spiegò — andavano quasi sempre a caccia per proprio conto, perché il giardino era molto grande. Ma qui, non posso lasciarli liberi di andare e venire a loro piacimento; ci sono troppe creature che si spaventerebbero… contadini, cavalli, mucche.

— Incaricherò alcuni uomini di andare a caccia per loro — disse Rok, e Sybel si rasserenò.

— Grazie. Adesso darò loro i vostri nomi.

Chiamò il Leone e la Gatta e il Cigno Nero; gli uomini rimasero immobili, sotto lo sguardo fisso e indagatore degli animali, mentre Sybel glieli indicava e li nominava uno alla volta.

“Rok. Bor. Eorth. Herne. Ceneth. Ricordatevi di loro. Difendeteli.”

— Non vedo il Cinghiale Cyrin — disse Coren. — L’hai chiamato?

— Non ancora.

Coren la fissò, sorpreso.

— Eppure, il suo posto dovrebbe già essere pronto — disse. — Chiamalo subito, Sybel. Si sentirà solo. Penserà che tu non gli voglia più bene.

Sybel trasse un sospiro.

— Spero che qui sia felice — disse.

Sollevò il viso verso il vento e gli affidò l’ultimo richiamo. Molto lontano, Cyrin, che era sdraiato sotto un albero, si levò sulle zampe.

— Cyrin — spiegò Eorth, rivolto a Herne — è il Cinghiale. Coren dice che parla.

— Io ci credo — rispose Herne, semplicemente. — Dopo quello che ho visto negli ultimi giorni, sono disposto a credere a qualsiasi cosa.

Quella sera Sybel parlò di nuovo con Rok, in privato, quando la casa cadde nel sonno e i cani si furono sdraiati ai loro piedi, a sognare. L’odore dell’estate si levava dai boccioli calpestati e dai nuovi tappeti di giunchi stesi sul pavimento di pietra, dai campi umidi di rugiada, dai germogli che spuntavano nei campi.

— Ho detto a Ceneth e a Bor che ci aiuterete contro Drede — le spiegò Rok. — Eorth e Herne sanno solo che ci prepariamo a una guerra. Loro non chiedono il perché e il percome, ma Ceneth e Bor non sono stupidi e l’avrebbero capito da soli. Sanno che il Sirle potrebbe anche vincere il Re di Eldwold, ma non le forze combinate di Drede e dei Signori di Niccon e di Hilt.

“Perciò mi hanno chiesto, naturalmente, dove avremmo trovato alleati, e io gliel’ho spiegato. Hanno approvato del tutto i nostri piani.”

Tacque per qualche istante, centellinando il vino. Poi riprese:

— Noi siamo stati allevati per combattere, Sybel. Nostro nonno portò contro Mondor l’assedio dei settanta giorni, e nostro padre, che a quell’epoca non era molto più vecchio di Tamlorn, combatté al suo fianco.

“Abbiamo continuato a desiderare la vendetta, da quando Norrel è morto nella Piana di Terbrec, ma in quella battaglia Niccon si alleò con Drede, e Horst di Hilt sollevò disperato le braccia al cielo e attese, davanti al corpo della figlia, di conoscere l’esito della battaglia. Perciò, non abbiamo mai avuto alleati su cui fare affidamento.”

Sybel gli chiese:

— E per chi combatterà, questa volta, Holt di Hilt? Combatterà per il torto fatto da Drede alla figlia di Laran, oppure prenderà le parti del figlio di Rianna, e di conseguenza quelle di Drede?

Rok scosse la testa.

— Neanch’io vorrei essere costretto a fare una scelta simile. Penso che Coren abbia ragione: Horst combatterà per l’uomo che, secondo lui, vincerà. In questo caso, Drede.

— Perciò — disse Sybel — devo convincerlo a cambiare idea.

Sollevò gli occhi per fissare Rok.

— E lo stesso vale per il Signore di Niccon — disse. — Quando dovrò portarvelo?

— Prima preferisco cominciare a raccogliere uomini. Drede si rivolgerà a Hilt e Niccon, chiederà assicurazioni, e quelli, senza dubbio, gliele daranno. Poi, Sybel, voi potrete chiamarli, e Drede si vedrà svanire tra le dita gli alleati come se fossero acqua… E penso che allora capirà chi c’è, dietro i preparativi del Sirle. Lei annuì.

— E Coren — chiese — sa cosa state macchinando?

— Lo saprà quando Herne ed Eorth cominceranno a parlare. Senza dubbio mi crederà impazzito, finché non vedrà arrivare a cavallo, qui nel castello, Derth di Niccon.

— Non deve sapere da dove arriva il denaro.

— Certo.

Sybel cambiò posizione, inquieta.

— Ho paura — disse.

— Di Coren?

— Sì. Tremo al pensiero di come mi guarderà, quando scoprirà come mi sono servita del Sirle.

— Non si tratta soltanto della vostra partita, ma anche della nostra. Voi ci avete offerto una possibilità, e noi ci siamo affrettati a coglierla. Inoltre, pensate che se gli diceste quel che vi ha fatto Drede non arderebbe dal desiderio di vendicarvi lui stesso? Perché non volete dirglielo?

— No.

— Ma perché? È vostro marito… vi sosterrà certamente nella vostra vendetta. Non ha simpatia per Drede.

Sybel serrò le labbra.

— Non intendo trascinare Coren — disse — nel vortice della mia collera e del mio odio. Nessuna vendetta compiuta da lui potrebbe soddisfare me, ed è inutile coinvolgerlo nella mia. Inoltre, desidero tenerlo lontano dall’odio.

“La notte in cui abbiamo volato con il Drago, all’improvviso siamo scesi in picchiata verso la terra, ci siamo precipitati verso l’oscurità, verso l’infinita profondità della notte, ciechi e inermi come quando non resta altro, di noi, che il centro della nostra personalità… In quel momento, dal profondo del suo cuore, è esplosa una risata vivace, gioiosa!

“Quando era perduto nel suo odio per Drede non sarebbe riuscito a ridere così. Può darsi che prenda parte a questa guerra perché, se qualcuno di voi morisse in battaglia, non si perdonerebbe di essere stato lontano. Ma io non intendo dargli qualche particolare motivo per combattere. Non lo farò di nuovo precipitare nel dolore e nell’amarezza. Mi ha donato molto amore. E io voglio dargli almeno questa protezione.”

Rok la fissò per qualche istante, con le labbra socchiuse, senza parlare.

— Non lo credo possibile — le disse infine, in tono gentile. — Ma vi ringrazio per avere provato.

L’indomani, nel pomeriggio, Sybel si recò nella stanza che Rok le aveva assegnato nelle parti più alte del castello, e rimase per molto tempo a sedere in silenzio, per svuotarsi la mente di tutti i pensieri e per poi cercare lo sfuggente Liralen nei luoghi più lontani e segreti.

I suoi libri erano schierati in ordine sugli scaffali, lungo le pareti, e il metallo e le gemme delle loro rilegature erano accarezzati dalle dita di luce che giungevano dalle finestre affacciate su tre lati. Dimenticato il Sirle, intenta a inviare per mille tese un richiamo che si spegneva sempre senza cogliere il bersaglio, senza risposta, senza trovare la preda, non vide Coren finché non si fu seduto davanti a lei e non ebbe pronunciato il suo nome:

— Sybel.

Lei ritirò la mente dalle lontane regioni in cui si era inoltrata allora per la prima volta, e fissò Coren in silenzio, battendo leggermente gli occhi.

— Coren, mi dispiace… non ti ho sentito entrare. Stavo chiamando il Liralen. Sto cercando in posti talmente lontani da non avere nome, eppure ho l’impressione che sia molto vicino; credo che a volte abbia perfino risposto, solo che io non sono riuscita a sentirlo.

— Sybel… — cominciò lui. Poi s’interruppe, aggrottando le sopracciglia in uno dei suoi rari istanti di preoccupazione. Lei allungò la mano e gli accarezzò le rughe sulla fronte.

— Che c’è?

Lui le prese la mano; le chiuse le dita fra le sue.

— Sybel, i miei fratelli parlano di guerra. Rok ha inviato messaggi ai nostri fittavoli di confine dicendo loro di lucidare l’armatura e di ferrare il cavallo da guerra, e ha mandato Bor ed Eorth dai piccoli signori dell’Eldwold che sono legati al Sirle da concessioni di terre e di favori.

“Gli ho chiesto perché faccia così; gliel’ho chiesto spesso, e lui ogni volta ride e dice che Drede deve avere paura di noi, perché, se così non fosse, mi avrebbe ucciso quel giorno, sul Monte Eld.

“Gli ho chiesto su che alleati può contare, e perché vuole rischiare la nostra vita e le nostre terre per una battaglia che non sarà altro che una seconda Terbrec, ma lui dice che farà ballare l’esca del potere davanti agli occhi del Signore di Hilt, che è nonno tuo e di Tamlorn.

“Mi ha detto che non si aspetta che io combatta contro Drede, padre del ragazzo che è stato allevato e amato da mia moglie, ma io non posso starmene tranquillo a sedere mentre i miei fratelli vanno alla morte.

“Perciò sono venuto da te, per vedere come mi guarderai quando ti dirò che combatterò con loro.”

Lei trasse un profondo sospiro e lo fissò negli occhi.

— Giunge così all’improvviso, questa guerra.

— Fin troppo. Rok dice che coglieremo Drede impreparato, dal momento che non se l’aspetta, ma io credo che quell’uomo amareggiato sia sempre stato pronto a combattere, in ogni momento della sua vita, e che il Leone del Sirle viva nel mondo dei sogni.

“Sybel, sei in collera con me? Sai che non vorrei combattere contro Drede e contro Tamlorn, soprattutto in una guerra futile e disperata come questa. Ma se io resterò al sicuro dietro queste mura, e i miei fratelli moriranno in battaglia, so già che rivedrò le loro facce e che sentirò la loro voce chiamarmi nei sogni, fino al giorno della mia morte.

“Mi potrai perdonare? O puoi darmi una ragione per non combattere, una ragione che valga anche al di là della morte dei miei fratelli?”

— No — bisbigliò lei. — Solo che ogni gioia, per me, sparirà dalla terra, se tu sarai ucciso. Coren, forse il Leone del Sirle non sta sognando. Forse Rok ha ragione e il Sirle sconfiggerà Drede, e nessuno sarà ucciso.

Lui scosse la testa, profondamente afflitto, disperato.

— Sybel, degli uomini moriranno. Forse non i miei fratelli, ma uomini del Sirle. Sulla Piana di Terbrec li ho sentiti piangere per le ferite, con voci stanche e spezzate, mentre io continuavo a combattere, e alla fine non sono più riuscito a capire, nella polvere, nel calore e nell’abbagliante luccichio del metallo, se erano veramente voci umane o se non si trattava della voce rotta e piangente dei miei pensieri, che mai più, in seguito, avrebbero riacquistato la sanità.

“Adesso, la stessa cosa pare destinata a ripetersi. Rok è pazzo. Io glielo ho detto, ma lui mi ha semplicemente risposto che nessuno mi obbliga a combattere. Ma sa benissimo che combatterò.”

— Non mi sembra che sia impazzito — disse lei, gentilmente. — Forse sa qualcosa che tu non sai.

— Spero di sì, per il bene di tutti.

Alzò una mano, le seguì con le dita il profilo dei capelli.

— Non sei in collera — disse poi. — Temevo che lo fossi. Temevo che mi lasciassi, che ritornassi sul Monte Eld.

— E cosa avrei trovato sull’Eld, oltre a una casa vuota? Coren, quando ti ho sposato, già sapevo che un giorno, prima o poi, ti avrei visto partire, e che avrei dovuto aspettare il tuo ritorno qui, dentro queste antiche pietre, come la moglie di Rok e la moglie di Eorth, senza sapere se mai ti avrei rivisto. Però, non mi aspettavo che succedesse ora, così presto.

— Anch’io — disse Coren — non mi aspettavo che Rok facesse una cosa simile; pensavo che potessimo vivere pacificamente per anni, prima che succedesse questo.

— Lo so — disse Sybel. — Ma le cose si sono ingarbugliate e ora non so più dire dove sia l’inizio del filo degli eventi. Perciò, tu devi fare quello che devi fare, e io… quello che devo fare io.

— Mi spiace — mormorò lui.

— No. L’unica cosa di cui dovresti dispiacerti sarebbe di morire, perché in tal caso io ti seguirei immediatamente.

— No.

— Sì, invece. Non ti lascerò vagare tra le stelle da solo.

Lui sorrise con timidezza, inghiottendo a vuoto. Le toccò le labbra, poi gliele baciò delicatamente. L’abbracciò, accarezzandole i capelli, e lei gli ascoltò il lento battito del cuore. Continuarono a sedere in silenzio, immobili nella macchia di luce, finché Coren non si staccò.

Si alzò in piedi e aiutò ad alzarsi anche Sybel. Poi disse, guardando fuori della finestra, da dietro la spalla di lei:

— Sybel, il Cinghiale Cyrin sta arrivando dai campi. Dovremmo scendere ad aprirgli.

L’argenteo Cinghiale li attendeva alla porta posteriore e le sue zanne splendevano alla luce del mezzogiorno. Rimase fermo per un attimo, ansimando contro i piedi di Sybel e guardandola con i suoi occhietti rossi; poi le disse con la sua voce flautata:

— Il gigante Grof fu colpito all’occhio da una pietra, e quell’occhio si voltò all’interno, in modo che poté guardargli nella mente. Di quel che ci vide, lui morì.

Sybel s’irrigidì. Coren fissò il grande Cinghiale, senza capire. Si voltò verso Sybel, e lei gli lesse negli occhi la domanda, e uno sguardo di sorpresa. Non trovò la risposta a nessuno dei due; perciò si limitò a tenere aperta la porta. Cyrin la varcò ed entrò nel giardino.

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