Connie Willis Jack

La notte in cui Jack si unì alla nostra postazione. Vi fece tardi. E anche la Luftwaffe. Alle otto le sirene non erano ancora suonate.

«Forse la nostra Violet si è stancata della RAF e ha cominciato a darsi da fare con gli addetti al controllo antiaereo,» disse Morris, «e quelli sono così presi dal suo fascino che si sono dimenticati di suonare le sirene.»

«Allora sarà meglio che stiate attenti,» disse Swales, togliendosi l’elmetto di alluminio da guardiano. Era giusto di ritorno dal giro di pattuglia. Gli facemmo posto sul tavolo ricoperto di linoleum, spostando le tazze da tè e il guazzabuglio di maschere antigas e lampade portatili. Twickenham radunò alla bell’e meglio i fogli accanto alla macchina da scrivere e continuò a battere.

Swales si sedette e si versò una tazza di tè. «Adesso farà la corte a quelli del Servizio di Pronto Intervento Antiaereo,» disse, allungando la mano per prendere il latte. Morris glielo avvicinò. «E nessuno di noi sarà più al sicuro.» Mi fece un sorrisetto. «Specialmente i più giovani, Jack.»

«Io sono al sicuro,» dissi. «Mi arruoleranno presto. È Twickenham che dovrebbe preoccuparsi.»

Sentendo il suo nome Twickenham smise di scrivere e alzò gli occhi. «Preoccuparmi di che?» domandò, le mani posate sulla tastiera.

«Che la nostra Violet ti dia la caccia,» rispose Swales. «Le ragazze vanno sempre in cerca di poeti.»

«Io sono un giornalista, non un poeta. Che ne dite di Renfrew?» Indicò con la testa in direzione delle brande nell’altra stanza.

«Renfrew!» tuonò Swales, spingendo all’indietro la sedia e facendo per diligersi verso la stanza.

«Shhh,» dissi. «Non lo svegliare. Ha passato la notte in bianco.»

«Hai ragione. Non sarebbe una bella cosa, viste le sue condizioni.» Tornò a sedersi. «E Morris è sposato. Che ne dici di tuo figlio, Morris? È un pilota, no? Di stanza a Londra.»

Morris scosse la testa. «Quincy è a North Weald.»

«Fortunato lui,» disse Swales. «Pare che resti solo tu, Twickenham.»

«Spiacente,» disse Twickenham, continuando a battere. «Non è il mio tipo.»

«Non è il tipo di nessuno, eh?» disse Swales.

«Di quelli della RAF,» disse Morris, e tutti tacemmo, pensando a Vi e alla sua straordinaria popolarità fra i piloti della RAF a Londra e dintorni. Aveva ciglia sbiadite e capelli scoloriti che quando era in servizio pettinava in piccoli ricci con forcine piatte, cosa contro i regolamenti, anche se la signora Lucy non le diceva mai niente. Vi era bassa e grassoccia, e piuttosto scialba, eppure usciva con un pilota dopo l’altro, frequentando balli e feste.

«Io continuo a pensare che si inventi tutto,» disse Swales. «Si compra tutte quelle cose che dice di avere in regalo, tutte quelle arance e la cioccolata. Le compra al mercato nero.»

«Con lo stipendio da volontari a tempo pieno?» dissi. Guadagnavamo appena due sterline alla settimana, e con quelle non poteva certo acquistare le cose che portava alla postazione, dolci, sherry e sigarette. Vi le divideva tranquillamente con gli altri, benché anche liquori e sigarette fossero contro i regolamenti. Ma la signora Lucy non le diceva niente nemmeno per quelli.

Non riprendeva mai i suoi guardiani, a parte quando facevano battute su Vi, e in sua presenza noi ci guardavamo bene dal fare pettegolezzi. Mi chiesi dove fosse. Da quando ero arrivato non l’avevo ancora vista.

«Dov’è la signora Lucy?» domandai. «Non sarà in ritardo anche lei, vero?»

Morris fece un cenno con la testa verso la porta della dispensa. «È nel suo ufficio. È arrivato il sostituto di Olmwood. Gli sta facendo compilare i moduli.»

Olmwood era stato il nostro miglior collaboratore a tempo ridotto, un minatore disoccupato grande e grosso, capace di sollevare da solo un trave da edilizia, il che spiegava perché Nelson, sfruttando la sua autorità di responsabile del distretto, lo avesse fatto trasferire nella sua postazione.

«Spero che il nuovo arrivato non sia così in gamba,» disse Swales. «Altrimenti Nelson si prenderà anche lui.»

«Ieri ho visto Olmwood,» disse Morris. «Sembrava Renfrew, solo un po’ peggio. Mi ha detto che Nelson li manda in giro tutta la notte a pattugliare e a cercare le bombe incendiarie.»

Era del tutto inutile. Dalla strada non si riusciva mai a capire dove cadessero le bombe incendiarie, e se capitava un incidente, non si trovava mai nessuno. All’inizio del blitz la signora Lucy aveva organizzato dei pattugliamenti, ma dopo una settimana li aveva limitati alla mezzanotte, in modo che potessimo dormire un poco. La signora Lucy diceva che non vedeva il motivo di farci rischiare la vita quando tutti gli altri erano comunque già a letto.

«Olmwood dice che Nelson gli fa indossare le maschere antigas per tutto il tempo in cui sono di pattuglia e li fa esercitare due volte al giorno con gli estintori portatili,» disse Morris.

«Esercitazioni per estintori portatili!» sbottò Swales. «Ma quanto pensa che sia difficile imparare a usarne uno? Io non ci vado alla postazione di Nelson, neanche se Churchill in persona dovesse firmare il foglio di trasferimento.»

La porta della dispensa si aprì e ne fece capolino la signora Lucy. «Sono le otto e mezza. Sarà meglio che chi ha il turno di osservazione vada di sopra, anche se non hanno suonato le sirene,» disse. «Chi è di servizio stanotte?»

«Vi,» risposi, «ma ancora non è arrivata.»

«Oh, santo cielo,» disse la donna. «Forse è il caso che qualcuno vada a cercarla.»

«Vado io,» dissi, e cominciai a infilarmi gli stivali.

«Grazie, Jack,» disse lei, e richiuse la porta.

Mi alzai e infdai la lampada portatile nella cintura. Presi la maschera antigas e la misi sottobraccio, nel caso avessi incontrato Nelson. I regolamenti dicevano che in corso di pattugliamento andava indossata, ma la signora Lucy si era resa conto ben presto che indossandola si finiva col non vedere più niente. Il che spiega, pensai, perché lei occupi la migliore postazione del distretto, migliore anche di quella dell’ammiraglio Nelson.

La signora Lucy riaprì la porta e fece capolino per un attimo. «Di solito viene con la metropolitana. Esce a Sloane Square,» disse. «Stia attento.»

«Ha ragione,» disse Swales. «Vi potrebbe essere nascosta nel buio, pronta a saltare addosso a qualcuno!» Prese Twickenham per il collo e se lo avvicinò al petto.

«Starò attento,» dissi, e risalii le scale dello scantinato, uscendo in strada.

Percorsi la strada che percorreva di solito Vi venendo dalla stazione di Sloane Square, ma lungo le strade oscurate non c’era nessuno, a parte una ragazza che si affrettava verso la stazione, portando una coperta, un cuscino e un abito appeso a una stampella.

Feci insieme a lei il percorso che rimaneva fino alla stazione della metropolitana, per accertarmi che non si perdesse, anche se non era poi così buio. La luna quasi piena era alta nel cielo, e c’era un fuoco che bruciava ancora in direzione della zona portuale, per l’incursione della notte precedente.

«Grazie mille,» disse la ragazza portando la stampella sull’altra mano così da poter stringere la mia. Era molto più graziosa di Vi, con i capelli biondi molto arricciati. «Lavoro per quella vecchia strega, da John Lewis, e lei non mi lascia andar via nemmeno un minuto prima della chiusura, proprio così, anche se sono suonate le sirene.»

Attesi qualche minuto all’esterno della stazione, poi imboccai Brompton Road, pensando che forse Vi poteva essere scesa a South Kensington, ma non la vidi, e quando tornai non era ancora arrivata alla postazione.

«Abbiamo una nuova teoria per spiegare come mai le sirene non hanno suonato,» disse Swales. «Abbiamo deciso che la nostra Vi ha fatto la corte a quelli della Luftwaffe, e loro si sono arresi.»

«Dov’è la signora Lucy?» domandai.

«Ancora là dentro con il nuovo arrivato.»

«Forse sarà meglio che le dica che non sono riuscito a trovarla,» dissi e mi diressi verso la dispensa.

Giunto a metà strada la porta si aprì e ne uscirono la signora Lucy insieme al nuovo arrivato. Era un rimpiazzo per modo di dire, rispetto al massiccio Olmwood. Doveva avere appena qualche anno più di me, era di corporatura sottile, certo non il tipo che sollevi architravi. Il suo viso era magro e piuttosto pallido, e mi chiesi se fosse uno studente.

«Questo è il nostro nuovo collaboratore a tempo ridotto, il signor Settle,» disse la signora Lucy, e ci indicò uno dopo l’altro. «Il signor Morris, il signor Twickenham, il signor Swales, il signor Harker.» Fece un sorriso al nuovo arrivato, poi a me. «Anche il signor Harker si chiama Jack,» disse. «Faticherò un poco a non confondervi.»

«Una coppia di jack,» disse Swales. «Niente male, come mano.»

L’uomo sorrise.

«Le brande sono là dentro, se vuole riposarsi un po’,» disse la signora Lucy, «e in caso di incursioni ravvicinate la carbonaia è rinforzata. Temo che il resto dello scantinato non lo sia, ma mi sto dando da fare perché lo rinforzino.» Agitò i fogli che teneva in mano. «Ho fatto richiesta al responsabile del distretto per avere dei travi di rinforzo. Le maschere antigas sono laggiù,» disse, indicando una cassa di legno, «le batterie per le torce sono là,» e aprì un cassetto, «e il ruolino dei turni di servizio è appeso a questa parete.» Indicò l’elenco preciso di nominativi. «Qui le pattuglie e qui i turni di osservazione. Come vede, stasera il primo turno tocca alla signorina Westen.»

«Non è ancora arrivata,» disse Twickenham, senza nemmeno smettere di battere a macchina.

«Non sono riuscito a trovarla,» dissi.

«Oh, santo cielo,» disse la donna. «Spero che sia tutto a posto. Signor Twickenham, le dispiacerebbe prendere il posto di Vi?»

«Lo prendo io,» disse Jack. «Dove devo andare?»

«Lo accompagno,» dissi, dirigendomi verso le scale.

«No, un attimo,» disse la signora Lucy. «Signor Settle, detesto affidarle un incarico prima che lei abbia avuto occasione di familiarizzare con tutti gli altri, e non c’è proprio nessun bisogno di salire prima che siano suonate le sirene. Mettetevi a sedere, tutti e due.» Tolse dalla teiera il coperchio dipinto a fiori. «Gradisce una tazza di tè, signor Settle?»

«No, grazie,» disse lui.

La donna rimise il coperchio e gli sorrise. «Lei è dello Yorkshire, signor Settle,» disse, come se ci trovassimo tutti a un tè fra amici. «Di dove, esattamente?»

«Newcastle,» rispose lui educatamente.

«Che cosa l’ha portata a Londra?» chiese Morris.

«La guerra,» rispose l’altro, sempre educatamente.

«Voleva fare il suo dovere, eh?»

«Sì.»

«Ecco che cosa mi ha detto mio figlio Quincy. “Papà,” mi ha detto, “voglio fare il mio dovere per l’Inghilterra. Voglio diventare un pilota.” Ha abbattuto ventuno aerei, il mio Quincy, proprio così,» disse Morris a Jack, «ed è stato colpito dodici volte. Oh, anche luì ha avuto qualche graffio, te lo dico io, ma è tutto top secret.»

Jack annuì.

C’erano delle volte in cui mi domandavo se Morris, come Violet con i suoi piloti della RAF, non si fosse inventato tutte le imprese di suo figlio. Qualche volta mi domandavo se non si fosse inventato addirittura il figlio benché, se le cose stavano davvero così, avrebbe potuto trovargli un nome migliore di Quincy.»

«“Papà,” mi dice una volta all’improvviso, “devo fare il mio dovere,” e mi fa vedere la domanda di arruolamento. Mi ha quasi preso un colpo. Non che non sia patriottico, capisci, ma a scuola aveva qualche piccolo problema, era uno scavezzacollo, per così dire, e invece eccolo lì a dirmi, “Papà, voglio fare il mio dovere”.»

Le sirene si misero a suonare una dopo l’altra. La signora Lucy disse: «Ah, bene, eccole finalmente,» come se alla riunione fosse arrivato l’ultimo ospite, e Jack si alzò in piedi.

«Se volesse mostrarmi qual è il posto di osservazione, signor Harker,» disse Jack.

«Jack,» dissi io. «È un nome che dovrebbe essere facile da ricordare.»

Lo accompagnai di sopra, in quella che era stata la camera da letto del cuoco della signora Lucy, proprio sotto il tetto… al contrario della strada, un luogo di osservazione perfetto per le bombe incendiarie. Si trovava al quarto piano, più in alto della maggior parte degli edifici che davano sulla strada, così che era possibile vedere tutto ciò che cadeva sui tetti circostanti. Si poteva vedere anche il Tamigi, in mezzo ai comignoli, e nella direzione opposta i fari di Hyde Park.

La signora Lucy aveva sistemato accanto alla finestra, cui erano stati tolti i vetri, una sedia dallo schienale ampio, e lo stretto pianerottolo in cima alle scale era stato rinforzato con pesanti travi di quercia che nemmeno Olmwood era riuscito a sollevare.

«Quando le bombe cadono troppo vicine ci si rifugia qui sotto,» dissi, puntando la torcia sui travi. «Si sente un sibilo e poi una specie di gemito crescente.» Lo feci entrare nella stanza. «Se vedi delle bombe incendiarie grida e cerca di individuare esattamente il punto dove cadono sui tetti.» Gli spiegai come si usava il congegno di mira montato su una base di legno che ci serviva da sestante, e gli porsi il binocolo. «Hai bisogno d’altro?» gli chiesi.

«No,» rispose. «Grazie.»

Lo lasciai e tornai dabbasso. Stavano ancora parlando di Violet.

«Comincio a essere veramente preoccupata,» disse la signora Lucy. Uno dei cannoni della contraerea cominciò a sparare e si sentì in lontananza lo scoppio sordo delle bombe, e tutti ci fermammo ad ascoltare.

«ME 109,» disse Morris. «Vengono di nuovo dal sud.»

«Spero che abbia avuto il buon senso di trovarsi un rifugio,» disse la signora Lucy, e in quel momento Vi irruppe dalla porta.

«Scusate il ritardo,» disse, poggiando sul tavolo accanto alla macchina da scrivere di Twickenham una scatola legata con un nastro. Ansimava e il suo viso era soffuso di rossore. «So che è il mio turno di guardia, ma oggi pomeriggio Harry mi ha portato a vedere il suo aereo, e sulla via del ritorno abbiamo avuto un tempo orribile.» Si sfilò il cappotto e lo appoggiò sullo schienale della sedia di Jack. «Volete sapere come lo ha chiamato? Non ci crederete mai! Lo ha chiamato Sweet Violet!» Sciolse il nastro della scatola. «Eravamo così in ritardo che non abbiamo fatto in tempo a prendere il tè, e lui ha detto, “Porta questo alla tua postazione e fatevi un buon tè, mentre io terrò occupati i crucchi finché non avete finito”.» Frugò nella scatola e ne tirò fuori una torta con la glassa di zucchero. «Ha dipinto il nome sul muso e ha messo dappertutto delle piccole violette color porpora,» disse, posando la torta sul tavolo. «Una per ogni tedesco che ha abbattuto.»

Guardammo la torta. Le uova e lo zucchero erano stati razionati dall’inizio dell’anno, e anche prima era difficile trovarli. Era più di un anno che non vedevo un dolce straordinario come quello.

«C’è un ripieno di lamponi,» disse cominciando a tagliarla. «Non avevano cioccolato.» Sollevò il coltello sgocciolante di marmellata. «Allora, chi ne vuole una fetta?»

«Io,» dissi. Soffrivo la fame dall’inizio della guerra, ma da quando avevo aderito al Servizio di Pronto Intervento Antiaereo ero diventato ingordo, soprattutto di dolci, e avevo già divorato la mia fetta prima che lei avesse finito di mettere le fette sui piattini Wedgwood della signora Lucy e li avesse distribuiti agli altri.

Ne era rimasto un quarto. «Chi c’è di sopra che mi sostituisce?» chiese, succhiandosi un po’ di marmellata di lamponi dal dito.

«Il nuovo arrivato,» risposi. «Gliela porto su.»

Ne tagliò una fetta e la mise sul piattino con il coltello. «Che tipo è?» domandò.

«È dello Yorkshire,» disse Twickenham, poi guardò la signora Lucy. «Che faceva prima della guerra?»

La signora Lucy guardò la sua fetta di torta, come se fosse sorpresa di averla mangiata quasi tutta. «Non l’ha detto,» rispose.

«Voglio dire, è carino?» disse Vi, posando una forchetta sul piattino. «Forse è meglio che gliela porti io.»

«È mingherlino. E pallido,» disse Swales, con la bocca piena di torta. «Sembra tisico.»

«Nelson non ce lo porterà via, questo è sicuro.» disse Morris.

«Oh, be’, allora,» disse Vi e mi porse il piattino.

Lo presi e salii le scale, fermandomi al secondo piano per passarlo sulla mano sinistra, mentre con la destra accendevo la lampada tascabile.

Jack era in piedi accanto alla finestra, il binocolo a penzoloni sul collo, e fissava oltre i tetti, in direzione del fiume. La luna era alta, e il suo biancore si rifletteva sull’acqua come uno dei razzi luminosi che i bombardieri tedeschi lanciavano per illuminare il cielo davanti a loro.

«Ancora niente nel nostro settore?» gli chiesi.

«No,» rispose lui senza girarsi. «Sono ancora verso est.»

«Ti ho portato una fetta di torta ai lamponi,» dissi.

Si voltò e mi guardò.

Gli porsi il piattino. «Ce l’ha fatta avere il tizio della RAF che è amico di Violet.»

«No, grazie,» disse. «Non mi piacciono i dolci.»

Lo guardai con la stessa incredulità che avevo provato sentendo che il nome di Violet era disegnato su uno Spitfire. «Ce n’è un bel po’,» dissi. «Violet ha portato una torta intera.»

«Non ho fame, grazie. Mangiala tu.»

«Ne sei sicuro? Di questi tempi non è facile rimediare roba del genere.»

«Ne sono sicuro,» disse, e tornò a voltarsi verso la finestra.

Guardai dubbioso la fetta di torta, sentendomi colpevole per la mia avidità, ma detestando la sola idea che potesse andare sprecata mentre avevo ancora fame. Come minimo avrei dovuto rimanere sveglio e tenergli compagnia.

«Violet è la guardiana di cui hai preso il posto stasera, quella che era in ritardo,» dissi. Mi misi a sedere sul pavimento, appoggiando la schiena contro il battiscopa dipinto, e cominciai a mangiare. «Lavora qui a tempo pieno. Ne abbiamo cinque, che lavorano a tempo pieno. Violet e io e Renfrew — non lo hai ancora conosciuto, stava dormendo. Ha avuto una giornataccia. Di giorno non può dormire — e Morris e Twickenham. Poi c’è Petersby. Fa l’orario ridotto come te.»

Mentre parlavo non si girò e non disse nulla: continuò a guardare fuori dalla finestra. Una pioggia di razzi di segnalazione scendeva lentamente dal cielo, illuminando la stanza.

«Sono un bel gruppo,» dissi, tagliando con la forchetta un pezzetto di torta. Sotto la luce strana dei razzi la marmellata sembrava nera. «Swales può essere un po’ irritante con le sue battute, e Twickenham è il tipo che ti tempesta di domande, ma quando c’è un incidente è gente che sa il fatto suo.»

Si voltò. «Domande?»

«Per il notiziario delle postazioni. Comunicazioni, insomma, notizie sui nuovi modelli di bombe, le disposizioni del Servizio di Pronto Intervento Antiaereo, roba del genere. Tutto ciò che Twickenham deve fare è batterlo a macchina e distribuirlo nelle altre postazioni, ma credo che abbia sempre sognato di fare lo scrittore e questa è la sua grande occasione. Ha chiamato il suo notiziario Le chiacchiere di Twickenham, e ci inserisce ogni genere di cose… disegni, notizie, pettegolezzi, interviste.»

Mentre parlavo il ronzio dei motori sopra la nostra testa era diventato sempre più forte. A un certo punto ci fu un sibilo soffocato, subito seguito da un fischio che si trasformò in un gemito.

«Le scale,» dissi, lasciando cadere il piatto. Lo afferrai per un braccio e lo trascinai dentro il rifugio nel pianerottolo. Ci rannicchiammo in attesa dell’esplosione, le mani sopra la testa, ma non successe niente. Il gemito divenne un suono stridulo, poi tutto a un tratto sembrò allontanarsi. Sporsi cautamente la testa attraverso i travi di rinforzo e guardai verso la finestra aperta. Una luce avvampò e poi ci fu l’esplosione, almeno tre settori più in là. «Lees,» dissi. Dirigendomi verso la finestra per cercare di individuare il punto preciso dell’impatto. «Bomba ad alto esplosivo.» Jack mise a fuoco il binocolo nel punto dove stavo guardando.

Andai al pianerottolo, mi misi le mani a coppa intorno alla bocca e gridai verso le scale: «Alto esplosivo. Lees.» Gli aerei erano ancora troppo vicini perché ci disturbassimo a tornare a sedere. «Twickenham ha fatto interviste a tutti i guardiani,» dissi appoggiandomi alla parete. «Vorrà sapere quello che facevi prima della guerra, perché hai scelto di fare l’osservatore, cose del genere. La settimana ha scritto un articolo su Vi.»

Jack aveva abbassato il binocolo e stava guardando il punto che gli avevo indicato. Quando cadeva una bomba ad alto esplosivo gli incendi non scoppiavano subito. Ci voleva un po’ prima che il gas fuoriuscito dai serbatoi infranti si infiammasse a contatto con i carboni accesi sparsi dappertutto. «Che faceva prima della guerra?» domandò.

«Vi? La stenografa,» risposi. «E faceva anche la tappezziera, direi. Per lei la guerra è stata proprio una benedizione.»

«Una benedizione,» ripeté Jack, guardando verso la bomba di Lees. Da dove mi trovavo non potevo vederlo in volto se non di profilo, e non potevo dire se disapprovasse il termine o ne fosse semplicemente divertito.

«Non intendevo dire una benedizione in quel senso. È piuttosto difficile chiamare benedizione una cosa così orribile. Ma la guerra ha offerto a Vi un’occasione che altrimenti non le sarebbe mai capitata. Morris dice che senza la guerra Vi sarebbe morta zitella, mentre adesso se la spassa.» Un razzo scese dal cielo, prima bianco poi rosso. «Morris dice che la guerra è la cosa migliore che le sia mai capitata.»

«Morris,» disse lui, come se non sapesse quale fosse, dei tanti.

«Capelli color sabbia, baffi a spazzola,» aggiunsi. «Suo figlio è pilota.»

«Sta facendo il suo dovere,» disse lui, e alla luce rossastra distinsi il suo viso, ma senza ancora riuscire a leggere la sua espressione.

Un grappolo di bombe incendiarie piovve sul fiume, scintillando come diamanti, e le fiamme esplosero dappertutto.


La mattina dopo vi fu un brutto incidente dalle parti di Old Church Street, due bombe ad alto esplosivo. La signora Lucy inviò Jack e me per vedere se potessimo essere di qualche aiuto. Era molto nuvoloso, il che in teoria avrebbe dovuto bloccare la Luftwaffe e invece non lo aveva fatto, e molto buio. Quando raggi ungemmo King’s Road ero completamente disorientato.

Sapevo che l’incidente doveva essere nei paraggi, però, perché ne sentivo l’odore. Non era un odore vero e proprio; era una fastidiosa irritazione del naso dovuta alla polvere e al fumo, e all’esplosivo, qualunque fosse, che i tedeschi mettevano nelle loro bombe. Faceva sempre starnutire Vi.

Cercai di individuare dei punti di riferimento, ma l’unica cosa che riuscivo a vedere era il profilo appena più scuro di una collinetta sulla mia sinistra. Dobbiamo esserci persi, pensai distrattamente. Non ci sono colline a Chelsea, poi mi resi conto che doveva trattarsi proprio dell’incidente.

«La prima cosa da fare è trovare il responsabile addetto all’incidente,» dissi a Jack. Mi guardai intorno in cerca della luce azzurra del responsabile, ma non riuscii a vederla. Doveva essere al di là della collinetta.

Mi arrampicai su di essa, seguito da Jack, cercando di non scivolare sul pendio accidentato. La luce era sul lato più lontano di un’altra collina, più bassa, una spettrale luminosità azzurrina sulla sinistra. «Laggiù,» dissi. «Dobbiamo fare rapporto. È molto probabile che il responsabile addetto all’incidente sia Nelson, e lui è un fanatico della procedura.»

Mi accinsi a scendere, scivolando sui frammenti di mattoni e calcinaccio. «Stai attento,» gridai a Jack. «È pieno di frammenti di legno e di vetro.»

«Jack,» disse lui.

Mi voltai. Si era fermato a mezza via lungo il pendio e guardava verso l’alto, come se avesse sentito qualcosa. Alzai gli occhi, temendo che i bombardieri fossero di ritorno, ma non sentii niente, a parte i cannoni della contraerea. Jack era immobile, adesso con la testa abbassata, e fissava le macerie.

«Che è successo?» gli chiesi.

Non rispose. Estrasse la lampada dalla tasca e cominciò a rotearla freneticamente all’intorno.

«Non puoi farlo!» urlai. «C’è l’oscuramento in atto!»

La spense. «Procurati qualcosa per scavare,» disse, mentre si inginocchiava. «Qui sotto c’è qualcuno ancora vivo.»

Divelse un pezzo di ringhiera e cominciò a scavare in mezzo ai frammenti con l’estremità spezzata.

Lo fissai stupidamente. «Come fai a saperlo?»

Continuò a picchiare nervosamente fra i calcinacci. «Trova un piccone. Quest’affare è duro come la roccia.» Mi guardò con aria impaziente. «Presto!»

Il responsabile addetto all’incidente era uno che non conoscevo. Ne fui felice. Nelson si sarebbe rifiutato di darmi un piccone senza la necessaria autorizzazione di servizio. Questo responsabile, che era più giovane di me e aveva la pelle coperta di macchie, sotto il velo della polvere di calcinaccio, non aveva picconi, ma mi diede due badili senza fare troppe storie.

Quando tornai verso il cumulo di rovine il fumo e la polvere si stavano diradando un po’, e una pioggia di razzi scese dal cielo nei pressi del fiume, illuminando ogni cosa di una luce vivida e sfrangiata, come fari nella nebbia. Vidi Jack accovacciato sulle ginocchia a metà del pendio, che continuava a scavare con il suo pezzo di ringhiera. Sembrava che stesse uccidendo qualcuno con un coltello, colpendo a più riprese il terreno.

Piovve un altro grappolo di razzi, stavolta molto più vicino. Mi piegai anch’io e corsi verso Jack, porgendogli uno dei badili.

«Non serve a niente,» disse, scansandolo.

«Che c’è che non va? Non senti più la voce?»

Continuò a colpire con il suo spezzone. «Che cosa?» disse, e fissò la luce abbagliante dei razzi come se non avesse la più pallida idea di quello che stavo dicendo.

«La voce che hai sentito,» dissi. «Ha smesso di chiamare?»

«È questa roba,» disse. «Non si riesce a infilarci la pala. Hai portato qualche cesto?»

Non ne avevo portati, ma poco più in basso avevo visto una grossa pentola metallica. L’andai a prendere e cominciai a scavare anch’io. Naturalmente aveva ragione. Presi una palata di pietrisco, poi urtai contro un blocco di pavimento e la lama del badile si spezzò. Cercai di infilarlo sotto il blocco per fare leva e sollevarlo, ma era incastrato sotto un grosso frammento di trave. Rinunciai, ruppi un altro pezzo di ringhiera e mi accucciai accanto a Jack.

Il trave non era l’unica cosa che bloccava il pezzo di pavimento. Le macerie non sembravano compatte — mattoni, frammenti di intonaco e pezzi di legno — ma erano dure come il cemento. Svvales, che spuntò dal nulla quando eravamo già arrivati quasi a un metro di profondità, disse. «È l’argilla. Tutta Londra è costruita sull’argilla. È dura come il marmo.» Aveva portato con sé due secchi e la notizia dell’arrivo di Nelson, il quale aveva avuto una discussione con il responsabile dalla pelle macchiata su chi dei due fosse competente a intervenire.

«“È il mio incidente”, dice Nelson, e tira fuori la mappa per dimostrargli che questa parte di King’s Road rientra nel suo distretto,» disse allegro Swales, «e l’altro dice, “Il suo incidente? Ma chi la vuole, questa cosa orrenda, dico io”.»

Anche con l’aiuto di Swales il lavoro procedeva a rilento, e chiunque si fosse trovato là sotto sarebbe probabilmente morto soffocato o per dissanguamento prima che potessimo raggiungerlo. Jack non si era mai fermato, anche quando le bombe erano proprio sopra la nostra testa. Sembrava sapere esattamente ciò che stava facendo, anche se nessuno di noi aveva sentito nulla in quei brevi intervalli di silenzio, e lui stesso non si preoccupava nemmeno di sentire qualcosa.

Il pezzo di ringhiera si ruppe contro l’argilla dura come il ferro, e lui prese il mio e continuò a scavare. Venne fuori un orologio rotto, e poi un portauovo. Arrivò Morris. Era stato impegnato a evacuare la gente da una zona in cui era caduta una bomba che si era infilata in mezzo alla strada senza esplodere. Swales gli raccontò l’episodio di Nelson e del giovane responsabile con le macchie, poi se ne andò per vedere di scoprire qualcosa sugli abitanti del palazzo.

Jack emerse dalla buca. «Mi servono dei sostegni,» disse. «Le pareti stanno cedendo.»

Trovai delle assi intatte di un letto proprio alla base della collinetta. Una di esse era troppo lunga. Jack la segò a metà e la spezzò.

Tornò Swales. «Non c’era nessuno in casa,» gridò verso il fondo della buca. «Il colonnello Godalming e sua moglie sono andati nel Surrey stamattina.» Il cessato allarme risuonò nell’aria, soffocando le sue parole.

«Jack,» disse Jack dalla buca.

«Jack,» disse di nuovo, con maggiore urgenza.

Mi chinai verso l’apertura.

«Che ora è?» chiese.

«Quasi le cinque,» risposi. «Hanno appena dato il segnale di cessato allarme.»

«Sta facendo giorno?»

«Non ancora,» dissi. «Hai trovato qualcosa?»

«Sì,» disse. «Datemi una mano.»

Mi infilai nella buca. Capivo la sua domanda; lì dentro era buio pesto. Accesi la lampada, che illuminò i nostri volti dal basso come spettri.

«Là dentro,» disse, e allungò la mano verso un pezzo di ringhiera simile a quello con cui aveva scavato.

«Si trova sotto una scala?» chiesi, e il pezzo di ringhiera gli abbrancò la mano.

Ci vollero solo un paio di minuti per tirarlo fuori. Jack afferrò il braccio che avevo scambiato per un pezzo di ringhiera, e io finii di scavare quei pochi centimetri di intonaco e terra nella piccola cavità in cui si trovava, formata da una ghiacciaia e da una porta che si appoggiavano l’una contro l’altra.

«Colonnello Godalming?» dissi, allungando la mano verso di lui.

Respinse la mano. «Dove diavolo eravate?» disse. «A prendere un tè?»

Era in abito da sera e i suoi grossi baffi erano ricoperti di polvere d’intonaco. «Che razza di paese è questo, in cui si lascia un uomo a scavare da solo?» strillò, agitando un cucchiaio da portata pieno di intonaco davanti alla faccia di Jack. «Avrei potuto scavare fino in Cina, nel tempo che voialtre canaglie avete impiegato per raggiungermi!»

Delle mani si protesero nella buca e lo aiutarono a uscire. «Dannati incompetenti!» gridò. Noi lo spingemmo dal basso, facendo leva sul fondo dei suoi pantaloni eleganti. «Fannulloni, tutti quanti! Non riuscireste a trovare il vostro stesso naso!»


In effetti il colonnello Godalming era partito per il Surrey il giorno prima, ma aveva deciso di tornare a prendere il suo fucile da caccia, in caso di invasione. «Non si può fare affidamento sulla maledetta Difesa Civile per bloccare i crucchi,» aveva detto mentre lo accompagnavo verso l’ambulanza.

Cominciava a fare giorno. L’incidente si era rivelato meno ampio di quanto avessi pensato, non più di un paio di isolati. Quello che io avevo scambiato per una collinetta, in direzione sud, era in effetti un basso palazzo di uffici, e al di là di esso la fila di case non aveva nemmeno avuto i vetri infranti.

L’ambulanza si era avvicinata quanto più possibile al mucchio di macerie. Lo aiutai a raggiungerla. «Come si chiama?» disse, ignorando lo sportello che avevo aperto per lui. «Ho intenzione di fare rapporto ai suoi superiori. E anche quell’altro. Praticamente mi ha staccato il braccio dalla spalla. Dov’è andato?»

«È andato al lavoro,» dissi. Subito dopo aver tirato fuori Godalming, Jack aveva acceso la lampada per guardare l’orologio e aveva detto: «Adesso devo andare.»

Io gli avevo detto che lo avrei giustificato con il responsabile addetto all’incidente e avevo aiutato Godalming a raggiungere l’ambulanza. Adesso rimpiangevo di non essermene andato con lui.

«Al lavoro!» grugnì Godalming. «Tanto vale che se ne vada a fare un pisolino, per quello che combina. Maledetto incapace! Per poco non mi stacca un braccio e poi mi lascia lì a morire. Glielo do io il suo lavoro!»

«Senza di lui non l’avremmo nemmeno trovata,» dissi rabbiosamente. «È lui che l’ha sentita gridare aiuto.»

«Gridare aiuto!» disse il colonnello, diventando tutto rosso. «Gridare aiuto! Perché mai dovrei gridare per farmi sentire da un branco di sfaticati come voi!»

L’autista dell’ambulanza scese dalla vettura e venne a vedere perché si stesse perdendo tutto quel tempo.

«Mi ha accusato di aver gridato aiuto come un dannato codardo!» la investì. «Io non ho detto una parola. Sapevo che sarebbe stato inutile. Sapevo che se non mi fossi messo a scavare con le mie mani, sarei rimasto in quel buco fino al Giorno del Giudizio! E c’ero quasi riuscito, comunque, e poi arriva lui e mi accusa di piagnucolare come un bambino! È mostruoso, ecco cos’è! Mostruoso!»

L’autista lo prese per un braccio.

«Che cosa pensa di fare, mia cara signorina? Lei dovrebbe essere a casa invece di andarsene in giro con quello gonne corte. È indecente, ecco cos’è!»

Lei lo sospinse verso un lettino, mentre continuava a protestare, e gli mise sopra una coperta. Richiusi lo sportello sbattendolo, la guardai andare via, poi feci un giro della zona, in cerca di Swales e Morris. Il sole spuntò in mezzo a due masse di nuvole, e arrossò il cumulo di macerie, facendo scintillare come un frammento di specchio.

Non riuscii a trovare nessuno dei due, così andai a rapporto da Nelson, che stava parlando rabbiosamente in un telefono da campo; annuì e mi fece cenno di andar via quando cercai di dirgli di Jack. Allora me ne tornai alla postazione.

Swales già intratteneva Morris e Vi, che stavano facendo colazione, con un’imitazione del colonnello Godalming. La signora Lucy stava ancora compilando dei documenti, apparentemente gli stessi di quando eravamo usciti.

«Baffi enormi,» stava dicendo Swales, le mani larghe davanti a sé per rafforzare il concetto, «come un tricheco, e abito da sera, se non vi dispiace. “Sul mio onore, è una cosa vergognosa!” ha blaterato, strizzando l’occhio destro come se avesse un immaginario monocolo. “Dove andrà a finire l’Impero se non si riesce nemmeno a salvare un uomo!”» Tornò alla sua voce normale. «Ho avuto l’impressione che volesse mandare i nostri due Jack davanti alla Corte Marziale su due piedi.» Si guardò intorno, cercando me. «Dov’è Settle?»

«È andato al lavoro,» dissi.

«Molto bene,» disse, poi tornò a fingere di avere il monocolo. «Il colonnello sembrava proprio sul punto di attaccare con i Lancieri Reali.» Alzò il braccio brandendo una spada immaginaria. «Carica!»

Vi fece una risatina soffocata. La signora Lucy alzò gli occhi e disse: «Violet, prepari qualche toast per Jack. Si sieda, Jack. Sembra piuttosto giù di corda.»

Mi tolsi l’elmetto e feci per posarlo sul tavolo. Era pieno di polvere di calcinaccio, uno strato così fitto che non si riusciva nemmeno a leggere la G rossa dipinta sopra. Allora lo appoggiai alla spalliera della sedia e mi misi a sedere.

Morris mi mise davanti un piatto di aringhe affumicate. «Non si sa mai come reagiranno quando li tiri fuori,» disse. «Alcuni ti si buttano addosso singhiozzando, altri si comportano come se fossero loro a fare un favore a te. Una volta una anziana signora si è risentita con me perché era convinta che mentre cercavo di liberarle la gamba mi fossi comportato scorrettamente con lei.»

Dall’altra stanza apparve Renfrew, avvolto in una coperta. Aveva un aspetto orribile, come lo dovevo avere io, il viso smunto e grigio per la stanchezza. «Dov’è stato l’incidente?» domandò con voce ansiosa.

«Dalle parti di Old Church Street. Nel settore di Nelson,» aggiunsi per rassicurarlo.

Ma lui disse, nervoso: «Ogni giorno si avvicinano sempre di più, ci avete fatto caso?»

«No, non è vero,» disse Vi. «Per tutta la settimana nel nostro settore non è successo niente.»

Renfrew la ignorò. «Prima Gloucester Road, poi Ixworth Place, e adesso Old Church Street. È come se andassero in circolo, alla ricerca di qualcosa.»

«Di Londra,» disse asciutta la signora Lucy. «E se non miglioriamo l’oscuramento, è molto probabile che la troveranno.» Porse a Morris una lista dattiloscritta. «Le infrazioni segnalate la notte scorsa. Vada a rimproverarli.» Posò la mano sulla spalla di Renfrew. «Perché non va a farsi un riposino, signor Renfrew, mentre le preparo la colazione?»

«Non ho fame,» disse lui, ma si lasciò ricondurre verso la branda, sempre stringendosi addosso la coperta.

Osservammo la signora Lucy che gli stendeva sopra la coperta, poi piegarsi su di lui e rimboccargliela sotto le spalle; alla fine Swales disse: «Lo sapete chi mi ricorda questo Godalming? Una donna che abbiamo salvato in Govver Street,» disse, sbadigliando. «L’abbiamo tirata fuori e le abbiamo chiesto se suo marito fosse lì con lei. “No,” ci dice, “quel fottuto vigliacco è al fronte”.»

Tutti scoppiammo a ridere.

«La gente come questo colonnello non merita di essere salvata,» disse Vi spalmando della margarina su una fetta di pane. «Avreste dovuto lasciarlo lì per un po’ e vedere come la prendeva.»

«Già è stato fortunato che non lo abbiano lasciato lì definitivamente,» disse Morris. «Secondo le informazioni lui doveva essere nel Surrey con sua moglie.»

«Meno male che aveva una bella voce,» disse Swales, arricciando l’estremità di un baffo gigantesco. «È un ordine,» tuonò. «Tiratemi subito fuori di qui, fannulloni!»

Però lui aveva detto di non aver chiamato aiuto, pensai, e mi sembrò di risentire Jack che gridava al di sopra dei cannoni della contraerea e del ronzio degli aeroplani: «C’è qualcuno qui sotto.»

La signora Lucy tornò al tavolo. «Ho fatto richiesta per avere dei rinforzi qui alla postazione,» disse, posando le sue carte su un’estremità del tavolo e sistemandole in una pila ordinata. «Nei prossimi giorni verrà qualcuno del municipio a fare un’ispezione.» Raccolse due bottiglie di birra e un posacenere e li portò verso la pattumiera.

«Ha chiesto dei rinforzi?» disse Swales. «Perché? Teme che il colonnello Godalming possa tornare con l’artiglieria pesante?»

Qualcuno batté rumorosamente alla porta.

«Ve lo dico io,» fece Swales. «È qui, e ha portato i suoi cani.»

La signora Lucy aprì la porta. «Peggio,» disse Vi a bassa voce, tuffandosi sull’ultima bottiglia di birra. «È Nelson.» Mi passò la bottiglia sotto il tavolo, e io la passai a Renfrew, che la infilò sotto la coperta.

«Signor Nelson,» disse la signora Lucy come se fosse deliziata di vederlo, «si accomodi. Come vanno le cose dalle sue parti?»

«La notte scorsa ci hanno colpito,» disse, guardandoci come se fosse colpa nostra.

«Ha avuto una lamentela dal colonnello,» mi bisbigliò Swales. «Sei fatto, amico.»

«Oh, mi dispiace tanto sentirlo,» disse la signora Lucy. «Mi dica, in che modo posso aiutarla?»

Nelson estrasse un foglio di carta ripiegato dalla tasca della giacca e lo aprì accuratamente. «Questo mi è stato trasmesso dall’ufficio del Genio di Londra,» disse. «Tutte le richieste di miglioramento dei materiali devono essere inviate al responsabile del distretto, e non direttamente al municipio di Londra, passando sopra la sua testa.»

«Oh, ne sono così felice,» disse la signora Lucy, facendolo accomodare nella dispensa. «È un conforto trattare con qualcuno che conosce la situazione, invece che con un burocrate senza volto. Se avessi saputo che lei era la persona alla quale rivolgersi, l’avrei contattata immediatamente.» Richiuse la porta.

Renfrew prese la bottiglia di birra da sotto la coperta e la infilò nella pattumiera. Violet cominciò a togliersi le forcine.

«Adesso non avremo mai i nostri rinforzi,» disse Swales. «Non con Adolf von Nelson come supervisore.»

«Zitto,» disse Vi, tentando di raddrizzare i riccioli ondulati come il guscio di una lumaca. «Non vorrai farti sentire.»

«Olmwood mi ha detto che quando c’è un incidente lui fa lavorare i suoi uomini anche se ci sono ancora gli aerei sopra la loro testa. E pensa che tutte le postazioni dovrebbero fare la stessa cosa.»

«Zitto!» ripeté Vi.

«È un fottuto nazista!» esclamò Swales, ma abbassò la voce. «In quel modo si è fatto ammazzare due dei suoi guardiani. Sarà meglio non fargli sapere che tu e Jack siete bravi a trovare i corpi, o anche voi finirete là fuori a scansare shrapnel.»

Bravi a trovare i corpi. Pensai a Jack, immobile in mezzo alle macerie, che diceva: «C’è qualcuno qui sotto. Sbrigati.»

«È per questo che Nelson ruba il personale dalle altre postazioni,» disse Vi, raccogliendo tutte le sue forcine e infilandole nello zaino. «Perché fa sempre il comodaccio suo.» Tirò fuori un pettine e cominciò a passarselo fra i riccioli arruffati.

La porta della dispensa si aprì e ne uscirono Nelson e la signora Lucy, il primo con il foglio di carta sempre in mano. Lei aveva ancora sul volto il suo sorriso da tè delle signore, ma un po’ meno spontaneo del solito. «Sono certa che lei si renderà conto che è assurdo ammassare nove persone contemporaneamente dentro una carbonaia per ore e ore,» disse.

«In tutta Londra ci sono persone ammassate “contemporaneamente dentro una carbonaia per ore e ore”, come dice lei,» replicò gelido Nelson, «che non hanno nessuna voglia di sperperare in frivolezze i fondi della Difesa Civile.»

«Io non considero la sicurezza dei miei guardiani una frivolezza,» disse lei, «mentre è chiaro che lei la pensa così, come dimostra il suo misero stato di servizio.»

Nelson la fissò per un buon minuto, cercando una battuta con cui rispondere, poi si girò verso di me. «La sua divisa è un disastro, guardiano,» disse, e se ne andò tutto impettito.


Qualunque cosa Jack avesse usato per trovare il colonnello Godalming, con le bombe incendiarie non funzionava. Le cercava a casaccio come tutti noi mentre Vi, che aveva svolto il suo turno di guardia, ci indicava la direzione a gran voce. «No, più verso Fulham Road. Nella drogheria.»

Invece di osservare, Vi aveva probabilmente sognato a occhi aperti i suoi piloti. La bomba incendiaria non era nella drogheria ma nella macelleria, tre portoni più avanti, e quando io e Jack ci arrivammo, il reparto per la conservazione delle carni era in fiamme. Non fu difficile spegnere l’incendio, perché non c’erano mobili o tende che potessero bruciare, e il freddo aveva impedito agli scaffali di legno di prendere fuoco, ma il macellaio ci fu incredibilmente grato. Insistette perché ci portassimo via due chili di bistecche d’agnello; le avvolse in un foglio di carta bianca e le mise in mano a Jack.

«Dovevi proprio andare al lavoro così presto, o stavi solo cercando di evitare il colonnello?» gli chiesi mentre tornavamo alla postazione.

«Era così cattivo?» disse, passandomi il pacco di bistecche.

«Per poco non mi ha staccato la testa quando gli ho detto che lo avevi sentito gridare. Affermava di non avere mai chiesto aiuto. Ha detto che stava si stava liberando da solo.» La carta bianca del macellaio era così lucida che la Luftwaffe avrebbe potuto scambiarla per un faro. Infilai il pacco dentro la tuta in modo che non desse troppo nell’occhio. «Ma che genere di lavoro fai, di giorno?» gli domandai.

«Lavoro per la guerra,» rispose.

«Ti hanno trasferito? È per questo che sei venuto a Londra?»

«No,» disse lui. «Sono venuto di mia volontà.» Svoltammo nella strada della signora Lucy. «Perché ti sei arruolato nel Servizio di Pronto Intervento Antiaereo?»

«Sto aspettando di essere chiamato,» dissi, «perciò non mi assumerebbe nessuno.»

«E tu vuoi fare il tuo dovere.»

«Sì,» dissi, desiderando vederlo in faccia.

«E la signora Lucy? Come mai è diventata una guardiana?»

«La signora Lucy?» ripetei con voce assente. Non mi ero nemmeno mai posto la domanda. Era la migliore guardiana di Londra. Aveva una vocazione, e per quanto mi riguardava probabilmente l’aveva da sempre. «Non ne ho idea,» dissi. «È vedova, e quella è casa sua. Forse la Difesa Civile l’ha requisita, e lei è stata costretta ad accettare l’incarico. È la casa più alta della strada.» Mi sforzai di ricordare ciò che aveva scritto Twickenham nella sua intervista. «Prima della guerra aveva a che fare con una chiesa.»

«Una chiesa,» disse lui, e di nuovo desiderai poterlo vedere in volto. Al buio non ero in grado di dire se ci fosse disprezzo o desiderio, nelle sue parole.

«Doveva essere una diaconessa, o qualcosa del genere,» aggiunsi. «Tu invece di che ti occupi? Di rifornimenti?»

«No,» disse, e continuò a camminare.

La signora Lucy ci venne incontro sulla porta. Le diedi il pacco di bistecche d’agnello, e Jack salì a sostituire Vi. La signora Lucy preparò subito le bistecche, dopo aver fatto una scappata in cima alle scale fino alla cucina durante una pausa nelle incursioni, per prendere del sale e un vasetto di salsa alla menta, e poi mettendosi davanti al fornelletto a gas in fondo al tavolo e rigirando le bistecche per un tempo che ci sembrò interminabile. Avevano un profumo straordinario.

Twickenham distribuì le copie fresche di stampa delle Chiacchiere di Twickenham. «Qualcosa da leggere mentre aspettate la cena,» disse con orgoglio.

L’articolo di fondo riguardava il cambiamento di indirizzo della Sub-Postazione D, dove un bombardamento aveva fatto qualche danno all’edificio e rotto i tubi dell’acqua.

«Nelson ha rifiutato i rinforzi anche a loro?» chiese Swales.

«Sentite questa,» disse Petersby. Lesse ad alta voce il notiziario. «“Il tasso di criminalità a Londra è cresciuto del ventotto per cento dall’inizio dell’oscuramento”.»

«Non c’è da stupirsi,» disse Vi, scendendo dalle scale. «Di notte non si riesce a vedere a un palmo dal naso, figuriamoci un malintenzionato che se ne sta nascosto in un vicolo. Ho sempre paura che qualcuno mi salti addosso mentre sono di pattuglia.»

«Tutte quelle case vuote, con mezza Londra che dorme nei rifugi,» disse Swales. «Una situazione ideale per i furti. Se fossi un ladro verrei di corsa a Londra.»

«È disgustoso,» disse Morris, indignato. «L’idea che qualcuno possa approfittare di una guerra per commettere dei crimini.»

«Oh, signor Morris, mi ha fatto venire in mente che ha telefonato suo figlio,» disse la signora Lucy, tagliando un pezzo di bistecca per vedere se era cotta. Ne uscì del sangue. «Ha detto che ha una sorpresa per lei, e che dovrà trovarsi a…» prese la forchetta con la sinistra e frugò nella tasca della tuta finché non trovò un foglio di carta, «…a North Weald lunedì, mi pare. Il suo comandante le organizzerà il viaggio. Ho scritto tutto qui.» Gli porse il foglio di carta e continuò a rigirare le bistecche.

«Una sorpresa?» fece Morris, con un’aria apparentemente preoccupata. «Non avrà qualche problema, eh? Il suo comandante vuole vedermi?»

«Non lo so. Non mi ha detto di che si trattava. Solo che suo figlio l’aspetta lì.»

Vi andò verso la signora Lucy e guardò nella padella. «Meno male che era la macelleria e non la drogheria,» disse. «Con i cavoli non avremmo mai cucinato qualcosa di così delizioso.»

La signora Lucy prese una bistecca, la mise su un piatto e la porse a Vi. «La porti a Jack,» le disse.

«Non ne vuole,» replicò Vi. Prese il piatto e si sedette al tavolo.

«Ti ha detto perché?» le chiesi.

Mi rivolse un’occhiata incuriosita. «Immagino che non abbia fame,» rispose. «O forse non gli piace l’agnello.»

«Spero che non abbia qualche problema,» disse Morris, e ci misi un minuto per capire che si riferiva a suo figlio. «Non è un cattivo ragazzo, ma fa le cose senza pensare. Esuberanza giovanile, tutto qui.»

«Non ha voluto neanche la torta,» dissi. «Ti ha detto perché non voleva la bistecca di agnello?»

«Se il signor Settle non la vuole, allora la porti al signor Renfrew,» disse secca la signora Lucy. Riprese il piatto da Vi con un gesto brusco. «E non gli permetta di dire che non ha fame. Deve mangiare. È andato molto giù, fisicamente.»

Vi sospirò e si alzò. La signora Lucy le restituì il piatto, e lei andò nell’altra stanza.

«Tutti abbiamo bisogno di mangiare del buon cibo e di fare dei lunghi sonni.» disse la signora Lucy in tono di rimprovero. «Per mantenerci in forze.»

«Ci ho scritto un articolo, sul giornale,» disse Twickenham, raggiante. «È nota come “La morte che cammina”, ed è causata dalla mancanza di sonno e dalla alimentazione insufficiente, insieme all’ansia provocata dalle incursioni. Il morto che cammina rivela un tempo di reazione rallentato e una capacità di giudizio indebolita, il che si traduce in un maggior numero di incidenti sul lavoro.»

«Be’, io non voglio morti che camminano in mezzo a noi, miei cari guardiani,» disse la signora Lucy, servendo sui piatti le altre bistecche. «E appena avrete finito queste, voglio che andiate tutti a letto.»

Il sapore delle bistecche era ancora migliore del loro profumo. Mangiai la mia mentre leggevo l’articolo di Twickenham sui morti che camminano. Diceva che la mancanza di appetito era una reazione comune alle incursioni. Diceva anche che la mancanza di sonno poteva provocare un comportamento compulsivo e strane fissazioni. «Il morto che cammina può arrivare a convincersi che qualcuno lo abbia avvelenato o che un amico o un parente sia un agente tedesco. Può avere allucinazioni, udire delle voci, avere delle visioni o credere in cose fantastiche.»

«Aveva dei problemi a scuola, prima della guerra, ma da quando si è arruolato ha messo la testa a posto,» disse Morris. «Mi chiedo che abbia fatto.»


Alle tre del mattino successivo una mina terrestre esplose più o meno nello stesso punto di Old Church Street dove era caduta la bomba ad alto esplosivo. Nelson mandò Olmwood a cercare aiuto, e la signora Lucy ordinò a Swales, a Jack e a me di andare con lui.

«La mina non è caduta a più di due case di distanza dal primo cratere,» disse Olmwood mentre ci organizzavamo. «I crucchi non avrebbero potuto andare più vicino nemmeno se avessero preso la mira.»

«Io lo so dove stanno mirando,» disse Renfrew dalla soglia. Aveva un aspetto terribile, pallido e tirato come un fantasma. «E so perché avete chiesto rinforzi per la postazione. È per me, vero? Qualcuno dovrà sostituire me.»

«Nessuno di noi dovrà essere sostituito,» disse decisa la signora Lucy. «Sono tre chilometri più in su. E non stanno mirando a niente.»

«Perché mai Hitler dovrebbe voler bombardare te piuttosto che noialtri?» domandò Swales.

«Non lo so.» Si accasciò su una delle sedie e si prese la testa fra le mani. «Non lo so. Ma ce l’hanno con me. Lo sento.»

La signora Lucy aveva mandato Swales, Jack e me nel luogo dell’incidente perché “voi ci siete già stati prima, conoscete il territorio”. Ma era solo una pia speranza. Dal momento che esplodono al di sopra del livello del suolo, le mine terrestri provocano un danno assai più considerevole delle bombe ad alto esplosivo. Adesso c’era una collina dove c’era stata la tenda del responsabile addetto all’incidente, e altre tre subito dopo, una piccola catena montuosa nel cuore di Londra. Swales si arrampicò in cima alla vetta più vicina per individuare la luce del responsabile.

«Jack, di qua!» gridò qualcuno dalla collina alle nostre spalle, e tutti e due risalimmo il pendio in direzione della voce.

Un gruppetto di cinque uomini era a mezza costa e guardava dentro una buca.

«Jack!» gridò nuovamente l’uomo. Indossava sul braccio una fascia azzurra da caposquadra e stava guardando proprio dietro di noi qualcuno che si affannava a risalire la china brandendo quello che sembrava un estintore portatile. Pensai, non penseranno davvero di spegnere un incendio dentro quella buca, e poi mi resi conto che non era un estintore. Era in effetti il martinetto di un’automobile, e l’uomo con la fascia azzurra allungò la mano in mezzo a noi per prenderlo, poi lo gettò nella buca e vi si infilò dentro.

Gli altri componenti della squadra di soccorso rimasero a guardare nel buio come se potessero veramente fare qualcosa. Dopo un po’ cominciarono a calare dei secchi vuoti dentro la buca e a ritrarli pieni di mattoni rotti e pezzi di legno scheggiato. Nessuno di essi fece caso a noi, nemmeno quando Jack protese le mani per prendere uno dei secchi.

«Veniamo da Chelsea,» gridai al caposquadra cercando di superare il rumore degli aerei e delle bombe. «Come possiamo esservi utili?»

Continuarono passarsi i secchi l’un l’altro, per svuotarli. Dentro uno di essi apparve una teiera di porcellana, tutta impolverata ma senza nemmeno un graffio.

Tentai di nuovo. «Chi c’è laggiù?»

«Sono in due,» rispose l’uomo più vicino a me. Prese la teiera dal mucchio di macerie e la porse all’uomo che indossava un passamontagna sotto l’elmetto. «Un uomo e una donna.»

«Veniamo da Chelsea,» gridai sopra una raffica della contraerea. «Che cosa volete che facciamo?»

Prese la teiera dalle mani dell’uomo con il passamontagna e me la diede. «Portala sul marciapiede insieme agli altri oggetti di valore.»

Mi ci volle un bel po’ per ridiscendere il pendio, tenendo la teiera con una mano e il coperchio con l’altra, attento a non inciampare sui mattoni infranti, e impiegai ancora più tempo a trovare un marciapiede. La mina terrestre lo aveva sollevato quasi tutto, insieme alla strada.

Alla fine lo trovai, un fazzoletto di marciapiede intatto davanti a una panetteria sventrata, con gli “oggetti di valore” allineati in bell’ordine su di esso: una radio, uno stivale, due cucchiai da portata simili a quello con il quale il colonnello Godalming mi aveva minacciato, una borsetta elegante da donna con delle perle. C’era di guardia uno della squadra di soccorso.

«Alt!» ordinò, mettendovisi davanti mentre mi avvicinavo, e puntandomi addosso una torcia o una pistola. «Nessuno è ammesso all’interno del perimetro dell’incidente.

«Sono del Servizio di Pronto Intervento Antiaereo,» mi affrettai a dire. «Jack Harker. Chelsea.» Protesi la teiera. «Mi hanno detto di venire qui con questa.»

Era una torcia. La accese e la rispense subito, un battito di ciglia. «Scusami,» disse. «Di recente abbiamo avuto molti casi di sciacallaggio.» Prese la teiera e la sistemò accuratamente vicino alla borsetta da sera. «La scorsa settimana abbiamo pizzicato un tizio che andava frugando nelle tasche dei cadaveri in attesa del carro mortuario. È terribile come certa gente si approfitti di cose come queste.»

Tornai nel punto in cui i soccorritori erano al lavoro. Jack era accanto all’imboccatura della buca, sollevando secchi pieni e restituendoli vuoti. Mi misi in fila alle sue spalle.

«Non li hanno ancora trovati?» gli chiesi appena ci fu una pausa nel bombardamento.

«Zitti!» gridò una voce dalla buca, e l’uomo con il passamontagna ripeté: «Zitti tutti! Abbiamo bisogno di silenzio assoluto!»

Tutti smisero di lavorare e ascoltarono. Jack mi aveva passato un secchio pieno di mattoni, e la maniglia mi segava le mani. Per un secondo vi fu un silenzio totale, poi si udirono di nuovo il ronzio di un aereo e il sibilo e il fragore lontani di una bomba ad alto esplosivo.

«Non preoccupatevi,» gridò la voce dalla buca, «Ci siamo quasi.» I secchi ripresero a salire dal basso.

Io non avevo sentito niente, ma sembrava che in fondo alla buca avessero sentito una voce, oppure un rumore di qualcuno che batteva, e mi sentii sollevato, sia per il fatto che almeno uno dei due era ancora vivo, sia perché i soccorritori avevano ripreso a lavorare. Mi era capitato di essere presente a un incidente, a ottobre, in cui era stato necessario fermarsi a metà del lavoro e scavare una seconda buca perché le macerie distorcevano il rumore, facendo sembrare che provenisse da un’altra parte. Anche se lo scavo era proprio sopra la vittima, il suono tendeva a deflettersi man mano che incontrava degli ostacoli, e l’unico modo per scavare diritto era quello di lanciare dei richiami con una certa continuità. Mi tornò alla mente Jack che scavava con il pezzo di ringhiera per liberare il colonnello Godalming. Sembrava che sapesse esattamente in quale direzione andare.

Gli uomini dentro la buca richiesero nuovamente il martinetto, e io e Jack lo calammo verso di loro. Mentre l’uomo in basso allungava la mano per prenderlo, Jack si fermò. Sollevò la testa, come se stesse ascoltando.

«Che c’è?» dissi. Sentivo solo i cannoni della contraerea in Hyde Park. «Hai sentito qualcuno che chiama?»

«Dov’è quel fottuto martinetto?» gridò il caposquadra.

«È troppo tardi,» disse Jack. «Sono morti.»

«Andiamo, calalo giù.» disse il caposquadra. «Non abbiamo tempo da perdere.»

Jack calò il martinetto.

«Zitti,» gridò il caposquadra, e sopra di noi, come un’eco spettrale, sentimmo l’uomo con il passamontagna che ripeteva: «Zitti tutti, per favore.»

L’orologio di una chiesa cominciò a battere le ore, e potei sentire l’uomo con il passamontagna che diceva in tono irritato: «Abbiamo bisogno di assoluto silenzio.»

L’orologio batté le quattro, poi tacque, e si udì il rumore frusciante dei detriti che cadevano sul metallo. Poi silenzio, quindi un debole suono.

«Zitti!» esclamò di nuovo il caposquadra, e vi fu un altro silenzio. Una specie di piagnucolio. O un gemito. «Vi sentiamo,» gridò. «Non abbiate paura.»

«Uno di loro è ancora vivo,» dissi.

Jack non disse niente.

«Ma se lo abbiamo sentito,» incalzai, infuriato.

Jack scosse la testa.

«Ci serve del legname per sostenere lo scavo,» disse l’uomo col passamontagna a Jack, e io mi aspettavo che gli dicesse che era inutile, invece corse subito via e tornò poco dopo trascinando una libreria di legno bianco.

C’erano ancora dentro tre libri. Aiutai Jack e l’uomo con il passamontagna a staccare gli scaffali dall’intelaiatura, poi portai i libri al punto di raccolta degli “oggetti di valore”. La guardia era seduta sul marciapiede e stava frugando dentro la borsetta con le perle.

«Sto facendo l’inventario,» disse, rialzandosi in piedi in tutta fretta. Infilò nella borsa un rossetto e un fazzoletto. «Tanto per essere sicuro che non venga rubato niente.»

«Ti ho portato qualcosa da leggere,» dissi, e posai i libri accanto alla teiera. «Delitto e castigo.»

Mi arrampicai di nuovo sulla collinetta e aiutai Jack a calare gli scaffali dentro la buca, e dopo qualche minuto cominciarono a venir fuori altri secchi. Tornammo a formare una fila irregolare per svuotare i secchi, l’uomo con il passamontagna all’inizio, io e Jack in coda.

Giunse il cessato allarme. Prima di scavare ancora, il caposquadra fece un altro sondaggio. Questa volta non sentimmo niente, e quando tornarono a emergere i secchi lì porsi a Jack senza guardarlo in faccia.

Verso est cominciava a schiarire, e le alture intorno a noi assumevano pian piano una sfumatura grigiastra. Due di esse, alte parecchi piani, si trovavano nel punto in cui era la fila di case che la notte prima era sfuggita al bombardamento, e ci facevano ombra, anche se adesso riuscivo a vedere la buca, con l’estremità di uno degli scaffali bianchi che sporgeva da essa come una pietra tombale.

I secchi cominciarono a uscire con maggior lentezza.

«Spegnete le sigarette!» gridò il caposquadra, e tutti ci bloccammo, cercando di cogliere l’odore del gas. Se erano morti, come aveva detto Jack, era stato molto probabilmente il gas uscito dalle condutture spezzate che li aveva uccisi, e non le lesioni interne. La settimana prima avevamo tirato fuori un ragazzo con il suo cane, senza nemmeno una scalfittura. Il cane non aveva fatto che abbaiare e uggiolare fino a poco prima che li trovassimo, e l’autista dell’ambulanza aveva detto che secondo lei dovevano essere morti solo da qualche minuto.

Non sentivo odore di gas, e dopo un minuto il caposquadra disse, eccitato: «Li vedo!»

L’uomo con il passamontagna si piegò sullo scavo, le mani sulle ginocchia. «Sono vivi?»

«Sì! Fai venire un’ambulanza!»

L’uomo con il passamontagna corse già lungo il pendio, scivolando sui mattoni rotti e provocando piccole valanghe.

Mi inginocchiai sulla buca. «Ci sarà bisogno di una barella?» gridai.

«No,» disse il caposquadra, e capii dal suono della sua voce che erano morti.

«Tutti e due?» domandai.

«Sì.»

Mi rialzai. «Come facevi a sapere che erano morti?» chiesi a Jack, voltandomi verso di lui. «Come facevi…»

Non c’era più. Guardai giù per la collina. L’uomo con il passamontagna era arrivato quasi in fondo, e si era aggrappato al telaio di una finestra rotta per rallentare la sua corsa sfrenata, lasciandosi dietro una nebbiolina di polvere… ma Jack non si vedeva da nessuna parte.

Era quasi l’alba. Potevo distinguere le collinette grigie e, nel punto più lontano, il guardiano con i suoi “oggetti di valore”. Sulla terza collina c’era un’altra squadra di salvataggio, ancora intenta a scavare. Riuscii a vedere Swales che calava un secchio.

«Dammi una mano,» disse impaziente il caposquadra, e mi porse il martinetto. Lo presi e lo posai più in là, poi tornai per aiutare il caposquadra a uscire dalla buca. Aveva le mani sporche, ricoperte da una fanghiglia rosso scura.

«È il gas che li ha uccisi?» gli chiesi, anche se stava già tirando fuori un pacchetto di sigarette.

«No,» disse, prendendo una sigaretta e mettendosela fra le labbra. Si pulì le mani sul davanti della tuta, lasciando strisce rosse.

«Da quanto tempo sono morti?» gli domandai.

Trovò i fiammiferi, ne strofinò uno e accese la sigaretta. «Poco dopo che li abbiamo sentiti per l’ultima volta, direi,» mi rispose e io mi dissi che invece allora erano già morti. E Jack lo sapeva. «Sono morti da almeno due ore.»

Guardai l’orologio. Erano passate da poco le sei. «Allora non è stata la mina a ucciderli?»

Il caposquadra prese la sigaretta fra le dita ed emise una lunga boccata di fumo. Quando tornò a metterla in bocca, su di essa era c’era una riga rossa. «No, sono morti dissanguati.»


La notte successiva la Luftwaffe arrivò in anticipo. Dopo l’incidente non avevo dormito molto. Morris ci aveva assillato per tutto il giorno parlando di suo figlio, e Swales aveva stuzzicato spietatamente Renfrew. «Göring ha saputo che fai la spia,» gli aveva detto, «e ha mandato i suoi Stukas contro di te.»

Alla fine salii al quarto piano e cercai di dormire nella sedia dell’osservatore, ma c’era troppa luce. Il pomeriggio era nuvoloso, e i fuochi che bruciavano nell’East End conferivano al cielo una sfumatura rossastra e minacciosa.

Qualcuno aveva lasciato per terra una copia delle Chiacchiere di Twickenham. Rilessi l’articolo sui morti che camminano e poi, ancora incapace di prendere sonno, anche tutte le altre notizie. C’era un resoconto sull’invasione della Transilvania da parte di Hitler, una ricetta per una torta alle fragole senza burro, e infine un servizio sul tasso di criminalità. Veniva citato Nelson come fonte dell’affermazione: «Londra è il luogo perfetto per la criminalità. Dobbiamo stare sempre all’erta contro la delinquenza.»

Sotto la ricetta c’era la storia di un terrier scozzese di nome Bonny Charlie che aveva abbaiato e raspato freneticamente con le zampe fra le macerie di una casa crollata fino ad attirare l’attenzione dei guardiani, i quali erano accorsi, avevano scavato e avevano trovato due bambini illesi.

Devo essermi addormentato mentre leggevo quell’articolo, perché la cosa successiva che mi ricordo è Morris che mi scuoteva e mi avvisava che erano suonate le sirene. Erano solo le cinque del pomeriggio.

Mezz’ora dopo avevamo una bomba ad alto esplosivo nel nostro settore. Cadde ad appena tre isolati dalla postazione, e le mura tremarono, e l’intonaco piovve sulla macchina da scrivere di Twickenham e su Renfrew che era sdraiato, sveglio, nella sua branda.

«Frivolezze un corno,» borbottò la signora Lucy mentre ci precipitavamo a prendere gli elmetti d’alluminio. «Abbiamo bisogno di quei travi di rinforzo.»

Gli impiegati a tempo ridotto non avevano ancora preso servizio. La signora Lucy inviò Renfrew a cercarli. Sapevamo esattamente dove era avvenuto l’incidente — quando si era verificato Morris stava guardando proprio in quella direzione — ma avemmo lo stesso qualche difficoltà a raggiungere il luogo. Era ancora sera, ma percorso appena mezzo isolato divenne buio pesto.

La prima volta che mi successe, pensai che si trattasse di una specie di cecità temporanea provocata dall’esplosione, e invece era solo la polvere che si sollevava dagli edifici crollati. Si solleva formando una cortina di nebbia che impedisce la visibilità più di qualsiasi oscuramento, nascondendo alla vista ogni cosa. La signora Lucy scelse un tratto di marciapiede come base operativa e accese la luce azzurra che segnalava un incidente; in quella nebbia artificiale la lampada emanava un bagliore sinistro.

«Sono rimaste solo due famiglie nella strada,» disse lei, avvicinando il registro alla luce. «La famiglia Kirkuddy e gli Hodgson.»

«È una coppia di anziani?» domandò Morris, spuntando all’improvviso dalla nebbia.

Lei controllò il registro. «Sì, due pensionati.»

«Li ho trovati,» disse Morris con voce piatta, da cui capimmo che erano morti. «Sono saltati in aria.»

«Oh, santo cielo,» disse la donna. «I Kirkuddy sono una madre con due figli. Hanno un rifugio Anderson.» Avvicinò di più il registro alla luce azzurrina. «Tutti gli altri hanno usato la metropolitana come rifugio.» Aprì una mappa e ci mostrò dove era il cortile posteriore dei Kirkuddy, ma non ci fu di nessun aiuto. Per tutta l’ora successiva non facemmo che vagare alla cieca in mezzo ai mucchi di rovine, cercando di cogliere dei suoni che era impossibile sentire per gli attacchi della Luftwaffe e le risposte della contraerea.

Petersby si fece vivo poco dopo le otto, e Jack qualche minuto più tardi; la signora Lucy mandò anche loro a frugare in mezzo alla nebbia.

«Quaggiù,» gridò quasi subito Jack, e il mio cuore ebbe uno strano sussulto.

«Oh, bene, li ha sentiti,» disse la signora Lucy. «Jack, veda di trovarli.»

«Di qua,» gridò nuovamente Jack, e io mi mossi in direzione della sua voce, quasi timoroso di ciò che avrei trovato, ma avevo percorso nemmeno dieci passi che lo sentii anch’io. Un pianto di bimbo, e un sono vuoto, echeggiante, come di qualcuno che battesse il pugno contro una lastra metallica.

«Non fermatevi,» strillò Vi. Era inginocchiata accanto a Jack in un cratere poco profondo. «Continuate a fare rumore. Stiamo arrivando.» Alzò lo sguardo verso di me. «Di’ alla signora Lucy di chiamare la squadra di soccorso.»

Raggiunsi la signora Lucy annaspando nell’oscurità. Aveva già chiamato col campanello la squadra di soccorso. Mi spedì a Sloane Square per accertarmi che gli altri residenti dell’isolato fossero al sicuro lì.

La polvere si era sollevata un poco ma non abbastanza per consentirmi di vedere dove stavo andando. Inciampai su un marciapiede e piombai su un mucchio di detriti, quindi addosso a un corpo. Accesi la torcia e vidi che era la ragazza che avevo accompagnato al rifugio due sere prima.

Era seduta contro la parete piastrellata dell’ingresso della stazione, e stringeva sempre la stampella nella mano un po’ molle. Quella vecchia strega da John Lewis non la lasciava mai uscire nemmeno un minuto prima della chiusura, e la Luftwaffe era arrivata prima del solito. La ragazza era stata uccisa dall’esplosione, o dai vetri che erano schizzati in tutte le direzioni. Il viso, il collo e le mani erano ricoperte di minuscole ferite, e quando le spostai le gambe, i frammenti di vetro crepitarono sotto i miei piedi.

Tornai all’incidente e attesi che arrivasse il carro mortuario, quindi andai con loro al rifugio. Mi ci vollero tre ore per trovare le famiglie che avevo in lista. Quando tornai al luogo dell’incidente, la squadra di soccorso era arrivata a un metro e mezzo di profondità.

«Ci siamo quasi,» disse Vi, scaricando un cesto sul bordo più lontano del cratere. «Adesso stanno tirando fuori solo terra e qualche pianta di rose.»

«Dov’è Jack?» chiesi.

«È andato a cercare una sega.» Riportò indietro il cesto e lo porse a uno della squadra di soccorso che si era infilato la sigaretta in bocca per avere le mani libere. «C’era una tavola, ma sono riusciti a scavare di fianco.»

Mi chinai sulla buca. Si sentiva ancora il suono metallico, ma non più il pianto del bambino. «Sono ancora vivi?»

Lei scosse la testa. «È almeno un’ora che non sentiamo più il bambino. Continuiamo a chiamare, ma non c’è risposta. Temiamo che quel rumore metallico sia solo un’eco meccanica.»

Mi domandai se fossero morti e se Jack, sapendolo, non fosse affatto andato a cercare una sega, ma se ne fosse tornato al suo lavoro quotidiano.

Arrivò Swales. «Indovinate chi è andato a finire all’ospedale?»

«Chi?» chiese Vi.

«Olmwood. Nelson ha spedito i suoi guardiani in pattugliamento durante un’incursione, e lui si è beccato un pezzo di shrapnel sulla gamba da un cannone della contraerea. Per poco non gliel’ha strappata via.»

Il soccorritore con la sigaretta in bocca passò a Vi un cesto pieno di detriti. Lei lo prese, barcollando un poco sotto il peso, e lo portò via.

«Sarà meglio che tu non ti faccia vedere da Nelson a lavorare così,» le gridò dietro Swales, «altrimenti ti farà trasferire nel suo settore. Dov’è Morris?» disse poi, e se ne andò, probabilmente per riferirgli di Olmwood, a lui e a chiunque avesse incontrato.

Tornò Jack, portando la sega.

«Non serve più,» disse il soccorritore, la sigaretta penzolante all’angolo della bocca. «È arrivata l’unità mobile,» aggiunse, e se ne andò a bere una tazza di tè. Jack si inginocchiò e passò la sega a quelli che stavano dentro la buca.

«Sono ancora vivi?» gli domandai.

Jack sì piegò sullo scavo, con le mani che stringevano i bordi. Il rumore metallico era incredibilmente forte. All’interno del rifugio Anderson doveva essere assordante. Jack studiò il foro, come se non sentisse né il rumore né alcuna voce.

Si rialzò, sempre fissando lo scavo. «Sono più sulla sinistra,» disse.

Come fanno a essere più sulla sinistra? mi domandai. Possiamo sentirli. Sono proprio sotto di noi. «Sono vivi?» gli chiesi di nuovo.

«Si.»

Tornò Swales. «È una spia, ecco che cos’è,» disse. «Hitler lo ha mandato qui per uccidere i nostri uomini migliori uno a uno. Ve lo dicevo che il suo nome è Adolf von Nelson.»


I Kirkuddy erano più sulla sinistra. La squadra di soccorso dovette ampliare la galleria, tagliare la parte superiore dell’Anderson e ripiegarla all’indietro, come si fa con una scatola di pelati. Il lavoro andò avanti fino alle nove del mattino, ma erano tutti vivi.

Jack se ne andò poco prima che facesse giorno. Non lo vidi andare via. Swales mi stava raccontando della ferita di Olmwood, e quando mi voltai Jack non c’era più.

«Jack ti ha detto dove si trova questo suo ufficio, dove va a lavorare sempre così presto?» chiesi a Vi quando fummo tornati alla postazione.

Lei aveva appoggiato uno specchietto contro una delle maschere antigas, e si stava arricciando i capelli. «No,» disse, immergendo un pettine in un bicchiere d’acqua e inumidendo una ciocca. «Jack, potresti passarmi le forcine? Oggi pomeriggio ho un appuntamento, e voglio sistemarmi per bene.»

Le passai le forcine. «Che razza di lavoro è? Te lo ha detto Jack?»

«No. Lavora in campo bellico, mi pare.» Avvolse una ciocca intorno al dito. «Ne ha fatti fuori dieci, quattro Stukas e sei 109.»

Mi sedetti accanto a Twickenham, che stava battendo a macchina la relazione sull’incidente. «Non hai ancora intervistato Jack?»

«Quando ne avrei avuto il tempo?» replicò Twickenham. «Da quando è arrivato non abbiamo avuto una notte tranquilla.»

Renfrew arrivò ciabattando dall’altra stanza. Si era imbacuccato in una coperta come un indiano, e le spalle erano avvolte in un copriletto. Aveva un aspetto orribile, pallido e tirato come un fantasma.

«Gradiresti qualcosa per colazione?» domandò Vi, aprendo una forcina con i denti.

Lui scosse la testa. «Nelson ha dato la sua approvazione alla richiesta di rinforzi?»

«No,» rispose Twickenham, malgrado Vi gli facesse cenno di non dirlo.

«Dovete spiegare a Nelson che è un’emergenza,» disse lui, avvolgendosi attorno la coperta come se avesse freddo. «Io lo so perché ce l’hanno con me. È stato prima della guerra. Quando Hitler invase la Cecoslovacchia. Scrissi una lettera al Times.»

Ringraziai il cielo che Swales non fosse presente. Una lettera al Times.

«Suvvia, adesso, perché non vai a riposarti un po’?» gli disse Vi, fissando un ricciolo con una forcina mentre si alzava. «Sei stanco, tutto qui, ed è questo che ti fa preoccupare così tanto. Laggiù non ci arriva nemmeno, il Times.»

Lo prese per un braccio, e lui la seguì docilmente nell’altra stanza. Lo sentii dire: «L’ho chiamato attaccabrighe dei bassopiani. Nella lettera.» La persona che soffre di eccessiva mancanza di sonno può avere allucinazioni, udire delle voci, avere delle visioni o credere in cose fantastiche.

«Ti ha detto che genere di lavoro fa, di giorno?» chiesi a Twickenham.

«Chi?» disse lui, sempre continuando a battere a macchina.

«Jack.»

«No, ma qualunque sia, speriamo che sia così bravo come lo è nel trovare i corpi.» Si fermò e controllò ciò che aveva appena scritto. «Con questo sono cinque, vero?»

Tornò Vi. «E sarà meglio che Nelson non lo venga a sapere,» disse, poi si sedette e immerse il pettine nel bicchiere d’acqua. «Se lo prenderebbe come ha fatto con Olmwood, e noi siamo già a corto di personale, con Renfrew ridotto in questo modo.»

La signora Lucy rientrò portando la lampada azzurra, scomparve nella dispensa e ne uscì con in mano un modulo di richiesta. «Posso usare la macchina da scrivere, signor Twickenham?» gli chiese.

Lui estrasse dal rullo il foglio di carta e si alzò in piedi. La signora Lucy si mise a sedere, infilò la domanda e cominciò a battere. «Ho deciso di inoltrare direttamente alla Difesa Civile la richiesta di rinforzi,» lo informò.

«Che genere di lavoro svolge Jack, di giorno?» le domandai.

«Lavoro bellico,» rispose lei. Sfilò il modulo, lo rigirò e tornò a infilarlo nel rullo. «Jack, le dispiacerebbe portarlo al quartier generale?»

«Di giorno lavora,» disse Vi facendosi un ricciolo sulla nuca. «Ogni notte c’è un’incursione. Ma quando dorme?»

«Non lo so,» dissi.

«Sarà meglio che badi a se stesso,» disse Vi. «O diventerà anche lui un morto che cammina, come Renfrew.»

La signora Lucy firmò la domanda, la piegò in due e me la diede. La portai al quartier generale e mi ci volle mezza giornata per trovare l’ufficio competente al quale consegnarla.

«Non è il modello giusto,» mi spiegò la sesta ragazza. «Deve compilare l’A-114, Miglioramenti esterni.»

«Non si tratta dell’esterno,» replicai. «La postazione richiede dei travi di rinforzo per la cantina.»

«I rinforzi sono considerati miglioramenti esterni,» disse lei. Mi porse il modulo, che sembrava identico a quello che la signora Lucy aveva appena compilato, e me ne andai.

Sulla via del ritorno Nelson mi bloccò. Credevo che stesse per dirmi di nuovo che la mia divisa era un disastro, invece indicò il mio elmetto di alluminio e mi chiese: «Come mai non indossa un elmetto d’ordinanza, guardiano? “Tutti i guardiani del Servizio di Pronto Intervento Antiaereo dovranno indossare un elmetto con la lettera G in rosso sulla parte anteriore”,» citò.

Mi tolsi l’elmetto e lo guardai. La G rossa si era in parte scrostata e adesso sembrava una C.

«Quale è la sua postazione?» latrò.

«Quarantotto. Chelsea,» risposi, e mi domandai se si aspettava che lo salutassi.

«Il vostro responsabile è la signora Lucy,» disse disgustato, ed ero convinto che mi avrebbe chiesto che ci facevo nella Difesa Civile, invece disse: «Ho saputo del colonnello Godalming. La vostra postazione ha avuto un bel po’ di fortuna, nell’individuare le vittime di queste ultime incursioni.»

“Sì, signore,” era ovviamente la risposta sbagliata, mentre “No, signore,” lo avrebbe insospettito. «Ieri sera abbiamo trovato tre persone dentro un rifugio Anderson,» dissi. «Uno dei bambini ha avuto l’ottima idea di battere sul tetto con un paio di pinze.»

«Ho sentito dire che la persona che li ha trovati è uno nuovo, un certo Settle.» Il tono era amichevole, quasi gioviale. Come Hitler a Monaco.

«Settle?» ripetei, facendo finta di niente. «È stata la signora Lucy a trovare l’Anderson.»


La sorpresa di Quincy, il figlio di Morris, era la Croce della Regina Vittoria. «Una medaglia,» continuava a ripetere. «Chi l’avrebbe mai detto, il mio Quincy che prende una medaglia? Quindici aerei, ha abbattuto.»

Gli era stata conferita nel corso di una cerimonia speciale presso il quartier generale dell’ufficiale comandante di Quincy, alla presenza della Duchessa di York in persona. Ed era stato proprio Morris ad appuntare la medaglia sul petto del figlio.

«Indossavo il mio completo elegante,» ci raccontò per la centesima volta. «Nel caso che Quincy avesse qualche problema, volevo fare una buona impressione, e poi mi sembrava giusto così. Che avrebbe pensato la Duchessa di York se mi fossi presentato conciato in questo modo?»

Non aveva un bell’aspetto. Nessuno di noi lo aveva. Avevamo riempito di bombe incendiare due ceste per il pane, una dopo l’altra, e Vi era stata di guardia. Avevamo salvato un’altra volta la macelleria, e una panetteria due isolati più avanti, nonché un crocifisso del tredicesimo secolo.

«Te lo avevo detto che era passata attraverso il tetto della chiesa,» aveva esclamato disgustata Vi quando l’avevamo finalmente recuperata. «Il tuo amico Jack non sarebbe capace di trovare una bomba incendiaria neanche se gli cadesse addosso.»

«Glielo hai fatto capire che era caduta sulla chiesa?» chiesi, osservando la figura lignea intagliata. Il fondo della croce era annerito, come la punta dei piedi del Cristo, quasi fosse stato bruciato sul rogo invece che crocifisso.

«Sì,» rispose lei. «Gli ho anche specificato che era dalle parti dell’altare.» Si voltò a guardare la navata. «Avrebbe potuto vederla appena entrato in chiesa.»

«Che ha detto? Che non c’era?»

Vi stava fissando il soffitto con aria meditabonda. «Avrebbe potuto rimanere incastrata in mezzo ai travetti e cadere più tardi. Ma non ha molta importanza, no? L’abbiamo portata via. Dài, torniamo alla postazione,» disse, rabbrividendo. «Sto morendo di freddo.»

Stavo morendo di freddo anch’io. Eravamo entrambi bagnati fradici. Quando avevamo l’incendio sotto controllo una pompa era schizzata verso l’alto e aveva innaffiato tutti con un getto di acqua ghiacciata.

«Gliel’ho appuntata io stesso, sul serio,» disse Morris. «La Duchessa di York lo ha baciato su tutte e due le guance e ha detto che lui era l’orgoglio dell’Inghilterra.» Aveva portato una bottiglia di vino per festeggiare la Croce. Andò a svegliare Renfrew e lo portò fino al tavolo, imbacuccato nelle sue coperte, e ordinò a Twickenham di mettere da parte la macchina da scrivere. Petersby portò delle altre sedie, e la signora Lucy andò al piano di sopra a prendere i bicchieri di cristallo.

«Solo otto, temo,» disse mentre ritornava con i calici dal gambo sottile nelle mani annerite. «Gli altri li hanno rotti i tedeschi. Chi si accontenta di brindare con un semplice bicchiere di porcellana?»

«Io non ne ho bisogno, grazie,» disse Jack. «Non bevo.»

«Come sarebbe?» disse gioviale Morris. Si era sfilato l’elmetto, e sotto la linea bianca lasciata sulla fronte sembrava uno che indossasse una maschera da negro in uno spettacolo musicale. «Devi brindare almeno a mio figlio. Prova solo a immaginarlo. Il mio Quincy con una medaglia.»

La signora Lucy sciacquò il bicchiere di porcellana e lo porse a Vi, che stava versando il vino. Si passarono i calici. Jack prese il bicchiere di porcellana.

«A mio figlio Quincy, il miglior pilota della RAF!» brindò Morris alzando il calice.

«Che possa abbattere l’intera Luftwaffe!» esclamò Swales. «E porre fine a questa maledetta guerra!»

«In modo che si possa dormire tranquilli!» aggiunse Renfrew, e tutti risero.

Bevemmo. Jack sollevò il suo bicchiere insieme agli altri, ma quando Vi fece un altro giro con la bottiglia, lui lo coprì con la mano.

«Ma pensateci,» disse Morris. «Mio figlio Quincy con una medaglia. A scuola ha avuto i suoi problemi, frequentava persone poco raccomandabili, ha avuto dei guai anche con la polizia. Ero preoccupato per lui, davvero, mi chiedevo che fine avrebbe fatto, e poi capita questa guerra e lui diventa un eroe.»

«Agli eroi!» disse Petersby.

Bevemmo di nuovo, e Vi versò l’ultimo goccio di vino nel calice di Morris. «È finito, temo.» Si illuminò. «Ho una bottiglia di cherry cordial che mi ha dato Charlie.»

La signora Lucy fece una smorfia di disapprovazione. «Solo un minuto,» disse, poi scomparve nella dispensa e ricomparve poco dopo con due bottiglie di porto ricoperte di ragnatele, che versò generosamente e in modo un po’ allegro nei bicchieri.

«È assolutamente proibita la presenza di bevande eccitanti in una postazione,» disse. «Alla prima infrazione la multa è di cinque scellini, alle successive di una sterlina.» Prese una banconota da una sterlina e la pose sul tavolo. «Chissà che cos’era Nelson prima della guerra?»

«Un mostro,» rispose Vi.

Guardai Jack. Aveva ancora la mano sul bicchiere.

«Un preside,» aggiunse Swales. «No, ci sono. Un esattore del fisco.»

Tutti risero.

«Prima della guerra io ero una persona orribile,» disse la signora Lucy.

Vi ridacchiò.

«Ero una diaconessa, una di quelle donne spaventose che sistemano i fiori nella chiesa, organizzano le vendite di beneficenza e opprimono il parroco. “Il terrore dei sagrestani”, ero proprio così. Li costringevo a mettere i libretti degli inni sullo schienale delle panche. Morris lo sa. Cantava nel coro.»

«È vero,» confermò Morris. «Dava sempre istruzioni al coro su come allinearsi correttamente.»

Cercai di immaginarla come una fanatica della disciplina, una meschina tiranna come Nelson, e non ci riuscii.

«A volte ci vuole qualcosa di terribile come una guerra per trovare la strada giusta,» disse lei, fissando il bicchiere.

«Alla guerra!» esclamò allegramente Swales.

«Non sono sicuro che sia il caso di brindare a una cosa così tremenda come la guerra,» disse Twickenham, perplesso.

«Non è poi così tremenda,» osservò Vi. «Voglio dire, senza la guerra noi non saremmo tutti qui insieme, no?»

«E tu non avresti mai conosciuto tutti i tuoi piloti, vero, Vi?» disse Swales.

«Non c’è niente di male nel ricavare il meglio da un brutto lavoro,» replicò Vi, piccata.

«C’è chi fa di peggio,» disse Swales. «C’è chi la sfrutta a suo vantaggio. Come il colonnello Godalming. Ho fatto quattro chiacchiere con uno dei volontari del Servizio di Pronto Intervento Antiaereo. Pare che il colonnello non sia tornato a prendere il suo fucile, dopotutto.» Si piegò in avanti, con aria confidenziale. «Pare che avesse una relazione con una ballerina bionda del Windmill. Pare che sua moglie fosse convinta che lui fosse a caccia nel Surrey, e adesso gli sta facendo un mucchio di domande poco piacevoli.»

«Non è l’unico che ne trae vantaggio,» disse Morris. «Quella sera che hai tirato fuori i Kirkuddy, Jack, ho trovato una coppia di anziani uccisi dall’esplosione. Li ho sistemati sulla strada in attesa del carro mortuario, e più tardi ho visto qualcuno che si chinava sui corpi, che gli faceva qualcosa. Forse li sta componendo prima che sopravvenga il rigor mortis, ho pensato, ma poi mi sono reso conto che li stava derubando. Dei cadaveri.»

«E chi ci dice che siano stati uccisi dall’esplosione?» disse Swales. «Chi ci dice che non siano stati assassinati? Ci sono un sacco di cadaveri, lo sapete, e nessuno li controlla da vicino. Siamo sicuri che siano tutte vittime dei tedeschi?»

«Come siamo arrivati a parlare di questo?» disse Petersby. «Dovevamo festeggiare la medaglia di Quincy, non parlare di omicidi.» Sollevò il calice. «A Quincy Morris!»

«E alla RAF!» aggiunse Vi.

«Al meglio che si può ricavare da un brutto lavoro,» disse la signora Lucy.

«Cin-cin,» fece Jack, sollevando il bicchiere, ma non bevve nemmeno stavolta.


Nei tre giorni successivi Jack trovò quattro persone. Non ne sentii nessuna gridare, se non molto dopo avere cominciato a scavare, e l’ultima, una donna grassa con un pigiama a righe e una retina rosa per capelli, non la sentii affatto, benché affermasse, dopo averla recuperata, di aver “gridato in continuazione fra una preghiera e l’altra”.

Twickenham scrisse tutto per le sue Chiacchiere, buttando via l’articolo sulla medaglia di Quincy, e riscrivendo da capo la pagina. Quando la signora Lucy si mise alla macchina da scrivere per compilare il modulo A-114 domandò: «Che cos’è questo?»

«L’articolo di fondo,» rispose lui. «“Settle ne estrae quattro dalle macerie”.» Le porse l’originale.

«“Jack Settle, il nuovo componente della postazione quarantotto”,» lesse, «“ha individuato la scorsa notte quattro vittime delle incursioni aeree. ‘Volevo rendermi utile,’ ha commentato modestamente il signor Settle quando gli è stato chiesto perché sia venuto a Londra dallo Yorkshire. Ed è stato utile fin dalla prima notte di servizio, quando ha…”» Gli restituì l’originale. «Mi dispiace. Non può pubblicare una cosa del genere. Nelson ci sta addosso, fa un sacco di domande. Già mi ha portato via uno dei miei guardiani e per poco non lo ha fatto ammazzare. Non permetterò che se ne prenda un altro.»

«Ma questa è una forma di censura!» esclamò Twickenham, indignato.

«C’è una guerra in corso,» ribatté la signora Lucy, «e noi siamo a corto di personale. Ho sollevato dall’incarico il signor Renfrew. Andrà a stare con la sorella a Birmingham. E non lascerei che Nelson si prendesse uno dei miei guardiani neanche se avessimo personale in abbondanza. C’è mancato poco che Olmwood morisse, per colpa sua.»

Mi porse l’A-114 e mi chiese di portarlo alla Difesa Civile. Lo feci. Non c’era la ragazza con cui avevo parlato l’altra volta, e la sua sostituta mi disse: «Questo è per i miglioramenti interni. Lei deve compilare un D-268.»

«L’ho tatto,» replicai, «e mi è stato detto che i rinforzi sono considerati come miglioramenti esterni.»

«Solo se sono all’esterno.» Mi porse un D-268. «Mi dispiace,» disse in tono di scusa. «Se potessi le verrei incontro, ma il mio capo è un pignolo ed esige i moduli giusti.»

«C’è un’altra cosa che può fare per me,» le dissi. «Dovevo consegnare un messaggio a uno dei nostri collaboratori a tempo ridotto, ma ho perso il suo indirizzo. Potrebbe procurarmelo? Jack Settle. Altrimenti dovrò girare tutta Chelsea per trovarlo.»

Si guardò alle spalle, poi disse: «Aspetti un attimo,» e schizzò lungo il corridoio. Tornò con un foglio di carta.

«Settle?» chiese. «Postazione quarantotto, Chelsea?»

«Proprio quella,» risposi. «Mi serve il suo recapito in ufficio.»

«Non ne ha nessuno.»

Aveva lasciato il luogo dell’incidente mentre stavamo ancora tirando fuori la cicciona. Cominciava a fare luce. Eravamo riusciti a far passare una corda sotto di lei e avevamo montato un argano di fortuna, ma all’improvviso lui aveva passato a Swales l’estremità della corda e aveva detto: «Devo andare al lavoro.»

«Ne sei sicuro?» gli avevo chiesto io.

«Ne sono sicuro.» La ragazza mi diede il foglio di carta. Era l’accettazione di Jack come guardiano a tempo ridotto, firmata dalla signora Lucy. Gli spazi per il domicilio e il luogo di lavoro erano stati lasciati in bianco. «Questo è tutto quello che abbiamo in archivio,» mi spiegò. «Nessun permesso di lavoro, né carta d’identità, nemmeno una carta annonaria. Noi teniamo copia di tutto, quindi è evidente che non ha un lavoro.»

Riportai alla postazione il D-268, ma la signora Lucy non c’era. «È venuto uno dei guardiani di Nelson con una nuova disposizione,» disse Twickenham, mentre stampava le copie del suo giornale sul ciclostile. «Tutti i guardiani devono uscire in servizio di pattugliamento, a meno che non siano impegnati al telefono o a un turno di guardia. Tutti i guardiani. La signora è andata a dirgli il fatto suo,» aggiunse, con aria compiaciuta. Evidentemente non nutriva più rancore nei suoi confronti per avergli censurato l’articolo su Jack.

Presi una delle copie ancora umide del notiziario. L’articolo di fondo era sull’invasione della Grecia da parte di Hitler. Nell’angolo basso a destra compariva anche l’articolo sulla medaglia di Quincy Morris, sotto un elenco di “Ciò che la guerra ha fatto per noi”. Al numero uno c’era: “Ci ha fatto scoprire capacità che non sapevamo di possedere”.

«La signora Lucy lo ha chiamato assassino,» disse Twickenham.

Assassino.

«Che cosa volevi dirle?» mi chiese Twickenham.

Che Jack non ha un lavoro, pensai. Né una carta annonaria. Che non ha recuperato la bomba incendiaria nella chiesa anche se Vi gli aveva detto che era passata attraverso il tetto ed era caduta sull’altare. Che sapeva che il rifugio Anderson si trovava più sulla sinistra.

«Che era di nuovo il modulo sbagliato.» risposi, tirando fuori il D-268.

Lui lo infilò nel rullo della macchina, batté per qualche minuto e me lo restituì.

«Deve firmarlo la signora Lucy,» dissi, e lui me lo strappò di mano, prese la penna stilografica e firmò con il suo nome.

«Tu che facevi prima della guerra?» gli chiesi. «Il falsario?»

«Ti sorprenderebbe saperlo.» Mi restituì il modulo. «Hai un aspetto terribile, Jack. Hai dormito, in quest’ultima settimana?»

«Quando mai ne avrei avuto la possibilità?»

«Perché non ti butti un po’ sul letto finché non c’è nessuno?» disse, prendendomi per un braccio come Vi aveva fatto con Renfrew. «Consegnerò il modulo alla Difesa Civile al posto tuo.»

Mi liberai. «Sto benissimo.»

Tornai alla Difesa Civile. La ragazza che aveva cercato di trovare la pratica di Jack non c’era, mentre c’era di nuovo quella della volta prima. Rimpiansi di non aver portato con me anche l’A-114, ma lei controllò il modulo senza fare commenti e appose un timbro sul retro. «Ci vorranno circa sei settimane prima che la richiesta venga accolta,» mi informò.

«Sei settimane!» esclamai. «Per allora Hitler potrebbe avere invaso tutto l’Impero.»

«In tal caso è molto probabile che dobbiate compilare un altro modulo.»

Non tornai alla postazione. Senza dubbio la signora Lucy doveva essere tornata, ma che cosa potevo dirle? Ho dei sospetti su Jack. A proposito di che? Del fatto che non gli piacciono le bistecche d’agnello e le torte? O che va a lavorare la mattina presto? O che trova i bambini in mezzo alle macerie?

Aveva detto di avere un lavoro, e la ragazza non era riuscita a trovare il suo permesso di lavoro, ma alla Difesa Civile servivano sei settimane per soddisfare la richiesta di qualche trave di rinforzo. Per trovare il suo permesso di lavoro avrebbero impiegato probabilmente tutta la guerra. O magari era nella pratica e la ragazza non se ne era accorta. La mancanza di sonno può provocare errori sul lavoro. E strane fissazioni.

Andai alla stazione di Sloane Square. Non c’era più nessuna traccia della ragazza che era morta lì. Avevano anche spazzato i frammenti di vetro. Quella strega della sua responsabile da John Lewis non la faceva mai uscire un minuto prima della chiusura, nemmeno se avevano suonato le sirene, nemmeno se era buio. Doveva affrettarsi tutta sola per le strade oscurate, tenendo il vestito del giorno dopo appeso a una stampella, sentendo il rumore dei cannoni e cercando di immaginare quanto potessero essere lontani gli aerei. Se qualcuno la seguiva, lei non se ne sarebbe accorta, non lo avrebbe nemmeno visto nell’oscurità. Chiunque l’avesse trovata avrebbe pensato che fosse stata uccisa dalle schegge di vetro provocate dall’esplosione.

Non mangia, avrei detto alla signora Lucy. Non ha trovato una bomba incendiaria dentro una chiesa. Abbandona sempre gli incidenti prima dell’alba, anche quando non abbiamo finito di recuperare le vittime. La Luftwaffe sta cercando di uccidermi. Era una lettera che avevo scritto al Times. Il morto che cammina può avere allucinazioni, udire delle voci, avere delle visioni o credere in cose fantastiche.

Suonarono le sirene. Dovevo essere rimasto in piedi per ore, a fissare il marciapiede. Tornai alla postazione. La signora Lucy era lì. «Hai una faccia terribile, Jack. Quanto tempo è che non dormi?»

«Non lo so,» risposi. «Dov’è Jack?»

«Di guardia,» disse la signora Lucy.

«Cerca di stare attento,» disse Vi, disponendo dei cioccolatini su un piatto. «O diventerai anche tu un morto che cammina. Vuoi un dolce? Me li ha dati Eddie.»

Il telefono pigolò. La signora Lucy rispose, parlò un minulo, poi riappese. «Slaney ha bisogno di aiuto in un incidente,» disse. «Hanno chiesto di Jack.»


Ci mandò entrambi. Trovammo l’incidente senza problemi. Non c’erano nuvole di polvere, né odori, a parte un fuoco che bruciava in un angolo. «Non è successo da poco,» dissi. «È vecchio di un giorno, come minimo.»

Mi sbagliavo. Era vecchio di due giorni. Le squadre di soccorso avevano lavorato per tutto quel tempo, e c’erano almeno trenta persone mai viste. Alcuni dei soccorritori stavano scavando senza entusiasmo a metà di un pendio, ma quasi tutti se ne stavano lì senza fare niente, fumando e sembrando loro stessi delle vittime. Jack risalì verso il punto in cui stavano scavando, scosse la testa, e si allontanò.

«Ho sentito che avete un segugio,» mi disse uno di quelli che fumavano. «Ne hanno uno anche a Whitechapel. Fruga nella zona dell’incidente, si mette in ginocchio e annusa come un cane da tartufi. Il vostro fa così?»

«No,» risposi.

«Di qua,» disse Jack.

«Afferma che può leggere nelle loro menti, quello di Whitechapel,» continuò l’uomo, gettando la sigaretta e prendendo un piccone. Si arrampicò lungo il pendio e raggiunse Jack, che già stava scavando.

Il fuoco migliorava la visibilità, e si poteva scavare abbastanza agevolmente, ma giunti a metà del lavoro trovammo la grossa testata di un letto.

«Dovremo penetrare di lato,» disse Jack.

«Al diavolo,» disse l’uomo che mi aveva parlato del segugio. «Come fai a sapere che c’è qualcuno là sotto? Io non sento niente.»

Jack non gli rispose. Discese lungo il pendio e cominciò s scavare di fianco.

«Sono due giorni che stiamo qui,» disse l’uomo. «Ormai saranno morti e a me non mi pagano lo straordinario.» Gettò a terra il piccone e si diresse tutto impettito verso il posto mobile di ristoro. Jack non si accorse nemmeno che se era andato. Mi porse dei cesti e io li svuotai; ogni tanto mi diceva «Sega,» oppure «Forbici per metallo,» e io gliele davo. Ero andato a prendere la lettiga quando la tirò fuori.

Poteva avere tredici anni. Indossava una camicia da notte bianca, o forse sembrava bianca per la polvere dell’intonaco, che aveva reso spettrale la faccia di Jack. L’aveva sollevata di peso, e lei lo aveva abbracciato forte e gli aveva affondato il volto contro la spalla. Il fuoco sottolineava i profili di entrambi.

Portai la barella, e Jack si inginocchiò e tentò di posarvela sopra, ma lei non voleva lasciarlo. «Va tutto bene,» le disse dolcemente. «Adesso sei al sicura.»

Si liberò dall’abbraccio e le ripiegò le braccia sul petto. La camicia da notte era striata da macchie di sangue secco, ma non sembrava che fosse il suo. Mi chiesi chi altro ci fosse stato là dentro insieme a lei. «Come ti chiami?» le chiese Jack.

«Mina,» rispose lei. Fu poco più che un bisbiglio.

«Io mi chiamo Jack,» disse lui, poi mi indicò con un cenno della testa. «E anche lui. Adesso ti porteremo all’ambulanza. Non aver paura. Ormai sei al sicuro.»

L’ambulanza non era ancora arrivata. Posammo la barella sul marciapiede, e io andai dal responsabile dell’incidente per sapere se stesse arrivando. Ma prima che potessi tornare indietro qualcuno gridò: «Ce n’è un altro,» e mi diressi là, e aiutai a liberare la mano che il caposquadra aveva scoperto, e poi il corpo da cui era uscito tutto quel sangue. Quando guardai verso il basso, la ragazza era ancora sulla sua barella, e Jack era chino su di lei.


Il giorno dopo mi recai a Whitechapel per conoscere l’uomo che annusava i corpi. Non c’era. «È un collaboratore a tempo ridotto,» mi disse il responsabile della postazione, liberando una sedia in modo che potessi sedermi. Nella postazione c’era un gran disordine, vestiti e piatti sporchi dappertutto.

Una donna anziana con una veste da camera in tela stampata stava friggendo del rognone in una padella. «Di giorno lavora a Dorking, all’approvvigionamento.»

«Come fa esattamente a localizzare i corpi?» le chiesi. «Ho sentito dire che…»

«Che legge nella loro mente?» concluse la donna. Raccolse il rognone e lo versò in un piatto, poi lo porse al guardiano. «L’ha sentito dire anche lui. purtroppo, e la cosa gli ha dato alla testa. “Li sento qui sotto,” dice ai soccorritori, come se fosse Houdini o qualcosa del genere, e indica il punto in cui secondo lui bisogna cominciare a scavare.»

«Come fa a trovarli?»

«Fortuna,» rispose il guardiano.

«Io credo che ne senta l’odore,» affermò la donna. «È per questo che li chiamano segugi.»

Il guardiano sbuffò. «Malgrado la puzza delle bombe dei crucchi, e il gas e tutto il resto?»

«Se fosse un…» dissi, ma mi interruppi subito. «Se avesse un senso molto sviluppato dell’odorato, per esempio se fosse in grado di sentire l’odore del sangue?»

«Non si possono annusare i corpi nemmeno quando sono morti da una settimana,» disse il guardiano, con la bocca piena di rognone. «Li sente gridare, proprio come noi.»

«Ha un udito migliore del nostro,» disse la donna, abbracciando disinvoltamente la teoria del suo guardiano. «Molti di noi sono mezzi sordi a causa dei cannoni, e lui no.»

Io non ero riuscito a sentire la donna grassa con la retina rosa sui capelli, anche se lei diceva di aver chiamato aiuto. Ma Jack, appena arrivato dallo Yorkshire, dove non erano assordati da settimane di batterie contraeree, l’aveva sentita. Non c’era niente di misterioso in tutto questo. Alcune persone avevano l’udito migliore di altre.

«La settimana scorsa abbiamo tirato fuori un colonnello dell’esercito che sosteneva di non aver gridato.» dissi.

«Mentiva,» disse il guardiano, tagliando un altro pezzo di rognone. «Due giorni fa abbiamo avuto una governante, una donna educata e rispettabile: per tutto il tempo non ha fatto che imprecare, e bestemmiare peggio di un marinaio, e alla fine ha detto che non era vero niente. “Le mie labbra non hanno mai pronunciato parole sconvenienti e non le pronunceranno mai,” mi ha detto.» Mi puntò addosso la forchetta. «Il tuo colonnello ha gridato, eccome. Solo che non lo voleva ammettere.»

“Non ho emesso un suono,” aveva detto il colonnello Godalming agitando il cucchiaio da portata. “Sapevo che sarebbe stato inutile,” ma forse il guardiano aveva ragione, e quelle parole erano solo uno stupido vanto. D’altra parte non voleva che sua moglie sapesse che lui era a Londra, e che venisse a conoscenza della ballerina del Windmill. Aveva dei buoni motivi per restare in silenzio e cercare di liberarsi da solo.

Tornai a casa e telefonai a una ragazza del servizio ambulanze che conoscevo, e le chiesi di informarsi dove avessero portato Mina. Mi comunicò la risposta dopo qualche minuto, e presi la metropolitana per andare al St. George’s Hospital. Tutti gli altri avevano gridato, o battuto sul tetto del rifugio, ma Mina no. Quando Jack l’aveva trovata lei era così spaventata che a malapena era riuscita a bisbigliare qualcosa, ma questo non significava che non avesse gridato o che non si fosse lamentata.

«Ieri sera, quando eri sepolta, hai gridato per chiamare aiuto?» le volevo chiedere, e lei mi avrebbe risposto con la sua vocetta da topolino: «Ho gridato, ho gridato tanto fra una preghiera e l’altra. Perché?» E io le avrei risposto: «Niente, solo una strana fissazione causata dalla mancanza di sonno. Di giorno Jack lavora a Dorking in un impianto militare, e ha un udito eccezionale.» E nella mia teoria non c’è più verità di quanta ce ne sia in quella di Renfrew che le incursioni siano state scatenate dalla lettera che lui ha scritto al Times.

Il St. George’s aveva un ingresso con su scritto “Pronto soccorso per le vittime di guerra”. Chiesi alla suora infermiera dietro il banco se potevo visitare Mina.

«È stata recuperata ieri sera. L’incidente di James Street.»

Controllò un registro scritto a matita e pieno di cancellature. «Non ci risulta un ricovero sotto quel nome.»

«Sono sicuro che è stata portata qui,» dissi, girando la testa per leggere l’elenco di nomi. «Non esiste un altro ospedale con questo nome, no?»

Lei scosse la testa e scorse un altro foglio del registro.

«Eccola,» disse, e io avevo sentito troppe volte le squadre di soccorso usare quel tono di voce per non capire che cosa significasse, ma era impossibile. Si trovava sotto la testata di quel letto, e il sangue sulla camicia da notte non era nemmeno il suo.

«Mi dispiace tanto,» disse la suora.

«Quando è morta?» le chiesi.

«Stamattina,» rispose, controllando il secondo elenco, che era molto più lungo del primo.

«È venuto qualcun altro a trovarla?»

«Non lo so. Sono in servizio dalle undici.»

«Di che cosa è morta?»

Mi guardò come se t’ossi impazzito.

«Qual è la causa di morte indicata nel registro?» le chiesi.

Dovette cercare nuovamente il nome di Mina. «Collasso provocato da perdita di sangue,» rispose. La ringraziai e andai in cerca di Jack.


Fu lui a trovare me. Ero tornato alla postazione, e avevo aspettato che tutti dormissero e, mentre la signora Lucy era salita un attimo al piano superiore, mi ero introdotto nella dispensa per cercare l’indirizzo di Jack nell’archivio. Ma non c’era nessun indirizzo, come sapevo già da prima. E se pure ci fosse stato, a che tipo di abitazione sarebbe corrisposto, una volta che l’avessi trovato? A una casa sventrata? A un cumulo di macerie?

Ero andato alla stazione di Sloane Square, sapendo che non lo avrei trovato, ma del resto non avevo altro posto in cui cercare. Avrebbe potuto essere dovunque. Londra era piena di case vuote, di cantine bombardate, di luoghi segreti in cui nascondersi fino a sera. Ci era venuto per questo. “Se fossi un ladro verrei di corsa a Londra,” aveva detto Swales. Ma non erano venuti solo i delinquenti comuni, attirati dall’oscuramento, dai furti facili e dall’abbondanza di cadaveri. Attirati dal sangue.

Rimasi là finché non cominciò a fare buio, osservando due ragazzi che frugavano dentro una canaletta di scolo in cerca dei dolci che erano stati scaraventati fuori dall’esplosione della vetrina di una pasticceria, poi tornai indietro e mi infilai in un portone in fondo alla strada in cui si trovava la postazione, da dove potevo vederne l’ingresso. Suonarono le sirene, Swales partì in pattugliamento. Arrivò Petersby. Uscì Morris, fermandosi un attimo a guardare verso il cielo come se sperasse di vedere l’aereo di suo figlio Quincy. La signora Lucy non doveva essere riuscita a dire la sua a Nelson, sulla questione delle pattuglie.

Si fece buio. I fari cominciarono a incrociarsi nel cielo, illuminando l’argento dei palloni di sbarramento. Un sordo ronzio verso est preannunciò l’arrivo degli aerei. Vi arrivò di corsa, con i tacchi alti e una scatola legata con un nastro fra le mani. Petersby e Twickenham partirono in pattuglia. Uscì Vi, assicurandosi la cinghia dell’elmetto sotto il mento e mangiando qualcosa.

«Ti ho cercato dappertutto,» disse Jack.

Mi voltai. Era arrivato con un autocarro del Servizio Trasporti dell’Esercito. Aveva lasciato lo sportello aperto e il motore in folle. «Ho trovato i travi.» disse. «Per rinforzare la postazione. L’incidente di ieri sera, sai, c’erano tutti quei travi buttati là, e ho chiesto al proprietario della casa se potevo acquistarli.»

Indicò con un gesto della mano il retro dell’autocarro, da dove sporgevano le estremità scheggiate dei travi di legno. «Andiamo, dài, se ci sbrighiamo possiamo montarli stanotte stessa.» Fece per tornare all’autocarro. «Dov’eri? Ti ho cercato da tutte le parti.»

«Sono andato al St. George’s.» dissi.

Si fermò, la mano appoggiata sullo sportello aperto.

«Mina è morta,» dissi, «ma tu lo sapevi già, non è vero?»

Non disse nulla.

«L’infermiera ha detto che è morta per dissanguamento,» dissi. Un razzo piovve dal cielo, illuminando il suo viso di un biancore spettrale. «Io so che cosa sei.»

«Se ci sbrighiamo possiamo montare i travi prima che comincino le incursioni,» disse, e fece per richiudere lo sportello.

Posai la mano sullo sportello per impedirgli di chiuderlo. «Lavoro bellico,» dissi amaramente. «Che fai, ti accerti di essere solo con loro dentro le gallerie o li vai a trovare più tardi in ospedale?»

Lasciò lo sportello.

«Proprio una trovata brillante, fare il volontario nel Servizio di Pronto Intervento Antiaereo,» dissi. «Nessuno sospetterà mai di un nobile guardiano, specialmente quando è così bravo a trovare le vittime. E se qualcuna di loro muore in seguito, se qualcuno viene trovato morto sulla strada dopo un’incursione, be’, bisogna pure aspettarselo. C’è una guerra in atto.»

Il ronzio sopra le nostre teste divenne improvvisamente più forte, e una pioggia di razzi venne giù dal cielo. I fari rotearono, cercando di individuare gli aerei. Jack mi afferrò il braccio.

«Vieni qui,» disse, e cercò di trascinarmi dentro il portone.

Mi divincolai. «Se potessi ti ucciderei,» dissi. «Ma non posso, vero?» Agitai la mano verso il cielo. «E neanche loro. Quelli come te non muoiono, non è così?»

Vi fu un lungo sibilo, poi un gemito crescente. «Ma ti ucciderò lo stesso,» gridai, cercando di superare il rumore. «Se tocchi Vi o la signora Lucy.»

«La signora Lucy,» ripeté, e non riuscii a capire se il tono fosse di stupore o di disprezzo.

«O Vi, o chiunque altro di loro. Ti infilerò un paletto nel cuore, o quel che diavolo occorre,» dissi e l’aria si spaccò in due.

Vi fu un lungo suono come se un mostro enorme stesse ringhiando, che sembrò continuare all’infinito. Cercai di coprirmi le orecchie con le mani, ma dovevo anche mantenere l’equilibrio per non cadere. Il ruggito divenne un urlo stridulo, il marciapiede sussultò con violenza, e io caddi.

«Stai bene?» mi chiese Jack.

Ero seduto accanto all’autocarro, che si era rovesciato sul fianco. I travi erano caduti a terra. «Siamo stati colpiti?» chiesi.

«No,» rispose lui, ma già lo sapevo, e prima che avesse finito di rimettermi in piedi già correvo verso la postazione, che la polvere mi impediva di vedere.


La signora Lucy aveva detto a Nelson che mandare tutti fuori in pattugliamento significava che in caso di emergenza non ci sarebbe stato nessuno a disposizione, ma questo non era vero. Arrivarono tutti entro pochi minuti, Swales, Morris e Violet, ticchettando sui suoi tacchi alti, e Petersby. Giunsero di corsa, uno dopo l’altro, e si fermarono a guardare stupidamente lo spazio che era stata la casa della signora Lucy, come se non riuscissero a capire che cosa fosse.

«Dov’è Renfrew?» chiese Jack.

«A Birmingham,» disse Vi.

«Non si trovava qui,» gli spiegai. «È in licenza per malattia.» Scrutai in mezzo al fumo e alla polvere, cercando di mettere a fuoco i loro volti. «Dov’è Twickenham?»

«Qui,» rispose.

«E la signora Lucy?» chiesi.

«Laggiù,» rispose Jack, e indicò in mezzo alle macerie.

Scavammo per tutta la notte. Giunsero in aiuto due diverse squadre di soccorso. Continuarono a chiamare ogni mezz’ora ma non ci fu risposta. Vi si fece prestare una lampada da qualcuno, vi pose sopra un fazzoletto azzurro, e funse da responsabile addetto all’incidente. Giunse un’ambulanza, attese un poco, se ne andò verso un altro incidente, ritornò. Venne Nelson a rilevare Vi come responsabile dell’incidente, e Vi tornò a darci una mano. «È viva?» ci domandò.

«Sarà meglio che lo sia,» risposi, guardando Jack.

Cominciò a calare la nebbia. Continuarono a passare gli aerei, lanciando razzi e bombe incendiarie, ma nessuno smise di lavorare. Dai cesti spuntò la macchina da scrivere di Twickenham, e una delle bottiglie di vino della signora Lucy.

Verso le tre Morris credette di aver sentito qualcosa, allora ci fermammo e chiamammo, ma non ci fu risposta. La nebbia si trasformò in una pioggerella. Alle quattro e mezza gridai qualcosa alla signora Lucy e lei rispose, da molto in basso. «Sono qui.»

«Sta bene?» le chiesi ad alta voce.

«Ho una gamba ferita. Credo che sia rotta,» gridò lei con voce calma. «Dovrei essere sotto il tavolo.»

«Non si preoccupi,» strillai. «Ci siamo quasi.»

La pioggerella ridusse l’intonaco a una melma viscida e disgustosa. Dovemmo rinforzare in continuazione la galleria e ricoprirla con una tela cerata, ed era troppo buio per vedere bene dove si scavava. Swales era sopra di noi e teneva una lampada tascabile sopra le nostre teste in modo da consentirci un minimo di visibilità. Suonò il cessato allarme.

«Jack!» esclamò la signora Lucy.

«Sì!» gridai.

«Era il cessato allarme?»

«Sì,» risposi, sempre gridando. «Non si preoccupi. La tireremo fuori in un attimo.»

«Che ora è?»

Nella galleria era troppo buio per vedere l’orologio. Andai a casaccio. «Le cinque e qualche cosa.»

«C’è Jack con voi?»

«Sì.»

«Non deve restare,» disse. «Digli di andare a casa.»

Smise di piovere, e cominciò a fare giorno. Jack guardò indeciso verso il cielo.

«Non ci pensare nemmeno,» gli dissi. «Tu non vai da nessuna parte.» Raggiungemmo prima uno, poi l’altro trave di quercia che rinforzavano il pianerottolo del quarto piano, e dovemmo segarli. Swales riferì che Morris aveva chiamato Nelson “un sanguinario assassino”. Vi ci portò del tè nei bicchieri di carta.

Chiamammo la signora Lucy, ma non ci fu risposta. «Probabilmente si è assopita,» disse Twickenham, e gli altri annuirono come se gli credessero.

Sentimmo l’odore del gas molto prima di raggiungerla, ma Jack continuò a scavare, e come gli altri mi convinsi che stava bene, che l’avremmo raggiunta in tempo.

Non si trovava affatto sotto il tavolo, ma sotto un pezzo della porta della dispensa. Dovemmo procurarci un argano per sollevarla. Morris ci mise un bel po’ di tempo per trovarlo, ma non aveva importanza. Era sdraiata perfettamente dritta, con le braccia raccolte sul petto e gli occhi chiusi come se dormisse. La gamba sinistra era mozzata all’altezza del ginocchio. Jack si accucciò e le sollevò la testa, tenendola in grembo.

«Tieni lontane le mani da lei,» gli dissi.

Feci scendere Swales perché mi aiutasse a estrarla. Vi e Twickenham la deposero sulla barella. Petersby andò a cercare l’ambulanza. «Non è mai stata una persona cattiva, lo sapete,» disse Morris. «Mai.»

Ricominciò a piovere. Il cielo era così buio che era impossibile capire se il sole t’osse già sorto. Swales portò un telo per ricoprire la signora Lucy.

Tornò Petersby. «L’ambulanza se n’è andata di nuovo,» disse. «Ho fatto chiamare il carro mortuario, ma dicono che probabilmente non saranno qui prima delle otto e mezza.»

Guardai Jack. Era proprio sopra il telo, le mani abbandonate lungo i fianchi. Aveva un aspetto peggiore di quanto lo avesse mai avuto Renfrew, disfatto, il volto grigio per l’intonaco umido che lo ricopriva. «Aspetteremo,» dissi.

«È inutile rimanere tutti qui sotto la pioggia per due ore,» disse Morris. «Aspetterò io con… Aspetterò qui. Jack…» si rivolse a lui, «…vai a fare rapporto a Nelson.»

«Ci vado io,» si offrì Vi. «Jack deve andare a lavorare.»

«L’avete tirata fuori?» chiese Nelson. Si arrampicò lungo i travi del quarto piano fino al punto in cui ci trovavamo. «È morta?» Diede un’occhiata a Morris, poi al mio elmetto, e io mi domandai se non stesse per riprendermi perché avevo la divisa in disordine.

«Chi di voi l’ha trovata?» chiese Nelson.

Guardai Jack. «È stato Settle,» risposi. «Non cessa di stupirci. Solo questa settimana ne ha trovati sei.»


Due giorni dopo il funerale della signora Lucy giunse una nota dalla Difesa Civile che trasferiva Jack alla postazione di Nelson, e io ricevetti l’avviso ufficiale di prendere servizio nell’esercito. Venni mandato a un campo di addestramento, poi a Portsmouth. Vi mi inviava pacchi di generi alimentari e Twickenham mi faceva avere le copie delle sue Chiacchiere.

La postazione era stata risistemata in una casa che si trovava proprio di fronte alla macelleria, di proprietà di una certa signorina Arthur, la quale di conseguenza era entrata a farne parte. «La signorina Arthur ama lavorare a maglia e curare i fiori, e darà un prezioso contributo alla nostra piccola banda di coraggiosi,» aveva scritto Twickenham. Vi si era fidanzata con un pilota della RAF. Hitler aveva bombardato Birmingham. Jack, ora nella postazione di Nelson, aveva salvato sedici persone in una settimana, un record per il Servizio di Pronto Intervento Antiaereo.

Dopo due settimane mi imbarcai per il Nord Africa, dove non c’era un servizio di posta regolare. Quando finalmente ricevetti la lettera di Morris, era già vecchia di tre mesi. Jack era stato ucciso mentre stava salvando un bambino in un incidente. Una bomba ad azione ritardata era caduta nei paraggi ma quel “sanguinario assassino di Nelson” si era rifiutato di autorizzare l’evacuazione della squadra di soccorso. La bomba era esplosa, la galleria che stava scavando Jack era franata, e lui era rimasto ucciso. Però erano riusciti a tirare fuori il bambino, illeso a parte qualche piccola scalfittura.

Ma lui non è morto, pensai. È impossibile ucciderlo. Io ci avevo provato, ma anche tradirlo e consegnarlo a von Nelson non aveva funzionato, e lui era ancora da qualche parte a Londra, protetto dall’oscuramento e dal frastuono delle bombe e dalla quantità di cadaveri, e chi avrebbe fatto caso a qualche cadavere in più?

In gennaio contribuii alla cattura di un battaglione corazzato a Tobruk. Uccisi nove tedeschi prima di beccarmi un frammento di shrapnel. Venni inviato in un ospedale di Gibilterra, dove il resto della mia posta giunse insieme a me. Vi si era sposata, le incursioni erano notevolmente diminuite, e a Jack era stata conferita la Croce di San Giorgio alla memoria.

In marzo mi rispedirono in un ospedale inglese per essere operato. Ero dalle parti di North Weald, dove era di stanza Quincy, il figlio di Morris. Venne a trovarmi dopo l’intervento. Era il ritratto sputato di un pilota della RAF, mascella volitiva, sguardo inflessibile, sorrisetto impertinente, tutto il contrario di un delinquente minorenne. Volava di notte in missioni di bombardamento sulla Germania, mi disse, “per dare una bella ripassata a Hitler”.

«Ho sentito che stanno per darti una medaglia,» mi disse, fissando la parete sopra la mia testa come se si aspettasse di vedervi delle violette dipinte, nove in tutto, una per ogni nemico ucciso.

Gli chiesi di suo padre. Mi disse che stava bene. Era stato nominato guardiano anziano. «Vi ammiro, voialtri del Servizio di Pronto Intervento Antiaereo,» disse, «perché salvate le vite e tutto il resto.»

Diceva sul serio. Lui faceva incursioni notturne sulla Germania, riduceva in macerie le loro città, creava incidenti che costringevano i guardiani tedeschi ad affannarsi in cerca di bambini morti. Mi domandai se avessero anche loro dei segugi, e se fossero dei mostri come Jack.

«Papà mi ha scritto del tuo amico Jack,» disse Quincy. «Deve essere stato difficile, per lui, così lontano da casa, e quel lavoraccio di ascoltare, e via dicendo,»

Sembrava sinceramente partecipe, e immagino che lo fosse. Aveva abbattuto ventotto aerei e ucciso chissà quante signore grasse con la retina in testa e ragazzine di tredici anni, ma nessuno aveva mai pensato di chiamarlo mostro. La Duchessa di York lo aveva chiamato “orgoglio dell’Inghilterra” e lo aveva baciato su tutte e due le guance.

«Sono andato con papà al matrimonio di Vi Westen,» disse. «Era graziosa come un quadro.»

Ripensai a Vi, con i suoi riccioli e il suo volto anonimo. Era come se la guerra l’avesse trasformata in qualcosa di completamente diverso, qualcosa di grazioso e ricercato.

«C’erano delle fragole e due tipi di torta,» disse Quincy. «Uno dei guardiani — Tottenham? — ha letto una poesia in onore della felice coppia. L’aveva scritta lui stesso.»

Era come se la guerra avesse trasformato anche Twickenham, e la signora Lucy, che era stata il terrore dei sagrestani. Ciò Che La Guerra Ha Fatto Per Noi. Ma non li aveva trasformati. Tutto ciò che occorreva era qualcuno che desse a Vi un minimo di attenzione perché la sua latente dolcezza sbocciasse. Ogni ragazza è graziosa quando sa che qualcuno la desidera.

Twickenham aveva sempre desiderato essere uno scrittore. Nelson era sempre stato un prepotente e un pignolo, e la signora Lucy, nonostante ciò che aveva detto, non era mai stata né l’uno né l’altro. «A volte ci vuole qualcosa di terribile come una guerra per trovare la strada giusta,» aveva detto.

Come Quincy, che era stato, malgrado le affermazioni di Morris, un ragazzo difficile, destinato a una vita criminosa o peggio, quando era giunta la guerra. E all’improvviso la sua sregolatezza e l’audacia e l’esuberanza erano diventate virtù, esattamente ciò di cui c’era bisogno.

Ciò Che La Guerra Ha Fatto Per Noi, Numero Due. Ha creato lavori che prima non esistevano. Piloti della RAF, per esempio. Guardiani di postazione. Segugi.

«Hanno trovato il corpo di Jack?» chiesi, anche se già sapevo la risposta. No, mi avrebbe detto Quincy, non sono riusciti a trovarlo, oppure non c’era niente da trovare.

«Papà non ti ha detto niente?» replicò Quincy osservando preoccupato la sacca trasfusionale che penzolava sopra il letto. «Hanno dovuto scavare sotto di lui per trovare la bambina. Una cosa orribile, ha detto papà. È rimasto trafitto in pieno petto dalla zampa di una sedia scagliata dall’esplosione della bomba a scoppio ritardato.»

E così ero riuscito a ucciderlo, dopotutto. Nelson e Hitler e io.

«Non dovevo dirtelo,» aggiunse Quincy, osservando il sangue che sgocciolava dalla sacca dentro le mie vene come se fosse un brutto segno. «So che eravate amici. Non te ne avrei parlato, ma papà mi ha detto di dirti che il tuo è stato l’ultimo nome che ha pronunciato prima di morire. Subito prima che la bomba esplodesse. “Jack,” ha detto, come se sapesse ciò che stava per succedere, mi ha raccontato papà, e ha pronunciato il tuo nome.»

E invece non lo sapeva, pensai. E “quel sanguinario assassino di Nelson” non si era rifiutato di farlo andare via. Jack era semplicemente tornato al suo lavoro, incurante di Nelson e della bomba a scoppio ritardato, infilzando il terreno come se volesse ucciderlo, gridando “sega” e “tenaglie per cavi” e “sostegni”. Gridando “martinetto”. Incurante di tutto meno che di tirarli fuori prima che il gas li uccidesse, prima che morissero dissanguati. Incurante di tutto meno che del suo lavoro.

Mi ero sbagliato sul perché avesse aderito al Servizio di Pronto Intervento Antiaereo, e perché fosse venuto a Londra. La sua vita nello Yorkshire doveva essere stata tremenda, piena di oscurità e di odio contro se stesso e di uccisioni. Quando era giunta la guerra, e lui aveva cominciato a leggere di gente sepolta sotto le macerie, di addetti al soccorso che cercavano di recuperarla alla cieca, doveva essergli sembrata un dono di Dio. Una benedizione.

Non credo che la sua intenzione fosse quella di espiare per ciò che aveva fatto, per ciò che era. È impossibile, in ogni caso. Io avevo ucciso solo dieci persone, contando Jack, e avevo contribuito a salvarne quasi venti, ma una cosa non cancella l’altra. Non credo che fosse ciò che voleva. Ciò che voleva era solo rendersi utile.

“Al meglio che si può ricavare da un brutto lavoro,” aveva detto la signora Lucy, e quello era ciò che tutti avevano fatto: Swales con le sue battute e con le sue chiacchiere. E Twickenham, e Jack, e se avevano anche trovato l’amicizia, o l’amore, o l’espiazione, non era meno di ciò che meritavano. Ed era ancora un brutto lavoro.

«È ora di andare.» disse Quincy, guardandomi preoccupato. «Tu hai bisogno di riposare, e io devo tornare al lavoro. L’esercito tedesco è sulla via del Cairo e la Jugoslavia è entrata nell’Asse.» Sembrava eccitato, felice. «Tu devi riposare e guarire. Abbiamo bisogno di te, in questa guerra.»

«Sono contento che tu sia venuto,» dissi.

«Sì, be’, papà voleva che ti dicessi che Jack ha chiamato il tuo nome.» Si alzò. «Una iella nera, esserti ridotto così.» Sbatté il cappello da pilota contro la gamba. «Odio questa guerra,» disse, ma stava mentendo.

«Anch’io,» dissi.

«Ti rimetteranno presto in grado di far fuori i crucchi,» disse.

«Sì.»

Si mise il cappello con un’angolatura un po’ sfacciata e se ne andò, pronto a bombardare lascivi colonnelli in pensione, bambini e vedove che non erano ancora riuscite a ottenere dei travi di rinforzo dalla Difesa Civile di Amburgo, e a dipingere violette sul suo aeroplano. A fare il suo dovere.

Una suora portò un vassoio. Aveva una grossa croce rossa cucita sulla pettorina del grembiule.

«No, grazie, non ho fame,» dissi.

«Deve rimettersi in forze,» disse lei. Posò il vassoio accanto al letto e se ne andò.

«Per la nostra Vi la guerra è stata proprio una benedizione,» avevo detto a Jack, e forse era vero. Ma non per la maggior parte della gente. Non per le ragazze che lavoravano da John Lewis, per vecchie streghe che non le facevano mai uscire prima, nemmeno quando suonavano le sirene. Non per coloro che scoprivano tendenze nascoste alla pazzia, o al tradimento, o alla morte per dissanguamento. O all’omicidio.

Suonarono le sirene. L’infermiera venne a controllare la mia sacca trasfusionale e a portare via il vassoio. Giacqui lì a lungo, guardando il sangue che mi sgocciolava dentro il braccio.

«Jack,» dissi, senza sapere a chi mi fossi rivolto, né se avessi davvero pronunciato quella parola.

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