Da una distanza di due miliardi di anni l’energia si stava scaricando nel vero Martello, di cui loro avevano soltanto una replica parziale. Un uomo, o qualcos’altro, forse soltanto del materiale, stava al centro dell’Incudine in attesa che il campo di energia gli desse la spinta che l’avrebbe mandato agli inizi del Paleozoico. Gli effetti del viaggio nel tempo erano molto simili a quelli di un forte colpo di martello. Da qui la metafora sulle diverse parti della macchina.
Costruire la Hawksbill Station era stato un lavoro lungo e lento. Il Martello aveva prima scavato un sentiero, per mandare il nucleo della stazione ricevente. Dato che non c’era nessuna stazione ricevente per ricevere la stazione ricevente, si era avuta una certa perdita di materiale. Non era strettamente necessario avere un’Incudine e un Martello all’altra estremità, ma certo evitavano sprechi nel tempo. Senza quel macchinario, il campo oscillava leggermente, e si verificava l’inconveniente di sparpagliare l’attrezzatura lungo un arco di venti o trent’anni. Tutto attorno alla Hawksbill Station ce n’era un’infinità di questi rifiuti temporali, pezzi che avrebbero dovuto servire all’installazione dell’impianto originale, che a causa dell’imprecisione di sincrono si erano sparsi nel raggio di alcune decadi, e di qualche centinaio di chilometri, dalla località in cui dovevano arrivare.
Nonostante queste difficoltà, però, alla fine erano riusciti a inviare nella località-tempo prescelta il materiale necessario per costruire la stazione ricevente. Poi erano arrivati i primi prigionieri, tecnici specializzati, capaci di montare e Incudine e Martello. Naturalmente potevano anche rifiutarsi di collaborare. Però, avevano tutto l’interesse di montare la stazione ricevente, per essere sicuri di ricevere i rifornimenti da Lassù. E infatti l’avevano montata. Dopo, allestire Hawksbill Station era stato facile.
Ora il Martello brillava, segno che all’altra estremità avevano attivato il Campo Hawksbill, in un anno che doveva aggirarsi attorno al 2028 o 2030. Tutte le operazione di invio venivano fatte dall’altra parte. Lì la macchina riceveva soltanto. Non funzionava all’inverso. Nessuno sapeva il perché, anche se si facevano una quantità di chiacchiere tutte molto superficiali sulle regole dell’entropia.
Mentre i terminali del Campo Hawksbill cominciavano a ionizzare l’atmosfera della sala, si levò un suono sibilante. Poi giunse l’atteso schianto dell’implosione, causata dall’imperfetta sovrapposizione della quantità d’aria che veniva sottratta alla loro epoca con quella che veniva immessa. Poi, all’improvviso, un uomo uscì dal Martello, e rotolò, intontito e contuso, sull’Incudine.
Era molto giovane, e Barrett ne fu alquanto sorpreso. Doveva avere un bel po’ meno di trent’anni. Di solito, solo uomini di mezza età venivano mandati alla Stazione. Incorreggibili che venivano allontanati dall’umanità per il bene di tutti. L’uomo più giovane esiliato, fino a quel momento, era arrivato lì a quarant’anni. La vista di quel giovane esile strappò un gemito a un paio di presenti, e Barrett comprese la costernazione e l’emozione.
Il nuovo venuto si mise a sedere, si stirò come un bambino che si sveglia da un lungo sonno, e si guardò attorno.
Era molto pallido. Le labbra sembravano senza sangue. Socchiuse gli occhi azzurri e mosse le labbra come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a trovare le parole.
Il viaggio nel tempo non provocava danni psicologici, ma dava sempre una forte scossa. Gli ultimi istanti, prima che il Martello scendesse, erano molto simili a quelli in cui calava la lama della ghigliottina, dato che l’esilio alla Hawksbill Station equivaleva a una condanna a morte. Il prigioniero in partenza lanciava un’ultima occhiata al mondo in cui aveva vissuto, amato, e in cui si era agitato per un ideale politico, e poi veniva spedito in un passato inconcepibilmente lontano, per un viaggio di sola andata. Non c’era da sorprendersi che tutti arrivassero in uno stato di profondo shock emotivo.
Barrett si aprì la strada in mezzo alla folla. E automaticamente tutti si scostarono per lasciarlo passare. Lui raggiunse l’Incudine, e si piegò in avanti per tendere la mano. Il suo ampio sorriso fu accolto da una occhiata di profondo stupore.
«Sono Jim Barrett» disse. «Benvenuto alla Hawksbill Station. Ti consiglio di scendere da quella piastra, prima che ti piombi addosso un carico di merce.» Con una leggera smorfia di dolore, Barrett aiutò il nuovo arrivato a scendere dall’Incudine. Gli idioti di Lassù avevano la pessima abitudine di spedire i rifornimenti subito dopo aver mandato un uomo.
Barrett fece un cenno a Mel Rudiger, e il corpulento anarchico diede al nuovo arrivato un capsula d’alcool. Il giovane la prese e la premette contro il braccio, senza dire una parola. Charley Norton offrì una tavoletta di cioccolato, ma l’altro la rifiutò. Sembrava intontito. Un grave caso di shock temporale, pensò Barrett, forse il peggiore che avesse mai visto. Il nuovo arrivato non aveva ancora detto una parola. Possibile che gli effetti potessero essere tanto disastrosi?
«Andiamo all’infermeria per il controllo» disse Barrett. «Poi ti assegnerò l’alloggio. In seguito potrai ambientarti e conoscere tutti gli altri. Qual è il tuo nome?»
«Hahn. Lew Hahn.»
«Non sento.»
«Hahn» ripeté l’uomo, con voce appena percettibile.
«Da dove vieni, Lew?»
«Dal 2029.»
«Ti senti male?»
«Spaventosamente. E non posso credere che mi sia capitata davvero una cosa simile. Non esiste nessuna Hawksbill Station, vero?»
«Purtroppo esiste veramente» disse Barrett. «Almeno, per la maggior parte di noi. Alcuni continuano a pensare che sia tutta un’illusione provocata dalla droga. Io ne dubito. Se si tratta di un’illusione è spaventosamente reale. Guardati intorno.»
Gli mise un braccio attorno alle spalle, e lo spinse, tra la ressa dei prigionieri, fuori della sala del Martello, verso la vicina infermeria. Per quanto Hahn sembrasse magro, addirittura fragile, Barrett si accorse con sorpresa che aveva le spalle muscolose, e pensò che il giovane doveva essere molto meno indifeso e sprovveduto di quanto non sembrasse in quel momento. E così doveva essere, visto che era stato esiliato ad Hawksbill Station.
Uscirono dall’edificio.
«Guarda» ordinò Barrett.
Hahn guardò. Poi si passò una mano sugli occhi, come per liberarli da un velo invisibile, e tornò a guardare.
«Paesaggio dell’ultimo periodo Cambriano» disse Barrett con calma. «Sarebbe un sogno per un geologo, solo che nessuno è incline a diventare prigioniero politico. Così sembra, almeno. Di fronte c’è l’Appalachiana Geosyncline. È una catena di rocce larghe poche centinaia di chilometri e lunga qualche migliaio, e va dal Golfo del Messico a Terranova. A est c’è l’Atlantico. Poco più a ovest c’è il Mare Interno. Circa tremila chilometri ancora più a ovest c’è la Cordigliera Geosyncline, quella che un giorno sarà la California, lo stato di Washington, e l’Oregon. Bene. Spero che ti piacciano i frutti di mare.»
Hahn guardava, e anche Barrett, fermo sulla soglia accanto a lui, girò attorno lo sguardo. Non ci si abituava mai alla stranezza di quel luogo, anche dopo esserci vissuti per vent’anni, come Barrett. Era la Terra, e tuttavia non lo era, perché era nuda e irreale. Gli oceani grigi brulicavano di vita, naturalmente. Ma sulla terra non c’era niente, tranne qualche rara macchia di muschio, nei punti dove si era depositato del terriccio. Persino gli scarafaggi sarebbero stati i benvenuti. Ma gli insetti sarebbero arrivati soltanto tra un paio di periodi geologici.
Hahn si staccò dalla porta scuotendo la testa. Barrett gli fece strada lungo il corridoio, ed entrò nel locale che serviva da infermeria.
Il dottor Quesada li stava già aspettando. Quesada non era esattamente un medico, ma una volta era stato infermiere e in fondo se la cavava bene. Era un tipo robusto, con la pelle olivastra, e l’aria dell’uomo perfettamente sicuro di sé. Tutto considerato, non aveva perso molti pazienti, Barrett lo aveva visto togliere con estrema perizia diverse appendici. E con il camice bianco, Quesada sembrava proprio un medico.
«Questo è Lew Hahn» disse Barrett. «È sotto shock temporale. Rimettilo in sesto.»
Quesada fece cenno al nuovo arrivato di stendersi sul lettino di gommapiuma, e gli slacciò il giubbotto azzurro. Poi prese la cassetta con l’attrezzatura medica. La Hawksbill Station poteva affrontare quasi tutte le necessità sanitarie. Quelli di Lassù non volevano essere inumani, e avevano mandato ogni sorta di attrezzature utili, come anestetici e pinze chirurgiche, medicine e stetoscopi. Barrett ricordava ancora i giorni in cui c’erano solo le cupole deserte. Allora, uno che si fosse ferito o ammalato si sarebbe trovato in un serio guaio.
«Gli abbiamo già dato da bere» disse Barrett.
«Lo vedo» mormorò Quesada grattandosi i baffetti irsuti. Il piccolo diagnometro del lettino si era messo rapidamente al lavoro dando informazioni sulla pressione sanguigna di Hahn, gli indici di dilatazione, e altre cifre. Quesada sembrava capire tutto all’istante. Dopo qualche minuto si girò verso Hahn.
«Niente di grave. Sei soltanto un po’ scosso» disse. «Ti darò qualcosa per calmare i nervi, e sarai a posto. A posto come tutti noi.»
Appoggiò un tubo alla carotide di Hahn e premette il pulsante. Un sibilo, e il liquido tranquillante penetrò nel sangue del paziente. Hahn ebbe un brivido.
«Lasciamolo riposare per cinque minuti» disse Quesada. «Il tempo di superare la crisi.»
Lasciarono Hahn disteso sul lettuccio e uscirono dall’infermeria. Nell’atrio Barrett domandò: «Che novità su Valdosto?».
Valdosto era stato colpito da un collasso psichico diverse settimane prima. Quesada lo teneva sotto gli effetti di una droga per cercare di riportarlo lentamente alla realtà di Hawksbill Station. Si strinse nelle spalle.
«Sempre lo stesso. Questa mattina ho interrotto la somministrazione della droga. È tale quale come prima.»
«Pensi che non guarirà?»
«Ne dubito. Il crollo è totale. Quelli di Lassù potrebbero guarirlo, ma…»
«Già» fece Barrett. Se avesse potuto ritornare Lassù, Valdosto non sarebbe crollato. «Cerca di non farlo soffrire. Se non può guarire, che viva il meno peggio. E Altman? Sempre le solite crisi?»
«Sta costruendo una donna.»
«Charley Norton me l’ha detto. Cosa usa? Degli stracci, un osso…»
«Gli ho dato dei prodotti chimici che avevo in più. Scelti soprattutto per il colore. Ha preso un fetido composto verde rame, un po’ di alcool etilico, e sei o sette altre cose, ha raccolto della terra, l’ha mescolata a delle conchiglie, e ha scolpita una forma che secondo lui è un corpo di donna. Ora aspetta che la colpisca un fulmine.»
«In altre parole, è completamente impazzito» disse Barrett.
«Temo di sì. Comunque, non molesta più i compagni. Ricordo che eri convinto che la sua fase omosessuale non sarebbe durata a lungo.»
«Già. Ma non pensavo che sarebbe arrivato a questo punto. Se un uomo ha bisogno di sesso, e trova qualche compagno disposto a soddisfarlo, per me va bene. Ma se comincia a costruire una donna, e la vuol fare di terra e di conchiglie marce, significa che l’abbiamo definitivamente perduto. Questo è il male.»
Gli occhi scuri di Quesada scintillarono.
«Prima o poi, finiremo tutti così, Jim.»
«Io non sono ancora finito. E nemmeno tu.»
«Dai tempo al tempo. Io sono qui da solo undici anni.»
«Altman è qui da otto. Valdosto da ancora meno.»
«Alcuni crollano molto prima di altri» disse Quesada. «Ecco il nostro nuovo amico.»
Hahn era uscito dall’infermeria per raggiungerli. Era ancora molto pallido, ma l’espressione spaventata era scomparsa.
«Non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione» disse. «Avete molti malati di mente?»
«Qualcuno non ha trovato niente di interessante da fare» disse Barrett «e si è lasciato andare. Quesada si occupa dell’infermeria. Io mi sono assunto i compiti amministrativi. Alcuni stanno studiando la vita marina. E abbiamo fondato un giornale per tenerne occupati altri. Ma ci sono sempre quelli che si lasciano prendere dalla disperazione, e crollano. Direi che in questo momento abbiamo dai trenta ai quaranta maniaci, su centoquaranta residenti.»
«Non è una situazione disperata» disse Hahn «considerando l’inerente instabilità degli uomini che vengono mandati qui, e le insolite condizioni di vita in cui si vengono a trovare.»
Barrett scoppiò a ridere.
«Sei diventato improvvisamente molto loquace, vedo. Che cosa ti ha fatto bere il dottor Quesada?»
«Non volevo darmi arie di superiorità» disse Hahn in fretta. «Forse mi sono espresso in modo un po’ tronfio. Volevo dire…»
«Lascia perdere. Cosa facevi Lassù?»
«Ero una specie di economista.»
«Proprio quello che ci occorreva» disse Quesada. «Lui può aiutarci a risolvere i nostri problemi sul bilancio dei dividendi.»
«Se eri economista, qui troverai parecchio da discutere» disse Barrett. «Il posto è pieno di economisti teorici che saranno felici di confrontare le loro idee con le tue. Alcuni di loro sono ancora perfettamente equilibrati. Vieni con me. Ti mostrerò il tuo alloggio.»