Quando a tarda sera Lyra condusse le guardie della Morgol a Caithnard, per cercare un alloggio, Raederle andò con loro. La ragazza era passata dalla scuderia della Scuola, dove c’era il cavallo di Rood, e aveva appiccicato alla fronte dell’animale un piccolo groviglio di fili di seta che s’era strappata da un polsino, impregnandoli di un incantesimo. Entro i fili aveva posto mentalmente l’immagine di Rood che ne percorreva l’intero intreccio, a cavallo, in modo che una volta sceso in città egli avrebbe ciecamente e senza pensare seguito un percorso tortuoso fino a perdersi nel dedalo delle stradicciole. E al termine del groviglio di fili, al termine del percorso, Rood sarebbe uscito dall’incantesimo tornando padrone di decidere la sua strada; ma sarebbe stato tardi, perché non avrebbe più trovato né la marea né la nave ad attenderlo. Raederle sapeva bene che egli avrebbe subito sospettato di lei per quello scherzetto; tuttavia non gli sarebbe rimasto altro da fare che tornare ad Anuin a cavallo, via terra. E intanto Bri Corbett, incoraggiato dalle lance delle guardie della Morgol, avrebbe fatto vela per il settentrione.
Alle ragazze della guardia non era stato detto nulla. Cavalcando dietro di loro giù per la collina udì, sopra il monotono frangersi delle onde, le loro risa e frammenti di conversazioni spensierate. Era quasi buio; il vento spingeva il cavallo ad accelerare il passo, ma memore dell’avvertimento di Lyra lei lo trattenne, per non insospettire le altre mostrandosi frettolosa. Per tutta la strada fino a Caithnard le parve di avere incollati sulla schiena gli occhi severi della Morgol.
Si riunì al gruppetto delle colleghe di Lyra in una stradicciola semideserta presso le banchine. Le cinque ragazze si guardavano attorno con aria stupefatta. Una di loro esclamò: — Lyra, ma qui non ci sono altro che dei magazzini!
La bruna non rispose. Si girò a cercare con lo sguardo Raederle, e nel vedere la sua espressione interrogativa la tranquillizzò con un cenno d’intesa, poi fissò le altre. Qualcosa nel suo atteggiamento le azzitti. Le mani di lei si stringevano nervosamente sul manico della lancia. Infine disse, d’un fiato: — Questa notte io partirò per il Monte Erlenstar con Raederle di An. Faccio questo senza il permesso della Morgol: sto disertando dalla Guardia. Io non ho potuto proteggere il Principe di Hed quand’era ancora in vita; tutto ciò che posso fare è di andare dal Supremo, scoprire chi l’ha ucciso e farmi dire dov’è costui. Stiamo per partire su una nave del padre di Raederle, con destinazione Kraal. Il comandante della nave non è ancora stato informato della cosa. Io non posso… Volete stare zitte un momento? Lasciatemi finire. Io non posso chiedervi di aiutarmi. Non spero certo che voi commettiate un’azione disgraziata e vergognosa come lasciare la Morgol sola e senza scorta in una città straniera. Non so come io stessa possa fare una cosa simile. Ma ciò che so è che io e Raederle non possiamo farcela a rubare una nave con le nostre sole forze.
Quando tacque, soltanto lo scricchiolio di una finestra smossa dal vento incrinò il pesante silenzio che era caduto intorno a lei. I volti delle ragazze erano rigidi come maschere inespressive. Poi una di loro, una bionda alta e abbronzata le cui trecce incorniciavano un volto attraente, sbottò: — Lyra, sei uscita di senno per caso? — Si volse a Raederle. — Siete impazzite tutte e due?
— No — disse Raederle. — Non c’è marinaio in tutto il reame che acconsentirebbe a portarci là, ma il capitano di mio padre ha già una mezza inclinazione ad andare. Non credo che potrà mai lasciarsi convincere a farlo, però può essere costretto. Lui vi conosce, e una volta che avrà afferrato la situazione penso che non farà troppe discussioni.
— Ma cosa dirà la Morgol? E cosa penserà la nostra gente?
Lyra scosse il capo. — Non lo so. Non me ne importa.
La bionda la fissò a bocca aperta. — Lyra!
— Imer, voi avete tre possibilità di scelta. Potete lasciarci e tornare alla Scuola per informare la Morgol. Potete prenderci e portarci indietro con la forza, cosa questa che recherebbe gravissima offesa alla casa regnante di An, per non parlare dell’offesa fatta a me. E potete venire con noi. La Morgol ha altre venti guardie che attendono a Hlurle per scortarla di nuovo a Corona; non deve far altro che mandar loro un messaggio ed esse la raggiungeranno qui a Caithnard. Sarà perfettamente al sicuro. Comunque non credo che mi piacerebbe sentire quello che direbbe a voi, sapendo che mi avete lasciata andare da sola e senza aiuto verso il Monte Erlenstar.
Un’altra delle ragazze, bruna e robusta, dal tipico rude accento dei montanari di Herun, constatò con fare ragionevole: — Ciò che penserà è che abbiamo disertato tutte quante.
— Goh, ti giuro che con lei mi assumerò io l’intera responsabilità.
— Non potrai certo darle a bere che ci hai costrette con la forza. Lyra, rinuncia a questa pazzia e torniamo alla Scuola — disse Imer.
— No. E se provate a mettermi le mani addosso io darò immediatamente le dimissioni dalla Guardia, tornando ad essere ciò che sono: l’Erede di Herun, a cui voi non potete torcere un capello. — Tacque, fissandole una per una. Un paio di loro imprecarono sottovoce.
— Fin dove pensi che potrai arrivare, con la nave della Morgol a mezza giornata di viaggio dietro di te? Lei può vederti, non scordarlo.
— Avete forse paura? Tutte voi sapete che non potete lasciarmi andare da sola al Monte Erlenstar. Decidete.
— Lyra, noi siamo le guardie scelte della Morgol. Non siamo ladre o criminali. Non sequestriamo la gente. E questa nave…
— Allora tornate pure alla Scuola! — Il disprezzo con cui Lyra lo disse le raggelò. — La scelta è vostra. Tornatevene a Herun con la Morgol. Voi sapete bene quanto me chi era il Portatore di Stelle. Sapete come ha affrontato la morte, mentre il resto del mondo se ne andava con indifferenza per i fatti suoi. Se nessuno andrà a chiedere al Supremo il nome del mago che lo ha ucciso, o informazioni precise sui cambiaforma che lo insidiavano, allora è molto vicino il giorno in cui neppure cento guardie riusciranno a proteggere la Morgol nella sua stessa dimora, a Corona. Se dovrò andare al Monte Erlenstar, io ci andrò. Volete aiutarmi oppure no?
Schierate davanti a loro le cinque ragazze tacquero. Ferma a fianco di Lyra, Raederle vide i loro volti accigliati, imperscrutabili, duri come se stessero per affrontare una battaglia. Poi la meno alta di loro, una ragazza graziosa e bruna con sopracciglia simili a delicati archi sugli occhi nerissimi, disse rassegnata: — Ebbene, se non possiamo costringerti né con le buone né con le cattive, forse il comandante della nave riuscirà a farti ragionare. Sentiamo, come ti proponi di rubare la sua nave?
Quando Lyra ebbe capito che quello era un consenso fece loro segno di rimontare a cavallo. Saltò in sella e il gruppetto la seguì lentamente in ordine sparso. Raederle, portandosi al suo fianco, nel passare in un tratto di strada illuminato dalle luci di una taverna la vide tremare. Per riflesso un lungo brivido scosse anche lei, e d’istinto allungò una mano a toccarle un braccio. La bruna girò la testa. — Questa è ancora la parte più facile… rubare una nave!
— Non si tratta di un furto vero e proprio. La nave è di mio padre, e lui non è in grado né di opporsi né di dare il suo consenso. Io non temo il giudizio di nessuno, ad An. Ma so che voi date molta importanza al dovere e all’onore.
— È proprio il senso dell’onore che mi muove. Sono della Guardia della Morgol da sette anni, e a Corona ho trenta ragazze sotto il mio comando. Ma devo confessare che abbandonare la Morgol a questo modo va contro ogni addestramento e ogni principio. È una cosa senza precedenti.
— Alla Scuola sarà al sicuro.
— Lo so. Ma mi chiedo cosa penserà di me.
Dove la strada sfociava sui moli fecero rallentare i cavalli, e poco più avanti videro la nave del Re di An che oscillava ormeggiata al molo, sotto la luce della luna. Nella cabina di poppa era accesa una lanterna. Sul ponte ci fu il tonfo di una sacca che veniva scaricata da qualcuno salito a bordo proprio allora, e una delle ragazze sussurrò:
— Quelli devono essere i libri del Nobile Rood. Se non ci ritroveremo tutte quante a leggerli in fondo al mare, giuro che me ne mangierò uno intero, copertina di ferro compresa.
— Io avrei preferito bere qualcosa di forte — brontolò Goh. — Allora, quali sono le istruzioni?
Lyra le fece scendere da cavallo, poi confabulò un poco con loro. Quando il marinaio che aveva portato la sacca scese sul molo, fece un gesto e due delle ragazze gli si misero alle calcagna in perfetto silenzio. Le altre, Raederle compresa, la seguirono in punta di piedi su per la passerella. L’unico rumore era quello dello sciabordio delle onde e del sartiame. In quel silenzio lunare Raederle fu costretta a farsi forza e si guardò attorno, rabbrividendo come se sentisse intorno a sé la presenza di oscure ombre sbucate dalle acque del mare. Una delle guardie si appostò sul ponte, le altre due scesero svelte con Lyra sottocoperta. Raederle attese alcuni minuti per dar loro il tempo di fare quel che avevano progettato, quindi si mosse verso la cabina di poppa ed entrò. Bri Corbett era seduto al tavolo insieme a un mercante, e i due chiacchieravano sottovoce davanti ai loro boccali di vino. Il comandante accolse l’ingresso di lei con un sorrisetto perplesso.
— Siete un poco in anticipo, signora. Vi attendevo dopo cena. Il Nobile Rood sta portando i cavalli a bordo?
— No. Lui non verrà.
— Non ha intenzione di imbarcarsi? Allora cosa desidera che ne facciamo della sua roba? — Si accigliò, insospettito. — Non se ne sarà andato da qualche parte con i suoi mezzi, come vostro padre?
— No. — La ragazza aveva la gola secca. Deglutì saliva. — Sono io ad andarmene. Viaggerò fino al Monte Erlenstar. Voi mi porterete fino al porto di Kraal. Se vi rifiutate, sono certa che il comandante della nave della Morgol accetterà di condurre in mare questa nave.
— Cosa? — Corbett si alzò, inarcando le grigie sopracciglia fin quasi all’attaccatura dei capelli. Il mercante stava sogghignando. — Un estraneo dovrebbe prendere il comando di una nave del Re? Passando sulle mie ossa morte e bruciate, forse. Mia cara ragazza, mettetevi a sedere e fatemi il favore di non… — La voce gli si bloccò: Lyra era scivolata dentro silenziosa come un fantasma, con la lancia puntata contro di lui. Raederle lo udì ansimare di sorpresa. Il mercante aveva smesso di sorridere.
— L’equipaggio era quasi tutto di sotto — disse Lyra. — Imer e Goh li stanno tenendo a bada. C’è stato un piccolo malinteso quando un paio di loro hanno pensato che le mie ragazze puntassero gli archi per scherzo, e così abbiamo dovuto dare una piccola dimostrazione… i due non sono feriti. Comunque, pare che il vostro barile di vino si sia rotto. Il cuoco lo ha sfondato con la testa mentre cercava di disarmare Goh.
— Era la loro razione di vino per il viaggio — borbottò Corbett. — Buon vino di Herun. — Il mercante si alzò in piedi; Lyra lo fissò, senza spostare la lancia, e l’uomo restò immobile dov’era.
Raederle disse: — Due guardie hanno seguito l’uomo sceso poco fa a terra; ritroveranno il resto dell’equipaggio. Tuttavia, Bri, voi volevate andare al Monte Erlenstar. Lo avete detto voi stesso.
— E voi… volete dire che mi avete preso sul serio?
— Non so fino a che punto eravate serio. Io lo sono.
— Ma vostro padre! Mi strapperà i denti uno ad uno con le sue mani, quando scoprirà che ho acconsentito di portare la sua Erede e l’Erede di Herun in un balordo… in un viaggio non autorizzato e pericoloso. E la Morgol sarebbe capace di mettere in armi Herun!
— Se non volete comandare la nave troveremo qualcun altro che lo farà. Le taverne e i moli sono piene di marinai competenti, disposti ad accettare un buon premio d’ingaggio. Se volete, faremo in modo che vi trovino legato da qualche parte, insieme a questo mercante, così potrete dimostrare la vostra completa innocenza.
— Sbattermi fuori dalla mia stessa nave? — ringhiò l’uomo, irritato.
— Ascoltatemi, Bri Corbett — disse lei con calma. — Io ho perduto un amico che amavo, l’uomo che avrei potuto sposare, lassù in qualche luogo fra Passo Isig e Monte Erlenstar. Volete dirmi per quale motivo dovrei tornare a casa mia? Altri interminabili silenzi e altre attese ad Anuin? Coi nobili di tutto il regno che mi ciondolano in casa e litigano per ottenere la mia mano, mentre il mondo si sta spaccando in due com’è successo alla mente di Morgon? Con Raith di Hel che…
— Lo so. — Corbett mosse una mano verso di lei. — Vi capisco. Ma voi non potete fare questo.
— Avete affermato che sareste stato capace di portare questa nave fin davanti alla dimora del Supremo, se mio padre ve l’avesse chiesto. Non avete mai pensato che mio padre potrebbe trovarsi presto nello stesso pericolo che ha irretito Morgon? Volete navigare tranquillamente verso Anuin e lasciarlo da solo là nel nord? Anche se voi riusciste in qualche modo a scacciarci da questa nave, noi viaggeremo con altri mezzi. E ve la sentireste di tornare ad Anuin e di portare a Duac questa notizia, oltre a quello che è già capitato? Io ho delle domande da fare. E voglio le risposte. Io andrò al Monte Erlenstar. Intendete governare la nave per noi, o dovrò trovare un altro comandante?
Bri Corbett aveva i pugni stretti. Li poggiò sul tavolo e li fissò per qualche momento, rosso in faccia e muto. Poi risollevò lentamente la testa, fissando Raederle come se la ragazza fosse entrata dalla porta in quel momento ed egli avesse dimenticato perché. — A Kraal avrete bisogno di un’altra nave adatta al fiume. Ve l’ho detto, questo.
— Lo so. — La voce di lei ebbe un tremito, quando vide lo sguardo di Corbett.
— Posso portarvi a Kraal, ma solo a un patto: mi permetterete di portarvi anche su per il corso del Fiume Inverno?
— Io preferirei… preferirei voi a chiunque altro.
— Non abbiamo abbastanza rifornimenti per arrivare a Kraal. Dovremo fermarci a Caerweddin, forse, o a Hlurle.
— lo non ho mai visto la città di Caerweddin.
— È una città piacevole. Da Kraal a Isig sono bei posti. Non vado lassù da… mmh, bene. Avremo bisogno di altro vino. Gli uomini dell’equipaggio sono a posto, i migliori con cui io abbia mia navigato, ma pretendono roba genuina per sciacquarsi via il salmastro dalla gola.
— Io ho del denaro, e alcuni gioielli. Penso che ne avrete bisogno.
— L’avete detto. — Emise un lungo sospiro. — Voi mi ricordate sempre più qualcuno. Quella persona contorta e incomprensibile che ben conoscete. — Il mercante fece per protestare qualcosa, e Bri Corbett annuì verso di lui. Poi si volse a Lyra, rispettosamente. — Cosa intendete fare col nostro ospite? Se potrà scendere a terra, correrà a bussare alla porta della Scuola prima che questa nave sia fuori dal porto.
Lyra osservò il mercante. — Potremmo legarlo e lasciarlo sul molo. Qualcuno lo troverà, domattina.
— Andiamo! Io non dirò una parola, signora — si lamentò l’uomo, ma Bri ebbe una risata secca.
— Comandante — disse Raederle, — lui resta il solo testimone della vostra innocenza. Ricordate che avete una reputazione da difendere.
— Signora, sia che si dica che la mia nave è stata catturata da una mezza dozzina di femmine neppure maggiorenni, sia che sono diventato matto e ho portato la figlia di Mathom e l’Erede della Morgol ad affrontare la morte in capo al mondo, della mia reputazione non ne resterà neanche abbastanza da pulircisi le scarpe. E adesso meglio che controlli se l’equipaggio è pronto; dovremo toglierci da qui alla svelta.
Usciti sul ponte videro che i pochi membri mancanti della ciurma stavano arrivando lungo il molo; le due ragazze della guardia li scortarono su per la passerella con le lance puntate. Alla vista di Bri Corbett gli uomini esplosero in una caterva di domande sbigottite, e il comandante alzò le mani per placarli.
— Gente, siamo stati rapiti. Tutti quanti — disse con calma. — Il privilegio vi frutterà un extra sulla paga. Salperemo subito verso nord. Controllate se manca ancora qualcuno, e dite agli altri, giù dabbasso, se vogliono essere così gentili da mettersi al lavoro. Guardate se nel barile c’è rimasto un po’ di vino; comunque ne caricheremo dell’altro a Ymris. E un’altra cosa: visto che abbiamo delle donzelle di Herun a bordo, chi non vuole trovarsi a ramazzare il ponte per punizione farà bene a tenere le mani a posto. Sono stato chiaro?
Mentre gli uomini scendevano sottocoperta le due guardie interrogarono con lo sguardo Lyra, e la bruna annuì. — Una di voi in timoneria, l’altra sorvegli la banchina. Voglio tenere la nave sotto controllo finché non saremo fuori dal porto. — Si volse a Bri Corbett. — Io mi fido di voi, signore. Ma non vi conosco, e mi è stato insegnato che la prudenza non guasta. Dovrò controllare ciò che fate. Tutte noi siamo esperte nell’orientarci con le stelle, il sole, i venti e il nostro naso, e se la prua scarta di un capello dalla rotta prevista ce ne accorgeremo all’istante.
— Ho già visto le guardie della Morgol in addestramento — disse Bri Corbett. — State tranquilla. Da me non avrete problemi.
I membri dell’equipaggio apparvero in coperta, stupefatti e disgustati, e vennero spediti ciascuno al suo posto di lavoro sotto la sorveglianza delle ragazze armate d’arco. Un ultimo marinaio solitario e mezzo ubriaco arrivò a bordo, canticchiando. Quando fu sul ponte girò due occhi vacui sulle guardie, sbatté le palpebre verso Lyra e s’accorse che Imer, in ginocchio, stava legando i polsi dietro la schiena al mercante steso sul ponte. Con un’esclamazione compiaciuta il marinaio si chinò a baciarla sulla bocca.
La ragazza lo respinse imprecando, ma vacillò di lato sbilanciata, e il mercante ne approfittò per liberarsi le mani; nel rialzarsi colpì Imer con una testata nello stomaco, e lei cadde a sedere sul ponte. Travolgendo uno dei marinai l’uomo corse verso la passerella. Dinnanzi a lui comparve Goh con la lancia protesa, tuttavia la ragazza non se la sentì di ammazzarlo a sangue freddo e l’altro balzò sulla rampa inclinata; ignorò un paio di frecce che saettarono a conficcarsi nel legno proprio davanti ai suoi piedi e corse sulla banchina. Nella scarsa luce lunare i marinai assistettero alla scena, mentre le guardie stavano puntando ancora gli archi. Fermo fra Raederle e Lyra, Bri Corbett imprecò sonoramente.
— Ehi, non vorrete mettergli una freccia in corpo, spero! — esclamò.
Senza aprir bocca Lyra segnalò alle ragazze di abbassare gli archi. Ma subito dopo dal buio provenne un grido e ci fu il tonfo di un corpo che precipitava nell’acqua. Tutti si avvicinarono alla murata, frugando nell’oscurità con lo sguardo. — Cos’è successo? L’uomo è ferito? — ansimò Raederle.
Lo udirono annaspare nell’acqua, bestemmiando, poi ci fu il tintinnio di una catena e l’individuo si tirò faticosamente all’asciutto. Videro la sua ombra allontanarsi di corsa lungo il molo. Ma non aveva fatto che pochi passi quando senza apparente ragione deviò all’esterno e piombò di nuovo in mare. — Per le ossa di Madir! — si sbalordì Bri Corbett. — Non vede neanche dove mette i piedi. — Poco dopo, allorché il mercante si fu arrampicato sul molo, sussurrò: — Demoni! fa due passi a destra e due a sinistra. Deve aver battuto la testa. E ora torna verso di noi. Domani costui griderà ai quattro venti che io ho a bordo il Re di An, la Morgol, e quaranta maghi scatenati, e tutti i pazzoidi di Caithnard gli crederanno. Ehi… dov’è finito?
Nell’oscurità c’era stato un altro tonfo, soffocato. A prua un marinaio lo informò: — Capitano, l’uomo è caduto in una scialuppa. Sembra ubriaco fradicio. — Bri Corbett si volse accigliato a Raederle, che non era riuscita a reprimere una risatina. — Mi spiace — mormorò lei.
Lyra la fissò perplessa. — Che cosa… gli hai fatto qualcosa? Sei stata tu, vero?
Lei gli mostrò l’orlo del polsino, ormai sbrindellato. — È una cosetta che la guardiana dei porci di Hel mi ha insegnato… bastano alcuni fili intrecciati. Spero che quel pover’uomo non si sia fatto male.
La nave scivolò fuori del porto immerso nell’oscurità, silenziosa come un fantasma, lasciandosi alle spalle le luci giallastre della città e i due grossi falò di segnalazione accesi ai vertici della baia. Allorché la prua si volse a settentrione ed il vento gonfiò le vele, Lyra rilassò la sua sorveglianza e raggiunse Raederle alla balaustra di poppa. Per un poco le due ragazze rimasero in silenzio, mentre il promontorio si levava sotto le stelle e le ultime luci di Caithnard sparivano dietro di esso. Contro il firmamento cominciò a scorrere il nero profilo di una costa che a Raederle era sconosciuta. La giovane donna rabbrividì nel freddo vento della notte, e strinse le mani sulla murata. — È questo ciò che per due anni ho desiderato di fare. L’ho desiderato fin da quando lui perse quella corona da qualche parte, qui sul fondo del mare. Ma da sola non ne avrei avuto il coraggio. In vita mia non sono mai andata più lontano di Caithnard, e il reame mi sembra… così immenso. — Tacque un poco, con gli occhi sui riflessi che la luna creava nella scia della nave. Il suo tono si fece sofferente: — Vorrei soltanto averlo fatto prima.
Lyra si appoggiò alla balaustra, in uno dei rari movimenti rilassati del suo corpo snello. — Come potevamo immaginare che sarebbe stato necessario andare là? Lui era il Portatore di Stelle, aveva un destino. E gli uomini mossi da un destino trovano in esso la loro protezione. E andava alla dimora del Supremo scortato dal suo arpista. Chi avrebbe pensato mai che il Supremo non avrebbe aiutato né lui né il suo arpista?
Nell’oscurità Raederle osservò il profilo di lei. — Deth? La Morgol pensa che sia morto?
— Non lo sa. Lei… è una delle ragioni per cui è venuta qui. Voleva sapere se i Maestri avevano un’idea di ciò che gli è accaduto.
— Perché non è andata al Monte Erlenstar?
— Gliel’ho chiesto. Mi ha risposto che l’ultimo governatore della terra andato a far visita al Supremo non è tornato indietro, e nessuno lo ha rivisto mai più.
Raederle non replicò. Il brivido che le corse lungo la schiena non fu provocato dal vento. — Ho sempre pensato che il Monte Erlenstar fosse il luogo più bello e più sicuro del mondo.
— Anch’io. — Lyra si volse. Una delle guardie, quella piccola e bruna, l’aveva chiamata. — Che c’è, Kia?
— Il comandante ci ha assegnato la cabina reale. Dice che è l’unica grande abbastanza per tutte noi. Vuoi che si facciano turni di guardia durante la notte?
Lyra interrogò Raederle con un’occhiata, e lei mormorò pensosamente: — Voglio fidarmi di lui. Ma perché metterlo in tentazione di tornare indietro? Ve la sentite di vegliare?
— A turni — Lyra si rivolse a Kia. — Una guardia in timoneria, con turni di due ore fino all’alba. Io farò il primo.
— Ti terrò compagnia — disse Raederle.
La fanciulla trascorse le due ore successive cercando d’insegnare a Lyra l’incantesimo che aveva posto sullo sfortunato mercante, usando un pezzo di spago regalatole dal timoniere, che assisteva stupito. Lyra, concentrandosi su di esso, vi tracciò con la mente il percorso seguito da un marinaio che se ne andava serenamente per i fatti suoi. O almeno tale era il suo proposito.
— Ehi! — protestò il timoniere. — Con questa stregoneria ci farete cadere tutti fuori bordo!
La bruna scosse la testa. — È inutile, non ci riesco. Potrei stare a fissarlo per ore, ma rimarrebbe sempre e soltanto un pezzo di corda. Non c’è potere magico nel mio sangue.
— C’è, invece — disse Raederle. — Io l’ho sentito. Nella Morgol.
Lyra la fissò incuriosita. — Io non me ne sono mai accorta. Un giorno io avrò la vista totale, come lei, ma è un dono fisico e non magia. Questa cosa io non la capisco.
— Guardala con gli occhi della mente, finché essa non ti apparirà più una cordicella intrecciata ma un sentiero, che si annoda e si torce su se stesso, che costringerà chiunque lo tocca a seguirne ciecamente le evoluzioni… cerca di vederlo. E poi mettici sopra il tuo nome.
— E come?
— Pensa che tu sei te stessa, e che il tuo nome è un oggetto fisso all’intreccio. Dev’esserci come un legame di conoscenza reciproca fra te e la cordicella.
Lyra tornò a concentrarsi sullo spago. Restò in silenzio a lungo, mentre Raederle e il timoniere la osservavano; ma ad un tratto Bri Corbett uscì dalla cabina e salì sul cassero, e la bruna nascose la cordicella sotto uno stivale.
— In nome di Hel! — disse l’uomo al timoniere. — Dove ci stai portando? Vuoi farci naufragare sulla costa di Ymris? — Si mise alla ruota del timone e riportò la nave in rotta, imprecando. Dietro di lui Lyra abbassò lo sguardo sullo stivale, con un sospiro.
— Io sono me stessa, e non ce la faccio a dare il mio nome a un pezzo di corda. È una perdita di tempo. Che cos’altro sai fare?
— Solo pochi piccoli incantesimi. So trasformare i fili d’erba in strisce di paglia per intrecciare canestri, e far apparire un innocuo cespuglio come un’impenetrabile siepe di rovi, e so trovare la strada nei Boschi di Madir, dove gli alberi sembrano cambiare posto e fanno smarrire i viandanti… cosette da poco. Ho ereditato un po’ di potere dalla strega Madir e da un uomo chiamato Ylon. Per qualche ragione nessuno dei miei due fratelli riesce a far queste cose. La guardiana dei porci dice che la magia ereditaria sceglie da sé le persone in cui ricompare. Quando eravamo bambini mi divertivo a entrare con loro nei Boschi di Madir, e soltanto io sapevo uscirne. Quanto si arrabbiavano!
— An dev’essere una strana terra. A Herun c’è pochissima magia, a parte quella portata dai maghi stessi molti secoli fa.
— La terra di An è gravida di magie di ogni genere. Ed è questo a rendere preoccupante il fatto che mio padre l’abbia lasciata per chissà quanto tempo. Senza il suo controllo molte magie si liberano, e i morti si risvegliano con tutti i loro ricordi.
— Che cosa fanno? — ansimò la ragazza, spaurita.
— Essi ricordano gli antichi feudi, i vecchi rancori, le battaglie, e creano impulsi per farli rivivere. In quei tempi lontani le guerre fra le Tre Parti di An erano tumultuose, gravide di violentissime passioni; i Re ed i nobili, morendo a volte tragicamente, le trasmettevano ai loro successori insieme al passaggio del governo della terra. Questo istinto che restava nei vivi li legava ai morti, e i libri di incantesimi di coloro che praticavano la magia, come Madir e Peven…
— E questo Ylon, chi era?
Raederle si chinò a raccogliere la treccia di spago. La fissò, accigliata, finché non ne ebbe districato il percorso ed essa le si sciolse di colpo fra le dita. — Ylon è un enigma — mormorò.
Imer venne a cominciare il suo turno di guardia, e Lyra e Raederle furono liete di poter andare in cuccetta. Il leggero rullio della nave sull’oceano tranquillo aiutò Raederle ad addormentarsi quasi subito. Si risvegliò ai primi chiarori dell’alba, quando il sole non era ancora sorto. Appena vestita uscì sul ponte. Il mare, il cielo, la lunga linea della costa di Ymris, tutto era grigio in quel pallore antelucano. A oriente le foschie che si perdevano sull’immenso orizzonte oceanico stavano sfumando dal bianco al rosa-azzurro. La guardia che aveva fatto l’ultimo turno gettò uno sguardo al cielo e scese per farsi qualche altra ora di sonno. Raederle s’incamminò lungo la murata, sentendosi un po’ disorientata nel mondo privo di colori che la circondava. Alla base di una scogliera biancastra scorse un piccolo villaggio di pescatori, che le apparve anonimo ed estraneo quanto la costa su cui sorgeva; alcune barche minuscole per la distanza si stavano avventurando oltre il frangiflutti verso il mare aperto. In alto volava uno stormo di gabbiani, che stridendo si lasciavano portare a meridione dalla brezza. La fanciulla si chiese se avrebbero vagato nel cielo fino ad An. D’improvviso si sentì triste e solitaria, senza veri scopi nella vita, e in lei balenò il sospetto d’aver lasciato ad Anuin non solo le sue cose ma anche una parte della sua identità.
Il rumore di qualcuno che stava dando di stomaco dietro un grosso mucchio di corde arrotolate la fece volgere di scatto. Muta per la sorpresa si vide davanti un volto pallido, ed ebbe paura d’aver rubato un nave piena di cambiaforma. Ma nessun cambiaforma, fu costretta a dirsi, avrebbe mai assunto le sembianze di una fanciulla dall’aria derelitta e miserevole come quella. Attese un poco, mentre la brunetta vomitava ancora penosamente e poi, tremando come una foglia, si girava a sedere con le spalle alla murata e chiudeva gli occhi, sfinita. Raederle aveva visto spesso Rood in preda al mal di mare, e andò a cercare un po’ d’acqua. Quando fece ritorno, con un mestolo, era quasi pronta a scoprire che la misteriosa apparizione era svanita; ma la fanciulla era sempre lì, magra e infagottata in un vestitaccio di panno grezzo, simile a una bambola di cenci sbattuta in un angolo.
Si inginocchiò, e la fanciulla rialzò la testa. Dietro i capelli scarruffati aveva un volto grazioso, sensibile, ma la sua espressione era quasi offesa, come se il mare e la nave avessero cospirato per oltraggiarla. Le sue mani tremarono quando afferrò il mestolo. Erano mani di popolana agli occhi di Raederle, abbronzate e callose, troppo grandi per quel corpo snello. La fanciulla vuotò il mestolo e si lasciò ricadere indietro contro la murata.
— Grazie — sussurrò. I suoi occhi si chiusero ancora. — In tutta la mia vita non mi ero mai sentita così orribilmente male. Oh… cielo!
— Ti passerà. Chi sei? E come hai fatto a nasconderti a bordo?
— Sono… sono salita ieri sera. Poi mi sono nascosta nella scialuppa di salvataggio, sotto un telo, finché… finché non ce l’ho più fatta a stare lì dentro. La nave ondeggiava da una parte, e la scialuppa dall’altra. Ho cominciato a credere che sarei morta… — Ebbe un fremito convulso, riaprì gli occhi e sbatté le palpebre. Qualcosa nel suo visetto un po’ lentigginoso, ovale e ben proporzionato, fece trattenere un attimo il respiro a Raederle. La fanciulla riprese fiato e proseguì: — Ieri sera stavo cercando un posto per dormire, nel porto di Caithnard, accanto a quel magazzino, quando siete venute a fermarvi lì coi vostri cavalli. Vi ho sentite parlare. E così… e così vi ho seguito a bordo di questa nave, perché voi state andando in un posto dove voglio andare anch’io.
La voce di Raederle fu un sussurro. — Chi sei tu?
— Tristan di Hed.
Lentamente Raederle si sedette sui talloni. L’immagine del volto di Morgon, più chiaro di quanto l’aveva visto in sé per anni, si sovrappose al visetto di Tristan, così perfettamente che deglutì un groppo di saliva. Tristan la fissò con una strana espressione incerta, ansiosa, poi abbassò i capo e si strinse addosso i suoi panni informi e malconci. Quando lo scafo beccheggiò ebbe un mugolio, e strinse i denti. — Io so che mi accadrà qualcosa di brutto. Ho sentito quel che ha detto l’Erede della Morgol. Avete rubato la nave, e nella vostra terra nessuno sa ciò che volete fare. E ho sentito i marinai dire che li state costringendo a fare rotta a nord, e che… che preferivano sbarcare nel primo porto che farsi ridere dietro da tutto il reame. E poi hanno parlato del Supremo, ma avevano abbassato la voce e non ho sentito niente.
— Tristan…
— Se mi lascerete a terra, io camminerò. Tu stessa hai detto che saresti stata disposta ad andarci a piedi. Io ho dovuto ascoltare Eliard piangere nel sonno, quando sognò di Morgon. Aveva spesso incubi terribili. Una notte mi disse di aver visto il volto di Morgon, in sogno, e che non… non lo aveva quasi riconosciuto. Allora fu preso dal desiderio di andare al Monte Erlenstar. Ma era pieno inverno; Tor Oakland disse che quello era il peggior inverno che avesse visto in settant’anni di vita, e lo convinsero ad aspettare.
— Non avrebbe mai potuto valicare il Passo.
— Questo è ciò che gli disse anche Grim Oakland. Voleva partire a ogni costo, però. Allora il Mastro Cannon gli promise che sarebbero partiti loro due insieme, a primavera. E quando è venuta la primavera… — La voce le si ruppe. Per qualche istante restò assolutamente immobile, fissandosi le mani. — È venuta la primavera, e Morgon è morto. E allora Eliard… lui deve lavorare, capisci? Ma qualunque cosa stesse facendo io vedevo nei suoi occhi quella domanda: perché? Così io andrò al Monte Erlenstar per scoprirlo.
Raederle sospirò. Il sole era finalmente emerso dalle foschie mattutine, e le ombre del sartiame si proiettavano sul ponte in disegni complessi. Investito dalla sua luce calda il volto di Tristan apparve un po’ meno cereo, e la fanciulla smise di rabbrividire. Poi aggiunse: — Non cambierò idea, qualunque cosa tu dica.
— Non dipende da me. Stavo pensando a Bri Corbett.
— Lui ha detto che porterà te e Lyra…
— Corbett sa che sono testarda, e non può discutere neppure con le guardie della Morgol. Ma non gli andrà giù di portare con sé anche l’Erede di Hed, specialmente se nessuno al mondo sa dove sei. Potrebbe invertire la rotta e ricondurci tutti a Caithnard.
— Io ho scritto un biglietto per Eliard. Comunque le guardie gli impediranno di far girare la nave.
— No. Non in mare aperto. Qui siamo nelle sue mani. Tristan guardò dolorosamente la scialuppa da cui era uscita. — Potrei nascondermi ancora. Nessuno mi ha visto.
— No. Aspetta. — Raederle cercò di riflettere. — Meglio nella mia cabina. Starai lì. E ti porterò qualcosa da mangiare.
Tristan deglutì a vuoto. — Avevo già fatto conto di stare senza mangiare per un bel pezzo.
— Te la senti di camminare?
Lei si sforzò di annuire. Raederle controllò che il ponte fosse deserto, poi la aiutò a mettersi in piedi e la sostenne lungo la ripida scaletta, conducendola nella sua piccola cabina personale. La fece sedere sul letto, le diede un po’ di vino, e quando un’improvviso rullio la fece rovesciare sfinita sulle coltri le distese addosso il suo mantello. Tristan chiuse gli occhi, così immobile che non sembrava neppure respirare, ma quando Raederle fu sul punto di uscire udì la voce di lei risuonare più calma e sollevata: — Grazie…
Trovò Lyra a prua, avvolta in un pesante mantello e intenta a osservare il sorgere del sole. La ragazza bruna le rivolse uno dei suoi rari quanto impulsivi sorrisi, ma si fece seria nel vedere la sua espressione.
A bassa voce, per non farsi udire da un marinaio, Raederle le comunicò: — Abbiamo un problema.
— Corbett?
— No. Tristan di Hed.
Lyra la fissò incredula. In silenzio, accigliata, ascoltò il breve resoconto di Raederle, poi abbassò gli occhi sul ponte come se potesse vedere la fanciulla addormentata nella cabina. — Non possiamo portarla con noi — disse con decisione.
— Lo so.
— La gente della sua terra ha già sofferto abbastanza durante l’assenza di Morgon; lei è l’Erede di Hed, e deve essere… Quanti anni ha?
— Quindici, forse. Ha lasciato un biglietto. — Si passò una mano sugli occhi. — Se adesso Bri Corbett tornasse a Caithnard, potremmo discutere con lui fino a farci venire i capelli bianchi ma non consentirebbe mai a ripartire per il nord.
— Se tornassimo indietro — la corresse Lyra, — ci troveremmo di fronte la nave della Morgol. Ma Tristan dev’essere ricondotta a Hed. Glielo hai detto?
— No. Avevo bisogno di tempo per riflettere. Corbett ha detto che dovremo fermarci a imbarcare provviste. Potremmo trovare una nave mercantile che la riporti indietro.
— E lei sarebbe d’accordo?
— Per il momento non è in condizione di discutere. Non ha mai lasciato Hed in vita sua. Dubito che abbia anche una vaga idea di dove si trovi il Monte Erlenstar. Probabilmente non ha mai neppure visto una montagna. Ma ha… sembra che abbia la stessa testardaggine di Morgon. Se la mettessimo su un’altra nave mentre ha ancora il mal di mare, non capirebbe dove sta andando finché non fosse in grado di alzarsi dal letto. So che può sembrare impietoso, ma se le accadesse qualcosa fra qui e il Monte Erlenstar, questo desterebbe una terribile impressione e non solo a Hed, ma in tutto il reame. I mercanti dovranno aiutarci.
— Credi che dovremmo parlare a Bri Corbett?
— Invertirebbe immediatamente la rotta.
— Già! — Con una smorfia Lyra lasciò scorrere lo sguardo sulla bianca linea di frangenti che orlavano la costa di Ymris. — E per me non sarebbe molto divertente affrontare la Morgol.
— Io non tornerò ad Anuin — sussurrò Raederle. — Forse Tristan non ci perdonerà mai, però avrà le risposte che cerca, lo giuro sulle ossa di tutti i morti di An. E lo giurò sul nome del Portatore di Stelle.
Lyra ebbe un fremito. — Questo — sussurrò a disagio, — suona troppo definitivo; quasi che fosse l’unica cosa a cui desideri dedicare la tua esistenza.
Tristan dormì per la maggior parte del giorno. A sera Raederle le portò una ciotola di zuppa delicata; lei si alzò a sedere e ne mangiò un poco. Poi, mentre il freddo vento dell’ovest gravido degli odori della costa scuoteva con forza la velatura, il suo visetto scomparve di nuovo sotto le coperte. Raederle la udì gemere e ne fu impietosita. Nel casotto di poppa, invece, Bri Corbett era d’umore compiaciuto.
— Se il vento tiene, saremo a Caerweddin prima di mezzodì — comunicò a Raederle quando entrò a dargli la buonanotte. — È un ottimo vento. Ci fermeremo non più di un paio d’ore per i rifornimenti, e potremo salpare prima che sopraggiungano eventuali inseguitori.
— Verrebbe quasi da pensare — commentò Raederle quando scese nella cabina di Lyra per farsi prestare un cuscino, poiché Tristan s’era addormentata sopra i suoi, — che il viaggio sia stata una sua idea fin dal principio. — La giovane donna si improvvisò un giaciglio sul pavimento, dove trascorse una notte piuttosto scomoda, e quando il mattino dopo si svegliò scoprì di sentirsi a pezzi e stordita. Vacillò sul ponte invaso dal sole in cerca di calore e d’aria fresca con cui riempirsi i polmoni, e sulla prua trovò Bri Corbett che stava borbottando qualcosa fra sé.
— Non vengono da Kraal, e non possono neppure essere navi mercantili di Ymris. Troppo basse e snelle — disse, fissando il mare. Raederle, occupata a districarsi i capelli che il vento le avvolgeva intorno alla faccia, sbarrò gli occhi nell’accorgersi che da nord stava sopraggiungendo una mezza dozzina di navi, dirette verso di loro. Avevano scafi bassi e sottili, a un solo albero, con vele di un azzurro intenso bordate in argento. Corbett abbatté un pugno sulla balaustra con un’imprecazione. — Per le ossa di Madir! Erano dieci anni che non vedevo navi di questo genere; da quando sono al servizio di vostro padre. Ma a Caithnard non ho sentito una parola di questa faccenda.
— Che cosa?
— Guerra! Queste sono navi da guerra di Ymris.
La storditezza residua abbandonò di colpo Raederle, che scrutò la piccola e veloce flottiglia. — Ma hanno appena terminato una guerra — protestò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. — Non è neppure trascorso un anno.
— Dobbiamo aver evitato un guaio per un capello. Da qualche parte sulla costa c’è guerra; questi stanno aspettando un carico d’armi.
— Credete che si fermeranno?
— Perché dovrebbero? Abbiamo l’aria di una nave mercantile? — Ma subito tacque. Si fissarono l’un l’altro, colpiti dalla stessa riflessione.
— No — disse Raederle. — Questa è una nave privata del Re di An, e la sua comparsa in zona di guerra potrebbe generare sospetti. C’è la possibilità che ci vogliano scortare a Caerweddin? Come pensate di spiegare la presenza delle guardie della Morgol su…
— Come penso di spiegarlo? Io? Forse che sono stato io a impadronirmi di questa nave, e a chiedervi di portarmi a nord?
— E come potevo immaginare che Ymris fosse alla vigilia di una guerra? Voi, piuttosto, che stavate chiacchierando con quel mercante: possibile che non ve ne abbia accennato? Non avreste dovuto scegliere una rotta così sottocosta; se ci fossimo tenuti al largo non saremmo finiti in mezzo alle navi del Re di Ymris. O forse… lo sapevate? Stavate contando sul fatto che ci avrebbero fermati?
— Per la barba di Hagis! — esplose Corbett, indignato. — Se volessi tornare indietro non mi farei fermare da nessun uomo, figuriamoci da quattro ragazzotte, addestrate o meno che siano! Sto facendo vela per il nord perché così voglio io e non… Ma chi è quella?
Rosso in viso per l’ira l’uomo era rimasto come paralizzato, gli occhi fissi su Tristan, che era uscita per appoggiarsi alla murata e stava vomitando in mare. La bocca di Corbett si aprì e si richiuse più volte, ma dalla gola non gli emerse che un rauco ansito d’incredulità. Allorché Tristan si raddrizzò, pallida e vacillante, l’uomo ritrovò la voce:
— Signora, quella chi è?
— Oh, ecco, è… è soltanto una clandestina — disse Raederle, vagamente. — Corbett, non c’è motivo di prendersela. La faremo sbarcare a Caerweddin e…
— No, non voglio! — Tristan l’aveva udita, e la sua voce suonò ferma. — Io sono Tristan di Hed, e non sbarcherò finché non saremo al Monte Erlenstar.
Corbett aprì la bocca e aspirò l’aria, gonfiandosi come una vela, e Raederle si scostò d’istinto come se si aspettasse di vederlo esplodere. Ma l’uomo girò su se stesso, e fu in direzione del timoniere che il suo urlo scaturì, così violento che il marinaio sussultò come se si fosse stroncato l’albero: — Questo è troppo! Inverti la rotta di questa nave. Voglio che la prua entri nel porto di Tol prima ancora che la poppa abbia lasciato le acque di Ymris!
La nave ruotò su se stessa, coi marinai impegnati alla manovra della velatura. Tristan rimase aggrappata alla balaustra, con aria abbacchiata. Lyra salì sul cassero, prese atto della situazione e della presenza di Tristan, e si accostò a Raederle con un sospiro. — Cos’è successo?
La giovane donna scosse il capo, sconsolatamente. Ma pochi minuti dopo un’ombra azzurra scivolò fra loro e il sole; era una nave di Ymris, e Raederle mandò un ansito: — Corbett!
Veloce, capace di tagliare il vento con più agilità, la nave da guerra li stava oltrepassando a tribordo e si accostava, con l’evidente intenzione di tagliar loro la rotta. — Corbett! — Il grido di lei fece finalmente volgere il comandante, che stava abbaiando ordini alla ciurma. — Le navi da guerra! Guardate! Devono aver creduto che volessimo fuggire da loro!
— Cosa? — L’uomo si rese conto con un’occhiata che il vascello li avrebbe intercettati o costretti a dirottare sui bassifondi, e la sua voce esplose alcuni ordini concitati. Il timoniere fece compiere alla nave un altro semicerchio, le vele persero il vento e la velocità si ridusse. Quella di Ymris compì l’identica manovra, accostandosi maggiormente, ed essi poterono vedere le armi e le armature dei soldati sul ponte. Un secondo vascello si stava intanto avvicinando sul lato di terra, e nel vederli tornare indietro invertì la rotta portandosi più vicino. Corbett non fece aumentare la velocità. Da lì a poco, giunti a portata di voce, da una delle navi di Ymris un uomo dai capelli bianchi gridò alcune intimazioni in tono deciso.
Bri Corbett rispose, confermando che non intendeva opporre resistenza, quindi si volse a Raederle con una smorfia. — Non preoccupatevi, signora. Faremo rotta a nord, e a quanto pare da qui a Caerweddin avremo una scorta reale.
— Chi c’è a bordo di quella nave?
— Astrin Ymris.