L’ufficio era lussuoso persino secondo i criteri della Washington del 21° secolo. Il senatore Connors aveva la passione dell’antiquariato. Una parete era occupata da volumi rilegati in pelle; un grosso telescopio di ottone simboleggiava il suo ruolo di Collegamento con la Lega delle Scienze. Un tappeto navajo, proveniente dal suo Stato, copriva quasi tutto il parquet. Un grosso orologio a pendolo. Quadri, vecchie carte geografiche.
Il terminale del computer era nascosto nel primo cassetto della massiccia scrivania di teak. Sulla scrivania: un sottomano, un portapenne con la stilografica, e un telefono Bell, nero, vecchio d’un secolo e senza video. Il telefono trillò.
Il segretario gli annunciò che il dottor Leventhal aspettava d’essere ricevuto. — Continui a rispondermi per trenta secondi, — disse il senatore. — Poi riattacchi e lo faccia entrare.
Posò il ricevitore e andò allo specchio a muro. Si rassettò la cravatta e la cappa; poi, con l’unghia dell’indice, pareggiò la linea del rossetto. Si passò la mano tra i lunghi capelli bianchi ormai radi e tornò accanto alla scrivania, con una mano sul telefono.
La pesante porta si aprì con un fruscio. Un uomo basso e magro s’inchinò leggermente. — Sire.
Il senatore gli andò incontro tendendogli le mani. — Oh, piantala, Charlie. Dammi le zampe. — L’uomo gli prese entrambe le mani, solo per un istante. — Quando mai sono stato «Sire» per te, stupido?
— Dalla settimana scorsa — disse Leventhal, — i soci della Lega ti chiamano in modi ben peggiore di «Sire».
Il senatore annuì due volte. — Vero. È vero. E li capisco. Ma la volontà del popolo…
— Sicuro. — Leventhal lo pronunciò come fosse una parola sola: — Lavolontadelpopolo.
Connors andò alla libreria e aprì un pannello intarsiato. — Bevi qualcosa?
— Sì, Bo. — Charlie sospirò e sedette su un soffice divano. — D’accordo. Sherry o qualcosa di simile.
Il senatore portò i bicchieri e sedette accanto a Charlie. — Avresti dovuto darmi ascolto. Avresti dovuto incaricare la Lega dei Pubblicitari di scrivere la proposta.
— Abbiamo ottimi scrittori.
— Si è visto. Meno del due per cento dell’elettorato si è preso il disturbo di votare; e quasi tutti in favore della richiesta dell’amministrazione. Ora, prendi la Lega degli Ingegneri…
— Prendili tu gli ingegneri e…
— Loro si sono rivolti alla Lega dei Pubblicitari. — Connors alzò le spalle. — E hanno ottenuto gli stanziamenti.
— È facile far accettare ponti, centrali elettriche e shuttles. È difficile far accettare la scienza pura.
— Una ragione di più per…
— Già, sicuro. Chiedi il doppio e danne la metà ai pubblicitari. Forse l’anno prossimo. Non è di questo che sono venuto a parlare.
— La faccenda della radio?
— Giusto. Hai letto il rapporto?
Connors guardò il bicchiere.
— Charlie, lo sai che non ho il tempo di…
— Ma qualcuno l’ha letto.
— Oh, sì. Un bravo specialista d’astronomia del mio staff: mi ha fatto un riassunto. Molto, molto interessante.
— C’è una civiltà intelligente a undici anni-luce di distanza… è molto interessante?
— Sicuro. Davvero sensazionale. — Un silenzio imbarazzato. — Uh, che cosa avete intenzione di fare?
— Due cose. Prima, stiamo cercando di capire che dicono. È difficile. Secondo, vogliamo inviare un messaggio in risposta. Questo è facile. E qui entri in scena tu.
Il senatore annuì, con aria piuttosto guardinga.
— Lascia che ti spieghi. Abbiamo già mandato in precedenza altri messaggi a questa stella, 61 Cygni. Per la precisione è una stella doppia, con un compagno oscuro.
— Come noi.
— All’incirca. Comunque, i messaggi non hanno mai avuto risposta. Quelli non ascoltavano, evidentemente; non trasmettono.
— Ma se abbiamo…
— Quel che riceviamo è più o meno quello che si riceverebbe a undici anni-luce dalla Terra. Una gran confusione, suoni vecchi di undici anni. Molto debole. Ma evidentemente non è generato da una sorgente naturale.
— Allora noi stiamo già mandando un messaggio di risposta. Dello stesso tipo che loro inviano a noi.
— Sì, giusto, ma…
— E io che cosa c’entro?
— Bo, non vogliamo parlargli bisbigliando… vogliamo gridare! Attirare la loro attenzione. — Leventhal sorseggiò il vino e si appoggiò alla spalliera. — E per questo abbiamo bisogno di una quantità enorme d’energia.
— Uh, verissimo. Charlie, l’energia è denaro. Di quanto stai parlando?
— Tutto. Voglio chiudere la Valle della Morte per dodici ore.
Il senatore spalancò la bocca, in silenzio. Poi: — Charlie, hai lavorato troppo. Un altro Blackout? Di proposito?
— Non ci sarà nessun Blackout. La Valle della Morte ha riserve d’emergenza per quattordici ore.
— A metà potenza. — Il senatore vuotò il bicchiere e tornò al bar scuotendo la testa. — Prima mi dici che vuoi energia. Poi dici che vuoi spegnerla. — Ritornò portando la bottiglia avvolta nella tela da sacco. — Non ha senso, ragazzo mio.
— Non voglio spegnerla. Voglio usarla in un altro modo.
— Cos’è? Un indovinello?
— No, ascolta. Sai che l’energia, in realtà, non arriva dalla griglia della Valle della Morte: quella è solo una stazione di transito e un accumulatore. L’energia viene dalla stazione orbitale…
— Questo lo so, Charlie. Ho un Certificato Scientifico.
— Sicuro. Quindi abbiamo un grande laser a micro-onde in orbita, che trasmette un fascio ristretto d’energia. Abbastanza per far funzionare il Nord America. Abbastanza…
— È appunto quello che intendo io. Non puoi…
— E allora lo giriamo dalla parte opposta e lo puntiamo verso una griglia sulla Luna. Trasmettiamo l’energia alla grande antenna radio di Farside. La trasformiamo in onde radio e la puntiamo verso 61 Cygni. Con una potenza tale da fargli friggere le otturazioni dei denti.
— Non mi pare molto amichevole.
— In realtà non sarebbe tanto potente… ma lo sarebbe molto di più di qualunque sorgente naturale da ventun centimetri.
— Non saprei, ragazzo mio. — Il senatore si soffregò gli occhi e fece una smorfia. — Forse potrei farlo di nascosto, informando poche persone di quello che deve succedere. Ma funzionerebbe solo per pochi minuti… perché avete bisogno di dodici ore, del resto?
— Ecco, il laser non si punterà automaticamente sulla Luna, come fa con la Valle della Morte. Calcola che ci vorrà circa un’ora per girarlo e puntarlo.
«E poi, non vogliamo inviare semplicemente una raffica di onde radio. Abbiamo bisogno di un programma di cinque ore, che all’inizio stabilisce un linguaggio comune, e poi parla di noi, e alla fine rivolge loro qualche domanda. Vogliamo trasmetterlo due volte.
Connors riempì di nuovo entrambi i bicchieri. — Quanti anni avevi nel ’47, Charlie?
— Sono nato nel ’45.
— Allora non ricordi il Blackout. Morirono diecimila persone… e tu vorresti convincermi a proporre…
— Andiamo, Bo. Non è la stessa cosa. Adesso sappiamo che gli accumulatori funzionano… e poi quelli che morirono avevano quasi tutti sistemi di sicurezza difettosi sulle macchine. Se li avvertiremo che l’energia si ridurrà di potenza, controlleranno che funzionino a dovere, altrimenti faranno bene a non volare.
— E i mass-media? Saranno costretti a trasmettere a turno. Spiegherete voi al Popolo quel che potrà vedere?
— Al diavolo i mass-media. Avranno da raccontare l’avvenimento più sensazionale dopo la Crocifissione.
— Può darsi. — Connors prese una sigaretta e spinse la scatola verso Charlie. — Tu non ricordi quel che successe ai senatori della California nel ’47, vero?
— Non gli successe niente di buono, immagino.
— Appunto. Furono destituiti. E fu una fortuna che non finissero linciati. Anche se il guasto era lassù in orbita.
«Lo sai: la gente paga alla California una tassa per la griglia. Tutti credono che l’energia provenga dalla California. Se qualcosa va storto, è con la California che se la prendono. Io sono il senatore liberale della California, Charlie: chiedimi la Luna, e forse potrò fare qualcosa. Ma non chiedermi di mettere le mani sulla Valle della Morte.
— D’accordo, d’accordo. Non ti sto chiedendo di organizzarmi tutto. Basta che lo porti a un referendum. Noi faremo tutto il possibile per sensibilizzare l’opinio…
— Non servirà a niente. Avete stentato persino a far approvare la sonda per Scilla… eppure quella non costava niente a nessuno, visto che è l’L-5 a pagare le spese.
— Basta che tu ottenga il referendum.
— Vedremo. Io ho una quota, lo sai. E con l’avvicinarsi del Tricentenario, vorranno tutti proporre qualcosa.
— Ti prego, Bo. Questa è una faccenda molto più grossa. La più grossa di tutti. Cerca di ottenere il referendum.
— Forse potrò assecondare la proposta. Ma non prometto niente.